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Autore: Maya_06    31/03/2025    9 recensioni
Come avrei voluto che proseguisse la relazione fra André ed Oscar dopo l'episodio 25, un insieme di momenti, eventi, nuovi intrighi con tutti i personaggi della storia che porteranno ad un finale completamente diverso da quello che tutti abbiamo amato e odiato da sempre. È la mia prima Fanfiction su di loro e ho pensato a lungo se pubblicarla o meno.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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André passeggiava lungo l'ampio giardino di Palazzo Jarjayes. Passò accanto la fontana, protagonista di tanti duelli fra lui ed Oscar fin dai primi anni in cui era andato a vivere in quella nobile dimora. Dalla finestra ai piani superiori, precisamente quella della camera di Oscar, si udiva il suono di una struggente melodia eseguita al violino. Evidentemente, l'angosciosa melodia era lo specchio dell'animo tormentato della sua esecutrice. 
 
André fissava rapito quella finestra, il suo cuore si nutriva del suono di quelle note eseguite con tale maestria e precisione. Erano oramai tre sere che da quella stanza provenivano melodie sempre più tormentate, eseguite in alternanza tra pianoforte e violino. Ah, quanto desiderava André essere uno di quei tasti o l'archetto del violino... Almeno così sarebbe potuto essere perennemente a contatto con Oscar. 
 
Tre sere, tre sere dopo quella notte... Quella notte della quale lei non aveva voluto fare alcuna menzione, non aveva dato alcuna spiegazione, ma a lui le spiegazioni non servivano mica. Lo sapeva fin troppo bene cosa fosse capitato. E proprio perché lo sapeva non capiva come lei potesse ancora continuare a struggersi per quel Conte. Se solo non avesse fatto ritorno in Francia! Poteva tornare direttamente in Svezia, e invece no, era dovuto venire nuovamente a scombussolare le vite di tutti loro. Era anche vero che Oscar lo aveva pensato continuamente in quei sette anni... Ma un conto era pensarlo, un altro era riaverlo qui in persona. 
 
Certo, lei non glielo aveva mai confidato apertamente, ma d'altronde a lui non erano mai servite le parole per comprendere le emozioni di Oscar... Fra di loro erano sempre stati sufficienti pochi sguardi, pochi attimi per intendersi alla perfezione. E gli sguardi che avevano animato il suo volto il giorno in cui aveva fatto ritorno in Francia erano stati più esplicativi di mille parole. Ricordava fin troppo bene come i suoi occhi avevano brillato, il suo sorriso così luminoso, sembrava ringiovanita di dieci anni. E contemporaneamente, ricordava anche come lui si era angosciato alla consapevolezza che una reazione simile lei non l'aveva mai avuta per lui e forse non l'avrebbe avuta mai. 
 
Gli faceva male, certo, ma non era nulla se paragonato al dolore che provava ora nel vederla soffrire così tanto. E dire che lui non la meritava nemmeno... Un uomo che asseriva di amare la Regina ma che in realtà intratteneva relazioni anche con altre nobili. Non la meritava, non meritava le sue lacrime, i suoi sospiri... 
 
"Non ti merita, Oscar! Non è degno neanche di guardarti! Maledizione a lui e al suo essere affascinante!"- esclamò interiormente André. Certo, Fersen era dotato di grande carisma, era attraente... Ma umanamente non era certo il prototipo di persona ideale. Ma chi era lui per giudicare? Lui, che non avrebbe dovuto neanche osare fare certi pensieri su Oscar, si trovava da quasi vent'anni ad immaginarla continuamente, a sognarla, a fantasticare che in un futuro ideale lei lo guardasse, lo guardasse davvero e capisse che dietro quei suoi sguardi si celava un sentimento così profondo e travolgente da non fargli riuscire a pensare ad altro.
"Se solo sapessi quanto ti amo, Oscar..."- sussurrò verso la finestra André, gli occhi verdi sconsolati. 
"Ma se anche lo sapessi cosa cambierebbe? Il tuo cuore è totalmente succube di quel Conte da strapazzo che non fa altro che creare scandali ed accrescere le difficoltà in cui versa il nostro paese."- continuò ancora, sorridendo amaramente.
 
