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Autore: KokoroChan    25/09/2009    0 recensioni
La storia di Helena, forse l'unico vero amore che Tom Riddle avesse mai avuto, o meglio dire, la ragazza che fu il successo della sua FAMA.
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tom Riddle’s True Story.

 

Una tempesta era in arrivo, il cielo sopra la mia testa si stava oscurando, le grossissime nuvole grigie stavano ricoprendo il cielo azzurro come se fosse una grande coperta di fumo.  La leggera brezza mi accarezzava la pelle, amavo questa sensazione quanto il dolce profumo dei tulipani appena sbocciati. La grande distesa verde ondeggiava alla spinta del vento così come il mio vestito rosa pallido. Raccolsi qualche tulipano, sapendo che sarebbe stata l’ultima volta, l’inverno si stava avvicinando e con se portava l’inizio della scuola. Feci un grande mazzetto di fiori e gli raccolsi tutti assieme legandoli con un lungo filino d’erba.  Tra le nuvole intravidi un luccicante bagliore seguito da un fortissimo tuono. La pioggia incominciò a scendere sempre più fitta e io ero ancora lì, fradicia seduta sul prato umido.
“Helena!” Chiamava a squarciagola una donna dall’altro lato del campo.
Mi alzai di colpo, come se mi fossi appena svegliata da un lungo ed interminabile sogno.
“Ti è dato di volte il cervello Helena?  Stare seduta in mezzo al prato con questo tempaccio, non lo sai che è pericoloso?”

Sapevo ciò che stava provando mia madre, ma non feci caso ai suoi rimproveri, ero totalmente distratta. Nella mia mente scorrevano pensieri incomprensibile, nessuno avrebbe compreso ciò che stavo provando: sofferenza, orgoglio, amore, chi lo sa? Era da parecchio tempo ormai che nella mia testa scorrevano certe immagini insensate, che anche io a stento riuscivo a comprendere. Quel giovane ragazzo compariva e spariva dai miei pensieri in continuazione, mi aveva stregato sia anima che corpo, speravo con tutta me stessa che anche lui provasse gli stessi sentimenti che continuavano a ferire e rimarginare la mia anima, anche se sapevo, che non mi avrebbe mai regalato un suo sorriso, era del tutto indifferente e completamente indomabile.
“Jacqueline! Portami un asciugamano e accendi il caminetto per favore.”
“Sissignora.” Disse la donna accennando un piccolo inchino.
Jacqueline Hotterose era la nostra governante, una sudicia, spregevole mezzosangue nonché maganò.  La mia famiglia si poteva premettere qualunque privilegio, qualsiasi cosa a qualsiasi prezzo. I miei libri di scuola e tutto l’occorrente scolastico era di prima mano, tranne per la divisa, quella era disegnata ed accurata da uno stilista privato. La cosa più importante, e da non dimenticare: tutti in famiglia appartenevano alla stessa e nobilissima casata, dall’inizio della generazione, dall’inizio dell’albero genealogico tutti facevano parte della casata di Serpeverde.  Nessuno mai si era sposato né con un mezzosangue, né con altri maghi appartenenti ad altre casate. Il nostro sangue era puro, non era infetto e mai lo sarebbe stato. Io ero l’unica figlia di Lynn e Matias, due giovani benestanti i quali si unirono in matrimonio dopo una lunga convivenza. Si erano conosciuti ad Hogwarts e frequentavano tutti e due gli stessi corsi.   Mio padre e mia madre al momento lavoravano  al Ministero della Magia ed erano conosciutissimo nell’ambito ministeriale.
Mia madre pensava a me come un principessa, avrei dovuto sposare un principe, <> diceva.  Anche mio padre, non si sarebbe mai dato per vinta finché io non avessi sposato un mago purosangue.
Il matrimonio non era cosa che faceva per me. Nessuno avrebbe voluto sposare una ragazzina secchiona e tetra. Il mio primo pensiero era la scuola, dovevo raggiungere ottimi voti per trovarmi un lavoro di alto livello come quello dei miei genitori.
“Ecco, asciugati tesoro.”  Mia madre prese l’asciugamano e mi ci avvolse dentro.
“Mamma, ho sedici anni posso fare da sola…”
“Stai zitta. Mettiti vicino al camino così potrai asciugarti più in fretta. Ricordi? Domani inizia la scuola. Non vorrai mica incominciare l’anno scolastico tutta raffreddata, no?”
“No mamma.” la buttai lì musona. Presi una tazza di tè caldo e incominciai a sorseggiarlo. Mia madre uscii e Jacqueline incominciò ad asciugare i miei lunghi capelli neri.
Quella serata passò molto velocemente, mangiai pochissimo ed ero super eccitata per la partenza di domani. Con un solo colpo di bacchetta la mia valigia si riempì di cianfrusaglie, mia madre spedì direttamente la governante a comprare tutto il materiale per quell’anno scolastico, ancora, però, mi chiedevo se lui avrebbe frequentato le mie stesse lezioni. Nutriva una certa passione per le arti oscure,  a me affascinavano, ma non ne andavo pazza quanto lui, ecco perché facevo del mio meglio per avere eccellente in quella stupida materia della quale non importava ad anima viva. Maghi Oscuri? Da quanto tempo non se ne vedeva più uno? Da Salazar Serpeverde forse.  Non raccontai a mia madre di quella terribile cotta, non sapevo granché del suo passato, chissà se era purosangue o meno, ma molti dei ragazzi che frequentava lo vedevano come un leader.
Mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi. Cercai di non pensare a nulla, cercai di tranquillizzarmi e rilassarmi. -Helena tranquilla, è già il sesto anno, sarà come tutti gli anni passati, tranquilla….tranquilla…- questo fu l’ultima cosa che dissi al mio cervello. Mi addormentai sapendo che domani sarebbe stato il grande giorno, finalmente la scuola sarebbe rincominciata.

