«Dio è benevolo con noi.»
Armistice osservava suo padre mentre parlava. Lui le dava le spalle, lo sguardo fisso sul crocifisso appeso alla parete di fronte. Era un uomo alto e bruno, con spalle larghe e possenti. Quelle spalle le erano sempre piaciute: le davano sicurezza.
«Ci guida con la sua saggezza e ci punisce quando è necessario, per ricordarci i nostri peccati.»
La voce di suo padre era lenta e misurata. Armistice ascoltava con attenzione. Bisognava sempre stare attenti. Ogni parola, ogni pausa, ogni inflessione contava. Se si fosse accorto che la sua mente vagava altrove, l’avrebbe punita. E lei non voleva. Non voleva dargli un motivo. Non voleva sentire il dolore.
«Dio sa tutto, Armistice.»
Suo padre si voltò lentamente, scrutandola con quegli occhi chiari che sembravano perforarle l’anima. Era un bell’uomo, lo sapeva. Le donne del paese lo trovavano affascinante, con la sua barba curata e il portamento sicuro. Una volta, in chiesa, aveva sentito Mary Hackett bisbigliare qualcosa all'orecchio di un'amica durante la messa. Un sorriso, un'occhiata furtiva, un commento soffocato dietro una mano. Armistice non ricordava le parole esatte, ma il tono, quello sì. Era lo stesso tono che usavano le donne quando parlavano degli uomini che desideravano.
«Ci conosce meglio di quanto noi potremo mai conoscere noi stessi.»
Si fissarono. Il silenzio tra loro si fece denso, opprimente. Suo padre fece un passo avanti, poi un altro, finché la sua ombra non la avvolse del tutto. Ora torreggiava su di lei, immenso, incombente. Armistice sentì le spalle irrigidirsi, le dita stringersi istintivamente ai lati del vestito. Si sentiva piccola. Minuscola.
«Hai peccato, Armistice?»
Lei scosse la testa, gli occhi bassi, il respiro trattenuto in gola.
«Stai mentendo.» La voce di suo padre era calma, troppo calma, l'espressione indecifrabile. «Hai baciato quel ragazzino dietro la chiesa.» Fece una pausa, lasciando che le parole le si insinuassero dentro come lame sottili. «Ti hanno vista, Armistice.»
Il calore la invase, un misto di imbarazzo e rabbia.
«Non sono stata io! È lui che…»
Suo padre la zittì con un semplice gesto della mano, rapido e deciso, come una frustata nell'aria. Il suo sguardo la trafiggeva, imperioso e senza pietà. Armistice sentì una morsa allo stomaco. Aveva urlato. Aveva sbagliato. Non importava che non fosse colpa sua. L’avevano vista. Aveva peccato davanti alla casa del Signore, davanti agli occhi di tutti.
«Non sono stata io!» ripeté Armistice con veemenza.
Non voleva essere punita. Non era giusto. Era Tommy Shifter a meritare la punizione. Era stato lui a trascinarla dietro la chiesa con una scusa, lui a baciarla senza il suo permesso…
Ma tutto questo, a suo padre, non importava. Aveva peccato. E ora doveva essere punita, per il suo bene, per purificarla.
Armistice si aspettava che si sarebbe slacciato la cintura e l’avrebbe frustata. Invece, lui la superò e si diresse in cucina. Afferrò un grosso coltello e accese il fornello, facendo scorrere la lama sul fuoco.
«Vieni qui, Armistice.»
Lei obbedì, titubante.
«Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.» recitò con solennità suo padre.
Poi si voltò verso di lei. Le accarezzò i capelli, il volto, con inaspettata dolcezza.
Armistice fissò il coltello incandescente. La lama si avvicinava sempre di più alla sua faccia. Poteva sentirne il calore…
«Non temere, Armistice. Penserà papà a tutto.»