Un Nuovo Inizio
Racconto ispirato da Stelle e Ottone di Jude Archer
e Abissi e Incanto di Ella Archer
Appartenenti alla tetralogia della Hidden Society
Attenzione! Questo racconto contiene spoiler (anche grossi) su entrambi i libri!
1-
La porta era piccola e fatta d'acciaio, garantiva l'accesso a un piccolo recinto di rete metallica; non c'era nessuno all'interno di quella piccola area, eppure la porta si aprì e una ragazza ne varcò la soglia. La parte interna dell'anta era in legno intarsiato, una particolarità che perse qualche istante dopo quando la nuova arrivata la chiuse alle sue spalle.
Lisa aveva poco più di vent'anni e i suoi capelli neri e lisci incorniciavano il suo viso armonioso dai tratti asiatici. I suoi occhi erano assenti, inusualmente spenti, contornati da un trucco forse un po' troppo pesante ma che faceva spiccare il gioiello che brillava appena sotto il suo occhio sinistro. Indossava un girocollo che sarebbe stato meglio definito come "collare", che non stonava troppo con lo stile rockeggiante della ragazza nonostante fosse un'imposizione esterna.
Salì i pochi gradini che portavano all'ampio terrazzo, i suoi passi erano meno decisi del solito, il peso dei suoi pensieri la trascinava verso terra come un macigno. Il cielo era plumbeo e l'acqua scrosciava violenta, un refolo freddo le fece venire la pelle d'oca su braccia e gambe, lasciate scoperte da una semplice maglietta e un paio di pantaloncini sfilacciati. Scrutò lo skyline sfocato e, finalmente, trovò il profilo che cercava: il Vesuvio.
«Ovviamente la prima volta che vengo a Napoli mi trovo in mezzo a un acquazzone... Karma del cavolo» la sua voce portava la solita nota sarcastica ma qualcosa dentro di lei si era spezzato.
Lei, sempre così forte e decisa, appoggiò la schiena alla parete guardando le sagome della città e scoppiò in un pianto a dirotto che si sposò con la pioggia che cadeva a poca distanza da lei.
Scivolò a terra, abbracciandosi le ginocchia, lasciando fluire fuori dai suoi occhi il dolore, la rabbia e la frustrazione che stava avvinghiando il suo cuore da giorni. Pianse così tanto che la sagoma del Vesuvio svanì, mentre il sole perdeva la sua poca energia già nascosta dalle nuvole e lasciava il posto alla notte.
«Va tutto bene?» chiese una voce che la fece trasalire.
«Che domanda del cazzo...» rispose lei alzando la testa. Si trovò di fronte un ragazzo biondo circa della sua età vestito interamente di grigio. Era chinato leggermente in avanti e un soffio di vento scostò i lembi del suo lungo cappotto, scoprendo per un istante varie fondine che nascondevano una piccola armeria sul suo corpo; il suo tratto più distintivo, però, era un guanto di pelle con una biglia di vetro incastonata nel palmo e il simbolo della Hidden Society. Era uno dei Vigilantes.
Lisa si asciugò le lacrime con il dorso della mano «Ho fatto qualcosa di male? Perché ho un Vigilante appresso?»
«Oh no» rispose lui «non hai fatto ancora nulla di male... A parte uscire da una porta non presidiata con il rischio di rivelare la tua natura al mondo umano.»
Lei sbuffò, abbassando lo sguardo arrossato «C'è un sensore qui vicino, vero?»
Lui annuì e si avvicinò, appoggiandosi al muro di fianco a lei «Mi devo aspettare problemi da te?»
«No» Lo rassicurò, per poi aggiungere mestamente «Però non penso dipenda da me»
L'altro decise di non pressarla ulteriormente e, dopo alcuni istanti, lasciò comparire sul suo viso un sorriso collaudato «Comunque piacere, Tom!»
Lei prese in profondo respiro riprendendosi completamente dalla crisi di pianto, si alzò e fu in grado di ricambiare il sorriso con un riflesso automatico «Lisa».
«Piacere di conoscerti, Lisa. Posso chiederti cosa ti porta qui a Napoli?» il tono di Tom era leggero e allegro, a dissimulare il fatto che stesse tenendo un vero e proprio interrogatorio.