“come hai passato le vacanze?”  Mi domandò Claire, la mia migliore amica.

“Oh, bene. Non ho fatto nulla di particolare ho aiutato i miei genitori a lavoro e basta. Tu invece?”
sapevo benissimo che aspettava questa domanda.
“Bè, prima di tutto sono stata in vacanza in Cornovaglia,  e i miei non mi hanno nemmeno mandato a lavorare quindi me la sono proprio spassata…” continuò col suo discorso così ancora per diversi minuti, mentre io ero totalmente persa nei miei pensieri. Lui era seduto al solito posto silenzioso e misterioso come sempre. Fortunatamente non notò il mio sguardo malizioso fisso su di lui.
“Che stai facendo? Mi hai ascoltato? “
“Sì Claire veramente , ti ho ascoltato, tranquilla.”  dissi scuotendo la testa.
“Oh bene, vediamo quali materie ci sono nel pomeriggio…” Claire prese la piccola bustina e l’aprì, dentro  c’era una piccola pergamena con tutti gi orari delle lezioni che avremmo dovuto tenere.
“Oddio, pozioni tra meno di mezz’ora. Bè, meglio di Difesa Contro Le Arti Oscure.” Disse accartocciando la piccola pergamena.
“Allora non sono l’unica che odia quella materia” dissi sollevata.
“A cosa serve poi?”  aggiunse Claire. Tutte e due scoppiammo a ridere, era da tanto tempo che non sorridevo grazie ad una sua battuta, infondo non ci eravamo viste per tutta l’estate, lei era l’unica persona in grado di capirmi veramente.

