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Autore: Fabian_Dominc_DeJenisse    29/11/2024    1 recensioni
Ma poi, in fondo, le statue di sale hanno memoria? Si rendono conto che il tempo passa e che le cose nella vita cambiano? Se anche io, statua di sale, vedessi quello che voglio vedere adesso o tra breve, riuscirei poi ad andare avanti e a voltare pagina, oppure mi metterei a cercare altre pietose scuse per restare con inutile ostinazione abbarbicato al passato?
Una storia “vecchia” che oggi sarebbe considerata “tossica” o almeno una Red Flag, come si dice nel linguaggio moderno, con un certo abuso di anglismi e di terminologia da psichiatria. Ma tossica non lo è mai stata e quello che oggi sarebbe considerato come un atto di stalkeraggio puro, un tempo avrebbe ricevuto una maggiore considerazione a livello sentimentale. Non foss’altro che qui nessuna donna è mai stata realmente nemmeno solo infastidita.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come una statua di sale

 

A L. M. con tutto l'amore che posso. Se anche diventassi cento volte madre di figli non miei, non mi scorderei mai di te, perché mi sei dentro che pungi e bruci come un cristallo di sale piantato proprio lì, in mezzo al cuore.

 

 

Avevo maturato quell'idea in tarda mattinata, ma non pensavo fino a poco prima di uscire da casa che sarei stato capace di metterla in atto. Mi sembrava una cosa assolutamente inutile, per non dire folle, ma adesso sono qui. L'ho fatto. In questo momento, sono sotto casa sua, fermo e immobile, come una statua di sale in attesa. L'ho vista. Tornava a casa a piedi dopo aver parcheggiato la macchina nel solito slargo. Se solo fossi uscito prima da casa mia, come peraltro avevo intenzione di fare, avrei visto tutto. Avrei potuto guardarla bene e non solo di sfuggita. Avrei potuto vederla direttamente in volto, stando di fronte a lei, non solo di profilo. In ogni caso, non c'era alcun dubbio che fosse lei. In fondo sono passati solo tre anni e, in così poco tempo, una persona non cambia tanto. Aveva lo stesso golfino verde e lo stesso paio di pantaloni di quel giorno maledetto di tre anni fa, quando ci dicemmo addio. Unica differenza rispetto ad allora: oggi portava gli occhiali. Un nuovo paio, con una montatura diversa, di quelle spesse e colorate come vanno di moda oggi. Forse, un acquisto recente. Chissà, magari avrà cambiato anche le lenti. Avrà messo quelle al cobalto che sono di minor spessore e nascondono le moipie più forti.

Sono arrivato proprio nel momento in cui, continuando a camminare senza esitazione, tirava fuori le chiavi dalla borsa. Ho rallentato di colpo, a istinto, senza nemmeno guardare nello specchietto. Se avessi avuto qualcuno dietro, si sarebbe sentito un bel botto e poi la situazione sarebbe stata davvero imbarazzante.

Dicevo, ho rallentato, ma non ho avuto il coraggio di fermarmi del tutto. Avevo, allo stesso tempo, desiderio di vederla e paura di esser riconosciuto. Cosa sarebbe accaduto in quel caso? Sarebbe rimasta di sasso? Mi avrebbe salutato? Mi avrebbe solo guardato senza spiccicare una parola e senza far nulla, rientrandosene a casa come ogni giorno dopo il suo turno di lavoro?

Ora me ne sto qui, fermo e senza far nulla, con l'assurda speranza di vederla di nuovo. Magari, chi lo sa, potrebbe affacciarsi dal balcone di casa. Dicevo che sicuramente non mi ha visto, ma forse potrebbe aver notato almeno la mia auto con la coda dell'occhio, senza fare a tempo a girarsi perché nel frattempo io ero sparito. Dovrebbe esserle ancora tanto familiare la mia auto e magari potrebbe venirle il desiderio di affacciarsi e controllare per capire se magari s'era sbagliata, chissà. O potrebbe scendere di nuovo. Può darsi che sia passata da casa per fare una doccia, cambiarsi ed uscire di nuovo.

