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Autore: GLaDYS_Vakarian    09/12/2024    0 recensioni
Heather ed Every si recano a Silent Hill per scoprire la verità sul loro legame con quella città maledetta. Affrontando orrori e creature contorte, esploreranno gli oscuri segreti del loro passato, rivelando un destino intrecciato con un culto sinistro, l'Ordine. Mentre il loro legame verrà messo alla prova, Heather ed Every devono affrontare le ombre del loro passato per liberarsi dalla morsa di Silent Hill e trovare la propria identità.
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Claudia Wolf, Douglas Cartland, Harry Mason, Heather Mason, Nuovo Personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Every rimase cupa per quasi tutto il resto del viaggio, ravvivandosi un po’ solo quando furono vicino casa. Quando ancora erano sulla metro se ne era rimasta seduta in silenzio a braccia conserte, l’aria assente e chiaramente turbata; il che non era certo passato inosservato ai Mason. Ma lei aveva sviato qualunque spiegazione che Heather le aveva chiesto sul suo brusco cambio d’umore e non le aveva più detto niente a proposito di quanto accaduto alla fermata della metropolitana, del suo incontro con Claudia e… del mostro. Il vagone era pieno di persone e pendolari che rincasavano dopo aver staccato dal lavoro, come se la folla fosse magicamente riapparsa. Che fosse stata tutta opera di Claudia?
Ad ogni modo, le cose parevano essere tornate alla normalità, perciò Every non aveva visto altro motivo per cui preoccuparsi troppo. Dentro di sé, si era ripromessa che ne avrebbe parlato a suo padre non appena ne avrebbe avuta l’occasione: dovevano capire cosa stava succedendo e pensare a una soluzione in fretta.
  Sia i Da Silva sia i Mason abitavano nel medesimo complesso di appartamenti, i Villa Daisy. Ogni volta che si trasferivano in una città nuova cercavano entrambi di tornare a vivere relativamente vicini: più vicini erano meglio era, se ne avevano la possibilità. L’appartamento dei Mason, il numero 102, si trovava al pianterreno, mentre per raggiungere casa di Every dovettero prendere l’ascensore fino all’attico.
  Sentì il cuore molto più leggero quando vide la porta di casa. « Finalmente, casa dolce casa… non vedo l’ora di buttarmi sul divano a contemplare il “nulla cosmico” », sospirò armeggiando con le chiavi. Le luci erano come al solito molto soffuse, per cui l’edificio versava in una penombra perenne che se non altro non metteva in risalto lo squallore di quell’ambiente così vissuto e spoglio.
  « Lo so che non sei mai stata portata per lo shopping, Eve », la punzecchiò Heather.
  « Giusto, ho pure dimenticato di prendere l’unica cosa che mi ha chiesto mio padre… sì, direi che amo decisamente fare shopping. Non so voi, ma io ho fame… »
  La porta si aprì ed Every si fece da parte per far accomodare prima i suoi amici. « Papi, siamo arrivati. Scusa, abbiamo perso il treno e abbiamo fatto un po’ tardi… », disse, richiudendo la porta quando anche lei entrò subito dopo Harry.
  « Papà? Ah, si dev’essere addormentato di nuovo sul divano. »
Si tolse il parka e lo appese all’attaccapanni nell’ingresso, per poi buttare un occhio in cucina e nel soggiorno. Notò che la casa era silenziosa, il che significava che suo padre non aveva ancora iniziato a preparare nulla per quella serata; i fornelli erano spenti e il tavolo da pranzo era ancora vuoto.
  « Papi, ci sono Harry e Heather, te ne sei dimenticato? Se avevi bisogno di una mano o non ti andava, bastava… Papà? »
Every intravedeva il padre seduto nel soggiorno, ma per qualche motivo non la stava considerando. Non le stava rispondendo e neanche si muoveva. C’era un’aria troppo pesante. Every pensò subito che probabilmente aveva avuto un malore e aveva perso i sensi; allo stesso tempo, sentiva anche una sensazione crescente d’inquietudine alla bocca dello stomaco, ma cercò di non darlo a vedere. Se suo padre era stato male, doveva restare lucida per poterlo soccorrere.
Dietro di lei, ancora nei pressi della soglia, Heather e suo padre si scambiarono uno sguardo preoccupato.
  « Papà, stai bene?... »
Si avvicinò titubante, arrivando fino a quel tanto che bastava per poterlo vedere in faccia… e l’orrenda visione le rubò il fiato.
Il corpo di Christopher era lì, seduto sul divano: giaceva in una pozza di sangue che aveva inzuppato quasi completamente i cuscini ed era poi colato fin sul tappeto e sotto i suoi piedi. Era sgorgato da uno squarcio all’altezza del petto.
