Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: Nina Ninetta    27/03/2025    7 recensioni
Paul Ross è un ex capitano di brigata che ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale, oggi investigatore privato a Londra. Un giorno viene contattato da una vecchia amica: Rosa Evans, moglie del Generale Sunderland. Rosa gli da' appuntamento in un desueto locale per adulti, confessandogli di essere preoccupata poiché ha ricevuto lettere minatorie che sembrano predirle una morte ormai prossima. Investigando, Paul scoprirà che spesso non tutto è come appare...
"Questa storia partecipa al "Imaginaerum Song Contest indetto da Spoocky sul forum di EFP"
Genere: Drammatico, Noir, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Signore e signori, grazie per essere giunti alla fine di questo breve racconto. 
Ringrazio di cuore i "fantastici 5" per aver letto e recensito ogni capitolo, lasciandomi splendidi complimenti e positive vibes ;)
Beh, non ho altro da aggiungere, quindi prendiamoci per mano e andiamo insieme a scoprire tutta la verità dietro questa brutta vicenda.
Con affetto,
Nina^^



Capitolo 4


Due auto della polizia erano parcheggiate davanti alle scale che conducevano all'ingresso dell'abitazione; un mezzo militare sostava poco più avanti e due guardie facevano il piantone proprio sulla soglia di casa. Alcuni giornalisti stavano discutendo con loro per entrare, ma i militari sembravano fermi sulla propria posizione. Meglio così. Uno dei due, tuttavia, lo fermò per chiedergli chi fosse e Paul si presentò in qualità di ex Ispettore Capo. L'altro si fece da parte e lo lasciò passare.
La casa all'interno manteva la stessa maestosità dell'esterno: mobili antichi e importanti; lampadari di cristallo; quadri dalle cornici d'oro che ritraevano scene di caccia o paesaggi lacustri. La servitù era in gran fermento. C'era un continuo via vai su e giù per la rampa di scale centrale e Paul ipotizzò che il cadavere fosse in una delle stanze al piano superiore. Per questo motivo, si aggrappò al corrimano e con una lentezza esasperante – questa volta non per colpa della gamba sinistra – raggiunse il ballatoio del primo piano. Tutte le porte qui erano chiuse, fatta eccezione per una, davanti alla quale Paul riconobbe un paio di agenti della polizia e qualcuno della scientifica che discutevano fra loro. Si salutarono con un cenno del capo, mentre lui attraversa la soglia.
Si arrestò accanto al letto, sostenendosi alla sedia della scrivania prima di svenire. Il corpo di Rosa era riverso sul pavimento, a pancia sotto. Gli occhi erano spalancati, dalla bocca semiaperta era fuoriuscita della schiuma biancastra e un bicchiere di vetro era rotolato pochi metri più in là.
Paul si voltò di spalle, cercando di ricomporsi e ricacciare indietro il vomito che sentiva salirgli dallo stomaco. Di nuovo, fu come se due mani gli stringessero la gola per serrargli il respiro già corto.
Non era possibile, era un incubo!
Quel corpo sfigurato non poteva essere la sua Rosa, la sua bellissima Rosa.
Sentì una presa salda chiudersi intorno al braccio:
«Vieni», gli disse una voce pacata e profonda, la voce del Maggiore. Si lasciò condurre fin dentro il suo ufficio, accettando il bicchiere d'acqua che l'uomo gli offrì. Si sedettero uno di fronte all'altro, alla scrivania. Paul sembrava il più sconvolto dei due.
«Com'è accaduto?» Riuscì a chiedere, senza il coraggio di guardarlo in viso, non ancora.
«Suicidio».
A quell'affermazione, Paul finalmente sollevò lo sguardo. Il maggiore Sunderland, adesso Generale, non era cambiato poi tanto in quegli anni. Il viso e la testa sempre glabri, l'aria austera, gli occhi chiari che spiccavano sulla pelle olivastra, le spalle larghe e la pancia di un uomo sulla sessantina a cui piace il buon cibo. Non c'era emozione alcuna che traspirasse dalla sua persona, come sempre.
«Ieri sera ci siamo incontrati al Nightwish», iniziò il raccontò Paul, ma neppure quella rivelazione parve sconvolgerlo.
«Quindi eri tu la persona con cui doveva incontrarsi. Il mio autista mi aveva detto che Rosa gli aveva chiesto di accompagnarla da una parte.»
«Mi ha raccontato delle lettere minatorie che da qualche settimana le arrivavano.» Paul Ross gli mostrò quella che aveva con sé. «Non mi dica, Maggiore, che non ne sapeva nulla!» Esclamò, iniziando a sentire la rabbia che gli montava dentro. Non l'aveva saputa difendere, non le aveva creduto. E adesso, Rosa era morta.
