Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: MrEvilside    24/09/2009    5 recensioni
Si passò una mano sul volto, scoprendolo bagnato di lacrime amare.
Perché ora del Trio Supremo non era rimasta che la polvere.
Perché, quando si fosse voltata e avesse incontrato lo sguardo gentile del ritratto del terzo hokage, non avrebbe potuto sostenerlo – in fondo, cos’è colui che lascia morire i suoi compagni, se non un vile?

L'ennesima, strappalacrime FanFiction sulla Triade.
[I^ classificata al The Movie Contest indetto da hotaru]
Genere: Malinconico, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru, Tsunade
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Future we Left Behind

[Il futuro è già passato, e non ce ne siamo accorti.]

[Step One: To be Stronger than You]

Jiraiya sedeva sulla sommità del tronco nel Campo di Allenamento, si rigirava fra le dita la corda con la quale era stato legato al robusto legno e borbottava frasi ben poco gentili nei confronti del suo nuovo sensei – quel vecchio idiota – e dei suoi compagni di squadra – nient’altro che pomposi bambinetti.
Sapeva di essere ben più astuto di quella tavola piatta di Tsunade e più potente di quel musone di Orochimaru; era stato preso di sorpresa da quella prova assurda, ecco tutto.
-Ne hai ancora per molto?-.
Sobbalzò, sorpreso da quella voce gelida ed improvvisa, e si volse per scoprire Orochimaru, seduto sul tronco accanto al suo, che lo osservava in silenzio con quei suoi occhi inespressivi.
Corrucciato per essere stato colto alla sprovvista, Jiraiya sbuffò sgarbatamente: -Che cosa ci fai qui, musone? Non te ne eri tornato a casa?-.
-È venuto a controllare che fossi riuscito a liberarti, Jiraiya, mi pare ovvio.- intervenne la sgraziata voce squillante di una ragazzina in piedi a pochi passi da loro che li scrutava con le braccia conserte al petto e una scintilla canzonatoria negli occhi castani.
Orochimaru si volse a fulminarla con un’occhiata, riducendo le pupille verticali a due spilli pericolosi. -E tu, Tsunade? Cosa ci fai qui?- sibilò in risposta, pungente. -Eri preoccupata?-.
La giovane chiuse le palpebre in un gesto stizzito, ignorando il commento.
-Non avevo nessun bisogno di voi.- interloquì Jiraiya, abbandonando al suolo la corda. -È un pezzo che mi sono liberato; sono un vero ninja, io. Prima ho soltanto voluto accontentare Sarutobi-sensei, perciò ho aspettato che se ne andasse-.
-Un vero ninja?-. Un sorriso beffardo si disegnò sul viso spigoloso di Orochimaru. -Quando tu sarai un vero ninja,- proseguì in tono di scherno, calcando particolarmente sul pronome come aveva fatto il compagno in precedenza -allora Tsunade verrà eletta hokage-.
-Solo perché sei il più forte tra noi certo non significa che io non possa diventare hokage al posto tuo!- sbottò la ragazzina, piccata. -Sei proprio uno stronzo-.
-Il più forte tra noi?- ripeté Jiraiya, punto sul vivo. -Che diavolo stai dicendo?!-.
-È la cosa più intelligente che le abbia sentito dire sino ad oggi, idiota.- ribatté il giovane dai capelli d’inchiostro, ignorando elegantemente l’affermazione poco gentile dell’amica nei suoi confronti. -O forse intendi supporre di essere forte?-.
-Non soltanto forte, musone.- lo corresse il compagno dalla chioma di neve, increspando le labbra in un ghigno superbo. -Io sono davvero molto forte, nel caso non l’abbiate notato-.
-Forse posso ammettere che Orochimaru è più forte di me, Jiraiya, ma che tu lo sia non mi passa neanche per l’anticamera del cervello!- si espresse acida Tsunade, decidendo di concentrarsi sullo stuzzicare l’amico, attività di gran lunga più divertente che sostenere una discussione con Orochimaru.
Dalla quale – peraltro – quest’ultimo sarebbe certamente uscito vincitore.
-Oppure hai già dimenticato chi è stato legato al tronco, oggi?-.
Jiraiya sbuffò, consapevole che probabilmente la ragazzina aveva ragione.
Solo per il momento, però.
Con un balzo saltò a terra e mosse alcuni passi in direzione dell’uscita dal campo; gli occhi di Orochimaru lo seguirono indifferenti, così come quelli di Tsunade che, irritata, stava per richiamarlo con asprezza per chiedergli dove diamine avesse deciso di andare.
Giunto a poca distanza dal sentiero che lo avrebbe riportato a Konoha, il ragazzino si volse per regalare ai compagni un ultimo sorriso arrogante. -Forse adesso è così, ma in futuro io diventerò sicuramente più forte di voi, è una promessa.- giurò sollevando il pollice nella loro direzione.
-Che cretino.- sbuffò Tsunade, lasciandosi però sfuggire una nota divertita nel dirlo.
Orochimaru si limitò a scrollare le spalle, piegando le labbra in un sorriso gelido. -Lasciamolo sognare. Ha ancora la mente di un neonato.- commentò ironico.
Tuttavia, quando posò lo sguardo sulla via che Jiraiya aveva appena imboccato, la sua espressione divenne seria.
Lo vedremo, idiota.