Non m’importa se esce da sola oppure se viene a prenderla qualcuno. Non stiamo più insieme da tre anni. Potrebbe essersi rifatta una vita, vivere un nuovo amore. A me interessa solo vederla di nuovo. Magari potrei venire domani, più o meno alla stessa ora e poi domani l'altro e poi ancora, giusto per capire se c’è qualche regolarità dei suoi turni, per avere maggiore certezza di vederla e magari insistere fino a quando non si accorge di me…

Lo ripeto, non mi importa se poi spunta fuori qualcuno. Anzi sarebbe meglio. Finalmente avrei un motivo valido per dimenticarla. Niente è servito in precedenza a tale scopo. Ho provato di tutto. Ho anche chiesto aiuto proprio a lei, una volta, come recita una famosa canzone:

e proprio io che ti amo, ti sto implorando, aiutami a distruggerti!

Patetico, vero?

Aveva accettato di vedermi e pareva aver funzionato. E invece no. Non ha funzionato, proprio per nulla. Solo pochi giorni di sollievo nel quale sono stato a galleggiare, poi sono tornato a stare di merda, come e più di prima. Ho tentato di tutto e di più per dimenticarla. Ho persino tentato di alterare, nella mia memoria certi fatti, cambiarne la chiave di lettura fino ad arrivare a pensar male di lei, forse addirittura finire per detestarla, ma alla fine una voce nella mia coscienza mi diceva sempre che avrei compiuto una operazione troppo ingiusta nei suoi confronti, e tutto per puro e semplice egoismo. Man mano che andavo abbozzando nuovi tentativi, per mera disperazione, la cosa funzionava sempre meno, finché non è valso più a nulla. Mi sono solo fatto più male, ripetutamente.

Se ora invece arrivasse qualcuno e se la portasse via, così, sotto i miei occhi, avrei la ragione definitiva per dimenticarmela e voltare pagina per sempre... Ecco, proprio questo ci vorrebbe, un evento contingente contro il quale non potrei nulla. Se mi rendessi conto concretamente di amare una donna diventata ormai di un altro, prima o poi, questo amore si deciderebbe a languire fino a morire, accorgendosi di quanto è impotente e sfortunato.

Mi rendo conto che non potrei fare nulla nemmeno adesso, perché, come ebbe a dire lei stessa tempo fa, si era "abituata a vivere senza di me", mentre io sembravo ancora brancolare nel buio. Lei invece ne aveva fatti di progressi. Alla fine aveva trovato lavoro, si era fatta il conto in banca, aveva iniziato a girare con la sua auto per la città, senza nessuno appresso e senza più bisogno di nessuno. Banalità diranno in molti. E invece no. Non lo erano per lei che aveva vissuto, fino a quel momento, come una ragazzina spaurita, negando a sé stessa di esserlo.

Per lei bastava solo ignorare tutto e vivere con un perenne sostegno dalla famiglia o dal partner. E che cosa sarebbe stato di lei in un momento in cui si fosse trovata da sola. Ce l’avrebbe fatta? No, e lei lo sapeva. Ecco perché le cose, a un certo punto, avevano iniziato ad andare male tra di noi.

Io, che invece certo passi verso la vita adulta li avevo già fatti da molto tempo, mi allarmavo di questo suo dichiararsene incapace tra le lacrime, quando per molti tutto così normale già alle soglie della maggiore età.

Adesso le cose sono cambiare. E si sono pure invertite le parti, in un certo senso, perché, a dispetto delle tante cose fatte entro i giusti termini, oggi sono costretto a constatare come la mia vita si sia fermata a quel maledetto giorno di tre anni fa, quando stava ancora davanti a me, con gli occhi lucidi, indossando lo stesso golfino verde e gli stessi pantaloni di oggi. E io invece stavo lì, che giocavo a fare il duro e la cacciavo via. Le dicevo che non me la sentivo di stare con una donna che si dichiarava cronicamente incapace a vivere la vita anche negli aspetti più scontati. le avevo detto che andando avanti in quel modo, mi sarei trovato costretto a fare il padre, non il compagno o il marito come avrei desiderato, anche perché lei un padre lo aveva già.

Ma chi stavo mai cacciando io? Con quali parole? E come ho fatto, poi? Con che cuore? In nome di che cosa? Quale demone mi aveva preso quel giorno e quale altro mi impedì ancora di cercarla per i successivi cinque mesi, dandole tutto il tempo di farsene una ragione?

