2
Fra le sue tante passioni Samir ne nutriva una in
particolare per i testi classici, e nel suo studio, una delle stanze più
lussuose e lussureggianti del palazzo facente parte del complesso dei suoi alloggi al secondo piano, conservava una grande
collezione di opere messa insieme in anni e anni di lunghe ricerche, da Omero a
Seneca, da Apollodoro a Giulio Cesare, da Ovidio a
Ippocrate.
Il contenuto di
alcuni di quei testi avrebbe potuto procurargli non poche grane con le somme
autorità religiose, ma lui stava abbastanza in alto da potersi sentire relativamente al sicuro, e se poi qualcosa non andava per il
verso giusto si poteva sempre nascondere il materiale più pericoloso nel vano
segreto delle cantine.
«Il tempo massimo
per portare a termine questo lavoro è di cinque giorni.» disse Samir sedendosi
alla sua scrivania «È chiaro che Hasan-i Sabbah vuole che questo incarico sia
portato a termine prima della sua dipartita.»
«Da dove dobbiamo
cominciare?» domandò Altair mentre, per la persona raffinata che in realtà era,
assaporava un po’ dell’ottimo tè che una servitrice gli aveva offerto
«Jahal è una
persona estremamente prudente.» disse Mira «Sono già
due anni che gravito attorno a lui spacciandomi per una sua servitrice.
Non resta mai da
solo, ed è seguito in ogni suo spostamento da un esercito di guardie
pesantemente armate, questo ovviamente senza tenere conto della sua grande e
indiscutibile abilità come spadaccino.»
«Tu una servitrice!?» replicò ironicamente Kahled «Mi risulta difficile
crederlo.»
«Cancella quel
sorrisetto, o lo faccio io con un pugno.»
«Non cominciate
voi due.» disse il fratello maggiore «Deve pur avere
un punto debole. Non può essere guardato a vista ventiquattro ore al giorno.»
«No
di certo. Se è per questo, ho già trovato il momento giusto in cui colpire.
Dovete sapere che
Jahal soffre di una particolare malattia allo stomaco che lo costringe a
prendere una tisana a base di erbe e aromi ogni sei ore.»
«Sarebbe facile
avvelenarla.» disse Kahled
«Non
così facile. Prima che gli venga servita una delle sue
guardie che soffre dello stesso male la beve sempre per primo.»
«Lo
immaginavo. E poi, siamo Assassini. Un metodo codardo come il veleno non fa
parte del nostro modo di agire.»
«Infatti. Comunque, dovendo prenderla ogni sei ore, Jahal la
beve anche alle tre del mattino. Lui proibisce ai soldati di entrare nei suoi
alloggi durante la notte, e solo la servitrice che porta la medicina ha il
permesso di andare a svegliarlo.
Tale incarico di
solito spetta sempre alla medesima persona, ma non sarebbe un problema
sostituirmi a lei. Le guardie mi conoscono, e non sospettano di me. Mi
lascerebbero passare senza discussioni.»
«Ora sappiamo come
occuparci di Jahal.» disse Altair «Ma come facciamo per il tesoro?»
«A tal proposito,
Rafiq, tu cosa sai di questa Parola di Allah?»
«Non
molto. Gira voce che si tratti di un tesoro dal valore inestimabile, dotato di incredibili poteri, ma nessuno sa con precisione di cosa
si tratti o che forma abbia.»
«Tu Mira, puoi
dirci qualcosa?» chiese Kahled
«Purtroppo
no. In questi anni mi sono avvicinata molto a lui. Credo che mi consideri una
delle sue favorite, ma ogni volta che cercavo di scivolare sull’argomento lui si faceva evasivo.
Di certo c’è solo
che non è qualcosa che porta addosso, come un pendente o un anello, e non si
trova neppure nelle sue stanze. Ho controllato attentamente più e più volte, ma
non ho trovato né segni sospetti né qualche traccia di nascondigli segreti.»
«Allora è come
cercare un ago in un pagliaio.» disse Altair
«Forse
no. C’è un posto in cui potrebbe trovarsi.»
«E dove?»