Every cacciò uno strillo inorridito.
  « Oh, no… NO! No, no, no, no… Papà! Ti prego, svegliati! Non sei morto… svegliati, papà! Avanti, svegliati! » singhiozzò, incredula e nel panico, precipitandosi su lui per cercare di fargli riprendere inutilmente i sensi. « Non sei morto! Non puoi morire! »
  Il pallido volto di suo padre era quasi irriconoscibile da tutto il sangue che c’era, contratto in un’espressione mista di dolore e stupore con gli occhi ancora aperti, ma Every si rifiutava di credere che non c’era più niente ormai che potesse fare. Le lacrime scorrevano copiose lungo le guance, mentre nella sua testa continuava a ripetersi che fosse tutto solo un terrificante incubo.
  Non si era nemmeno resa conto che Harry si era precipitato accanto a lei, avvolgendole le braccia attorno per sostenerla. « No! Heather, non avvicinarti! Non guardare… », intimò a sua figlia, bloccandola quando anche lei fece per avvicinarsi, la voce tremante.
Every si liberò dalla sua presa per tornare ancora una volta al corpo senza vita di suo padre. « Non può essere… non sta succedendo davvero! Papà… » Gli s’inginocchiò davanti, affondando il viso sulle sue ginocchia.
Il pianto straziato di Every fu l’unica cosa udibile all’interno dell’appartamento per un tempo indefinibile e che parve interminabile, accompagnato in sottofondo da quello sommesso di Harry e Heather lì presenti che non osavano disturbarla.
Quando i singhiozzi si affievolirono, Every sollevò il capo e puntò lo sguardo su alcune macchie di sangue impresse sul tappeto che si allontanavano verso il balcone, accostato dalla scala antincendio. La porta scorrevole a vetri era aperta a spiraglio.
Every si alzò e si avvicinò per sporgersi fuori: la scia saliva fino al tetto.
  « Eve… », la richiamò Heather, il viso teso dall’ansia.
Lo sguardo che Every le lanciò le fece raggelare il sangue nelle vene; mai una sola volta prima di allora Heather le aveva visto occhi del genere.
Non ascoltò nemmeno i richiami dell’amica mentre si precipitava su per la scala… forse, l’assassino di suo padre era ancora lì. Nel buio e nella foschia che avvolgevano il tetto dei Villa Daisy Apartaments, Every scorse una figura scura con la chioma bianca: era Claudia.
  « Sei stata tu!? Come hai potuto!? » gridò furibonda.
Lei, sempre con quel fare mistico, con tutta calma si girò e la guardò. « Sei in ritardo »
  « Perché!? Perché mio padre!? Che cosa ti ha fatto!? »
  « Tanto per cominciare, per vendicarmi dell’uccisione del mio discepolo anni fa. Inoltre, senza di lui sarai più vulnerabile… così sarà più facile per noi arrivare alla Madre. Sei molto potente, Sangue di Drago, e il tuo potere ci serve. Lo sai »
  « Tu sei completamente pazza! Te la farò pagare, puttana... »
  « C’è un altro motivo: il tuo potere sarà ancora più grande, se alimentato dall’odio. Lo vuole il destino. Un giorno, anche tu capirai »
  « No! Non lo capirò mai! Perché non c’è niente da capire! È solo follia! Sei una pazza fanatica… »
Claudia sorrise, ma fu un sorriso breve. « Devi provare a ricordarti tanto di me, quanto del tuo vero Io. E sarai proprio tu a concederci la Madre: ella partorirà un Dio e costruirà un Paradiso eterno al quale sarai tu a guidarci »
  « Si può sapere chi diavolo è questa “Madre”?! Ti riferisci mica a… » “Heather”. Ovvio che era lei. « Ma non ha importanza… tanto ti ammazzo comunque. »
Claudia allora allungò la mano, indicando un punto dietro Every: « È lui che ha ucciso tuo padre. Io ho solo dato l’ordine. »
Dal buio emerse una creatura dall’aspetto marcio e deforme, contorta nei movimenti. Aveva un sacco sulla testa legato con un cappio al collo e stava impugnando delle lunghe lame simili a tonfa imbrattate di sangue fresco.
  « Allora, che cosa farai, Sangue di Drago? » fece Claudia. « Manca poco ormai, affinché il mio lavoro qui possa ritenersi concluso… solo allora potrete raggiungermi, nella città di Silent Hill. »
Detto questo, Claudia si allontanò e sparì nel buio. Dal rumore di una porta metallica che si chiudeva, Every suppose che fosse rientrata nell’edificio.
Era rimasta da sola con quel mostro.
