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Autore: Namida    29/11/2024    0 recensioni
Eloisa e Marta, studentesse di architettura, trovano lo scheletro di una ragazza in un armadio durante un rilievo.
Sarà proprio Eloisa, insieme al suo amico poliziotto, ad uno scostante antropologo forense e al suo fascinoso tirocinante a tentare di risolvere il caso e dare giustizia alla ragazza assassinata, mentre nel contempo ognuno di loro dovrà destreggiarsi fra relazioni interpersonali più o meno complicate.
Genere: Introspettivo, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 3 - LA VOCE DELLE OSSA
 

- È successa una cosa terribile!

Eloisa, accasciata su un banco a metà dell'aula A/1, serrò gli occhi, già esausta alle otto di mattina. Non era con il grido stridulo di una trafelata Marta che avrebbe voluto iniziare quel lunedì successivo al ponte dei Morti.

- Di cosa parli? - sospirò mentre rialzava il busto, senza prenderla troppo sul serio.

- Ho lasciato il distanziometro della prof. nella villa abbandonata!

La rivelazione gelò Eloisa all'istante; quello era un problema, e anche non trascurabile.

- Tu... Cosa? - sibilò scrutando la collega con uno sguardo affilato, gli occhi come due feritoie da cui ci si poteva aspettare sarebbero schizzate fuori frecce infuocate.

- Mi dispiace, deve essermi caduto quando lo scheletro mi è volato addosso!

- ...Un momento solo.

Si allontanò per chiamare Sergio, pensando che con tutte le volte che lo disturbava sul lavoro avrebbe dovuto erigergli una statua a grandezza naturale per celebrare la sua pazienza.

Sergio ed Eloisa si erano conosciuti diversi anni prima, non avrebbero saputo dire nemmeno loro a quando risalisse il primo incontro; probabilmente doveva essere stato in occasione di un compleanno di Michele, il cugino di Eloisa che aveva frequentato scuole elementari, medie e superiori con Sergio. Aveva cominciato a rivolgersi a lei con il diminutivo "Lelo" quando Eloisa non aveva nemmeno ancora imparato a parlare. Nonostante avessero una differenza d'età di sei anni erano sempre andati d'accordo, anzi, a dirla tutta c'era stato un periodo in cui Sergio frequentava più Eloisa che suo cugino, quando lei aveva circa quindici anni. Michele, accortosi del legame sempre più forte fra i due, iniziò ad insospettirsi e a minacciare l'amico dicendo che se avesse osato toccare anche solo con un dito l'adorata -nonché minorenne- cuginetta non l'avrebbe passata liscia. "Non è come pensi", aveva risposto lui riuscendo a trattenere una risata solo perché francamente atterrito dal suo sguardo intimidatorio. Quando poi si rivolse ad Eloisa domandandole "Ormai vedi il mio amico più di quanto lo veda io, c'è qualcosa che non so?", anche lei dovette fare del suo meglio per mantenere un'espressione illeggibile. "Altroché se c'è", aveva pensato, "ma è qualcosa di molto lontano da quello che immagini". La verità era che Eloisa era stata la prima persona, e per molto tempo anche l'unica, a cui Sergio avesse rivelato la propria omosessualità; questo era riuscito ad unirli ancora più di prima. Da allora diventarono praticamente inseparabili, affiancandosi e sostenendosi a vicenda attraverso ogni evento delle loro vite.

- Ciao Lelo, tutto bene? - rispose, con la sua solita voce a basso volume ed alta affabilità.

- Ciao, scusami se ti disturbo, purtroppo è successa una cosa... Problematica. Marta ha lasciato il distanziometro sulla scena del crimine, giovedì scorso... A quanto pare dev'esserle sfuggito di mano quando lo scheletro le è caduto addosso. C'è qualche possibilità che possiamo tornare a prenderlo?

Oh... Cavolo, mi dispiace! In verità devo dirti che là non è rimasto nulla, probabilmente se c'era è stato portato via dalla scientifica per analizzare eventuali residui su di esso, contaminazioni dei resti o corrispondenze con micro lesioni sulle ossa, se è caduto sopra lo scheletro...