«Nel
museo. Si trova in un’ala isolata del palazzo, dall’altra parte del cortile
orientale, in una piccola costruzione al termine di un corridoio di mura lungo
una trentina di metri. Nessuno può entrarci a parte lo stesso Jahal e l’unico
ingresso è sorvegliato giorno e notte, perciò non sono stata mai in grado di
dare un’occhiata, ma se è difeso così bene deve
esserci per forza qualcosa di grande valore lì dentro, a parte i soliti reperti
storici di cui questa città è ovviamente piena.»
«La
cosa sembra sensata, ma bisogna esserne sicuri. Se l’ipotesi dovesse rivelarsi
errata, avremmo perso la nostra unica occasione per mettere le mani sul tesoro.»
«È per questo che io mi sono attivato.» disse Samir «E ho già
pronti due informatori. Te ne occuperai tu, Altair.»
«Di chi stiamo parlando?»
«Il
primo è una guardia del palazzo. Ogni giorno passa le sue ore libere in una
birreria clandestina a nord della città. Diventa molto loquace con qualche
bicchiere in più, ma non ucciderlo. Bisogna evitare di sollevare sospetti.»
«E l’altro?»
«Un
vecchio insegnante della madrasa di Al Narsuf. Ha catalogato molti dei reperti storici conservati
nel museo, e potrebbe avere ottime informazioni. Lui invece sarebbe meglio metterlo a tacere, visto che ha la tendenza a vendersi per
molto poco.»
«Sarà
fatto. Mi occuperò di entrambi oggi stesso.»
«Molto bene.»
«Aspettate.» disse
Mira «C’è un’altra cosa di cui dobbiamo tenere conto.»
«E sarebbe?»
domandò Kahled
«Jahal ha una
guardia del corpo, e posso assicurarvi che liberarcene non sarà facile.»
«Come si chiama?»
«Non lo so.»
«Non lo sai!?»
«Se
proprio vuoi saperlo, non conosco neppure il suo volto. E non solo io, nessuno
nella cerchia di Jahal lo ha mai visto. Lo chiamano
l’Ombra, e non è un caso. Non riesco a capire come faccia, ma riesce a difendere il suo signore senza mai farsi vedere. Ad oggi molti spiantati e ribelli che hanno tentato di
uccidere il califfo sono stati eliminati per mano sua.»
«Potrebbe essere un nostro fratello.» ipotizzò Altair «Un Assassino che ha
deciso di tradire.»
«L’ho pensato anche io all’inizio, ma ho capito presto che non può essere
così. Usa una tecnica diversa dalla nostra, molto più letale e pericolosa.
Inoltre…»
«Inoltre?»
«Mi è capitato di assistere ad
una delle sue azioni per difendere Jahal, e quando la situazione si è
acquietata sono riuscita a recuperare una delle armi che usa abitualmente».
Mira mise la mano
in una manica della veste e ne prese fuori una curiosa stella di metallo con
quattro affilatissime punte con un buco al centro.
«Mai visto niente
del genere.» disse Kahled
«Funziona come i
nostri pugnali, ma è estremamente più precisa, e può
lanciarne una vera selva in rapida successione.»
«Rafiq, tu ne sai
qualcosa?»
«Mi dispiace
ragazzo, è una novità anche per me.»
«Ho
sentito parlare di quest’arma quando ero nel mio paese. Viene
usata dalle spie di un’isola ad oriente.»
«Quindi questa Ombra» disse Altair «Viene dalle tue stesse terre.»
«È molto probabile,
e se è così bisognerà fare molta attenzione. La fama
di questi invisibili assassini dell’oscurità è tale da averli trasformati in
una leggenda. Sono solo pochi anni che esistono, ma già tutti li temono.»
«A tempo debito ci
occuperemo anche di questo.» rispose Samir facendosi di colpo molto più serio e
accigliato «Tuttavia, prima di preoccuparci seriamente dell’uccisione di Jahal
e del recupero del tesoro, c’è qualcos’altro su cui è necessario rivolgere la
nostra attenzione.»
«Che è successo?»
domandò Kahled non senza preoccupazione
«Mentre
eravate in viaggio per arrivare a Baghdad è arrivato un altro messaggio da
parte di Hasan-i Sabbah.
Fratelli miei…
siamo stati traditi.»
«Che cosa!?» esclamò Mira «Qualcuno ci ha traditi?»
«Si chiama Risham, e fino a poco tempo fa era una delle mie migliori
spie, ma improvvisamente, due settimane fa, è passato dalla parte di Jahal, e
ha cominciato a svelare alcuni dei segreti che circondano il nostro ordine.»