Io e Claire ci dirigemmo verso i sotterranei per  la prima lezione di pozioni dell’anno, accompagnati come sempre, da quegli incompetenti di Grifondoro.  
Il professore aprì la porta e ci indicò i posti a sedersi.
“Bene ragazzi. Buon pomeriggio e buon rientro a scuola.” Affermò fieri di sé prendendo la bacchetta in mano.
Quello era proprio il mio giorno fortunato. Ero capitata vicino alla persona onnipresente nei miei pensieri. La sua bellezza era indescrivibile, nemmeno il migliore degli scrittori avrebbe potuto descriverla pur usando le parole più intense, e nemmeno un pittore avrebbe potuto riportare i lineamenti del suo viso perfetto in un’opera d’arte.
“Ciao Tom. Hai… hai passato una buona estate?” così decisi di rivolgergli la parola.
“Ciao… bene, come al solito.”Rispose freddamente. Bè, era un inizio. I suoi occhi neri penetranti mi lasciavano senza fiato, non sapevo nemmeno che rispondere, non volevo lasciare che la discussione morisse lì.  Poi arrivò il miracolo. Tom mi fece una domanda abbastanza inaspettata.
“E tu? Come hai passato l’estate?”  Chiese serio.
“Ah, io? Mah, ho aiutato i miei, sono molti occupati al Ministero, hanno avuto molto da fare…” Dissi buttandola lì sorridendo. Non mi ero mai sentito così felice in vita mia.
“Capisco.”Dissi scaraventando una piuma sul banco. lo fissai per un istante e dopo essermi accorta che anche lui mi stava guardando spostai  il mio sguardo verso il professore.
“Riddle. Quali sono gl’ingredienti principali per preparare un’ottima pozione di Felix Felicis? “ domandò a Tom l’insegnante.
Il ragazzo non esitò a rispondere. Disse tutto ad un fiato lasciando tutti sbalorditi.
“Ottimo Tom, davvero ottimo. Trentaciqnue punti a Serpeverde per questa meravigliosa risposta da parte del vostro compagno!” Esclamò il professore orgoglioso.  Nessuno avrebbe potuto dare risposta migliore, completa e detta perfettamente.
La lezione procedeva e io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Era completamente impossibile colloquiare con lui, era sempre silenzioso  e perso nei suoi pensieri. “chissà a cosa starà pensando?”  mi chiedevo.
I suoi “amici” lo trattavano come se fosse un leader, una persona a cui portare il massimo rispetto, come se fosse il loro “capo”, e io mi chiedevo perchè. “no, quel ragazzo non è come tutti gli altri, non lo è….” Avrei voluto sapere un po’ di più sul suo passato, forse i suoi genitori lavoravano al Ministero, forse era purosangue, anzi, molto probabilmente.  Non solo ogni studente di quella maledettissima scuola lo vedeva come un superiore ma anche gli insegnanti lo veneravano, con i voti eccellenti che aveva in tutte le materie potevo ben capirli.

La lezione finì e io ero contentissima:  Tom Riddle mi rivolse la parola dopo sei anni.
“Ciao, ci vediamo presto.” dissi raccogliendo i miei libri sparsi sul banco.
“Sì, certo, a presto.” si affrettò a confermare Tom.
“che qualcuno mi uccida!”  i battiti del mio cuore stavano accelerando e io stavo per svenire. Mi tuffai fuori dall’aula correndo cercando di rintracciare Claire, dovevo dargli la buona notizia.
“Oddio! Claire!”
Claire si girò di scatto, sembrava un po’ preoccupata.
“Che c’è? Cosa è successo?” disse tenendomi per i gomiti.
“Non ci crederai mai. Tom mi ha parlato! Cioè,gli ho chiesto com’erano andate le sue vacanza e lui mi ha risposto!” dissi eccitata e tremando.
“Oh mio Dio! Stai scherzando? Tom Riddle ha risposto? Lui? Quel Tom Riddle? Quello bianco cadaverico, coi capelli neri molto affascina….”

 