In tutta franchezza, negli ultimi tempi l'ho sempre immaginata accompagnarsi a qualcuno. Invece è arrivata da sola. Forse, in verità, ancora adesso, non c'è nessuno nella sua vita. Possibile che una donna così bella non abbia trovato ancora un uomo migliore dopo di me? Eppure notizie recenti giunte al mio orecchio affermavano il contrario. Davano addirittura per imminente il suo matrimonio. Da dove sono saltate fuori, così improvvisamente, queste voci? E chi me le aveva riferite? Di sicuro, devono essere state, in quel momento, uno shock talmente forte, che oggi non riesco davvero a ricordare da quale bocca siano uscite, nemmeno sforzandomi.

Ha davvero un uomo adesso? Lo ha cercato? Lo ha trovato? Certo, considerato che lei per prima, ci ha messo la classica "pietra sopra", sarei addirittura meravigliato se fosse ancora da sola. Se poi un uomo ce l'ha e sta per convolarci pure a nozze, non lo so, però una parte di me si rifiuta di crederlo e spera ancora che mi abbiano detto una fandonia, così, per il puro gusto di farmi star male o di vedere come avrei reagito in quel momento.

C’eravamo visti una volta sola dopo quei cinque mesi ed eravamo stati così bene insieme che, a un certo punto, avevamo iniziato a chiederci come mai c’eravamo lasciati.

Tornare insieme? Forse, ma solo con un progetto di una vita familiare vera davanti – aveva detto lei.

E, lì, io avevo tentennato. Non me la sentivo, non ero abbastanza forte da accollarmi un rischio del genere con un lavoro precario. Mi venne da farle una domanda: Ma tu ci riesci a stare senza me ormai? Ti sei abituata? Mi disse di sì e allora ritenni che non era davvero il caso. Forse non contavo così tanto. Ma ci lasciamo lo stesso con un bacio, un bacio che ciascuno rubò all’altro, all’improvviso, un bacio lento, prolungato. Forse era il bacio che non ci eravamo dati quella sera quando lei uscì dalla mia auto e se ne andò così, senza nemmeno voltarsi indietro. L’avevo voluta io quella rottura e lei lo aveva capito. E poi me ne ero pentito amaramente. Essere stato così categorico e definitivo era stata la più grande minchiata che avevo fatto in vita mia fino a qual momento.

Ho parlato spesso di lei a Lina, una delle amiche più care che ho. Lei ha una interpretazione completamente diversa in merito alla "nostra ultima conversazione". Lina sostiene che una donna che non ama più un uomo non gli propone di sposarla in tempi brevi. La proposta di matrimonio non sarebbe stata quindi un diktat, la conditio sine qua non per tornare insieme, ma una sua estrema dichiarazione d'amore. Forse Lina ha ragione, ma io avevo troppa paura che l'idea di questo benedetto matrimonio per lei contasse più di quanto non contassi io. E poi come poteva desiderare di sposarmi se si era abituata a vivere senza di me, quando io ancora non ci riuscivo? E così rifiutai. O meglio, le dissi che non avremmo potuto rischiare sulla nostra stessa vita, che avevo sempre voluto stare con lei, ma che in fondo il progetto doveva essere rinviato a tempi migliori. Solo che... questi tempi migliori sembravano non arrivare mai e io stesso disperavo che un giorno sarebbero arrivati davvero.

In effetti, se solo avessi potuto farlo subito, lo avrei fatto. Avrei sfidato qualsiasi parere contrario e ce ne sarebbero stati.

Magari i primi a fare opposizione sarebbero stati proprio i suoi, cui sarebbe apparsa strana e sospetta questa mia ricomparsa all'improvviso, dopo che di me si erano perse tutte le tracce.

Se solo avessi avuto uno straccio di certezza sul lavoro. E invece no. Nemmeno adesso le cose sono cambiate. Prima di rivederci, avevo fatto da poco il concorso più importante della mia vita. Avevo battagliato come un leone contro i miei diretti concorrenti per prendermi quel posto, ma alla fine avevano vinto loro lo stesso. Inutile dirlo, durante quella mia battaglia il pensiero era tornato spesso a lei, anche se magari, stavolta, mi avrebbe cacciato lei via, a dispetto del mio trionfo al concorso. Ma tanto, alla fine non c’era stato nessun trionfo. Dopo tutto il tempo trascorso, chissà se mi avrebbe degnato di uno sguardo, mi chiedevo ogni volta, ma, malgrado tutto, feci tutto quello che era in mio potere. Lo dovevo innanzi tutto a me stesso. E lo stesso l’impegno non bastò. Dopo gli ultimi eventi avrebbe avuto poco o nessun senso cercarla per tornare insieme. Leone o pecorella che io fossi stato, non era cambiato nulla.

