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Autore: Shinalia    25/09/2009    6 recensioni
Fra uomo e donna non può esserci amicizia.
Vi può essere passione, ostilità, adorazione, amore,
ma non amicizia.
O.Wilde
Estratto capitolo:
Dovevo avere un aspetto decisamente pietoso per destare tutti quei sospetti. Non che non ne avessi motivo … erano stati due giorni pessimi ed oltretutto la mia solita tecnica per scaricare lo stress era momentaneamente inapplicabile, anche se dovevo ammettere che il nuovo giardiniere di casa era messo piuttosto bene.
"Quasi quasi rinnego i miei propositi di tenere un comportamento adeguato a casa e mi sfogo a modo mio. In fondo mamma ha la sua bottiglia … la mia è solo una preferenza diversa ed anche più salutare." pensai distrattamente
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il Decimo capitolo di questa storia!

come promesso, a chi aveva indovinato la nuova comparsa della storia ho inviato un'e-mail con lo spoiler XD

spero vi sia piaciuto!

non idugio oltre e vi lascio al capitolo, cos' torno a studiare l'assistenza sociale alle famiglie destrutturate (yuppy che gioia *tono ironico*)

Vi ringrazio immensamente per i commenti e mi dispiace non poter rispondere ad ognuno singolarmente, ma lo studio mi chiama (sigh)

Betato by Ronnie8437

Capitolo dedicato a Luisina!!

GRAZIE PER I TUOI STUPENDISSIMI COMMENTI!!! KISS

10.

 Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.

Blaise Pascal

Rafael, come previsto, partì pochi giorni dopo e, con rammarico, dovetti ammettere di sentire non poco l’effetto della sua mancanza. La sua presenza era ormai divenuta una costante nella mia vita, una sicurezza a cui appoggiarmi in qualsiasi istante, e la consapevolezza della sua assenza creava in me un certo disagio.

Secondo Daphne avevo ceduto all’amore per lui, cosa che tendevo ad escludere a priori. Di quel desiderio fisico che avrei dovuto avvertire in sua presenza non vi era traccia, ciò che mi legava al lui restava nulla più che un affetto fraterno.

“Tesoro, non credi sia opportuno portare a fare un pò di shopping la piccola? – mormorò mia sorella osservando Sophia con sguardo critico. – Questo vestitino mi sembra un tantino stretto!”

Distolsi l’attenzione dal computer, volgendo lo sguardo sulla mia bambina. Effettivamente l’osservazione di Daphne non era totalmente errata, i bambini erano soliti crescere ad un ritmo accelerato e la mia bambina non faceva eccezione.

Annuii distrattamente, conscia che un pò di sano shopping avrebbe distratto mia sorella. La sua situazione aveva subito dei lievi miglioramenti. Gli scatti di rabbia erano diminuiti, così come le imprecazioni verso il bastardo del suo ex marito. La lontananza dai nostri genitori aveva sortito il suo effetto, e la mancanza di pressioni esterne avrebbe di certo aiutato mia sorella a rimuovere l’accaduto – almeno in parte.

Come previsto, ci preparammo velocemente per dedicare l’intero pomeriggio allo shopping terapeutico – almeno per mia sorella, perché dal canto mio lo consideravo più prossimo ad un supplizio.

Che cosa non si fa per una sorella in difficoltà!

Nonostante i miei timori però, la giornata trascorse velocemente e fu abbastanza allegra. La piccola Sophia era una splendida modella, e trovavo piuttosto esilarante farle provare vestitini colorati che la rendevano tremendamente buffa. E, a quanto pareva, anche lei gradiva l’attività.

Da grande diventerà una folle maniaca dello shopping, come sua zia. Credo sia opportuno che io inizi a risparmiare sin da ora ...

I miei occhi furono attirati da un vestitino con decorazioni floreali in tonalità azzurre, estremamente grazioso.