- E come facciamo a riaverlo? È importante, non è nemmeno nostro ma della prof, se non glielo riportiamo non ci permetterà di laurearci mai più! - un certo sconforto misto a panico fece tremare la voce della ragazza.

Calma, calma, ecco cosa si può fare: adesso chiamo un collega della scientifica e gli chiedo se ne sa qualcosa, poi ti faccio sapere. Va bene? Cerca di non agitarti, vedrai che una soluzione la troviamo.

Come Sergio riuscisse a mantenere sempre lo stesso tono pacato in ogni situazione Eloisa non lo avrebbe mai capito, ma ne fu infinitamente grata perché bastò quello a tranquillizzarla. Dopo averlo ringraziato almeno cinque volte chiuse la telefonata e informò Marta della conversazione. Proprio in quell'istante apparve sulla porta dell'aula Damiano, che si guardava intorno alla ricerca delle sue compagne di gruppo.

- Ciao ragazze, come va?

- Tutto bene! - risposero in coro, fingendo un sorriso stiracchiato. Non avevano alcuna intenzione di fargli sapere della disattenzione di Marta, ben consapevoli a quale lunga e noiosa filippica sarebbero andate incontro se lui ne fosse stato messo al corrente. Damiano non aveva una tolleranza particolarmente alta agli errori, per lo meno non a quelli altrui.

- ...Perché ho la sensazione che nascondiate qualcosa?

- Non so davvero di cosa parli. - replicò Marta gesticolando con una mano in aria nel tentativo di ostentare disinvoltura. Lo sguardo poco convinto del collega palesava che questo non era abbastanza per dissipare i suoi sospetti, tuttavia lasciò cadere il discorso e si rivolse a Eloisa.

- Esci un attimo a prendere un caffè?

- Sta per arrivare il prof. Pellegrini. - fu la lapidaria risposta.

- Dai, cinque minuti. Lo sai che quello è sempre in ritardo... Per lui dovrebbero istituire la mezz'ora accademica, altro che quarto d'ora.

Eloisa non aveva una gran voglia di trovarsi da sola con Damiano, specialmente dopo aver avuto la conferma che era tornato insieme alla sua ex; anche perché era consapevole che, nonostante tutto, quando si trovavano faccia a faccia perdeva ogni volontà, ogni capacità di ribattere alle strampalate scuse che lui accampava per giustificare il suo comportamento ambiguo e incoerente.

- ...Cinque minuti. - accettò infine, comunque incapace di respingerlo.

- Mi vuoi dire che succede? - le chiese, mentre aspettava che il distributore automatico terminasse di elargire il suo caffè.

- In che senso? - replicò lei, fingendo di non capire.

- Lo sai. Giovedì sera mi hai letteralmente chiuso il telefono in faccia e poi non hai mai risposto ai miei messaggi.

- Non ho risposto a nessuno lo scorso weekend, ho avuto da fare e non ho proprio guardato il cellulare.

Non era del tutto falso, in effetti aveva passato il fine settimana fuori città a trovare alcuni amici. Va detto, però, che non era certo questo il motivo per cui non aveva risposto né a Damiano né a Victor, che le aveva scritto sabato mattina. La verità era che si sentiva profondamente ferita dal collega, ma allo stesso tempo aveva la sensazione di non averne il diritto e, fintanto che quello era il suo stato d'animo, ogni loro conversazione sarebbe terminata in scenata. Per quanto riguardava Victor, semplicemente era molto indecisa sul da farsi. Una parte di lei voleva conoscerlo meglio, continuare a sentirlo e magari anche vederlo, eppure non riusciva a levarsi dalla mente l'idea che ad interessarle fosse solo la prospettiva di avere qualcuno con cui rimpiazzare Damiano e riteneva che lui non meritasse di essere trattato in quel modo.

- Non hai avuto neanche cinque minuti per rispondere a dei messaggi? - il tono del ragazzo si era fatto più aspro e insistente.

- Damiano, arrivaci, per favore! - sospirò Eloisa, gettando rabbiosamente il bicchierino di carta ormai vuoto nel cestino - Non avevo voglia di sentirti, ok?

- Perché?