[Step Two: To Realize my Dream]

Jiraiya si lasciò ricadere con un sospiro soddisfatto accanto al compagno di squadra.
-E anche questo allenamento è finito, finalmente, neh, Orochimaru?- commentò portando le mani sulla nuca, a sorreggere il capo.
Per tutta risposta il ragazzo si limitò a scrollare le spalle, senza distogliere l’attenzione dal rotolo posato sulle sue gambe.
-Terra chiama Orochimaru!- intervenne Tsunade in tono scherzoso, sventolando una mano di fronte al volto dell’amico dopo essersi seduta vicino a loro. -Ci sei? Ehi, genio?-.
-Non so se ve ne siete resi conto,- replicò il giovane, sarcastico -ma io starei studiando, e lo studio presuppone il silenzio. O è troppo difficile da capire, per voi due?-.
-Tu studi sempre.- ribatté Jiraiya, strappandogli d’improvviso la pergamena dalle mani. -È arrivato il momento di spegnere i neuroni e di prendersi una vacanza. Non puoi vivere solo di allenamenti e tecni…-.
Prima ancora che potesse finire la frase, un kunai si era conficcato nel tronco al suo fianco, bloccando contro la corteccia il braccio che reggeva il rotolo.
-Vivere solo di tecniche, come dici tu, mi permette di avere quella potenza che invidi tanto. Studiare, cosa che non hai mai fatto, mi permette di battere sempre quella testa quadra che sei, durante gli allenamenti.- sibilò Orochimaru, velenoso, allungando la mano pallida per recuperare la pergamena. -Impegnarmi non soltanto per spiare le donne alle terme- concluse tagliente -mi permette di essere molto più forte di te e, un giorno, potrò anche di realizzare il mio scopo-. Con un movimento fluido ed elegante liberò il compagno dal kunai, lasciando che l’arma sparisse nelle pieghe del suo lungo kimono, e infine tornò alla lettura del rotolo, quasi non fosse accaduto nulla.
Tuttavia Jiraiya e Tsunade sapevano che qualcosa era accaduto.
Mai prima di allora avevano visto il giovane dai capelli corvini perdere la consueta maschera inespressiva e arrabbiarsi.
-Quanto sei palloso.- squarciò il silenzio Jiraiya, ricevendo in cambio una brutale gomitata da parte di Tsunade e un’occhiataccia che diceva chiaramente Adesso stai esagerando.
Poi la ragazza si rivolse a Orochimaru e chiese, con un accenno d’incertezza nel solito tono arrogante: -E sentiamo, quale sarebbe il tuo scopo?-.
-Non sono affari che vi riguardano, questi.- tagliò corto il ragazzo, piatto.
-Allora non dirlo.- sbuffò il compagno dai capelli bianchi, levando lo sguardo al cielo. -Sai quanto mi cambia la vita, se lo tieni per te-.
Ma ciò che con quel tono strafottente Jiraiya stava cercando di nascondere era che si sentiva turbato e preoccupato per Orochimaru, che non aveva mai visto perdere le staffe.
Per una volta – soltanto quella, ovviamente – avrebbe voluto sapere cosa attraversava quel suo enorme cervello.
-Bene-. Il giovane genio prese la pergamena sottobraccio e si alzò in piedi, rivolgendo loro a stento un’occhiata. -Ci vediamo domani-. E s’incamminò, senza più voltarsi indietro, con quel suo incedere silenzioso ed elegante come il rapido serpeggiare d’un serpente, quello stesso passo che gli permetteva di sorprendere e uccidere, o semplicemente di spostarsi senza essere notato.
-E se ne va.- borbottò Jiraiya, seccato. -Bah, è proprio incomprensibile-.
Si volse verso Tsunade, cercando il suo accordo, ed invece la scoprì con le braccia incrociate al petto ancora ben poco sviluppato, la fronte pericolosamente aggrottata e le labbra carnose distese in una smorfia non molto rassicurante.
-Ottimo, Jiraiya. Ti faccio le mie più sentite congratulazioni: ancora una volta hai saputo fare la figura del cretino.- berciò, acida.
-Io?!- esclamò il ragazzo, sinceramente stupito. -Cosa ho fatto adesso?-.
Non che fosse un totale idiota – forse però qualcosa di vero c’era in tale affermazione, specie se era stato Orochimaru ad averla messa in circolazione: dopotutto, il genio era lui –, semplicemente non riusciva a concepire per quale motivo, se il musone aveva deciso di andarsene di propria spontanea volontà, automaticamente la colpa diventava sua.
Tsunade si limitò a scuotere il capo con fare esasperato – nella speranza di nascondere l’espressione triste.
Perché, in fondo, quel battibecco serviva soltanto a celare quanto in realtà facesse loro male rendersi conto che Orochimaru preferisse perseguire il suo scopo – qualunque esso fosse – a coltivare la loro amicizia.

