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Autore: Roiben    30/11/2024    0 recensioni
[...più forte ragazzi! (1972) ]
Era un meccanico che sognava di levarsi in volo e scoprire il mondo dall’alto.
Poi, un bel giorno, vide ali rosse attraversare il cielo immenso e blu.
E da quel giorno il suo sogno divenne una scommessa, con sé stesso e con quelle due ali rosse.
Un giro della morte nel cielo blu.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per un eterno istante Salud scorda di respirare. L’iniziale impressione di essersi addentrato in terreni insidiosi in quel momento si fa tragica certezza. Dovrebbe proprio trovare il modo per tenere a bada la propria insana curiosità, soprattutto se porta a situazioni spinose come quella in cui si ritrova attualmente.

 

Il piccolo pilota, ancora seduto al suo fianco ai comandi del Piper, riscosso evidentemente dall’improvviso quanto improbabile silenzio del meccanico, si volta nella sua direzione, un sopracciglio inarcato in una muta domanda. Salud si schiarisce la voce, ma nessun commento sensato stavolta sembra intenzionato ad abbandonare la sua bocca.

 

«Il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiede a quel punto, ironico.

 

Si schiarisce la voce una seconda volta, prima di ritentare una replica. «Ehm… No. Voglio dire… Avevi detto che volevi raccontarmi una storia, ma non avevo idea che intendessi…»

 

Annuisce. «Storia sbagliata, capito. Immagino tu abbia delle preferenze.»

 

«Cosa? No, non… Io… Puoi raccontarmi ciò che vuoi, sai. O non raccontarmi proprio nulla. Non ti ho seguito per costringerti a parlare con me di cose che vuoi tenere per te» protesta piano, d’un tratto incerto su quel che desidererebbe davvero.

 

«Ma poi tu resteresti deluso dal mio silenzio» considera con un lieve sorriso.

 

«No che non lo farei!» insorge, punto sul vivo.

 

«Ah no?» si informa, il tono che scivola gradualmente verso il sarcasmo.

 

«Beh… Forse, solo un poco, ma non è qualcosa di cui dovresti tenere conto. Riguarda solo te, e ciò che avresti piacere di condividere, ecco.»

 

Plata scuote la testa, un’espressione stranamente divertita in volto. «Salud, testone, ovvio che non riguarda solo me. Se ho intenzione di condividere qualcosa, riguarda anche te, dato che è a te che intendo parlare. Capisci?»

 

«Euh…» tentenna dubbioso.

 

Plata sospira esasperato. «Certe volte sei proprio indisponente.»

 

«Non è vero!» protesta d’istinto.

 

«Altroché se è vero» lo contraddice convinto. «Salud» riprova, più pacato, quasi in tono dolce. «Se non te la senti puoi dirmelo, e io me ne resterò zitto e buono. Riporterò te e il Piper al campo volo e sarà tutto come prima» offre accomodante.

 

Salud si mordicchia un labbro. Non è troppo sicuro di cosa sia giusto decidere. Il ragazzo vuole davvero confidarsi con lui? Oppure sono state le sue frequenti insistenze a persuaderlo che fosse qualcosa di necessario? «Plata» mormora, quasi fra sé, attirando l’attenzione dell’interpellato, i cui occhi si sgranano appena. «Non voglio costringerti a fare nulla. Avrei piacere che tu mi considerassi un amico con cui poter parlare di qualunque cosa tu senta di voler condividere. Ma la scelta finale è tua, solo tua.»

 

Plata si sporge e posa un piccolo bacio sullo zigomo di Salud, al quale manca di nuovo l’aria per quel lieve gesto. «Tu sei un buon amico, Salud, e sei molto più di questo. Ho scelto te perché ho pensato che avresti capito, perché per un momento ho sentito il bisogno di… dire qualcosa, qualcosa che è rimasto troppo a lungo a girare nella mia testa. Se non ritieni di essere la persona giusta, io ti capirò e…»

 

Imitando il precedente gesto del ragazzo, Salud si sporge e posa le labbra sulla fronte di Plata in un gesto fugace. «Puoi contare su di me, impiastro volante. Non ho intenzione alcuna di giudicarti. Di qualunque cosa deciderai di parlarmi, io sarò qui per te e ti ascolterò. Promesso.»

 

 

Plata, d’un tratto, dà le spalle a Salud, lasciandolo un momento interdetto, e apre il portello del Piper balzando a terra. Salud si sporge e lo fissa, senza ben comprenderne le intenzioni. Plata sogghigna e con un secco gesto del capo gli fa intendere di seguirlo.