- Come "perché"? Non lo immagini? - sbottò, incredula, ad un volume più alto di quanto avrebbe voluto.

- È per Oriana?

- Tu che dici?! - il sarcasmo nella voce della ragazza era amalgamato con una punta di aggressività. Le sembrava assurdo doverlo dire così esplicitamente, pensava che il motivo della sua recente evasività fosse chiaro come il sole.

- Non capisco cosa ci sia che ti dà così tanto fastidio. - gli occhi verdi del ragazzo la fissavano con falso stupore, mentre quelli di Eloisa iniziavano già a lucidarsi senza che lei riuscisse ad impedirlo.

- Ah non lo capisci, eh?

- Isa, io e te non siamo mai stati insieme. Ti comporti come se ti avessi tradita!

Quelle parole provocarono in lei una sensazione complessa che univa mortificazione, tristezza e dolore; ancora una volta si sentiva ferita, ma senza il diritto di provare un simile sentimento.

- ...Hai ragione, fra noi non c'è niente, puoi fare quello che vuoi. E anche io, infatti ora torno in aula. Grazie del caffè.

Attraversò il corridoio che la separava dalla lezione di Storia dell'Arte Moderna a grandi falcate senza mai voltarsi, con il cuore che doleva come se fosse stato trafitto e una sensazione di pesantezza diffusa in tutto il corpo; un'istante prima di oltrepassare la porta, il suo telefono vibrò.

Ciao cara, ho una notizia buona e una cattiva: quella buona è che so dov'è il vostro distanziometro. Quella cattiva è che si trova sotto la custodia del dottor Ferraguti e non potrete recuperarlo prima di mercoledì sera perché, come ti avevo anticipato, devono fare alcuni accertamenti per quanto riguarda la contaminazione dei resti.

Eloisa non sapeva se sentirsi sollevata o angosciata; il primo incontro con l'antropologo forense non era stato esattamente piacevole, se avesse potuto avrebbe certamente scelto di non avere più a che fare con lui per nessuna ragione. In ogni caso sapeva di non avere scelta.

- Grazie Sergio, senza di te sarei persa. - sospirò - C'è un'altra cosa di cui ti vorrei parlare... Il rilievo è a buon punto, ma non siamo riuscite a finirlo il che significa che dovremo tornare là... Con qualche riga scritta dalla prof. è qualcosa che possiamo fare o essendo una scena del crimine è completamente fuori discussione?

Posso provare a parlarne con la dottoressa Abelli, ma non garantisco niente...

- Sei il mio angelo custode! Appena possibile devo offrirti almeno quattro spritz.

Sì ma non tutti insieme se no poi devi anche raccogliermi da terra con il cucchiaino!

La ragazza rise e lo ringraziò ancora, prima di attaccare ed entrare in aula giusto pochi secondi prima che anche il professore facesse la sua comparsa.

-

- Buongiorno, dottore, mi voleva vedere?

Dalla soglia del laboratorio di medicina legale Sergio si rivolse a un indaffarato Ferraguti che, nonostante avesse espressamente richiesto di conferire con la polizia, non sembrava volerlo degnare di uno sguardo.

- Veramente io volevo parlare con Irene, ma a quanto pare la PM è troppo occupata per venire qui di persona, quindi mi devo accontentare. - commentò, acido - Che fai lì impalato? Avvicinati, Palumbo.

Sergio sussultò sentendosi chiamare e mosse qualche cauto passo in direzione del tavolo autoptico su cui giacevano i resti della sconosciuta nell'armadio.

- Sai cosa sono queste? - lo interrogò Ferraguti, indicando le spalle della vittima.

- ...Articolazioni?

- Molto bravo, Palumbo, vedo che hai finito le scuole elementari. - fece sarcastico il dottore - Sono slogature post mortem. Significa che la ragazza è stata rinchiusa a forza in un luogo troppo piccolo per contenerla, dopo la morte. Chiaramente non è stata uccisa in quella villa ma è stata trasportata lì all'interno di un baule o qualcosa di simile.

- ...E come scopriamo dove è stata uccisa?