Every non aveva armi con sé, doveva affidarsi al suo potere e a qualunque cosa potesse inventarsi per venire fuori da quella situazione. La notte era quasi tagliente, priva di qualunque fonte di luce naturale o artificiale, e nella nebbia, e lei non aveva neanche una torcia con sé; il mostro non sembrava capace di vederla senza luce, ma poteva udirla.
  Every indietreggiò di alcuni passi per cercare di guadagnare abbastanza spazio tra lei e la creatura. Poi inspirò ed esclamò: « Yol Toor! »
Una scia di fuoco divampò dalla sua bocca come se le sue stesse parole avessero preso forma, avvolgendo il mostro che però non lo bruciò. L’abominio si contorse dal dolore, ma ancora non si fermò. Every, facendo più piano che poté, corse verso un angolo del cornicione del tetto, ritirandosi ancor più nell’oscurità. Poco a poco, i suoi occhi si abituarono alla visione notturna.
Intravide la creatura nel bel mezzo dello spiazzo camminare disorientata e annusare in giro, in cerca della sua vittima e ogni tanto sferrando qualche colpo a vuoto. Every non poteva sperare di difendersi con qualche oggetto di fortuna, non ne trovava. Tanto valeva fare un po’ di rumore.
Cominciò a muoversi di soppiatto alle spalle del mostro: il suo piano era scaraventarlo in qualche modo giù dall’edificio, sperando che la caduta fosse sufficiente a eliminare un abominio simile. Non vista e non udita, fece il giro del cornicione così da attrarlo verso il bordo, ma nel buio e nella foschia non vide il mucchio di scatoloni abbandonati per terra e v’inciampò sopra; il suono richiamò la creatura nella sua direzione, ma non era ancora nella postazione che lei aveva sperato.
Il mostro caricò a lame tratte, correndo a una velocità sorprendente malgrado i movimenti impacciati; Every scartò di lato e vide la lama andare a conficcarsi nella rete dietro. Mentre la creatura era intenta a cercare di liberarsi, Every colse l’occasione per colpire una seconda volta: « Zun Haal Viik! » La folata che si generò, accompagnata da un forte suono metallico, lo investì, facendogli perdere la presa su entrambe le armi e sbilanciandolo. Fortunatamente, mentre una lama era rimasta intricata nella rete, l’altra che fu strappata alla sua presa andò a colpire contro la grata e si disperse lì per terra…
Every si affrettò ad afferrarla gettandosi in avanti sul pavimento di cemento e tastando fino ad essa, muovendosi carponi tra le gambe della creatura che nel frattempo stava cercando di capire dove fossero finiti gli oggetti che fino a un attimo stringeva tra le mani. Every, rischiando di finire schiacciata dai piedi del mostro, in un primo momento cercò di pararsi la testa con le braccia, poi ebbe la forza e la prontezza di girarsi sulla schiena e colpire l’avversario alle gambe, il quale cacciò un lamento agghiacciante simile a un ruggito.
  « Fus! »
Quella volta, la potente onda d’urto che travolse il mostro dal basso, come una forza inesorabile, lo fece sbilanciare paurosamente e poi crollare a terra; Every, senza perdere tempo, si sollevò sulle ginocchia e con tutta la forza che riuscì a trovare lo trafisse nel torace.
  Lui con le mani cercò di agguantarla per scrollarsela di dosso, ma lei sfilò la lama e lo colpì una seconda volta, poi una terza… fino a quando i movimenti della creatura si fecero sempre più deboli. Anche se lei non poteva vederli, sentiva gli schizzi di sangue ovunque.
  L’ultimo colpo fu rivolto nella sua testa e, a quel punto, la creatura smise di muoversi, cacciando un ultimo, prolungato e abominevole ruggito. Every, nell’ombra, notò che dal sacco sulla sua testa sbucava un volto vagamente umano, contorto in un’orribile espressione di sofferenza.
  Ce l’aveva fatta: non sapeva come, ma era riuscita a sopravvivere in una situazione che sembrava senza via d’uscita fin dall’inizio. A quel punto si era chiesta in che razza di colpo di fortuna avrebbe mai potuto sperare…
  Sfinita, s’incamminò verso la scala antincendio, facendo ritorno da Harry e Heather che erano rimasti da soli nel suo appartamento.