E, in fondo, come stavo prima, mi ritrovavo adesso. Potevo solo sperare di vederla un'ultima volta per dirci addio in un modo più decente, meno conflittuale di quello che la sorte ci aveva riservato. L'abbiamo avuto quell'addio, ma l'anima mia non ha trovato lo stesso pace.

Ma ora non conta. Sono pure e semplici elucubrazioni quelle che m’invadono il cervello. L'unica cosa certa è che sto qui sotto casa sua chiuso in macchina con un sole cocente che mi batte addosso, nell'assurda speranza di un segnale o di una visione. E tra una "passeggiata" e l'altra tra lo slargo del parcheggio e le vie laterali, così, giusto per cambiare angolazione, per vedere meglio se si accende la luce nella sua stanza, resto fermo ed immobile come un ladro o peggio una spia, o più semplicemente, come una statua di sale.

Qualcuno deve aver notato la mia strana presenza. Ogni tanto si affaccia e guarda verso di me. E' lo stesso tizio che si affacciava anni fa, quando restavamo in macchina a chiacchierare per prolungare un altro po' la compagnia, prima che lei se ne andasse a casa. Facesse pure ciò che gli pare, quello lì. Che guardasse pure e se anche decidesse di chiamare la Polizia per eccesso di prudenza io non mi schiodo da qui.

Come dice, Agente, i documenti? Eccoli… controllate pure, e via... Stare qui è pur sempre un mio diritto. Non faccio male a nessuno e a nessuno credo di dar fastidio. Come dite? Ha chiamato qualcuno? Ah, sì, quel signore anziano che anni fa non trovava nulla di meglio da fare che spiarci dalla finestra. Cosa voglio dire? Beh, guardi è una storia un po' lunga. Ma non è nulla, suvvia, sciocchezze. Volete controllare la macchina? Fate pure, vi apro il bagagliaio senza problemi. Troverete qualche cianfrusaglia dimenticata, una latta d'olio motore mezza consumata, la ruota di scorta, un girabacchino e un po' di terriccio che mi è rimasto dall'ultima gita in campagna e poco altro. Controllate pure. Così magari quel signore lì s'acquieta. Vedete un po' che casino ha fatto per una sosta pura e semplice. Se fossi davvero una statua di sale, l’avrebbe fatto tutto 'sto casino quel signore lì per me? No? E allora?

Potessi avere nuovamente la grazia di vederla, come prima. Mi piacerebbe tanto vederla con un sorriso, però, non con quell'aria di stanchezza che le era dipinta sul volto. Sembrava quasi pallida. Forse era arrabbiata. E vorrei vedere... ritrovarsi con un turno di lavoro che t’impedisce di stare a pranzo a casa tua proprio nel giorno del primo di Maggio…

Le vorrei dire che anche a me capita di fare degli orari assurdi, di non riuscire a tornare a casa ad un orario decente anche se lo vorrei. Anche a me capita di essere sfruttato e spremuto come un limone. E' purtroppo la maledizione di noi "generazione senza potere contrattuale". Certo non mi capiterà mai di lavorare il primo di Maggio o in qualsiasi altra giornata di festa istituzionale, non avendo turni, lì dove sto adesso. Nella sfortuna mi posso considerare fortunato. E anche parecchio. Però mi trovo nelle condizioni di non poter pianificare la mia vita andando oltre l’orizzonte temporale di poche settimane o di qualche mese, tuttalpiù… ma adesso, lascia stare il lavoro, non ci pensare più, affacciati un attimo, uno solo, te ne prego!

E invece, in questo giorno sembra che nulla voglia muoversi. Persino quei pochi aliti di vento che sento spirare ogni tanto devono fare davvero degli strani giri, perché qui non si muove una foglia.