“Dy vieni a vedere!!” richiamai entusiasta l’attenzione di mia sorella. Rafael avrebbe adorato quel vestitino e, una volta a casa, avrei scattato alla piccola una miriade di foto da inviargli.

“Delia, non osare proporre l’ennesimo completino alla marinaretta, perché in tal caso non rispondo più delle mie azioni!” borbottò burbera avvicinandosi.

Mi imbronciai irritata per poi sventolarle il vestitino sotto il naso, godendo della sua espressione estasiata.

“E’ adorabile!” esclamò prima di strapparmelo dalle mani e correre verso la piccola.

Le osservai a distanza, beandomi per qualche istante di quel clima familiare e sereno che si era creato. Sophia era stata la cosa più bella che la vita avesse mai potuto regalarmi.

 

__________

Terminati gli acquisti per la piccola decidemmo di dedicarci ad una piccola sosta gelato prima di passare al reparto “vestiti donna”, che mia sorella aveva intenzione di svaligiare.

Con mio grande disappunto, le mie suppliche non avevano condotto a molto e a breve avrebbe dato inizio alla fase: “Rimpinguiamo l’armadio di Delia che sembra uscito da un film horror anni ottanta!”

Santissimi numi!

“Fermiamoci quì” ordinò in tono perentorio, indicando un bar allestito con numerosi tavolini esterni.

Sospirai accomodandomi. “Peggio di una despota” esclamai stizzita.

Non mi era mai piaciuto ricevere ordini, ma questo mia sorella non pareva affatto notarlo.

“Credo non sia il caso di dare il gelato alla piccola!” mormorai sporgendomi verso di lei per sistemarle il piccolo codino.

“Sei troppo scrupolosa!” sentenziò mia sorella fissandomi con occhio critico.

Alzai gli occhi al cielo leggermente infastidita. “Sophia, dici alla zia quanto adori la tua mamma!” bisbigliai con fare cospiratorio alla mia piccolina, scoccandole un bacio sulla punta del naso.

La sua risata cristallina e allegra mi fece sorridere. Possibile potesse essere tanto adorabile?

“Sophia, fortunatamente non somigli per nulla alla tua mamma, oppure saresti stata una noiosa ...”

Si bloccò improvvisamente. Mi voltai verso di lei per comprendere cosa avesse attirato la sua attenzione.

Notai gli occhi di Daphne sgranarsi, mentre il suo volto assumeva una colorazione inconsueta. Per un istante temetti fosse sul punto di un collasso, il colorito cereo e l’aria assente non promettevano nulla di buono.

Per pietà, non dirmi che quel bastardo di suo marito è quì! Nulla mi impedirebbe di prenderlo a schiaffi!!!

Seguii la direzione del suo sguardo, incrociando due occhi che avevano perseguitato per anni i miei sogni.

Luca.

Deglutii a fatica, cercando di riacquistare la calma. L’insicurezza che mi colse in quell’istante fu innegabile. Non comprendevo a pieno cosa fosse opportuno fare. Non sapevo se dar ragione al mio istinto e fuggire il più lontano da lui, oppure abbandonarmi al raziocinio ed ostentare una calcolata indifferenza.

Il mio fulmineo ragionamento mi portò a presupporre che la seconda ipotesi fosse la più idonea. Sarebbe stato complicato fuggire da un posto tanto affollato, ma soprattutto la magra figura che ne avrei ricavato mi avrebbe perseguitato per gli anni a venire.

Rivolsi uno sguardo implorante a Daphne che si mordeva il labbro nervosamente, indecisa sul da farsi. Dal canto mio, speravo si limitasse a tacere evitando di palesare ulteriormente il mio evidente imbarazzo, o quanto meno, il disagio che la situazione mi stava provocando.

“Tu non spiccicare parola” sibilai in tono minaccioso, prima di alzarmi dalla poltroncina.