Soffiava una tenue brezza, le stelle si vedevano nitide come non mai e la luna illuminava il giardino, rischiarando quell'immensa dimora. Doveva ferrare i cavalli, esattamente come quel mattino di sette anni prima quando avevano appreso che la meta di Fersen era l'America. L'aveva detto ad Oscar, ma lei non gli aveva risposto, completamente assorta a contemplare l'orizzonte dall'ampia finestra del salone, con gli occhi che a stento trattenevano le lacrime. Si era allontanato, ma non abbastanza da non udire quando lei aveva sussurrato la frase:"Fersen...Non morite."
 
Arrivò nelle stalle, dove ad attenderlo c'erano i suoi compagni di conversazione... Unilaterale, certo, ma a loro modo sembravano ascoltarlo sempre ogni qualvolta lui aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Alexander era già ferrato, lo aveva fatto nel pomeriggio, restava César ora... Splendido cavallo era, esattamente come la sua padrona. Bianco, fiero, indomito, si lasciava governare solo da loro due.
Prese la spazzola e cominciò a strigliare la lunga e folta criniera, lasciandosi intanto cullare da quella melodia così struggente e così intensa.
 
"La senti? È la tua Oscar. Stasera si è dedicata al violino, ieri al pianoforte... Qualunque strumento suoni è sempre eccellente."- disse rivolto al destriero che, per tutta risposta, emise un delicato nitrito. 
Continuò a spazzolare César, ma con la mente continuava a ritornare a tre sere prima quando l'aveva vista tornare in lacrime a Palazzo, in evidente difficoltà nel salire le scale, impegnata a reggersi le gonne dell'abito per non inciampare... L'acconciatura si era sciupata, il trucco sbavato... Ma era sempre incantevole. Sembrava una regina, nessuno sarebbe riuscito a resistere a tanta bellezza. Eppure, evidentemente lo svedese c'era riuscito visto l'epilogo. Chissà poi cosa s'erano detti... Sempre che lui l'avesse riconosciuta.
"Ma certo che l'ha riconosciuta, come avrebbe potuto non farlo? Io l'avrei riconosciuta fra mille dame."- si disse a sé stesso. 
Era tardi, in effetti. Solitamente Oscar non suonava a quell'ora, ma a quanto pare a quella sera proprio non riusciva ad acquietare il suo animo. Aveva cambiato melodia... Ora era passata ad un brano di Mozart. Ancora più travagliato del precedente. 
 
Finì di strigliare César, gli diede da mangiare e poi lo ferrò. Avrebbe potuto farlo domani mattina, in realtà. Ma Oscar voleva uscire presto, ragion per cui aveva preferito occuparsene ora. 
Osservò César masticare la sua carota e riprese le sue riflessioni su Oscar.
"Se solo potessi portarti via questo dolore, Oscar... Soffro terribilmente per il mio amore non ricambiato per te, sì, ma... Ciò che mi uccide è vedere le lacrime solcarti il viso per quel Conte da strapazzo. Non ti merita per niente, non merita nulla di te... Ma non posso dirtelo, perciò devo limitarmi a vederti logorare giorno dopo giorno dietro alla vana speranza che improvvisamente lui dimentichi la regina e si accorga di te. Sei sempre stata decisa, razionale, pragmatica... Possibile che non capisca che questo tuo desiderio non si avvererà mai, Oscar?"- svuotò i secchi con l'acqua che aveva usato per lavare i cavalli.
"Ma come posso pretendere che tu sia razionale nell'unico aspetto di vita che non conosce razionalità? Perché pretendo da te lucidità se neanch'io la possiedo? Non è forse ugualmente vano il mio sogno di vederti ricambiare un giorno il mio amore?"- si disse pochi istanti dopo.
 
Uscì dalla stalla e si fermò nuovamente sotto la finestra. Era ora di rientrare. La luce della candela illuminava fioca la cucina di servizio sul retro. Sul tavolino di legno stava adagiato un vassoio contenente due tazze di thè, una teiera e due fette di torta di mele. In quel momento, fece capolino dalla porticina la nonna, ancora con indosso i vestiti da giorno, benché solitamente a quell'ora dormisse da un pezzo.
 