Ci sarebbe persino un silenzio irreale se non fosse per gli uccelli sulle cime degli alberi che tirano fuori un verso squillante e garrulo, godendosi il tepore della primavera e fregandosene altamente di quello che accade qualche metro più sotto, a terra, nelle nelle teste e nelle case degli esseri umani.

Suona la campanella della parrocchia nel piazzale. Chi lo sa, magari adesso scende per la messa. Ma no, che idiota… Oggi è lunedì e non ci sono messe... Quella campanella, mi sa che tra un'ora suonerà ancora.

Stamattina, ho sognato di lei. Ultimamente mi capita molto spesso. Mi sono svegliato con le mani sugli occhi, come se volessi nascondere un inizio di pianto. In effetti avevo gli occhi leggermente inumiditi, anche se non piangevo del tutto.

Ero in preda ad un coacervo di sentimenti che andavano dalla tenerezza all'avvilimento e volevo solo nascondermi alla luce del giorno che veniva. Altre volte ho provato questo desiderio di non destarmi, di dormire ancora per continuare a sognare di lei o ricominciare a farlo, dallo stesso punto in cui mi ero interrotto, completamente indifferente al pullulare della gente in mezzo alla strada, tutta intenta a correre per inseguire la frenesia del mondo.

Ma tanto, anche se ci tento non mi capita mai. Resto sveglio. Al massimo la mia immaginazione vola e sogno a occhi aperti, ma non è la stessa cosa, perché a occhi aperti, manca la spontaneità. Non c'è quella casualità che ti fa sembrare il sogno reale, quasi un pezzo di vita vera o almeno possibile. Restando sveglio e pensando intensamente a lei, tutto va a parare esattamente dove vorrei io, ma non riesco a provare alcuna vera soddisfazione, perché so di essere io a far accadere quegli eventi nella mia mente. In pratica è tutto falso e lo so benissimo. Almeno sognando non me ne renderei conto. Quando dormo e sogno riesco a ingannarmi perché nella mia incoscienza non mi rendo conto di essere ancora io l’artefice di tutti gli inganni.

Stamattina invece ho sognato di lei, ma poi il sogno si è interrotto, come dicevo. Il senso del tatto, quel sentire le mani sul mio volto, mi ha riportato per forza indietro nel tempo, quando le mani non erano le mie, ma le sue. Non erano i miei palmi posti sul viso per nascondermi, erano le sue carezze. Ho allargato anch'io le dita, proprio come era solita fare lei. E, allo stesso tempo, ricordavo quando poi ero io a ricambiare le sue carezze, e sentivo com’era dolce e delicata la sua pelle. La ricordo perfetta e forse non lo era, ma che mi poteva importare mai? Era la sua, e tanto bastava. Adesso, invece, sul mio viso c'erano solo le "mie" mani. Potevo allargare le dita quanto volevo, mi rendevo subito conto dell'inganno.

Ripreso contatto con la realtà, mi vedevo solo in questo vano tentativo di nascondermi a me stesso, chiedendomi quando sarebbe finito quel tormento estatico, quell'eterno suo vagare nella mia mente.

Forse non ho ancora voglia che finisca, per dire almeno un minimo di verità. Nei sogni precedenti accadeva di tutto, piccolezze o eventi straordinari. Si passeggiava, o si parlava con una tazza di caffé davanti, o si faceva l'amore come non s'era mai fatto prima.

Diverse volte mi capitava di sognare che mi abbracciava stando dietro di me, mentre tutt'intorno succedeva non so bene che finimondo da squagliarsi le budella. La città era in fiamme, come se fossero cadute delle bombe sganciate da un nemico sconosciuto arrivato all'improvviso. Si sentiva il crepitio delle fiamme, urla che venivano da lontano, gli allarmi delle auto che suonavano senza requie, ma io non badavo a tutto questo bailamme. Io sentivo solo le sue braccia, ma, chissà perché, non ero capace di voltarmi e vederla. A volte vedevo il suo corpo, ma non il suo viso. Altre volte accadeva il contrario. Prendevo il coraggio a due mani e mi voltavo, ma poi scoprivo, tra la sorpresa e l'angoscia, che aveva fattezze completamente differenti, lineamenti che non erano i suoi. Ma io sapevo che era lei, come potevo essere certo della mia stessa identità.

Invece, stavolta, lei non c'era nemmeno.