[Step Three: To Protect who I Love]

Sedeva, il mento posato sulle ginocchia raccolte al petto, incurante del vento gelido che le fischiava tra i lunghi capelli color grano e delle nuvole nere e gravide di pioggia che si addensavano nel cielo.
-Jiraiya ti sta cercando.- l’informò una voce atona alle sue spalle.
Tsunade scorse uno ad uno, per l’ennesima volta, i volti scolpiti sul Monte degli Hokage, esalando un lungo sospiro. La brezza fredda faceva ondeggiare nell’aria il ciondolo di chakra azzurro quando la sua voce, ridotta a poco più d’un sussurro, rispose: -Potrà aspettare ancora un po’-.
Il tonfo quasi impercettibile del corpo del compagno di squadra fra l’erba le annunciò che si era accomodato al suo fianco.
Non parlarono, lasciando che fosse il silenzio ad occupare il posto di quelle parole non dette.
Tsunade osservava il Monte, cercando di non pensare a quanto Nawaki e Dan avessero desiderato poter vedere i loro visi scolpiti in esso come nuovi hokage; Orochimaru ascoltava le folate di vento rincorrersi fra i suoi capelli corvini, il ricordo della missione – della bomba – che aveva messo una prematura fine all’esistenza del fratello dell’amica bene impresso nella mente, quasi che il fatto fosse avvenuto soltanto il giorno prima.
D’improvviso, una voce squillante spezzò la quiete berciando: -Finalmente vi ho trovati! Sarà un’ora che vi cerco!-.
Orochimaru aggrottò appena la fronte, unico quanto palese segno di fastidio. -La tua mancanza si nota, Jiraiya.- commentò freddamente, scoccandogli un’occhiata di sufficienza.
Il rivale lo ignorò, distendendosi accanto a Tsunade affinché ci fosse lei a separarli.
Fu la donna a prendere la parola per prima, rendendosi conto che non sarebbe stato possibile contemplare ancora il silenzio, ormai: -Orochimaru ha detto che mi stavi cercando-.
-Ero preoccupato.- ammise il compagno di squadra, inaspettatamente serio. -Sai com’è… In tempo di guerra non si può mai sapere…-. Sembrò che avesse lasciato la frase in sospeso, interrompendosi prima di evocare quegli spiacevoli ricordi che cercavano – o perlomeno fingevano – di ignorare.
-Non c’è bisogno di preoccuparsi per me! Io so badare a me stessa.- ribatté l’amica, ostentando un sorriso altezzoso. -E anche se fosse, piuttosto che farmi proteggere da un cretino come te preferirei consegnarmi nelle mani del nemico… I guai sarebbero nettamente minori.- aggiunse sarcastica.
E tuttavia, sebbene tentasse di celarlo, sia Orochimaru che Jiraiya sapevano perfettamente cosa quelle parole significassero in realtà: erano un modo per nascondere – perché, orgogliosa com’era, la giovane medica non poteva sopportare che qualcuno si preoccupasse per lei – quanto si vergognasse.
Vergogna perché, se fosse stata abbastanza forte, a quell’ora probabilmente Dan sarebbe stato ancora vivo – e forse anche Nawaki, se solo si fosse opposta con più energia alla sua partecipazione a quella pericolosa missione –; e perché, guardando i suoi compagni di squadra, si rendeva conto che persino Jiraiya – uno dei peggiori ninja che avesse mai conosciuto, in fin dei conti – era riuscito a superarla, tanto che quasi non riusciva più a scorgerlo davanti a sé.
Ma non può andare avanti così.
Non poteva continuare a rincorrere l’ombra degli amici tenendo stretto un ricordo che non avrebbe mai riavuto indietro.
Avrebbe dovuto lasciarlo andare e perseverare in ciò che davvero aveva importanza: diventare più forte.
Per poter proteggere le persone che amava; perché, prima o poi, potesse nuovamente raggiungere Orochimaru e Jiraiya e camminare al loro fianco come la compagna di squadra che era; e perché Dan e Nawaki – ovunque si trovassero – potessero essere finalmente fieri della donna che avevano amato e che, per quell’affetto, aveva deciso di dimenticarli e andare avanti.
-Invece ti sorprenderai quando ti mostrerò qual è la mia vera potenza.- ribatté Jiraiya con un sorriso compiaciuto. -Adesso potrei anche battere te o il musone, sai?-.
Orochimaru sollevò un sopracciglio, scoccandogli un’occhiata gelida. -Trovo che tu a volte abbia troppa fantasia, Jiraiya.- sbuffò sprezzante, scrollando seccamente il capo.
-Battere me?- rincarò la dose Tsunade, incrociando le braccia sotto il seno prosperoso. -Ti consiglio di bere meno saké, cretino. Evidentemente ti fa male alla salute.- aggiunse acida.
Non mi lascerete più indietro.

[Step Four: Taken away]