Lisa sapeva di stare venendo valutata a fondo e non aveva modo di sottrarsi all'analisi certosina, non le piaceva essere in svantaggio «Questo... è un viaggio di piacere. Turismo!» Scherzò lei, ma nonostante il tentativo di umorismo i suoi occhi mantenevano una luce triste, la sua abilità dissimulatoria indebolita dagli eventi recenti.
«Beh, di solito i nuovi arrivati usano la prima sera a Napoli per cercare una buona pizzeria o fare un giro per il centro. Non sono qui per giudicare, ma mettersi a piangere sulla terrazza di un vecchio condominio non è ciò che consiglierei a qualcuno che vuole vivere la città»
«Avevo solo un po' di stress da buttare fuori, tutto qua. Vorrei non parlarne»
Tom si massaggiò il dorso del naso mentre valutava la situazione, infine dichiarò il suo verdetto scuotendo il capo «Mi dispiace, ma devo insistere» il suo tono era ancora gentile ma ora aveva una nota sicura, inamovibile «Come Vigilante non posso ignorare un nuovo sovrannaturale disorientato giunto in città, e come Tom non lascerò da sola una bella ragazza piangente a perdersi tra i vicoli di Napoli»
«Una "bella ragazza"? Vuoi dire che se non fossi stata di tuo gusto mi avresti ignorata e lasciata libera di andare?» Lisa tentò di destabilizzarlo cambiando rapidamente il soggetto della conversazione.
Il ragazzo di fronte a lei aprì la bocca tentennando, preso in contropiede, ma quando Lisa era ormai convinta di aver guadagnato il vantaggio lui sorrise, agitando un dito verso di lei «Bel tentativo! Me l'avevi quasi fatta!» lasciò anche scappare una leggera risata quando Lisa si mise le mani ai fianchi con un'espressione esageratamente imbronciata.
«Avanti, solo poche domande» incalzò lui «giusto per capire quanti casini porterai a Napoli, poi ti lascerò andare»
«Sei un tipo fastidiosamente ostinato, lo sai?»
«Sì, e posso essere fastidioso in mille modi diversi!» l'ampio sorriso del Vigilante non si spense mai, neanche quando disse: «e ora cerchiamo di scoprire perché hai un collare magico al collo»
La maschera sprezzante di Lisa si frantumò e anche il suo atteggiamento sardonico si spense «Io non... Ci sono cose a cui non posso rispondere» il tentennamento della sua voce sottolineò la natura della magia che strozzava certi argomenti nella sua gola.
L'espressione di Tom si addolcì ulteriormente «non temere, tutto ciò che dirai rimarrà tra me e te; noi Vigilantes siamo la discrezione stessa»
«Disse quello pieno di armi, con un lungo cappotto all'inizio di ottobre e con un guanto dai poteri magici in bella vista» la ragazza ritrovò un po' di energia grazie al suo confortevole sarcasmo.
«Questa è moda!» ribatté lui con una leggera risata «e poi, vedendo la tua pelle d'oca, immagino che il mio cappotto ti farebbe comodo»
«Napoli è famosa per "o' sole"! Non mi aspettavo certo la stagione dei monsoni...» interruppe la sua tirata stizzita quando Tom, con un unico e fluido movimento, tolse il suo lungo pastrano e glielo adagiò sulle spalle.
La gentilezza del gesto venne mitigata dalla quantità di armi che ora erano esposte in bella vista: una pistola dal calcio argentato, pugnali di ogni foggia e dimensione e... un thermos?
Vedendo lo sguardo interdetto della ragazza Tom picchiettò sull'origine della sua curiosità «questo è un tesoro che spesso la gente dimentica quando parla di Napoli: "O' caffè"! Avevo appena spento la moka quando ho ricevuto l'avviso del tuo arrivo. Vuoi?» chiese, indicando un tavolino un po' impolverato abbandonato lì sulla terrazza.
Lisa annuì, realizzando quanto tempo era passato dall'ultima volta in cui si era seduta a un tavolo con qualcuno. Stretta nel cappotto caldo accettò l'anacronistica galanteria di Tom che le scostò una sedia (dopo averla sommariamente ripulita con un paio di manate) e si sedettero nella penombra della terrazza, con lo scroscìo della pioggia intorno a loro e le luci di Napoli che cominciavano ad accendersi nei palazzi vicini.