Mikey POV
Il sole illumina la città. Sono le otto del mattino e tutto
e perfetto e
tranquillo. Posso sentire addirittura gli uccellini cantare, in questa
grande
metropoli. Ed è ovvio che sto sognando. Almeno per quanto
riguarda l’ultima
parte.
Mi rigiro nel letto,stendendomi in tutta la sua lunghezza.
Questa è vita. Pausa lavorativa, periodo in attesa di
novità, di concerti,
album… un periodo perfetto.
Nelle palpebre chiude dei miei occhi vedo campi verdi, cieli di vivido
azzurro,
fiumi e mari incontaminati… il rumore immaginario della
natura mi trascina
sempre più nel mondo dell’incoscienza, stappandomi
al mio stato di dormiveglia.
Ma come tutti ben sappiamo, le cose belle sono quelle che durano meno.
E l’insistente, odioso, squillando, irritante trillo del
campanello fa breccia
nel mio oblio, riportando alla cruda e violenta realtà, che
mi costringe ad
alzarmi dal letto.
Che sia un’abitudine oramai? Quella di svegliare il povero
Mikey Way all’alba?
Perché, sì, questa è l’alba.
Svogliatamente mi alzo dal letto, imprecando, e barcollando mi dirigo
verso la
porta, maledicendo chiunque sia dall’altro lato dello spesso
strato di legno
scuro.
Cos’hanno tutti? Non hanno di meglio da fare? Possibile che
tutti vengano a
bussare alla mia porta quest’ora barbara del mattino?
Sbuffo, quando il campanello suona ancora.
“Arrivo!”, urlo con leggera isteria nella voce. E
nel mio cammino verso
l’ingresso, durante il quale le mie palpebre sono semiaperte,
inciampo al
divano, alle scarpe lasciate davanti ad esso ed una gamba del tavolino
accanto
alla porta.
Impreco di dolore, massaggiandomi la parte infortunata e saltellando,
imprecando, verso la porta.
Il campanello suona ancora.
Con forza poggia la mano sulla maniglia e spalanco la porta,
“Spero tu sia in
fin di vita, altrimenti giuro, che fai un volo dalla
finestra.”
“Buon giorno anche a te, Michael. Anch’io ti voglio
bene.”
“Zio… io voglio vivere.”
Spalanco gli occhi, osservando le due figure femminili davanti a me.
Quelle due
figure, la cui immagine non potrei mai cancellare dalla mia mente o dai
miei
ricordi. Scuoto il capo e, passandomi una mano sul viso, sorrido appena.
“Sei esattamente come tua madre, Leila. Te l’hanno
mai detto?”
“Tu me lo dici sempre zio.”, risponde lei
sorridendo.
“Bene, ora fammi entrare.”, dice Kat, entrando in
casa. Mi sposto, facendole
entrare.
“Da quando siete diventati tutti così
mattinieri?”, chiedo prima di
sbadigliare.
“Da quando tuo fratello ed Emily hanno deciso di
sposarsi.”, dice ovvia lei,
dirigendosi verso la cucina, “Non hai ancora fatto il
caffè? Waw, allora stavi
dormendo.”, pondera portandosi un dito sul mento e osservando
la brocca di
caffè vuota.
“Intuitiva.”, mormora roteando gli occhi,
“Già, il matrimonio.”, e sbuffo.
“Tocca a te fare il babysitter, mi dispiace,
Mikey.”, dice sorridendo.
Scuoto il capo, “Vado a farmi una doccia.”
“Vai, vai, zio.”, dice Leila sedendosi sul tavolo,
“Noi ti prepariamo la
colazione.”
Sorrido e mi dirigo a passi lenti verso il bagno.
“Prepariamo?”, mormora Kat con voce acuta.
“Mamma!”, la riprese la figlia. Rido, di quelle due
strambe figure femminili.
Entro
in
cucina, guidato ed ammaliato dal dolce profumo di caffè.
Sei un angelo.
Sul tavolo, caffè e biscotti.
“Okay, siete perdonate.”, sospiro sorridendo,
vedendole sedute a tavola, con
larghi sorrisi sul viso. Scuoto il capo, “Mi farete
impazzire.”
“Forse.”, dice Kat facendo spallucce, “Ma
per il momento mi devi tenere Laira e
Sam.”
“Il marmocchio dov’è?”, chiedo
corrugando la fronte e bevendo un sorso di
caffè.
“L’ho lasciato da Madison, quando sono andata a
prendere Christa per portala da
Emily, dove andrò… mmm… adesso. Bene,
devi passare a casa di Ray. Porti a
spasso i ‘marmocchi’ con Madison.”
“Mamma, non sono una marmocchia!”, esclama Leila.
Kat ride, baciando la fronte della figlia.
“Mi hai praticamente organizzato la giornata.”,
dico a Kat, mentre si dirige
verso la porta della cucina.
Lei si volta, sulla soglia, “Nah, solo la mattinata. Vi
voglio bene.”, dice
mentre si dirige verso l’ingresso, “Ci vediamo
dopo!”, esclama alzando la voce
di un’ottava per farsi sentire.
“Ciao!”, urliamo in coro io e Leila.
“Tu a scuola?”, chiedo corrugando la fronte.
“Oggi non ci vado zio, ricordi?”
“Ah, giusto.”, dico attendando un biscotto con
gocce di cioccolato.
“Mi dispiace averti svegliato.”, dice arricciando
le labbra e fissando il
tavolo.
Un angolo della mia bocca si solleva verso l’alto,
“Bugiarda.”, dico in un
risolino.