Sollevò il bicchiere colmo di saké, portandolo all’altezza delle labbra, e bevve un lungo sorso del liquore, che le scivolò in gola diffondendo un piacevole calore nel suo corpo.
Deglutì e levò il braccio in aria, in direzione di Konoha, le cui luci andavano via via spegnendosi lasciando spazio all’oscurità della notte. -Alla salute.- sussurrò nel vento, asciugandosi le labbra con il dorso della mano.
Una mano che sapeva uccidere e curare, una mano che poteva decidere la sorte di un uomo, una mano che aveva avvolto le dita dei suoi compagni per tenerli stretti a sé e che alla fine aveva ceduto, incapace di trattenerli.
Posando i palmi sulle tegole alle proprie spalle, abbandonò il peso del corpo all’indietro e reclinò il capo affinché gli occhi castani vagassero nel cielo punteggiato di stelle argentee.
Due occhi che avevano visto molti ninja perdere la vita durante la guerra, due occhi che avevano visto le espressioni dei superstiti, due occhi che avevano osservato le schiene dei suoi migliori amici allontanarsi sino a sparire e che non avevano potuto fare nulla per impedirlo.
Tsunade era diventata hokage e la migliore ninja medico dei Cinque Paesi.
Jiraiya era diventato un potente shinobi allo stesso livello dei suoi compagni.
E Orochimaru aveva ottenuto la conoscenza della maggior parte delle tecniche esistenti al mondo.
Il futuro che avevano tanto atteso era infine arrivato, ma ben più rapidamente era passato, lasciandosi alle spalle soltanto una scia di desolazione e solitudine.
-Abbiamo saputo che Orochimaru è stato ucciso da Sasuke Uchiha, hokage-sama-.
Il giovane ninja crede d’aver portato un’ottima notizia.
E infatti è così – deve essere così –, dopotutto Orochimaru è sempre stato un nemico pericoloso.
-Perfetto-. Tsunade mantiene un’espressione neutra, almeno per il momento. -Puoi andare-.
Il ragazzo si inchina, il sollievo dipinto sul volto, poi obbedisce.
Jiraiya, seduto sul davanzale della finestra, cerca gli occhi dell’amica, pallido in viso.
-È… morto…?- ripete lentamente, incredulo.
Come suona strano quel termine – morte – associato al loro – immortale – compagno.
-Evidentemente-. Lo sguardo della donna sfugge a quello del Sannin, affiggendosi verso un punto indefinito al di fuori della finestra. -Alla fine, penso che sarebbe dovuto succedere, prima o poi… Ha riposto troppa fiducia nella sua capacità di contrastare lo Sharingan-.
L’eremita dei rospi non risponde, ed il silenzio è tutto ciò che resta mentre contemplano il cielo che il Sannin dei serpenti non potrà mai più vedere, trascinato via dal destino impetuoso che ha tanto strenuamente inseguito.
Non c’erano state lacrime né cerimonie d’addio per quello che, in fondo, era soltanto un pericoloso criminale di livello S.