«Nessuno progettava di ucciderla.»
La sua proverbiale calma lo mandava in bestia.
«Ah, davvero? E allora come si spiega lo spettacolo nell'altra stanza?»
Il Generale Sunderland si prese qualche secondo per rispondere, senza smettere di osservarlo. Si alzò e si versò del whisky in un bicchiere di vetro.
«Abbiamo trovato questa sulla scrivania», disse, porgendogli un foglio bianco sopra al quale c'era scritto “MUOIO”. La O non chiudeva neanche il cerchio completamente, quasi che la mano che scriveva fosse andata a zigzag.
«Questa non è la sua scrittura.»
L'uomo bevve in un solo colpo il liquore e tornò a sedersi, prendendo un bel respiro:
«Rosa soffriva di schizofrenia da diversi anni. Forse dovuta a un disturbo da nevrosi da guerra, quello che oggi gli psichiatri chiamano “disturbo post-traumatico”. È stata ricoverata in un manicomio per alcuni mesi, dove è stata sottoposta a elettroshock e a una terapia a base di barbirutici. Poi, qualche anno fa, in America, è stato scoperto un nuovo farmaco: la cloropromazina. Grazie alle mie conoscenze, sono riuscito a farla entrare in questo studio sperimentale e le cose sembravano essersi ristabilite. È tornata a casa, abbiamo trovato un nuovo equilibrio, ma da questa patologia non si guarisce mai del tutto. Così, gli attacchi sono ricominciati e in quei momenti lei...», Sunderland sospirò. «Beh, lei era un'altra persona: aggressiva, violenta, depressa.»
Il viso di Paul era una maschera di cera. Cominciava a capire, ma non voleva farlo.
«La cloropromazina ha degli effetti collaterali pesanti a carico del fegato e dei reni, per questo motivo va sospesa dopo un ciclo completo di qualche mese. Allora, si ritorna ai vecchi e poco ortodossi metodi di terapia.»
«L'elettroshock», finì la frase per lui Paul Ross.
«Esatto. E oggi si sarebbe dovuta ricoverare in clinica per sottoporsi a nuovi test medici.» Il Generale abbassò lo sguardo sulle lettere minatorie. «Forse sperava che con questo espediente delle minacce non avrei permesso il ricovero...»
«Forse, sperava che non l'avrebbe abbandonata.»
Quelle parole furono come una fucilata per Sunderland che subito lo fulminò con un'occhiata, battendo il pugno sulla superficie del tavolo:
«Io non l'ho mai abbandonata! Tutto ciò che ho fatto è stato per aiutarla!»
«Evidentemente non è bastato, Maggiore.»
«Sono Generale, adesso.»
«Sì, lo so...»
Passarono alcuni secondi di silenzio.
«Eppure, fatico ancora a credere che sia stata lei a scrivere queste parole. Conosco bene la sua grafia, e queste lettere scritte in maniera così grossolana, spezzate...»
«Era un sintomo della malattia. Gli schizofrenici, nel pieno di una crisi, hanno una sorta di scissione dell'identità, quasi che in loro coesistano una parte buona e una cattiva. Non so nemmeno se fosse consapevole che a scriversi queste minacce fosse lei stessa.»
«Ho notato della schiuma dalla sua...» Paul non riuscì nemmeno a terminare la frase, il solo ricordo di lei riversa sul pavimento gli ritorceva le viscere.
«Probabilmente ha bevuto del diserbante per piante.»
«E come se lo è procurato? Con tutti i problemi che l'affligevano, ha lasciato che potesse trovarne in giro facilmente?»
«Era lei che si occupava della serra. Coltivare e prendersi cura dei fiori le faceva sentire meglio.» Sunderland assottigliò gli occhi. «Non troverà alcuna falla nella gestione della sua malattia, capitano. Può addossarmi le colpe che vuole se ha bisogno di una capro espiatorio per giustificare la sua morte, ma lei sa benissimo che è solo un pretesto per sentirsi in pace con se stesso e nulla più».
Nuovi rumori e nuove voci giunsero dalla stanza del cadavere, forse erano arrivati i barellieri che avrebbero portato via il corpo.
«Avvierà un'indagine?»
«Non ne ho bisogno, so perfettamente cosa è accaduto a mia moglie.»
A quelle parole Paul si alzò dalla poltrona nella quale era sprofondato, non c'era più motivo che rimanesse lì o che quella conversazione continuasse ulteriormente. Ma quando fece per uscire dallo studio, il Generale parlò ancora.
«Probabilmente, se l'avessi lasciata libera di tornare da te dopo il tuo rientro in patria, oggi Rosa vivrebbe una vita felice. E anche tu.»
Paul non rispose, teneva una mano tremolante sulla maniglia della porta.
«L'amavo davvero», ammise infine il vecchio Maggiore.
«Anche io.»
Paul aprì la porta e uscì.