- Analizzando i particolati sui vestiti e il tappeto che era con lei nell'armadio, naturalmente. - replicò con ovvietà - Se ne sta occupando la scientifica. A proposito, ti hanno già informato delle tracce di DNA e del biglietto del treno?

- Biglietto del treno?

- Ma comunicate fra di voi?! - sospirò esasperato - Nella tasca dei suoi jeans hanno trovato un biglietto di sola andata per Milano, non obliterato, datato 15 luglio 1991.

- Allora abbiamo l'anno esatto della morte! - esultò, forse con più enfasi del dovuto, a giudicare dall'espressione accigliata sul viso del dottore che rispose con voce seria e piatta.

- Sì, e sappiamo anche che la vittima aveva pianificato di andarsene per non fare più ritorno.

- Dobbiamo scoprire al più presto di chi si tratta per capire perché e da cosa stava scappando. Appena tornerò in ufficio esaminerò tutte le denunce di persone scomparse in quel periodo per cercare una corrispondenza.

Ferraguti annuì, distogliendo lo sguardo dall'Ispettore capo per riportarlo sulle ossa.

- C'è dell'altro. Vedi queste? - indicò due costole sulle quali si potevano riscontrare con una certa facilità dei segni non troppo profondi - La sesta e la settima costa appaiono incrinate; lo avevo già notato al primo esame, ma dopo aver avuto la possibilità di osservarle meglio ho potuto appurare che, qualunque sia stata la causa, si è verificata circa cinque settimane prima della morte. Come vedi, infatti, le ossa stavano guarendo.

- Ha subito un'aggressione poco più di un mese prima dell'omicidio?

- Potrebbe essere, oppure ha avuto un qualche tipo di incidente. Non ho ancora abbastanza elementi per stabilirlo con certezza.

- E riguardo le tracce di DNA? - riprese Sergio, ricordandosi di ciò che aveva detto Ferraguti poco prima.

- Liquido seminale.

- ...Questo significa che è stata...? - un brivido lungo la spina dorsale gli impedì di terminare la frase.

- L'unica cosa che posso dire con un certo grado di probabilità è che ci sia stato un rapporto sessuale, non c'è modo di sapere se questo fosse consensuale o meno, per lo stato in cui si trovavano i resti.

- È chiaro. - sospirò - Avete scoperto anche la causa della morte?

- Confermo quanto detto sulla scena del crimine: dalle ossa non emergono traumi che possano aver portato la vittima alla morte. Dobbiamo aspettare che la scientifica analizzi i tessuti mummificati per avere qualche informazione in più.

Lo sguardo di Sergio si rabbuiò istantaneamente mentre osservava ciò che rimaneva di quella che un tempo era stata una ragazza nel fiore degli anni.

- C'è qualcosa che non ti torna? - chiese il dottore, inclinando leggermente la testa da un lato.

- No, è che... Era così giovane. Aveva solo pochi anni in meno di Eloisa... Se ci penso mi fa impressione, tutto qui.

- Ma tu come fai ad essere un poliziotto?

Sul viso di Ferraguti apparve un'espressione difficile da decifrare; a un primo sguardo sembrava semplicemente sprezzante, eppure osservandola attentamente vi si poteva leggere in fondo un sentimento diverso, molto meno ostile. Sentimento che Sergio, sentendosi offeso da tali parole, in quel momento non riuscì a cogliere.

- Pensa che non possa essere bravo nel mio lavoro solo perché empatizzo con le vittime? - ribatté, aggrottando leggermente le sopracciglia. Il suo tono di voce era flemmatico come sempre ma sensibilmente meno cordiale del solito. Poteva sopportare insulti di ogni tipo, tuttavia quando venivano messe in dubbio le sue capacità in campo lavorativo non lasciava passare nulla.

- Non intendevo questo, volevo semplicemente dire che per una persona sensibile come te dev'essere più difficile che per altri. Sono solo impressionato dal fatto che tu riesca ogni giorno ad avere a che fare con crimini brutali, morte e altre amenità senza avere un crollo nervoso.