Quanto aveva fatto durante la guerra era stato dimenticato, offuscato dai reati commessi in seguito.
Eppure, per Tsunade e Jiraiya non era mai stato né un ricercato, né un Sannin e nemmeno un pazzo: era stato semplicemente Orochimaru, il genio di Konoha, il loro migliore amico, ed era morto nel tentativo di realizzare il suo più grande desiderio.
Era morto combattendo un futuro che non avrebbe mai potuto sopraffare.
Al contrario, Jiraiya era morto per migliorare quel futuro.
-Bastardo.- sibila, furiosa.
In piedi sul tetto del Palazzo degli Hokage, abbraccia con gli occhi offuscati dalle lacrime l’intera Konoha, il cappello bianco e rosso che rischia d’andare presto in pezzi fra le dita che lo stringono con violenza – per trattenere, forse, i singhiozzi.
Hanno ottenuto le preziose informazioni su Pain, che in quel momento la squadra di decrittazione si sta preoccupando di decifrare; hanno ora una possibilità più concreta di sconfiggere l’Akatsuki e di proteggere Naruto; ma, adesso, lei ha perso il pilastro cui si è sempre aggrappata, quel pilastro che c’è stato in ogni occasione e che aveva promesso non sarebbe mai venuto a mancare.
-Cosa speri di ottenere, in questo modo? Maledetto cretino!-.
Sa perfettamente che l’amico ha fatto la cosa più giusta, come sa che non riuscirà mai a perdonarlo per essersene andato per sempre e averle fatto vincere per la prima volta una scommessa – quella con cui ha inconsciamente deciso il suo destino.
Ma, soprattutto, perché Jiraiya ha preferito accettare il suo futuro anziché restarle accanto.
Si passò una mano sul volto, scoprendolo bagnato di lacrime amare.
Perché ora del Trio Supremo non era rimasta che la polvere.
Perché, quando si fosse voltata e avesse incontrato lo sguardo gentile del ritratto del terzo hokage, non avrebbe potuto sostenerlo – in fondo, cos’è colui che lascia morire i suoi compagni, se non un vile?
E lei, macchiata di questa vigliaccheria, non era degna di essere la quinta hokage.
Raccolse la fiasca di saké e il bicchiere vuoto e rientrò nell’ufficio, voltando le spalle al Villaggio e al cielo stellato.
Riponendo gli oggetti sulla scrivania, di fianco alla pila di documenti che ne albergava il ripiano di legno, scoccò un’occhiata spossata al cappello deposto sulla sedia, il simbolo del suo effettivo potere su Konoha, e, con le spalle così incurvate, apparve improvvisamente schiacciata dal peso di quanto aveva passato.
Si sentiva sola e stanca, abbandonata da un futuro nel quale aveva riposto ogni speranza e voglia di vivere.
Perché, se Orochimaru da quel futuro era stato sconfitto e Jiraiya era morto per migliorarlo, Tsunade era stata semplicemente lasciata indietro da esso – ancora una volta – e aveva potuto soltanto osservarlo impotente mentre trascinava lontano i suoi migliori amici, senza che loro potessero rendersene conto.