«Maledetto.» disse
Altair stringendo il bicchiere fino a frantumarlo «Fra tutti i peccati di cui
si può macchiare un Assassino, il tradimento è di sicuro il più deprecabile.»
«Fortunatamente
per noi era poco più che un novizio, pertanto non è a conoscenza di cose come
la mia identità o la locazione di questa dimora, ma con le sue rivelazioni
potrebbe minare seriamente la nostra rete d’informazione qui a Baghdad.
Deve essere
fermato prima che provochi altri problemi. Ho inviato un messaggio ad Hasan-i Sabbah per spiegargli la situazione, e lui ha già
autorizzato la missione.»
«Dove si trova ora
questo Risham?» domandò Kahled
«Nella
prigione di Nargun, a ovest. Un luogo praticamente inespugnabile, ma stando ai miei contatti pare
abbiano in mente di spostarlo proprio stanotte.»
«Per quale motivo?»
«Molto
probabilmente sanno che tenteremo di metterlo a tacere.
Lo imbarcheranno al molo vicino al suk al Marsak, e
se riescono a farlo uscire dalla città lo avremo perso
per sempre. Bisogna agire subito, e ve ne occuperete voi due.»
«Noi!?» esclamarono insieme Mira e Kahled
«Sarà
sicuramente scortato, e vi saranno soldati anche a bordo della barca. Meglio
essere almeno in due, per darsi vicendevolmente le spalle, anche se
conoscendovi credo non sarà niente di ingestibile.»
«Perché mai dovrei
fare da balia a questo ragazzino!?»
«Guarda che questo
dovrei dirlo io!»
«Smettetela!
Tutti e due! Lo farete perché questo è un ordine del
vostro diretto superiore qui presente, mi sono spiegato?»
«Sì, d’accordo.»
risposero mestamente i due
«Perfetto.
Altair, tu mettiti subito al lavoro per trovare le informazioni. Quanto a voi
due, riposatevi. Entrerete in azione dopo il tramonto».
Altair, da impeccabile Assassino qual’era,
portò a termine il suo incarico in sole tre ore, facendo ritorno alla dimora
sul fare del tramonto, giusto in tempo sedere con suo fratello e prendere parte
alla cena rituale che precedeva l’inizio di una missione.
Il codice d’onore
degli Hasisiyyun prevedeva che subito prima di
intraprendere un omicidio gli Assassini consumassero
una cena di un certo prestigio, più sostanziosa rispetto a quella che toccava
solitamente loro; era una sorta di ultimo piacere, un modo per affrontare una
eventuale morte senza rimpianti, e con la consapevolezza di aver goduto almeno
una volta le gioie che la vita poteva offrire.
Grazie alla
gentile donazione di Samir quella cena risultò
particolarmente abbondante e variegata: pesce di fiume, carne di pecora cotta
alla brace, riso a volontà insaporito con spezie raffinate, pane arabo, frutta
fresca, datteri secchi e noci; essendo alquanto scettico sulla natura degli dèi
e deprecando la maggior parte delle tradizioni islamiche, nonché lo stesso
codice di vita che regolava la vita dei musulmani Altair non disdegnava neanche
i piaceri del vino, mentre Kahled, che condivideva solo la linea di pensiero su
legge e morale, preferiva tenersene comunque lontano, sia perché bere non gli
piaceva sia perché, come aveva già sperimentato una volta, non reggeva per
niente l’alcol.
Mira mangiava da
sola, in un’altra stanza del palazzo, dal momento che
il codice comportamentale dei Nizariti vietava ad un
uomo e una donna non imparentati tra di loro di sedere allo stesso tavolo.
Tra i due fratelli
regnava il silenzio, un silenzio enigmatico e diverso
da quello che precedeva solitamente una missione; era come se entrambi stessero
deliberatamente evitando di parlare per non correre il rischio di dire cose
spiacevoli, o per non far nascere una conversazione che nessuno sapeva dove
sarebbe sfociata.
D’un tratto però
la ragazza che avevano salvato quella mattina portò
loro dell’altro vino, e il ringraziamento che rivolse con molto rispetto e
innocenza fu la molla che fece scattare il discorso.
«Se non fossimo
intervenuti» disse Kahled «Quella povera ragazza sarebbe sicuramente morta.»