Di colpo Sergio inarcò le sopracciglia, chiedendosi se le parole del dottore sottintendessero davvero un apprezzamento nei suoi confronti o se fosse stata solo la sua immaginazione a dargli quel sentore. Per qualche secondo restarono a fissarsi in silenzio, finché Ferraguti non scosse impercettibilmente la testa per poi tornare a dedicare tutta la sua attenzione ai resti; aveva intenzione di esaminarli ancora una volta prima di far ripulire le ossa in modo da riuscire ad individuare anche i più irrisori segni che avrebbero potuto, però, avere un ruolo cruciale nelle indagini.

- Per il momento non ho altro da dirti. Ti farò sapere se ci sono novità.

Sergio rimase imbambolato per un momento ad osservare il suo profilo affilato rivolto allo scheletro, leggermente inclinato su di esso, la fronte increspata per la concentrazione mentre si grattava insistentemente l'avambraccio destro. Quando Ferraguti se ne accorse il suo sguardo si fece interrogativo e seccato allo stesso tempo.

- Cosa fai ancora qui?

- Ah, scusi, ora vado. - si ricompose l'Ispettore capo, arrossendo lievemente per l'imbarazzo - Buona giornata.

-

Eloisa si guardava intorno, disorientata; l'ospedale era gigantesco e frammentato, ogni volta che per qualche ragione doveva recarvisi finiva inesorabilmente per perdersi. Figuriamoci in quel momento, in cui si trovava in un padiglione che non aveva mai avuto ragione di visitare, unicamente per recuperare dal tirocinante del dottor Ferraguti il famoso distanziometro. L'ingrato compito sarebbe dovuto spettare a Marta, dal momento che era lei la responsabile dello smarrimento, tuttavia Eloisa aveva avuto pietà del fatto che, se l'amica non avesse passato tutto il pomeriggio e la sera a studiare per il parziale di Fisica Tecnica del giorno successivo, probabilmente non sarebbe mai riuscita a passarlo. Quindi eccola lì, a girovagare confusa e persa in quel luogo per nulla familiare.

- Ehm... Mi scusi? - tentò di fermare un'infermiera di passaggio, non avendo trovato nessuno alla reception - Dove posso trovare il tirocinante del dottor Ferraguti?

- Ah non ne ho proprio idea, chiedi alla reception.

- Ma alla reception non c'è... Nessuno... - ribatté, ma prima che potesse finire la frase l'infermiera si era già defilata. Con un sospiro sconfortato continuò ad esaminare l'ambiente circostante e a cercare qualcun altro a cui chiedere. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, finalmente trovò un'anima pia che seppe dirle con precisione dove trovare il laboratorio del dottor Ferraguti e, di conseguenza, anche questo fantomatico tirocinante.

Salì le scale ripetendosi mentalmente le indicazioni appena ricevute e in pochi minuti si trovò davanti a una porta accanto alla quale una targhetta recitava "Laboratorio 2". Sotto a quella scritta era stato appiccicato in maniera posticcia il nome di Ferraguti. "È questa", esultò nella sua testa, e dopo aver bussato forse con più delicatezza del dovuto rimase in attesa. Il suo sguardo saettava nervosamente, posandosi su ogni oggetto e in ogni angolo di quel corridoio; proprio quando si stava chiedendo se non fosse il caso di bussare più forte, la porta si aprì di scatto e la sorpresa di trovarsi davanti un volto familiare la travolse tanto da toglierle la parola.

- Ciao, posso aiutarti? - l'accolsero una voce calda e un sorriso lucente. Una voce e un sorriso che Eloisa, in realtà, già conosceva: davanti a lei si ergeva in tutto il suo splendore l'imponente figura di Victor.

- Ehi ma... Ci siamo già visti, per caso?

A quelle parole la ragazza arrossì vistosamente, senza però riuscire a recuperare l'abilità di parlare. Proprio lui?! Doveva essere proprio lui il tirocinante? A quel punto forse avrebbe preferito incontrare direttamente Ferraguti... Se non altro al dottore non aveva visualizzato un messaggio quattro giorni prima lasciandolo senza risposta.

- Ehm...

- Ma certo, tu sei Joey! Scusami, senza trucco ci ho messo un po' a riconoscerti. Così hai un aspetto decisamente più dolce.