“The Future we Left Behind- Il Futuro che abbiamo Lasciato Indietro” di Saeko no Danna

“Il futuro è già passato, e non ce ne siamo accorti”.

Image and video hosting by TinyPic

Grammatica e lessico: 9.5
Stile: 8.5
Trattazione della frase: 10
Originalità: 9
Opinione personale del giudice: 5
Totale: 42

Bella. Davvero molto, molto bella.
Il lessico è vario e la grammatica quasi perfetta. L’unica nota che mi sento di farti, anche per quanto concerne lo stile, riguarda i periodi a volte troppo lunghi. Le descrizioni sono evocative, le battute azzeccatissime, ma a volte ci si perde nel bel mezzo di una frase troppo contorta. So che è una cosa che fa parte del tuo stile, ma te lo dico da lettrice (e ti assicuro che ci casco spesso anch’io).
Inoltre certi passaggi risulterebbero più incisivi se andassi più spesso a capo.
Conclusa la parte grammaticale e stilistica, ti ringrazio per questa splendida storia. Non è originalissima nel senso che è molto comune trattare la Triade con queste tematiche- del ricordo, dell’amarezza, anche del rimpianto- ma nelle tue mani i tre ninja leggendari sembrano così vividi e reali che il punteggio è comunque alto. Anche lo sviluppo e le riflessioni dei tre personaggi sono quanto di più vivo possa esserci.
Verso la fine mi sono quasi messa a piangere, lo sai (magari togliamo il “quasi”)? In quel punto ambientato nell’ufficio di Tsunade. Per questo la trattazione della frase risulta perfetta: c’è tutta quella consapevolezza, quel senso di rimpianto e amarezza per aver guardato passare qualcosa senza fermarlo.
Il senso di un passato che se n’è andato, ma che c’è stato, e non si può cancellare. Con tutto ciò che esso comporta nel presente e in un futuro ormai sfuggito di mano.



Non dirò che non contavo nel Podio: mi sono impegnata molto in questa FanFiction, devo ammetterlo, perché trattare della Triade è per me qualcosa di molto importante e cerco di sempre di lasciare un sentimento al lettore, anche di non apprezzamento, magari, ma pur sempre una qualche reazione.
E sì, lo so, i miei periodi sono spesso piuttosto lunghi, vedrò di farci attenzione. =D
Detto questo - vergognosamente CopIncollato dal Forum, perché sì, sono pigra xD -, vorrei ripetere che sono ampiamente soddisfatta del risultato ottenuto, che vorrei omaggiare con un ennesimo ringraziamento la Giudice hotaru, che mi congratulo con tutte le altre partecipanti e che aspetto con impazienza i Banners. <3
Inoltre, Il riferimento alla missione in cui Nawaki è morto l’ho preso dagli episodi giapponesi dove, in un flashback della vita di Orochimaru-sama, si parla della missione cui parteciparono questi e il fratellino di Tsunade. In tal missione, Nawaki andò in avanscoperta e una bomba lo uccise.
Che poi, questa doveva essere una Raccolta, ma alla fine è diventata una OneShot. Boh. xD
Grazie per essere giunti fin qui.
... Ora però lasciate un commento, e fatemi sapere che - per l'appunto - ci siete giunti. xD
Yay.

Saeko no Danna, il Giullare
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: MrEvilside