«Forse, ma questo
non toglie che il tuo gesto avrebbe potuto costarti
caro, e compromettere seriamente la nostra missione. Ho sentito i discorsi
della gente, oggi, mentre camminavo per la città, e già si parla di noi. Se
quelle voci dovessero giungere all’orecchio del califfo, ci troveremmo a dover
affrontare problemi estremamente seri.»
«Ma
cosa dovevo fare? Lasciarla lì in mezzo alla strada e restare a guardare mentre
la uccidevano?»
«Non
critico il fine, Kahled, ma i mezzi.
Te l’ho già detto,
non puoi risolvere sempre tutto a spada tratta. Certe situazioni richiedono
giudizio, coscienza e lucidità. Semmai un giorno dovessi diventare maestro
degli Assassini dovrai affrontare decisioni difficili,
in cui la strategia e la capacità di analisi risulteranno decisive.
In
quanto Maestro sei responsabile della sorte di tutti i membri
dell’ordine, e se dovessi sbagliare qualcosa saranno altri a pagare per i tuoi
errori.»
«Io… io non ci
avevo mai pensato.»
«Se sarai Maestro avrai nelle tue mani tutta la confraternita.
Chiederai ai tuoi discepoli di combattere, di rischiare la vita, e a volte
anche di morire, e dovrai essere forte nello spirito per
poter sopportare un simile peso.»
«Hai ragione, fratello. Fino ad ora ho sempre pensato che
bastasse essere un bravo guerriero per poter essere un
Assassino, ma ora mi rendo conto che la mano non è niente se non vi sono un
cuore e una mente forti che la guidano.»
«Questo si chiama
parlare.»
«Tuttavia» disse
Kahled mentre guardava il pezzo di pane che aveva in mano «Non riesco ad
accettare quello che ho visto, e anche dopo aver sentito queste tue parole credo che trovandomi lì avrei agito allo stesso
modo.»
«Purtroppo, questo
fa parte della tua natura.» rispose Altair sorseggiando un po’ di vino «Il tuo
senso di giustizia è ammirevole, dopotutto.»
«Perché,
fratello? Perché dio permette che una donna sia picchiata e uccisa solo per
aver cercato di riscattare la sua libertà? Perché permette che uomini
massacrino altri uomini nel suo nome?»
«Non incolpare dio
per la stupidità degli uomini. Lui non ha nessuna colpa.»
«Credevo che non
avessi fede negli dèi, fratello.»
«Non
ho fede in ciò che gli uomini dicono di essi. Se tutto ciò che ci viene detto sul loro conto fosse vero, gli dèi favorirebbero
cose come crociate, guerre sante, discriminazione, odio interculturale, rifiuto
del diverso, e onestamente, di un dio del genere, io non saprei che farmene.»
«Fratello…»
«La
divinità è qualcosa di superiore, di trascendente. Sono stati gli uomini ad
asservire il suo messaggio ai loro egoistici desideri, e questo è il peggiore
sbaglio che la nostra specie abbia mai fatto.
Il solo modo per
porre fine a questo scempio è squarciare il velo dell’ignoranza, mostrando
all’umanità la verità per quello che è, senza interpretazioni o bugie. Ed è
anche per questo che dobbiamo lottare noi Assassini.»
«Le
tue parole sono cariche di saggezza, fratello.
Sono d’accordo con
te. Una volta che gli uomini avranno visto la verità come l’abbiamo vista noi i mali del mondo saranno finalmente superati, e avrà
inizio per noi tutti un’epoca nuova, di pace e giustizia.
E voglio essere
partecipe di un così grande disegno. Lo voglio con tutto me stesso».
Dopo poco Samir si
presentò nella stanza.
«È ora».
Dopo una certa ora della notte Baghdad veniva
avvolta da un silenzio surreale, e le uniche luci ad illuminarla erano quelle
delle lanterne portate a mano dalle pattuglie armate che giravano per le strade
per garantire la tranquillità e prevenire atti di furto.
Silenziose e
discrete, due ombre percorrevano velocemente i tetti della città vecchia,
arrivando infine nei pressi del molo a sud del vecchio suk Al Marsak, proprio sulla sommità dell’ultimo edificio, un
grande palazzo signorile che dava direttamente sull’argine.