“Sìsì, proprio lui Claire!” affrettai a dire senza farle finire la frase. Ero troppo eccitata, l’inizio della scuola non poteva incominciare nei migliori dei modi.
“Bene, e con questo che vuoi dire!” mi chiese sospettasa.
“In che senso? Magari, bè se ci stava, a Natale, non credo che lui se ne vada. Ha sempre trascorso le vacanza Natalizie qui al castello, mi chiedevo solo….”
“Non farmi ridere, i tuoi genitori non accetteranno…”
“Non sai nemmeno che voglio fare!” ribattei rigida.
“sì che lo so! Vuoi portartelo a casa! Ma né lui né i tuoi genitori accetteranno la proposta.”
“Ma no!  Io resto qua al castello! E non m’importa di ciò che penseranno i miei genitori, assolutamente no!”  dissi arrabbiata. Giungemmo  in Sala Grande quando un ragazzo alto, bianco cadaverico, coi capelli neri e molto affascinante si stava avvicinando.
“Helena! potrei parlarti un attimo?”
-Oddio-.
“Sì, certo” dissi euforica.
“sei impegnata sta sera?” Mi chiese cortesemente.  Claire rimase sbalordita accanto a me.
“Ehm… no, no. Sono liberissima come l’aria.>> Dissi sorridendo e balbettando appena -Libera come l’aria? E questa come mi è scappata fuori?- avevo la sensazione di aver fatto una figuraccia tremenda.
“Alle sei in biblioteca.” rispose determinato. Sembrava più un ordine che un invito, ma accettai comunque.
“Sì, certo. Non mancherò.” affrettai a confermare
“Ci mancherebbe altro.” Ribatté serio.
E se ne andò in compagnia dei suoi amici. Per un attimo rimasi senza fiato e scossa.
“Non so che dire. Gli interessi veramente oppure…”
“Non so se hai notato come ha formulato la frase. “Ci mancherebbe altro”. Se non vado che fa? Mi uccide?”
Io e Claire ci fissammo e  scoppiammo a ridere un’altra volta.  
La giornata volò via velocemente. Aspettavo le sei con ansia, anche se non avevo idea di cosa avrei fatto quell’ora e per di più in biblioteca. Qualunque cosa avesse in mente, l’avrei fatta con tutto il piacere e con tutta la passione che potevo  dimostrare, chissà, forse lui sarebbe veramente diventato il mio principe

Mi lasciai andare. Mi buttai sul letto a peso morto cercando di liberare la mente. Mancava ancora un quarto d’ora, un solo quarto d’ora alle sei in punto.  “concentrati Helena, non pensare a niente, svuota la mente”,  purtroppo non conoscevo incantesimi che facessero liberare la mente, avrei provato con lo Yoga, ma mi sembrava un metodo alquanto babbano.

Mi sdraiai supina sulle lenzuola morbide, ero sola, le mie compagne di stanza non erano con me al momento, meglio così, il silenzio regnava. Respiravo affannosamente, non riuscivo a stare tranquilla, ero agitata ed eccitata allo stesso tempo. “Piantala. Chiudi gli occhi e respira, lentamente, concentrati…  svuota la mente, svuotala…” continuai a ripetermi.  Incominciai a respirare più forte ma lentamente, finalmente trovai il respiro perfetto. Mi calmai ed assunsi una posizione perfetta, ero totalmente rilassata. Se fossi andata avanti così ancora per molto mi sarei sicuramente addormentata, così decisi di alzarmi molto lentamente per mantenere il mio chacra altamente calmo.

 

Mi diressi verso la biblioteca a passo lento,non avevo fretta, mancava un solo minuto alle sei. Mi trovavo di fronte alla porta della biblioteca, prima di entrare esitai un attimo, dovevo sembrare perfetta. Mi sistemai i capelli e stirai con la mano le grinze nell’orlo dell’abito. Aprii la porta e lui era già lì. Rimasi senza fiato, era la creatura più bella che Madre natura potesse creare. Era seduto su una delle sedie infondo alla biblioteca con la mano destra sotto la testa e con l’altra reggeva un libro, era superconcentrato nella lettura, mi scocciava disturbarlo.

Mi avvicinai e mi sedetti su una sedia accanto a lui.

“Ciao Tom.” Dissi sorridendo.

Si girò lentamente e rispose.

“Ciao Helena, scusa, non ti avevo vista.” Disse richiudendo il libro.

“Figurati….” Non sapevo che dirgli e che altro aggiungere, mi sentivo terribilmente imbarazzata.

“Bè, volevi parlarmi?” aggiunsi curiosa.

“Sì, volevo che mi tenessi un po’ di compagnia.”

“ È un piacere ...” dissi sconcertata.