"Nonna, ma che ci fai ancora sveglia? E perché c'è quel vassoio sul tavolo?"- la vecchia governante si voltò di scatto verso il nipote, non essendosi accorta della sua presenza.
"André! Ti sembra questa l'ora di rientrare! Sei stato ad occuparti dei cavalli per oltre un'ora, ti avevo chiesto di aiutarmi a riporre le stoviglie dopo cena ma non ti sei fatto più vedere. Pensa che stavo per mandare Jacques a controllare che non te ne fossi andato da qualche parte!"- esclamò, furiosa.
"Ma nonna, dove volevi che fossi se non qui. E poi ci ho messo il tempo che ci voleva, sai che preparare César non è facile, col caratterino che si ritrova. Mi dispiace per i piatti, ti prometto che domani ti aiuterò."- rispose lui con voce fintamente innocente. 
Nanny, però, non si lasciava abbindolare... Sapeva bene che quella promessa André non l'avrebbe mantenuta neanche l'indomani sera, ma era così stanca da non avere cuore di riprenderlo come al solito. 
"Renditi utile e porta questo vassoio nella stanza di Madamigella Oscar, ha chiesto di te prima."- aggiunse Nanny. Non era certo una novità che Oscar chiedesse ad André di raggiungerla nella sua camera la sera per sorseggiare insieme un bicchiere di vino, bere una cioccolata calda dinnanzi al camino o conversare semplicemente come vecchi amici. Dunque non c'era ragione per André di esaltarsi a quella prospettiva quella sera, eppure il pensiero di vederla lo rendeva felice oltre ogni immaginazione, visti i tre giorni complicati che stava vivendo.
Con uno scatto, prese il vassoio e carico di nuova energia, si apprestò a salire lo scalone, ma si bloccò sentendo nuovamente la voce della nonna.
"André?"
"Sì, nonna?"
"Oscar... Lei è... Stalle vicino, André. Ne ha bisogno."- e lo sguardo con cui lo disse sciolse il cuore di André che non rispose nulla, se non mandando un dolce sorriso a sua nonna. Chissà se lei sapeva... Di Fersen sicuramente no, ma dei suoi sentimenti per Oscar... Sì, probabilmente sì.
 
Bussò delicatamente alla porta dell'anticamera di Oscar, e attese che lei gli desse il permesso per entrare. In quel momento, la melodia del violino si interruppe. Ci fu un istante di assoluto silenzio. Temette per un attimo che non volesse farlo entrare... 
 
"Entra pure, André."- la sua voce giunse soave seppur ovattata dalla porta. L'aprì, ed entrò notando che il fuoco nel camino era acceso e che la finestra era spalancata. Girò lo sguardo... E poi la vide.
 
Lei se ne stava lì, con il busto poggiato allo stipite della parete e le gambe incrociate. Fra le mani reggeva ancora l'archetto e il violino. I lunghi capelli biondi ricadevano morbidi lungo la schiena, incorniciando quella figura simile ad una divinità greca. Gli occhi azzurri come il ghiaccio erano chiusi. Il capo era volto di profilo, il collo era lasciato scoperto visto che il colletto della candida camicia di batista era sbottonato, così come i polsini. Era un'immagine eterea agli occhi di André, la sua bellezza impareggiabile. Aveva pianto, lo capiva dalle gote lievemente umide. 
 
Poi lei riaprì gli occhi e di colpo, quella malinconia che l'aveva accompagnata tutta la sera si dissipò lasciando il posto ad un dolce sorriso. Che fortuna che aveva nell'avere André nella sua vita... Lui sì che era un vero amico... Un fratello, un riferimento principale di cui non sarebbe mai riuscita a fare a meno. 
 