Lungo il corso del
fiume si potevano scorgere in lontananza molte barche di pescatori uscite per
le battute notturne, ma la maggior parte di esse erano
all’angola sui pontili.
«Ecco, il posto è
questo.» disse Kahled guardandosi attorno
«Se l’informazione
era corretta, dovrebbero arrivare da un momento all’altro».
E infatti, dieci minuti dopo, da un vicolo laterale
comparvero dodici soldati regolari che scortavano un Assassino legato per i
polsi e con il volto solo parzialmente nascosto dal suo copricapo.
I soldati che lo
sorvegliavano aspettarono a lungo prima di imboccare la strada larga e
acciottolata che costeggiava il molo, sicuramente per accertarsi che non vi
fossero occhi e coltelli indesiderati ad attendere il loro arrivo.
«Deve essere lui.»
disse Mira
«Quelli
hanno l’aria di essere professionisti. Meglio agire con discrezione.»
«Che cosa!? Dov’è finita la tuo grandioso
approccio di “chi attacca per primo attacca due volte”!?»
«Mai pensato in
questi termini.»
«Sì, come no.»
«Ora
basta discutere, pensiamo all’incarico. In Rafiq vuole sapere perché ha
tradito, perciò dobbiamo occuparci anzitutto dei soldati, per
poter parlare con lui in tutta calma.»
«Non sarà facile.»
«Credo
di avere un’idea. Se vuoi ascoltarmi.»
«Sono tutta orecchi. Sentiamo».
Kahled spiegò
velocemente il suo piano, e subito Mira storse il naso disgustata.
«Non
ci pensare neanche! Posso fingermi una odalisca
obbediente, ma questo no!»
«Samir mi ha
assegnato il comando della missione, quindi a cuccia e ubbidire.» replicò
Kahled con un tono di sarcasmo e uno sguardo di chi non ammette repliche
«Questa me la
paghi, garantito.»
«Forse, ma intanto
limitati ad ubbidire».
Di nuovo Mira
mostrò palesemente il proprio risentimento, ma poi fu costretta a trangugiare il
boccone amaro e saltò su di un tetto attiguo mentre Kahled sorrideva divertito.
Poco dopo una
barca in legno di una certa dimensione, atta a
trasportare agilmente un equipaggio di venti o più uomini, si accostò al
pontile principale, e un marinaio fece cenno ai soldati di venire avanti
sollevando due volte la lanterna che teneva in mano.
Quelli fecero per
ubbidire, ma d’un tratto la loro attenzione fu attirata da uno strano rumore, come
un fischio a intermittenza; era un codice, un codice segreto in uso presso la
guardia cittadina di Baghdad che veniva usato dai
messaggeri che recavano dispaccio di grande importanza ma che, per una ragione
o per l’altra, non potevano esporsi.
«Che sarà
successo?» domandò il capo della pattuglia, riconoscibile dall’elmo a punta e
dalla cresta formata da quattro strisce di cuoio nero «Tu, vai a vedere cosa
vogliono.»
«Sissignore».
Il soldato
incaricato del compito lasciò il gruppo e si diresse verso la stradina da cui
era sopraggiunto il fischio, scomparendo nell’oscurità, ma dopo più di due
minuti di lui non si vedeva traccia.
«Ma che accidenti
sta combinando quell’idiota!?» mugugnò l’ufficiale
battendo nervosamente il piede sul legno «Andate a dargli una sveltita».
Altri due uomini,
questa volta armi alla mano, entrarono nella stradina, e fatti pochi metri si imbatterono nel cadavere del loro compagno, riverso sul
torace con la gola trafitta; quello che lo aveva trovato fece per avvertire il
suo compagno, che a causa del buio non aveva visto niente, ma un’ombra
minacciosa comparve dal nulla in mezzo tra i due e tappatagli la bocca lo
uccise piantandogli la lama nella schiena; il superstite fu raggiunto subito
dopo aver tentato la fuga, ma l’assassino questa volta non riuscì a tacitarlo
in tempo per evitargli di lanciare un urlo di terrore, urlo che fu sentito dai
soldati in attesa, e contemporaneamente la lanterna tenuta dal marinaio si
spense cadendo nel fiume.
«Ma cosa…» esclamò il solito ufficiale «Formazione difensiva!».