Davanti alla camera di Rosa non c'era più nessuno, segno evidente che il corpo era stato portato via. Vi entrò, sostando qualche minuto sulla soglia, studiando l'ambiente circostante con occhio distaccato, come il suo lavoro di Ispettore Capo prima e Detective Privato poi gli avevano insegnato. In effetti, non c'erano segni di effrazione, le ante della finestra erano serrate; il letto intatto di chi non l'ha proprio usato. Chiuse gli occhi e immaginò Rosa rientrare dopo la serata trascorsa con lui – l'ultima – forse arrabbiata, di sicuro triste.
Aveva già progettato tutto? O forse l'incontro con lui era stata l'ultima spiaggia che si era lasciata per salvarsi? L'ultimo appiglio per risollevarsi? E lui cosa aveva fatto? Se ne era andato, lasciandola sola, in balia del suo male. Si era voltato dall'altra parte e addio. Risollevò le palpebre e si voltò per andare via. Era inutile restare ancora lì a rimuginare sui se e sui ma. Aveva imparato a suo spese che quando il Destino aveva in serbo qualcosa avrebbe trovato sempre il modo di farla avverare.
Tuttavia, la sua attenzione fu rapita da un particolare che finora non aveva notato: un giradischi andava a vuoto, giacché il braccio rotante era poggiato di lato. Si avvicinò e lo fissò dall'alto, sentendosi venir meno. Il disco in vinile che vi trovò era quello della loro canzone “Slow, Love, Slow”. Un nuovo colpo al cuore, una nuova fucilata, una nuova mina esplosa un po' più vicina delle altre. Sentì le lacrime pizzicargli agli angoli degli occhi. Piano, senza fretta, prese il vinile e lo portò via con sé.
Quando si accomodò nella sua vecchia e cara automobile, le lacrime scendevano ormai copiose. Avviò il motore, ingranò la prima e finalmente poté congedarsi da quella maledetta casa, lasciarsela alle spalle, e – avesse voluto Iddio! – per sempre.


La pioggia aveva smesso di cadere. Nel cielo di Londra le nubi cominciavano a diradarsi, consentendo a spiragli di sole di trapassarle da parte a parte.


 

fine
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: Nina Ninetta