Quando arrivò sul balcone, due rampe più in basso, vide Douglas Cartland chino sul corpo di suo padre: lui, udendola, si alzò in piedi verso di lei, chiaramente scioccato. « Non so proprio cosa dire... »
Una rabbia sorda la pervase. « E allora non dire niente. Sto bene, quindi togliti di torno e lasciami in pace! »
  « Calmati, volevo solo-- »
  « “Calmarmi”!? E come faccio a calmarmi!? Mio padre è morto! È stato ammazzato!... Vattene! – Every si avvicinò a lui e lo spintonò – È tutta colpa tua! Se non ti fossi immischiato… »
Douglas alzò le mani in segno di pietà. « Mi… dispiace… »
  « E allora vattene! »
  « Eve… », Heather le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla per cercare di calmarla e confortarla. « Abbiamo parlato con lui… è apposto. È disposto ad aiutarci »
  « Non ho bisogno di aiuto. Voglio solo che ve ne andiate tutti e mi lasciate sola! » Every incrociò le braccia sul petto e puntò in basso lo sguardo, furiosa e frustrata.
  « Se può farti sentire meglio, me ne vado. Almeno… lascia che ti aiuti a spostarlo da qualche altra parte », provò Douglas. « Non vorresti mica lasciarlo lì così, no? »
Chiamare la polizia era fuori discussione; inoltre, prima di dargli un funerale, dovevano capire cosa avrebbero dovuto fare loro per essere al sicuro. La setta di cui faceva parte Claudia sapeva dove si trovavano, sarebbe stata questione di tempo prima che tornasse anche per loro; ora che avevano tolto di mezzo Christopher, qualunque fosse stato il motivo, anche la vita di Harry era potenzialmente in pericolo.
  Every sospirò. Era talmente distrutta dalla perdita che detestava dover riconoscere che avevano ragione: ora più che mai dovevano restare uniti e accettare tutto l’aiuto possibile. « Va bene… »
Tutti insieme sistemarono con cura il corpo di Christopher sul suo letto, coprendolo poi con un lenzuolo. Every gli posò anche alcuni gigli sul petto presi dalla brocca nel salotto.
  « Non appena avremo capito cosa sta succedendo, gli daremo una sepoltura più decente », disse Harry, dopo che dei lunghi e silenziosi attimi furono passati e stringendo la ragazza a sé, avvolgendole un braccio dietro le spalle. Heather invece le strinse la mano e tirò su col naso.
  « Mi sento un’ingrata già solo per aver acconsentito a una soluzione simile », mormorò Every con voce rotta.
  « Assolutamente no. Lui capirebbe, Eve. Te lo assicuro », rispose Harry, in tono caldo e convincente.
Lei si asciugò le nuove lacrime che avevano fatto capolino per poi posare la mano sul petto. « Mi dispiace, papà… »
A quel punto, Douglas ebbe il coraggio di chiedere: « Che cosa farete, ora? »
Harry si girò verso di lui. « Qualcuno che non doveva trovarci sa che siamo qui. Dobbiamo andarcene »
  « Dove? » fece Every, guardandolo.
  « Il più lontano possibile, Eve. Prendi le tue cose, quello che ritieni ti possa davvero servire; effetti personali, qualche vestito… l’indispensabile »
  « E mio padre!? »
  « Ci penseremo, Eve. Te lo prometto. »
Every si sentì sprofondare. Non voleva lasciare suo padre a marcire lì, in quella sorta di sepoltura arrangiata alla bell’e meglio, le sembrava così insensibile e irrispettoso nei suoi confronti dopo tutto quello che aveva sempre fatto per lei. « Ti prego, Harry, seppelliamo prima mio padre… ti chiedo solo questo », lo supplicò, aggrappandosi alla sua giacca marrone.
  « Eve, i funerali richiedono del tempo che ora non abbiamo. Cerca di capire… », tentò di farla ragionare lui.
Heather le si avvicinò e l’abbracciò forte, mentre lei scoppiava in una nuova ondata di singhiozzi e osservava il corpo sotto il lenzuolo bianco parzialmente macchiato di sangue. Non si muoveva. Perché non si muoveva? Si aspettava di vederlo alzarsi e andare a stringerla a sé e rassicurarla dicendole di non piangere e che andava tutto bene; per lei le sue braccia erano sempre state il posto più sicuro del mondo fin da quando era bambina.
“Perché non ti stai muovendo? Cosa aspetti a dirmi che è tutto un sogno? Perché non stai venendo qui ad abbracciarmi? Perché non stai venendo a confortarmi, a rassicurarmi come facevi sempre quando ero turbata per qualcosa? Perché non stai venendo a ripetermi di fare attenzione e di non parlare agli sconosciuti? Perché non stai venendo a dirmi che non permetterai a niente e a nessuno di fami del male? Perché non stai venendo a dirmi che mi proteggerai e che sarai sempre vicino a me? Perché non stai venendo a dirmi che sei l’uomo più forte del mondo?”
Every serrò il tessuto del gilet smanicato di Heather tra le mani. Suo padre non c’era più. Gliel’avevano portato via, e lei gliel’avrebbe fatta pagare.
   
 
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