Lui e gli altri
sguainarono le spade e formarono un muro attorno al prigioniero per poi
prendere a camminare a passo piuttosto spedito verso la barca, facendo sempre
molta attenzione al minimo movimento che avveniva tutto intorno a loro; regnava
un silenzio spaventoso, e si aveva la sensazione che tutto potesse accadere.
All’improvviso, un
pugnale schizzò fuori da una scanalatura piuttosto pronunciata tra le assi del
pontile, trafiggendo al mento uno dei soldati e lasciandolo a terra morto.
«Che diavolo…».
Altri tre pugnali
seguirono in rapida successione, uccidendo un altro uomo e ferendone due in
modo invalidante, uno alla mano e uno ai testicoli.
«Dannazione,
muovetevi!».
I cinque
superstiti, abbandonato ogni schema prestabilito, cominciarono a correre pieni
di terrore, e quando Kahled si palesò sul pontile quattro di essi
restarono per tenergli testa, anche se, terrorizzati com’erano, dovettero
essere costretti a farlo sotto minaccia di esecuzione dal loro comandante che,
unico rimasto, si diresse velocissimo alla barca tenendo la spada in una mano e
la collottola del prigioniero nell’altra.
Sguainati insieme
spada e pugnale Kahled si occupò dei soldati, spaventati a tal punto che le
loro movenze erano altamente prevedibili; mentre il
giovane Assassino teneva loro agilmente testa l’ufficiale raggiungeva
finalmente la barca, gettandovi letteralmente dentro il prigioniero, ma una
volta a bordo si accorse, con suo grande sconcerto, che tutti i marinai in
grado di manovrarla erano immobili.
Infuriato e fuori
di sé si mise portò sul parapetto dalla parte opposta
dell’imbarcazione e si girò verso Kahled, che sbarazzatosi degli ultimi
ostacoli lo osservava stando a distanza.
«Fatti
avanti, bastardo! Sono qui che ti aspetto!».
Di colpo però l’uomo
sentì uno strano rumore alle proprie spalle, ma non fece neanche in tempo a
girarsi che una lama lo trafisse alla schiena per poi trascinarlo in acqua
prima che avesse il tempo di urlare.
Risham, che si era messo in ginocchio per tentare di
rialzarsi, osservò attonito la sua ultima linea difensiva scomparire tra i
flutti, e quando tornò a concentrarsi sul pontile vide Kahled saltargli addosso
con la lama nascosta già sguainata.
Buttatolo a terra,
lo trafisse allo stomaco, un colpo non gravissimo ma che lasciava poche speranza di vita a lungo termine; nello stesso momento
Mira, fradicia e coperta del fango su cui aveva camminato passando sotto il
pontile, salì a bordo a sua volta, inginocchiandosi assieme al compagno davanti
al corpo di Risham, al quale venne tolto il copricapo
per permettergli di respirare meglio.
I suoi occhi erano
strani: sembrava esservi a malapena un barlume di vita, e più passavano i
secondi più questa scintilla, invece che spegnersi, pareva acquistare vigore,
come se la morte, invece che spegnerla, le avesse anzi permesso di tornare a
bruciare.
«La tua fuga è
finita.» disse Kahled sorreggendogli la testa
«Mi…
mi dispiace. Mi dispiace… per ciò che ho fatto.»
«Perché?» domandò
Mira «Perché ci hai traditi?»
«Io…
io non volevo farlo. Lo giuro. Ma poi, ho incontrato
lui… credevo che mentisse. Che fosse un esaltato.»
«Di che stai
parlando?» chiese Kahled «Chi hai incontrato?»
«Lui…
non è un uomo. Ciò che fa… ciò che riesce a fare… non è umano.»
«Stai
parlando di Jahal? O forse di quel tipo che chiamano l’Ombra?»
«Lui…
può vedere tutto. Può sapere tutto… il suo sguardo… ti penetra nelle carni… e
ti mette a nudo. E poi… poi usa ciò che ha visto per
dominarti.
Tutti
i tuoi ricordi… tutte le tue paure… tutte le tue emozioni… rivoltate contro di
te… e usate per dominarti. Non si può sfuggire al suo controllo.
Ho cercato di
oppormi, di combattere… ma ho fallito. E quello era solo un assaggio… il suo
potere… è ancora più grande… e ancora più spaventoso. Io…
l’ho veduto».