- Sì... Ciao... Ehm... Come stai? - Eloisa era nel panico, non sapeva cosa dire, si era perfino dimenticata perché fosse lì.

- Il dottore demoniaco non è in laboratorio, quindi molto bene! Tu, invece? Cosa ti porta qui?

La ragazza doveva ammettere di sentirsi un po' stranita dalla cordialità con cui Victor le stava parlando, come se non si fosse ritrovato davanti la ragazza che lo ignorava da giorni dopo essere andata a letto con lui.

- ...Sono venuta a recuperare il distanziometro che la mia collega ha perso nella villa abbandonata giovedì scorso. Sai, quella dove abbiamo trovato i resti di una ragazza...

- Ah, quindi sei tu l' "ochetta". - ridacchiò, ricordando che Ferraguti l'aveva avvertito dell'arrivo di una "ochetta talmente stordita che non si ricordava neanche dove avesse parcheggiato il cervello" - Aspetta qui, te lo porto subito.

Non si sentì offesa da quella parola perché era certa che fosse stato il dottore a definirla così, tuttavia non poté fare a meno di avvertire comunque un certo fastidio nel sentirla uscire dalla bocca di Victor.

Nell'attesa si concesse di sbirciare dentro al laboratorio; sul tavolo autoptico poco distante era disteso quello che, ne era quasi certa, era lo scheletro trovato da lei e Marta pochi giorni prima. La curiosità l'avvolse con la stessa rapidità con cui le fiamme avvolgono una superficie impregnata di una sostanza infiammabile; quasi senza rendersene conto mosse qualche passo all'interno della stanza e si ritrovò ad osservare rapita i resti adagiati sulla superficie metallica.

- Ah, mi dispiace ma non puoi entrare qui. - la voce di Victor la fece trasalire e, imbarazzata, abbassò lo sguardo scusandosi e uscendo a malincuore dal laboratorio.

- Ecco il tuo distanziometro. Scusa ma, se Ferraguti scopre che ho fatto entrare qualcuno nel suo prezioso tempio, dovrai cercare i miei resti per tutto il paese.

L'immagine la fece rabbrividire e al tempo stesso sorridere.

- Figurati, non mi sarei dovuta permettere. Grazie per questo. - accennò allo strumento che finalmente stringeva fra le mani - Così sei tu che ti occupi del caso della ragazza nell'armadio?

- In realtà è Ferraguti, io più che altro lo affianco. È un caso davvero interessante! La ragazza è stata uccisa ventidue anni fa, trasportata in quella villa abbandonata e nascosta nell'armadio, ma in realtà sulle coste ci sono lesioni e microfratture in via di guarigione risalenti a qualche settimana prima della morte! Oltretutto, pare che fosse in fuga...

- Davvero? Aspetta... Ma tu puoi rivelarmi queste cose?

- ...Probabilmente no, fai finta di non aver sentito nulla - ridacchiò dopo una breve pausa, grattandosi la nuca imbarazzato - In ogni caso non penso che tu andrai a riferirlo a tutto il mondo, o sbaglio?

- Puoi stare tranquillo, sarò muta come un morto! - replicò, rendendosi conto troppo tardi di quanto fosse infelice come scelta di parole - Siete riusciti a capire di chi si tratti?

- Ancora no, ma adesso che sappiamo l'anno in cui è avvenuto il decesso sarà più facile identificarla fra le persone scomparse in quel periodo. È questione di giorni, massimo settimane se la polizia avrà voglia di fare il proprio lavoro.

- Capisco... - bisbigliò, perdendosi nei propri pensieri per un istante.

- Ah, comunque... Scusami se non ti ho risposto a quel messaggio, io volevo farlo, solo che... Ecco... - Eloisa gli avrebbe detto volentieri per quale motivo aveva evitato di rispondergli... Se solo lo avesse saputo lei in primo luogo. Era talmente confusa a riguardo che nemmeno lei stessa riusciva a capirsi, infatti le sue patetiche scuse rimasero in sospeso senza trovare una conclusione logica.

- Tranquilla, non mi devi spiegazioni. Ho abbastanza anni e autostima da saper gestire il fatto di essere respinto da una ragazza, sopravvivrò.