“Devo perfezionarmi. Capite tutti quando mento.”,
sbuffa, incrociando le
braccia al petto, “E poi tu dormi sempre.”
“Oh dolce Leila… sono i tuoi occhi a mentire. E
non dormi sempre… marmocchia.”,
dico sorridendo.
Affina la sguardo, riducendolo a due fessure,
“Perfido.”
“Perfida.”
Per istanti infiniti ci guardiamo negli occhi, seri, mentre lotto
contro me
stesso, per trattenere le risate. Poi il suo labbro inferiore trema,
mentre,
come me, cerca di trattenersi. Ed non ce la faccio, o meglio, non ce la
facciamo. Entrambi ci lasciamo ad ben due minuti di forte
ilarità, tanto che
l’addome inizia a dolermi per il troppo ridere.
Dopo esserci calmati, ci asciughiamo le lacrime che ci inumidiscono gli
occhi e
annaspando aria, cerchiamo di tornare seri.
“Dai, andiamo. O Sam farà impazzire la povera
Madison.”, dico alzandomi e
accarezzandole i capelli scuri.
“Oh sarai tu a far impazzire me zio, se non andiamo subito da
Madison.”,
mormora lei roteando gli occhi.
“Cosa?”, chiedo confuso.
“Nulla, zio. Guarda,”, dice indicando la finestra,
“una mucca volante.”
“Ma sta zitta!”, l’ammonisco ridendo e
trascinandola verso l’ingresso.
“Ma…
zio io
non voglio andare al parco. Non sono una bambina.”, sbuffa
Leila.
Sorrido, “E dove vorresti andare?”, chiedo
rivolgendola una fugace occhiata.
“Guarda avanti, non voglio essere l’ennesima
vittima di incidenti stradali.”
“Sto guardando avanti, infatti.”
“E comunque, non so, potrei andare in libreria. Tu porti Sam
e Madison e spasso
al parco ed io vado in libreria. Non è cattiva come
idea.”
“No, tu da sola non vai da nessuna parte. E’
pericoloso, sei ancora piccola.”
“Ma ho tredici anni!”
“Appunto.”. Sbuffa e incrocia le braccia la petto,
per poi guardare fuori dal
finestrino.
Ridacchio, “E poi tuo padre mi giustizierebbe.”
“Papà è troppo apprensivo.”,
dice guardandomi, mantenendo sempre la stessa
posizione con il busto.
“Ti vuole bene, sai.”, dico svoltando nella strada
di Ray.
“Si, ma… cavolo, zio, non sono più
una… marmocchia.”
Faccio un risolino, rievocando al sua immagine da bambina, impressa
nella mia
mente, come marchiata a fuoco, quando entrò a far parte
della mia vita, con
Kat, lei la mia eterna migliore amica. “Per noi lo sarai
sempre, Leila.”, dico
poi guardandola dopo aver parcheggiato sul ciglio della strada.
Sospira, portandosi una ciocca di capelli dietro un
orecchio… e sembra
dannatamente sua madre quando andavamo al liceo.
“Assomigli a tuo padre, ma hai le espressioni di tua
madre.”
“Ne sono consapevole, zio.”
“Dai andiamo, mostriciattolo.”, dico aprendo la
portiera e scendendo dall’auto.
“Andiamo, Mouse.”
“Ah-ah. Divertente.”, dico tirandole uno
scappellotto.
“Ahi!”, dice massaggiandosi la testa e fermandosi
per un istante, prima di
accelerare il passo ed affiancarmi di nuovo.
Suono in campanello.
“Non capisco da dove nasca questa violenza.”, dice
facendo spallucce filmina
domi con lo sguardo.
“Non capisco da dove nasce tutto
quest’astio.”, la imito.
“Antipatico.”
“Antipatica.”
“Odioso.
“Odiosa.”
“Zio!”
“Leila!”
Poi, la porta si apre. E una figura non molto familiare attira la mia
attenzione, poiché i miei occhi non sono abituati ad essere
accolti da essa. I
capelli dalle sfumature rosse, la pelle rosea, le labbra piene, gli
occhi
azzurri, le pagliuzze dorate illuminate dai raggi del sole.
Sul suo viso, un sorriso.
“Ciao.”, dice raggiante lei.
“Ciao!”, diciamo in coro io e Leila.
I suoi occhi, oro liquido nell’oceano.
“Zio!”, la voce del piccolo Sam fra irruzione fra
di noi.
“Sam!”, esclamo chinandomi a stringendolo fra le
braccia. Mi getta le braccia
al collo, poi si volta a guardare Madison.
“Parco, parco, parco!”, esulta.
Madison, ride, una risata limpida e cristallina… esattamente
come i suoi occhi.
“Allora andiamo al parco Sam.”, ridacchia poi
entrando in casa.
*
Ed
eccomi qui, tornata, per vostra grande sfortuna.
Finalmente sono riuscita a terminare questo capitolo…
stupida scuola.
Non ho molto tempo, perciò ci tengo a ringraziare chi ha
recensito lo scorso
capitolo,
Grazie
a:
ioamolacocacola,
grazie davvero Frè! Sono contenta di sapere che los corso
capitolo ti è
piaciuto!
jessromance, hai
visto? Ho
postato! Te lo avevo promesso! Ti voglio bene, Jejè =*
ElfoMikey, Honey!
Mia moglie
adorata! Madison… *_*
t’amo <3
FuckingChemicalGirl,
grazie
per la recensione, grazie davvero!
Lily_Luna, sono
priva di idee
e ti tempo (maledetta scuola). Grazie per la recensione! Spero ti sia
piaciuto
questo capitolo.
A voi, Lò, con immenso affetto.