Si alzò in piedi col libro in mano e lo ripose nello scaffale. Mi sentivo ancora imbarazzata e di peso, lui stava cercando altri libri di Storia della Magia mentre io me ne stavo seduto comoda e beata.

“Allora, parlami un po’ di te. Ci conosciamo da sette anni ormai e non ti ho mai rivolto la parola. Non sono un gran gentiluomo.” Disse ancora intento nelle ricerche.

Andavo fiera della mia famiglia, purosangue, benestante, chissà se era proprio questo che a lui interessava.

“Nella mia famiglia siamo tutti maghi, e tutti hanno fatto parte della Casata di Serpeverde;  questo perché tutti si sono sempre e solo sposati con maghi appartenenti alla nostra Casata. Tutto qui, non c’è molto da dire…”

“così siete tutti, Purosangue.” Confermò, e un gran sorriso apparve sulle sue labbra, un sorriso maleficamente soddisfatto.

“Sì direi di sì. Tu invece?”  domandai. Ero curiosa, aveva tutta l’aria di essere un mago di elevata classe sociale, e non parlo solo di famiglia Purosangue.

“La mia famiglia? Discendo da una famiglia magica molto antica, sono un lontano discendente di Salazar Serpeverde.”

Rimasi di stucco. Salazar Serpeverde? Non lo avrei mai creduto, sospettavo che fosse figlio di una famiglia nobile, ma non credevo fosse imparentato addirittura con Salazar Serpeverde.

“Impossibile. Fantastico…” ancora una volta non sapevo che altro dire. Mi sentivo sempre più imbarazzata. Tom si sedette e si avvicinò a me allungando una mano, mi sfiorò il collo con le sue lunghe dita fredde e bianche e prese il ciondolo che portavo. Lo fissò e poi si rivolse nuovamente a me.

“questo è lo stemma della tua famiglia?”

“Sì, prima lo aveva mia madre. Ora è mio, me l’ho passato, qualche anno fa” Risposi immobile. Il ciondolo era ancora racchiuso nella sua mano, mi era ancora vicino, attaccato, e a me mancò di nuovo il respiro.

“E’ molto bello. Chissà quant’è antico…” Disse ancora fissando la collana. Aveva trecento anni come minimo, era veramente antica. Tutti quelli che conoscevo erano attratti dal mio ciondolo, era d’oro con una piccola N d’argento ricamata sopra, la N era l’iniziale del cognome di mia madre. Tom lasciò la presa dal ciondolo e fece scivolare delicatamente le sue dita gelide lungo il mio collo. Sentii un leggero brivido percorrermi la schiena. Il suo sguardo era ancora  fisso sul ciondolo mentre i suoi arti scivolavano dolcemente fino al mio petto.

“Magnifico.” Ripeté ancora incantato. Trattenni il respiro e cercai di dire qualcosa.

“Sì. E’… è molto bello” Dissi prendendogli il ciondolo dalla mano. Sembrò esitare perché non mollò la presa, prese la mia mano e la strinse. Quando lasciò la presa intravidi un bagliore rosso nei suoi occhi, probabilmente mi sbagliai, mi sentivo strana, scombussolata.

“E’ tardi. Forse è meglio che ce ne andiamo.” Disse alzandosi dalla sedia.

“sì, forse è meglio, la cena sarà servita tra poco.” Affermai annuendo.

Ci avviammo tutti e due verso la Sala Grande, durante il tragitto discutemmo di alcuni episodi successi a lezione di Trasfigurazione e di  Pozioni,  sembravamo molto intimi, mi fece notare soprattutto che avevo una certa non curanza nel giudicare male i professori, a quanto pare Silente, il professore di Trasfigurazione, era nel suo libro nero.

Stavamo per entrare in Sala quando un ragazzo alto e un po’ robusto ci interruppe.

“Tom! Scusa il disturbo…”  gridò Dolohov, uno dei suoi amici.

Tom si girò di scatto e rispose:

“Che c’è?”

“Non ti trovavo… “

“e allora?” rispose freddo.