Kahled e Mira avevano
già ascoltato altre confessioni in punto di morte da parte delle loro vittime;
molte di loro chiedevano scusa, altre difendevano il proprio operato,
altre ancora cercavano biecamente di giustificarsi, e sulle prime entrambi
pensarono che anche Risham stesse infondo facendo la
stessa cosa; tuttavia, man mano che ascoltavano le sue ultime parole, il suo
sguardo non smetteva di colpirli: non sembrava esservi né falsità né ipocrisia
nelle sue parole, e le lacrime che stavano cominciando a solcargli le guance
parevano sincere.
«Fratello… stai
dicendo sul serio!?»
«Non…
non guardatelo mai. Non guardate quel suo oggetto diabolico… basta uno sguardo…
e siete suoi. E a quel punto… solo la morte potrà liberarvi. Proprio… come sta
succedendo… con me.
Ero cosciente di
ciò che facevo… sapevo di stare tradendo i miei fratelli… ma non potevo
oppormi. Ve lo giuro, ci ho provato… ma non potevo. Era come… essere
incatenato.
Ma
ora, grazie a voi… finalmente… sono libero».
Risham tossì violentemente, e la sua carnagione cominciò a
farsi molto pallida, segno che non gli restava molto da vivere.
Quali che fossero
i crimini e le colpe delle loro vittime gli Assassini
avevano l’obbligo morale di ridurre al minimo la loro agonia e di rispettarne
il corpo dopo la morte, quindi Kahled, recuperato il sangue freddo si preparò a
vibrare il colpo di grazia.
«Grazie…» disse
sorridendo Risham
«La pace sia con
te, fratello».
Un solo colpo,
alla gola, come accadeva sempre, e la vita del traditore fu spezzata
definitivamente; Mira, che aveva preso a sorreggergli la testa, la lasciò
cadere dolcemente sul legno della barca, e Kahled gli chiuse delicatamente gli
occhi, intingendo la piuma nel sangue che sgorgava dalla ferita sul collo, a testimonianza
indiscutibile che l’incarico era stato portato a termine.
I due assassini si
guardarono, senza sapere cosa pensare, ma non potevano sapere che nello stesso
momento qualcun’altro stava guardando loro, appostato
silenziosamente sul minareto di una moschea poco distante.
Vestiva interamente di nero, un’uniforme non
tanto diversa da quella degli assassini, sormontata da gambali e da un paio di
guanti e provvista di un bavero che copriva buona parte del suo volto lasciando
però scoperti i capelli, di un nero spento, tendente quasi al grigio, benché i
suoi lineamenti testimoniassero che si trattava di una persona piuttosto
giovane; dietro la schiena una spada, e assicurate
alla cintura una selva di stellette di metallo, oltre ad un certo numero di
pugnali lunghi e stretti provvisti di un anello all’estremità.
Il suo equilibrio
aveva del prodigioso, tanto da riuscire a mantenersi in piedi sulla sommità
acuminata del minareto, dritto come una statua e a braccia conserte.
I capelli e la
fascia legata attorno alla fronte ondeggiavano al vento come le onde del mare, e
dal suo sguardo traspariva tutta la sicurezza e l’autocontrollo
di uno spirito abituato a fendere e sfidare le leggi di natura e la natura
stessa piuttosto che a sottomettervisi, in un modo
non dissimile agli Hasisiyyun.
Rivolta un’ultima
occhiata a Kahled e Mira, che ancora seguitavano ad
osservare il corpo senza vita del loro vecchio compagno con la testa piena di
domande, scomparve magicamente nel nulla inghiottito dal buio.
Nota dell’Autore
Eccomi nuovamente!^_^
Questo capitolo si è
fatto un po’ desiderare, ma dovendo occuparmi sia di questa fan fiction, sia
dell’imminente ripresa dei corsi, sia del romanzo che
sto faticosamente cercando di scrivere (è appena cominciato e ci sto lavorando
da due mesi, fate un po’ voi) il tempo non mi basta mai.
Da lunedì poi andrà
anche peggio, visto che praticamente tutti i giorni
uscirò di casa alle sette per tornare alle sette (tranne un paio di giorni in
cui tornerò alle sei), ma cercherò comunque di proseguire, anche perché ormai
questa fiction mi ha preso troppo.
Ringrazio i miei
recensori, Elika, Saphira e
Sux Fans.
A presto!^_^
Carlos Olivera