- No, ma guarda che non era quello che--

- Dico davvero, non ti devi preoccupare. Però, sai, se ti andasse di sentirci comunque in amicizia, a me farebbe piacere. Il mio numero ce l'hai. Ora devo tornare al lavoro; ci si vede, Joey!

Con un cenno della mano e un sorriso scintillante la salutò e scomparve oltre la porta del laboratorio, lasciandola imbarazzata, stordita e paralizzata. "Cosa diavolo è appena successo?!", si chiese, incapace di muoversi.

Fu la vibrazione del telefono a riportarla nel mondo reale, ancora una volta sintomatica di una chiamata da parte di Sergio.

- Ciao Sergio, tutto bene? Ci sono novità?

Ciao! Beh, la dottoressa è stata piuttosto riluttante quando le ho riferito quello che mi hai chiesto... - avendo conosciuto la PM, Eloisa sapeva che "piuttosto riluttante" era un eufemismo per "fortemente contraria" - ...Però alla fine sono riuscito a convincerla, a patto che ci sia io ad accompagnarvi e che la vostra professoressa scriva una comunicazione su carta intestata in cui asserisce che è assolutamente necessario per voi recarvi sulla scena del crimine.

- Oh... Cavolo, ti ho dato proprio una bella rogna... Non so davvero come scusarmi...

- Ma cosa dici, non è mica colpa tua! Anzi, dovremmo ringraziare te e la tua amica per aver scoperto i resti... Altrimenti quella povera ragazza non avrebbe mai avuto la possibilità di ricevere giustizia!

Ancora una volta l'animo puro e con un'evidente vocazione alla santità di Sergio strappò un sorriso alla ragazza. Si accordarono così per tornare sulla scena del crimine la settimana successiva; per quel secondo rilievo sarebbero stati presenti tutti e tre gli studenti in modo da riuscire a terminare il lavoro in un solo giorno ed evitare così di dover tornare.

- Ah, grazie ancora per avermi aiutato con la storia del distanziometro! L'ho appena recuperato.

Oh, bene! Dai, sei stata anche fortunata che il dottor Ferraguti non fosse in laboratorio. Il suo tirocinante è decisamente una persona più piacevole con cui avere a che fare!

- Sì... Ehm... A questo proposito... - Eloisa avvampò nuovamente, preparandosi a raccontare all'amico del suo primo incontro con Victor - A quanto pare l'avevo già conosciuto, il suo tirocinante. Ci siamo incontrati a una festa di Halloween e... Ecco... Diciamo che è successo qualcosa...

Qualcosa... Cosa?

- ...Quello che immagini.

- ...Oh... E adesso come stanno le cose fra voi?

- Non lo so... - ammise, con un sospiro un po' sofferente - Dopo quella sera mi ha scritto, ma non gli ho risposto perché non ero sicura di voler rimanere in contatto. Però ora che l'ho rivisto sono ancora più confusa di prima e il fatto che si occupi dell'indagine mi incuriosisce...

Tanto non potete parlarne, lo sai!

- ...Lo so.

- In ogni caso cerca di chiarirti con te stessa prima di fare qualunque cosa; sono sicuro che tu non voglia ferirlo.

- Certo che no... Spero di riuscire a fare chiarezza.

Ce la farai. Ora devo attaccare, se i superiori mi beccano a fare una telefonata personale mi alzano da terra.

- Certo, scusami! Buon lavoro, grazie ancora.

Eloisa rifletté su cosa sarebbe stato meglio fare con Victor; avendolo visto così tranquillo, pensò che in fondo non sarebbe stata una cattiva idea provare ad instaurare un'amicizia. Allo stesso tempo temeva che un legame del genere, dopo un primo incontro come quello che avevano avuto, potesse facilmente sfociare nell'ambiguità e diventare una copia della sua relazione con Damiano, aumentando il suo livello di stress invece di diminuirlo.

Poi si diede mentalmente della cretina, ricordando che anche lei, come Marta, avrebbe fatto meglio a filare a casa a ripassare Fisica Tecnica invece di arrovellarsi su questioni che non richiedevano davvero tutta quell'energia mentale.

 

  
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