Nel mio sogno di questa notte, non chiedetemi perché, mi ritrovavo dal suo ottico di fiducia, quello dove lei comprava, a scadenze più o meno regolari, le lenti a contatto usa e getta. Quelle che invece oggi non portava. Sapendo di non averla vista già da così tanto tempo, chiedevo sue notizie alla commessa del negozio. In verità non avevo idea di chi fosse questa ragazza bionda, con il camice bianco dietro il bancone. Non ricordavo di averla mai vista prima. Però, per qualche ragione, sapevo che lei la conosceva e, a dire il vero, pareva che lei conoscesse anche me e che sapesse tutto della nostra storia.

A un certo punto, vedendomi in uno stato di profonda prostrazione, mossa a pietà, questa giovane mi chiede di aspettare. Se ne va sul retro e una volta tornata, mi mette davanti quelli che avevano tutta l'aria di due blocchetti d'appunti; quelli piccolini, coi fogli tenuti insieme con anelli di plastica.

"Questi sono i suoi diari" – mi dice – "li ha affidati a me. Ogni volta che passa da qui, ci annota su qualcosa e poi me li rende dicendomi che tornerà a scriverci ancora. So di commettere una scorrettezza nel farteli vedere, ma forse ti potrebbero essere di aiuto".

La ragazza, aprendo una pagina a caso mi invita a guardare a mia volta: "Guarda come è diseguale la sua calligrafia. Sembra quasi che faccia diversi tentativi di scrittura, come se volesse con questo manifestare i suoi tentativi di ritrovare, oltre alla grafia, un'identità personale".

Non so come possa trarre queste conclusioni da provetta grafologa, ma in effetti mi accorgo che è vero o così pareva anche a me. La scrittura è diversa sui vari capoversi. Mi trovo di fronte appena due paginette fittamente vergate, ma le differenze sono impressionanti come se fossero state scritte da più mani diverse.

"Posso tenerli per un po'?" chiedo. La domanda mi è venuta spontanea.

"Va bene, ma non troppo" La risposta è al tempo stesso croce e delizia. Io mi prenderei il tempo per leggerli tutti. E invece... "Sai, non vorrei che arrivasse all'improvviso". Così mi dice per aggiungere, subito dopo: "Oggi in teoria non dovrebbe venire, ma non si sa mai...".

Così mi metto a sedere su una poltroncina poco distante e li tengo stretti un po' in mano, senza far nulla. Effettivamente non so se aprirli o meno. Da un lato desidero farlo, dall'altro avrei la tentazione di rendere tutto alla commessa e dirle che, sì, in effetti ha ragione, e poi non sarebbe nemmeno giusto leggerli così, di straforo. Vorrei dirle che però apprezzo tanto la sua delicatezza verso di me, ma… non si può... e poi… tanti saluti.

Non mi ha sfiorato nemmeno per un istante l'idea di chiedermi come mai abbia lasciato in quel posto i suoi "diari" affidandoli alle cure di questa ragazza che, in fondo, è solo una semi sconosciuta anche per lei. Sarebbe assurdo, ma si sa è un sogno e nei sogni le cose più assurde diventano normale amministrazione, e non ci pensi mai se non quando, alla fine, ti svegli. Alla fine però la curiosità vince sugli scrupoli, mi faccio forza e li apro.

La grafia appare assai disuniforme anche nelle altre pagine. A tratti mostra un piglio sicuro e pare molto ordinata. In altri punti è evidentemente più sciatta, come se avesse scritto di corsa e non si fosse preoccupata nemmeno di seguire del tutto il rigo. Ma anche dove essa è più ordinata si notano alcune palesi differenze. A tratti ci sono delle rigidità ben evidenti, come se si fosse sforzata di scrivere imitando uno stile non suo. Talora le lettere sono spigolose e puntano verso l'alto, talaltra sono vergate così, assolutamente come venivano, insistendo lo stesso certe rotondità che non sapevo dire se fossero premeditate o no.

Inizialmente, a dire il vero, non leggo nulla: mi limitato a osservare e scrutare certi dettagli, perdendomi negli arabeschi che aveva tratteggiato con le sue parole, così, senza cercare alcun filo logico.