"Poggia pure il vassoio sul tavolo e siediti sulla poltrona accanto alla mia davanti al camino. Intanto vado a riporre il violino, e ti raggiungo."- e lui fece come detto, accomandandosi di fronte le fiamme scoppiettanti ad aspettarla.
"Ti ho sentita suonare fin dalle stalle. Adoro quando esegui brani al violino, anche se so che il tuo strumento preferito è il pianoforte. In ogni caso... Sei stata impeccabile, come sempre."- le disse quando lei tornò.
"Ti ringrazio. Ho suonato il piano per due sere ed era un po' che non prendevo il violino... Mi mancava. Oh... Ma avevo detto alla nonna di prepararmi solo il thè, invece ha messo anche la torta di mele."- disse lei con voce pacata.
"Conosci mia nonna, ti vede perennemente deperita e ritiene che debba nutrirti di più... Sai, non ha tutti i torti. E poi devi ammetterlo, le torte di mia nonna sono magnifiche."- rispose lui, ridendo, riuscendo a strappare un sorriso anche a lei. 
"Oh, sì, infatti il golosone di casa sei tu. Ma lo riconosco, non posso resistere alla sua torta di mele. Ci sono due fette, una per te e una per me... Hai ferrato César per domani?"
"Sì, non preoccuparti, è pronto. È davvero un cavallo impertinente, sai? Mi chiedo da chi abbia preso questo caratteraccio..."- cercava di farla ridere, perché sapeva che ne aveva davvero bisogno... E in effetti ci stava riuscendo.
"Non azzardarti a giudicare il mio cavallo. È un purosangue eccellente, forte e deciso, proprio come deve essere il destriero di un soldato. E se stai insinuando che la sua... Mettiamola così, determinazione, sia un difetto ereditato da me, sappi che sono fiera di lui."- rispose maliziosa, sorseggiando il thè.
"Sì, sì... Come dici tu. Piuttosto, non fa un po' freddo per tenere la finestra spalancata? Non vorrei ti prendessi un malanno."- sempre premuroso lui.
"Volevo prendere un po' d'aria... Stasera si vedono le stelle come non capitava da un po'."
"Sì, è vero... Ultimamente ha piovuto spesso."- e la vide alzarsi e avvicinarsi al balconcino della camera, spalancato sul prato esattamente di fronte alla fontana. Il vento le scompigliava i capelli, facendola apparire agli occhi di André ancora più elegante di prima.
"Ricordi André, quando da bambini andavamo sulla torre di palazzo e restavamo le notti intere ad osservare le stelle?"- venne la sua delicata voce.
"Come dimenticare, io dormivo e tu venivi sempre a svegliarmi nella mia stanza abbracciata a quel tuo orsacchiotto di peluche, com'è che si chiamava?"
"Hai ragione... Erano anni che non pensavo più a Louis... Da quando lo abbiamo seppellito sotto la quercia assieme il coltellino dal manico rosso e la trottola. Saranno passati anni dall'ultima volta che abbiamo trascorso una notte simile..."- e gli occhi di Oscar assunsero una vena malinconica che fece scattare un'idea improvvisa ad André.
"Dai, vieni con me."
"Dove vuoi andare?"
"A vedere le stelle sulla torre con te come quando eravamo bambini."
"Oh, André ma... È tardi, sicuramente sarai stanco dopo aver svolto le tue mansioni per tutto il giorno."
"Niente affatto, e poi bisogna approfittare quando il tempo lo permette. Andiamo, su."- e le sorrise con quell'aria biricchina che aveva sempre da ragazzo e che sembrava apparirgli sempre più sporadicamente col passare degli anni. E come poteva resistere Oscar quando lui le dava quello sguardo?
 
Percorsero i vari corridoi, salirono le rampe di scale e giunsero in cima a quella stessa torre dove anni prima Oscar aveva condotto Rosalie per mostrarle la Reggia di Versailles. 
 
In effetti, da lassù lo spettacolo era davvero mozzafiato: il cielo di Parigi si estendeva il suo splendore, illuminato dalla luna piena costellata attorno da miliardi di stelle che sembravano più vicine che mai, quasi possibili da toccare.
 
E lei le osservava tutte con quello stesso entusiasmo che la pervadeva da bambina, quando tutto sembrava più semplice e meno doloroso.  Allora non era un Colonnello per una Regina, non conosceva nessuno di nome Fersen, non portava nel cuore vari tormenti e responsabilità, non sapeva ancora nulla di cosa significasse essere donna poiché all'epoca credeva ancora di essere davvero un uomo... Era tutto più semplice.
C'erano solo due bambini, lei e André, che giocavano a duellare con le spade di legno, a galoppare sui loro puledri, a nuotare nel fiume vicino casa... Non c'erano differenze tra loro, né distanza.
Dov'era finita quella spensieratezza? Se lo chiedeva Oscar, in quel momento, e intanto continuava ad osservare quell'infinita distesa blu notte.
 