 

«Avanti, testone, vieni giù. Facciamo una passeggiata.»

 

Una passeggiata… Salud si rigira il pensiero in testa e fa spallucce. Beh, d’accordo, una passeggiata può andare. Si divincola con qualche impaccio dalla cabina del Piper e raggiunge il suo pilota (o almeno quello che spera tanto che un giorno possa essere suo).

 

«Dove andiamo?» si informa curioso.

 

«Non saprei. Scopriamo dove porta questo sentiero» propone.

 

«Speriamo di non essere mangiati da una tigre» si impensierisce il meccanico.

 

Plata si volta a guardarlo, con un piccolo sorriso divertito. «Salud, sciocco, in questa foresta non le troverai mai le tue tigri. Se vuoi, però, ci sono giaguari e puma. Forse ti gradirebbero ugualmente» si burla di lui.

 

«Sei molto divertente!» sbotta sarcastico. «A te non importa solo perché hai poca carne attaccata alle ossa. Probabilmente non ti degnerebbero di una seconda occhiata e preferirebbero pranzare con il sottoscritto» borbotta offeso.

 

Il pilota leva gli occhi al cielo. «Sei così maledettamente melodrammatico, certe volte. E tutto il chiasso che fai di sicuro avrà fatto fuggire qualunque creatura vivente da qui a dieci miglia di distanza.»

 

«Oppure ci stanno tendendo un agguato e approfitteranno del nostro battibecco per preparare il loro prossimo banchetto.»

 

Plata ci pensa su qualche momento e annuisce. «Magari sì. Finiremmo i nostri giorni migliori nella pancia di qualche carnivoro che ci ringrazierà sentitamente per lo spuntino» esclama burlone.

 

«Almeno serviremmo a qualcosa» conviene.

 

«Tu servi già a qualcosa: ripari gli aerei dei piloti.»

 

«Bah, chiunque con un minimo di pratica lo potrebbe fare.»

 

«Io non lo so fare» controbatte un po’ offuscato.

 

«Tu sai farli volare» protesta.

 

«Eh, già, molto utile» replica sarcastico.

 

«Lo è! Pensa se a qualcuno servisse urgentemente spostarsi lontano. Potresti portarcelo senza preoccuparti del traffico. Magari accompagni in città un tizio che ha la moglie che sta per partorire e senza il tuo intervento si perderebbe la possibilità di veder nascere il figlio» immagina.

 

Plata soffia una piccola risata. «Certo ne hai di immaginazione.»

 

«Può succedere!» si incaponisce Salud, con un lieve broncio.

 

Il pilota leva le mani per tranquillizzarlo. «Va bene, sì, hai vinto tu: potrebbe accadere.»

 

Il meccanico sorride vittorioso, facendo sorridere di rimando anche il ragazzo. Un momento dopo posa lo sguardo sullo scorrere del fiume accanto a loro e torna serio e pensieroso.

 

«Avevo cinque anni quando, per la prima volta, sono salito su un aereo di fronte ai comandi. Non vedevo nulla davanti a me, i piedi non arrivavano neppure lontanamente ai pedali e la cloche era troppo rigida perché riuscissi a muoverla davvero. È stato il giorno migliore della mia vita. Ero così… così felice. Vedevo mio padre salire su un aereo ogni giorno e desideravo essere proprio come lui, e quel giorno sapevo che era il primo passo per realizzare il mio sogno, lo sapevo nonostante fossi solo un bambino. Volevo far volare quell’aereo, e l’avrei fatto. Non quel giorno, certo, ma un giorno ci sarei riuscito, e papà mi avrebbe portato in giro per il villaggio sulla sua spalla, orgoglioso e con un gran sorriso di soddisfazione.»

 

«E… lo hai fatto? È successo?» mormora Salud.

 

Plata soppesa Salud con lo sguardo e lentamente annuisce. «Ci ho impiegato molto più tempo di quanto immaginassi, ma alla fine sì, ci sono riuscito. Ovviamente mio padre non poteva più portarmi in trionfo sulle sue spalle, perché a quel punto avevo già quasi quattordici anni, ma in paese mi ci ha trascinato ugualmente, e mi ha perfino offerto del whisky… Per poco non sono morto a causa del bruciore alla gola!» esclama ridendo come un matto e contagiando anche l’amico.

 
  
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