Per anni è rimasta chiusa nei gesti trattenuti, nei desideri rimandati, nei sorrisi educati e negli spazi vuoti delle parole non dette. È rimasta lì, tra i sacrifici che nessuno ha visto e i silenzi che ho imparato ad abitare. Con questo racconto voglio darle finalmente una forma, seppur anonima. Voglio riprenderla dalle sue origini, da quella bambina silenziosa che viveva i primi anni in Romania, lontana dalla madre, un padre assente, in una casa piena di assenze e abitudini. Poi attraversare il trasferimento in Italia, dove la solitudine ha assunto un altro volto e il disorientamento è diventato un compagno quotidiano. Racconterò le tappe più significative di quel percorso: l'infanzia fragile, l'impatto con un mondo nuovo e sconosciuto, gli anni della doppia identità. Essere "di qua" e "di là" sembrava sempre richiedere una scelta, un adattamento, un modo per essere abbastanza. Crescere in un ambiente che, a tratti, sembrava rigettarmi. Questo non è solo un racconto. È un tentativo di tirare fuori ciò che ho custodito fin troppo a lungo. È il bisogno di liberare la mia storia dal ruolo che ha sempre avuto, quello di restare nascosta, e farla esistere per quello che è stata: imperfetta, faticosa, a volte ingiusta. Solo negli ultimi due anni ho imparato ad affrontare il dolore accumulato durante l'infanzia, e ora sento il bisogno di sigillarlo, prima di poter analizzare, affrontare e infine, se lo riterrò necessario, raccontare l'adolescenza. So di non essere l'unica ad aver vissuto una storia simile. Siamo in tanti, noi bambini lasciati ai nonni o ad altri parenti da genitori in lacrime, partiti alla ricerca di un futuro migliore. Un futuro che spesso ha chiesto loro troppi sacrifici e, a volte, non è mai arrivato. Eppure nessuno pensa ai nostri sacrifici. Ai nostri silenzi. A quanto ci siamo sentiti soli e abbandonati. Siamo i guerrieri dimenticati, i bambini che hanno rinunciato alla frivolezza dell'infanzia per combattere le guerre dei nostri genitori.
In fondo, anche se questo non è l'intento principale di ciò che racconto, spero che questi ricordi possano farci sentire più vicini. Spero ci facciano capire che, seppur lontani, con vite diverse e sofferenze personali, non siamo mai stati davvero soli.
Forse non incompresi. O forse sì. Ma dimenticati, sì.
Dimenticati da un mondo che non si è accorto di noi perché eravamo troppo occupati a capire chi eravamo e perché eravamo.
Dedico tutte le parole che scriverò alle donne della mia famiglia, anime forti, che non si sono fatte piegare dalle sofferenze.
Spero non le leggeranno mai