La contemplava André, poggiato al muro di pietra esattamente dietro di lei. Non le si avvicinava, la vedeva pensierosa e sapeva che stava sicuramente pensando agli ultimi accadimenti. Si limitava a scrutare il suo sguardo, cercando di scorgere qualche segno capace di fugare i suoi dubbi.
 
"Cosa ne è stato del tuo vestito?"- domanda ardita.
"Tua nonna lo ha portato via, credo lo abbia riposto assieme a quelli delle mie sorelle."- lo disse con distacco.
Non doveva, non doveva proprio farlo, eppure...
"Qualcuno ti ha riconosciuta al ballo?"- ed entrambi sapevano bene a chi si stesse riferendo.
"Nessuno."- e la freddezza con cui lo disse gli bastò per capire che era l'esatto opposto, ma non si azzardò a chiedere altro.
 
Una cosa, però, voleva dirgliela, ma non sapeva se farlo o evitare. Continuò ad ammirarla e a bearsi di cotanta bellezza e nobiltà d'animo. Sì, certo, Maria Antonietta era incantevole, ma non era nulla se paragonata ad Oscar, poiché in lei si fondevano bellezza fisica e spirituale... Non capiva come potesse restare così insensibile dinnanzi a lei. Eppure, in verità avrebbe dovuto essere grato a Fersen, poiché se anche lui avesse ricambiato i sentimenti di Oscar, allora André sarebbe davvero stato perduto per sempre.
 
"Se solo potessi dirti quanto ti amo..."- bisbigliò sottovoce.
"Hai detto qualcosa, André?"
"Come? No... Niente."- che sciocco era stato, a rischio che lei lo sentisse!
"Invece hai detto qualcosa, ho sentito la tua voce... Dimmi, avanti."- e quasi gli venne da ridere e arrossire al tempo stesso perché senza accorgersene lei aveva usato lo stesso tono che adottava coi suoi soldati quando gli impartiva degli ordini. Certo, non poteva dirle la verità, ma poteva dirle una cosa che pensava davvero.
Gli ipnotizzanti occhi smeraldo si inchiodarono in quelli color del mare e disse:"Stavo pensando che io ti avrei riconosciuta in qualunque caso anche fra mille dame."
 
E chissà come bastò quella frase a farle ritornare un sorriso sincero su quel volto così inquieto. Lui aveva questo dono, sapeva ridarle il buonumore anche dopo i peggiori sconforti. Non a caso, era il suo riferimento da quasi vent'anni e davvero non poteva immaginare di portare avanti la sua vita senza di lui. Perché al mondo non esistevano più persone come André? Sarebbe stata certo una società migliore.
 
Lui aveva distolto lo sguardo da lei e aveva preso a contemplare l'orizzonte stellato. Lo guardò e per la prima volta si rese conto di quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che avevano avuto un momento così placido come quello.
 
Fu un desiderio fugace il suo, ma le sfiorò la mente la volontà di far sì che potessero restare lì tutta la notte, lontani dalla corte, da Fersen, da tutto... Un pensiero effimero che morì quando lui parlò di nuovo.
"Beh, in effetti è tardi e purtroppo non sono più un ragazzino, sai l'età si inizia a far sentire, penso proprio che andrò a dormire."- le fece con ironia, ridendo con quel suo modo spensierato.
 
Avrebbe dovuto dirgli qualcosa, dopotutto le era stato vicino quella sera, allontanandole il pensiero fisso della delusione avuta da Fersen... Sì, doveva parlargli, doveva...
"André, io..."- e le parole stranamente non uscirono.
"Sì, Oscar?"
"Grazie. Per stasera."- ecco, lo aveva detto. Facile, no? E lui le sorrise, con dolcezza, la guardò in silenzio per un istante. Poi...
"Qualunque cosa pur di farti felice. Buonanotte, Oscar."- e andò via.
 
Lei rimase lì, a guardare il luogo verso il quale lui era andato via e pensò che davvero lui doveva saperle leggere dentro l'anima, poiché veramente per la prima volta in tre giorni era riuscita a sentirsi di nuovo in pace con sé stessa.
 


 
   
 
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