Poi mi metto a leggere sul serio, senza trovare nulla di che. Ordinaria amministrazione. Solo dettagli di vita di tutti i giorni e nemmeno troppo palpitante. Piccole preoccupazioni di lavoro, a volte banali liste di cose da comprare, commissioni da sbrigare, appuntamenti dal dentista, annotazioni sulle confidenze della sorella, sulle nipotine che crescono, piccole lamentele e manifestazioni di noia. C'erano pure resoconti sintetici, se non addirittura frettolosi, di piccole meschinerie tra colleghi, di quelle che rinascono sistematicamente ogni volta che si avvicina il rinnovo del contra di rinnovo dei contratto e si pensa che non ci sia posto per tutti. Mors tua vita mea, si dice e magari dopo seguono i momenti di alleggerimento, a cose ormai fatte con soddisfazione di (quasi) tutti e allora gli atteggiamenti cambiano, e si torna a una maggiore distensione, con annesso miele che cola a sproposito… Anche io lo so.

Non una sola parola su di me. Nulla di nulla. Nemmeno un ricordo del passato, bello o brutto che fosse. Si trattava di cose recenti. Eppure, in quel momento, me la sento vicina lo stesso. Anche se non fisicamente, è come se fosse lì con me. C'erano i suoi pensieri di tutti i giorni. Finalmente la sua essenza non mi è più estranea e lontana.

Una delle cose che mi aveva fatto soffrire un sacco dopo la nostra separazione era questo pensiero fisso: Avevamo sognato e tentato in ogni occasione di fonderci, di diventare una persona sola. Avevamo un desiderio di vicinanza, di sapere cosa pensavamo, cosa facevamo e poi, tutto d'un colpo, il buio. Eravamo diventati, da un giorno, all'altro degli estranei, come se non ci fossimo mai conosciuti. Peggio, come se, in verità, al mondo non esistessimo o non fossimo mai esistiti. Ovviamente non era così, ma era lo stesso l'impressione che mi era capitato di provare. Anche quando ci pensavamo intensamente. Sì, perché per lei, come mi aveva detto la sera del nostro incontro, era stata la stessa cosa. Ciascuno aveva attribuito all'altro un’indifferenza cocente che si manifestava ostentatamente nel non tentare di cercarsi. Non ci eravamo cercati più, dopo anni che eravamo stati insieme sempre, dopo che persino una sola settimana di lontananza forzata, per qualsiasi motivo, pesava come un macigno, dandoci una malinconia struggente. Potevo essere sicuro che mi aveva parlato in tutta sincerità, perché quella volta che ci eravamo rivisti erano stati baci ed abbracci da non potersene saziare. Poi di nuovo il nulla. Eravamo forse le più strane creature di tutto l’universo. Adesso era come se fosse di nuovo lì con me, silenziosa, assente, ma avevo nuovamente la prova tangibile che esisteva, che viveva, che affrontava la vita come tutti nel bene nel male. Era lì con me, anche se sembrava non ricordare nemmeno chi fossi. Paradossale, è vero, eppure mi appariva così. In genere non pensiamo mai queste cose di tutta la gente che non vediamo più. Però noi non eravamo solo "la gente", e in ogni caso per "la gente" non si prova questo senso di lacerazione.

Nemmeno quando si litiga col proprio migliore amico è la stesa cosa.

A dire il vero, dopo di lei, a volte, questo senso di lacerazione mi si è presentato spesso e anche a sproposito, quando davvero non era il caso, come se mi si fossero sballati tutti i punti di riferimento. Questi pensieri mi hanno tenuto fermo per un po’, poi ho ripreso a sfogliare in modo casuale, quando all'improvviso, su un vago discorso che aveva per oggetto il futuro, un passo cattura inevitabilmente la mia attenzione:

Tante cose sono accadute e tante ancora ne dovranno accadere. Il flusso della vita continua in ogni caso. Ora io so di essere parte del gioco e non mi tiro più indietro come un tempo. Ciò malgrado, le mie speranze e la mia vita sono nelle mani di Massimiliano. Non mi resta altri che lui.

Massimiliano? Chi è? Ma si, lui! Non può essere che lui. Non lo nomina più. Sfoglio avanti e non lo ritrovo nelle pagine successive. Ma deve essere lui, ci scommetto.

le mie speranze e la mia vita sono nelle mani di Massimiliano. Non mi resta altri che lui.