Luca fece qualche passo verso di noi raggiungendoci, dal suo sguardo potevo evincere quanto quell’insolito incontro gli causasse il mio medesimo disagio. Dopo tanti anni, le sue espressioni non erano mutate granché ed il suo volto per me non restava che un libro aperto.

Il mio cuore parve perdere un battito quando la vicinanza aumentò.

Maledizione, è affascinante come allora.

No, no ... calma Delia, controllati!

Mi ammonii mentalmente, sebbene con scarso risultato.

“Ciao” sussurrai incerta.

Lui increspò leggermente le labbra prima di biascicare un “ciao” non propriamente convinto.

Erano trascorsi anni dal nostro incontro, o forse dovrei dire scontro. Non avrei mai rimosso la furia che vidi lampeggiare nei suoi occhi, mista alla delusione provocata dalle mie parole.

Rinunciavo a lui e ai miei sogni per un futuro che non avrei mai desiderato.

Il silenzio imbarazzante che calò fu presto spezzato dalla vocina di Sophia che reclamava le mie attenzioni.

“Ma .. ma!”

Mi voltai di scatto verso di lei, sciogliendo la piccola cinghia del carrozzino e prendendola tra le mie braccia. Il cipiglio colmo di perplessità che mi rivolse Luca non mi sfuggì, ed io da codarda indugiai prima di rivelargli l’identità della mia bambina. Non compresi realmente il motivo della mia esitazione, eppure cercai di scostare l’attenzione su mia sorella che ci fissava con aria colpevole accucciata sulla sedia.

Sospirai sommessamente “Ti ricordi di Daphne?!” chiesi cortesemente. Lui asserii con il capo, rivolgendole un accenno di saluto.

“E questa piccolina – domandò in trepidante attesa. - È tua nipote?”

Nel suo tono esitante mi parve avvertire un certo sentore di “speranza”, ma probabilmente in quell’istante il mio cervello elaborava le informazioni in modo distorto. Temevo di rivedere nei suoi occhi nuovamente la delusione nei miei confronti, la stessa che mi aveva amaramente ferita anni prima. La stessa che mi aveva condotto ad assumere quella maschera di algida stronza che non si curava di nessuno se non di se stessa. Quella Delia che in fin dei conti non sono mai stata, perchè a muovere i miei gesti non era che lo sconforto e la sofferenza. Avevo abbandonato l’uomo che amavo solo per paura ...

Mai scelta fu più sbagliata ...

“Lei è Sophia, mia figlia!” annunciai cogliendolo di sorpresa. Spalancò la bocca senza riuscire a proferire parola per vari secondi.

Sbattè le palpebre ripetutamente, prima di riprendere un certo controllo di se. “Auguri – biascicò – non sapevo ti fossi sposata!” terminò con evidente sorpresa.

Certo, ti ho mollato per dare priorità ad una carriera che è stata stroncata sul nascere.

Increspai le labbra in una smorfia di disappunto. “Non ho mai detto di essere sposata!” sbottai leggermente alterata.

Notando il clima ormai sempre più teso, mia sorella decise di intervenire, rammentandomi un dettaglio che la mia mente aveva rimosso anni prima.

“Luca, come và il tuo matrimonio?”

“Perfettamente! -  rispose atono – credo sia il caso io vada. È decisamente tardi!” mormorò con la medesima intonazione.

“Certo – replicai stizzita – ci vediamo!” aggiunsi frettolosamente, avviandomi alla cassa del bar per pagare il conto e fuggire da quel luogo.

Quella sera, i patemi provati anni prima tornarono a bussare alle porte della mia mente e, come allora, mi abbandonai docilmente alle lacrime. Eppure il corpicino dormiente della mia bambina, stretto tra le mie braccia, si rivelò essere quell’appiglio che mi permise di non annegare nuovamente nel tetro pallore di una vita che mi aveva strappato l’unico uomo che avrei mai amato.

 

   
 
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