“io e gli altri ci chiedevamo…”

“tu e gli altri? Non dovete preoccuparvi per me… grazie.” La buttò lì. Sembrava arrabbiato.

“Helena. E’ stato un piacere, grazie.” Disse guardandomi intensamente.

“Anche per me. Ora, non sparirai vero?” gli dissi con lo sguardo abbassato.

“No. Non lo farò. Anzi, domani ci vediamo?”

Mi lasciò perplessa, questa non me l’aspettavo.

“Sì, certo…”

“biblioteca o avevi in mente un altro posto?” mi domandò.

“Non so. Per me è uguale… va bene anche la biblioteca.” Non mi sarebbe affatto dispiaciuto fare un giro nel bagno dei prefetti, e visto che lui lo era…

“Domani, c’è la gita ad Hogsmeade. Tu non vai?”

“ah, tu no?” domandai confusa.

“Non ho ancora diciassette anni, mi servirebbe il permesso e non c’è l’ho. La sfortuna di nascere il trentun  dicembre.”  Disse sorridendo.

“ah, capisco. Bè, allora io resto con te.” Dolohov e gli altri suoi amici rimasero a bocca aperta, quasi scandalizzati.

“Grazie.  in Sala Comune?” Propose.

“In Sala Comune.”  Affermai e sorrisi. Lui e  i suoi amici si avviarono verso i loro soliti posti mentre io corsi incontro a Claire che stava entrando in Sala Grande pronta per la cena.

 

“Allora!? Che avete fatto?” mi domandò eccitata.

“ah, niente abbiamo parlato, era affascinato dal mio ciondolo dovevi vederlo.”  Dissi guardando il ciondolo.

 

“Era attratto dal tuo ciondolo? Non da te? Bene…”

“Dai, e solo la prima volta che ci incontriamo così intimamente…” dissi accennando un piccolo sorrisetto.

“D’accordo, il fatto è che tutti sono attratti da quella collana, comunque, posso farti una domanda?”

Non mi lasciò nemmeno il tempo per rispondere che già formulò la domanda tutto d’un fiato.

“Ti ha baciata?”

“ma che dici? Ma certo che no! Lui non è quel tipo di ragazzo sai? E’… è… non lo so nemmeno io. Strano, bizzarro, tetro, silenzioso, misterioso ed…. estremamente affascinante.” Dissi rallentando le ultime due parole.

“Oddio, era una domanda. Bè, si vede effettivamente che è strano….”

“è diverso da tutti gli altri.” Dissi infilandomi un pezzo di crostata in bocca.

“Già, beata te comunque.”

“Ci vediamo anche domai.” La buttai lì senza guardare Claire. Sembrava sorpresa ed infastidita, si girò verso di me con gl’occhi fuori dalle orbita.

“Cosa? Domani  abbiamo l’uscita ad Hogsmeade ricordi?” disse Claire infuriata.

“Sì che mi ricordo, ma visto che lui non può venire io rimango a fargli compagnia…”

“abbandona pure la tua amica per quello, grazie mille Helena.” Claire si alzò dal tavolo e se ne andò. Mi lasciò a bocca mezza aperta e con un pezzo di torta in mano. Non volevo farla infuriare ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa, anche abbandonare la mia migliore amica.

Finito di cenare raggiunsi Claire in Sala Comune, discuteva amichevolmente con le nostre compagne di stanza, ero dispiaciuta, mi sentivo uno schifo. Me ne stavo seduta su una poltroncina di velluto verde con la testa fra le nuvole, pensando a lui. Mi chiedevo ancora perché teneva così tanto a vedermi.

 

Mi sfilai la collana dal collo e strinsi forte il ciondolo, grazie  a lui avevo avvicinato quel ragazzo bizzarro e misterioso che mi aveva completamente stregato, quando avrei raggiunto il culmine della pazzia, forse, avrei veramente ucciso per lui, se me lo avesse chiesto. Per amore avrei fatto qualunque cosa,  mi tolse la ragione ma al suo posto mi riempì di un ardore folle ed indomabile.

 

 
  
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