Dio mio! Una frase da sentirsi mancare l'aria. Quindi era vero! Non avevo sospettato invano, né erano infondate le notizie che mi erano giunte. Respiro di nuovo forte, poi chiudo tutto e torno al banco per restituire i blocchetti. Mi ci vuole un po' per tornare ad attirare l'attenzione della commessa che in quel momento ha a che fare con due clienti pignoli. Intanto, metto i blocchetti sul banco senza dire nulla. La commessa capisce li riprende e non aggiunse altro. Poi però mi fa cenno di aspettare. Torna un istante ancora nel retrobottega e ne rispunta con alcune strane buste.

"Ho capito che per te è molto importante" – mi dice – "tieni queste. Mi aveva chiesto di distruggerle in verità, ma ancora non avevo trovato il tempo per farlo".

Mi ha messo tra le mani due strane confezioni di cellophane che contengono delle foglie. Sì, delle vere foglie, sia secche che ancora verdi. Queste sono sistemate in ordine, come delle tegole, parzialmente sovrapposte, senza che nessuna copra interamente le altre. Su questa singolare composizione lei aveva scritto una minuta, almeno parziale, di quelle pagine. La disposizione delle foglie, in verità, non sembra poi così regolare. È solo l'ordine della scrittura a farle apparire tali.

Le prendo, stavolta senza pensarci troppo e dopo aver ringraziato la ragazza mi avvio precipitosamente verso l'uscita. Purtroppo le foglie non erano compatte come avevo supposto e con pochi movimenti iniziano, con mio grande sgomento, a mescolarsi tra di loro. Ogni mio maldestro tentativo di rimediare a quella situazione non fa che peggiorare le cose, sicché, in breve, mi ritrovo con un miscuglio di lettere e monconi di parole che non avevano più senso e continuavano a confondersi ancora di più.

Pensare di mettersi con calma a ricomporre il tutto sarebbe stato una follia. Sapevo che non ci sarei mai riuscito. Mi prende lo sconforto di una nuova e più definitiva perdita...

Non ricordo altro. Credo d'essermi svegliato in quel momento con le mani sul volto e gli occhi inumiditi, come ho detto prima.

§§§

E' tardi adesso, sono passate tre ore e più da quando sono arrivato. Non si è mossa una foglia e nessuno si è affacciato al balcone. In una ulteriore e vana speranza ho pensato che mi arrivasse un messaggio sul cellulare. Qualcosa del tipo: "Sei tu quello che vedo lì nel piazzale, chiuso in macchina?" Ovviamente non è accaduto.

Solo, a un certo punto, è arrivato un uomo sulla quarantina in macchina. Ha parcheggiato a poca distanza da me ed è uscito dall’abitacolo con una certa solerzia. Non ha guardato in nessuna direzione particolare e s'è diretto con un piglio sicuro verso il cancelletto pedonale di casa sua. "Ecco, costui potrebbe essere Massimiliano" ho pensato. "Ci siamo, tra poco avremo l'epilogo, lei scenderà abbracciata a lui, o mano nella mano, monteranno in macchina e se ne andranno. Io soffrirò come un cane all’inizio, ma poi, finalmente anch’io, come lei, troverò la pace e forse anche la forza per andare avanti".

E invece no. Nemmeno lui si è visto più. Mi è rimasto il dubbio di sapere chi fosse costui e dove fosse diretto. Oggi non so davvero come va il mondo. È come se tutti venissimo ingoiati in una voragine della memoria.

Ma per me è diverso. In fondo, le statue di sale hanno memoria? Si rendono conto che il tempo passa e che le cose nella vita cambiano? Se anche io, statua di sale, vedessi quello che voglio vedere adesso o tra breve, riuscirei poi ad andare avanti e a voltare pagina, oppure mi metterei a cercare altre pietose scuse per restare con inutile ostinazione abbarbicato al passato?

E' tardi adesso. Tra poco il sole calerà definitivamente dietro la sagoma a forma di cono del monte Cuccio che dal suo balcone si è sempre visto così bene.

Tra poco gli ultimi raggi di sole all'imbrunire imporporeranno quelle poche nubi che con casuale svogliatezza si sfilacciano sopra la montagna.

Dunque non ti affaccerai più, amore mio?

Nemmeno per vedere il tramonto?

 

Palermo 1 Maggio 2006.

   
 
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