Il fuoco le bloccava la strada non riusciva a raggiungere la persona che stava gridando dall’altra parte. Il fumo stava diventando sempre più denso e la visibilità stava diminuendo, ma le urla dall’altro lato delle fiamme stavano aumentando. Lei era impotente davanti al rosso bruciante. Allungò un braccio oltre il fuoco e le sue urla si unirono a quelle di lui, mentre le fiamme avvolgevano anche lei.
Si mise a sedere di scatto. Le lenzuola erano aggrovigliate intorno al suo corpo sudato. L’orologio segnava l’1:47. Aveva preso sonno solo poche ore prime, si rese conto con una piccola fitta di irritazione. Con un sospiro frustato, scostò malamente le coperte e scese dal letto. Erano passati anni da quando i suoi sogni, così vividi, erano tormentati dalle sue urla e dal fuoco. Il calore di quella notte le bruciava ancore dietro le palpebre. Si avviò verso la cucina e si riempì un bicchiere d’acqua e ci aggiunse qualche cubetto di ghiaccio. Con passi leggeri si mosse per la casa vuota, fino ad arrivare nel piccolo salotto. Con mani tremanti, aprì la finestra e fece entrare la brezza notturna, che le accarezzò il corpo semi nudo. Odiava le notti estive, dove la leggera brezza non riusciva a ridurre il caldo che pesava su tutta la città.
Nelle notti dopo l’incidente, si svegliava sempre con le sue urla che le rimbombavano nella testa. Per una settimana intera, non era riuscita a chiudere occhio per più di 20 minuti consecutivi. Ma poi aveva imparato a conviverci, affrontando la situazione come suo padre le aveva insegnato: rimanendo sveglia davanti alla TV, finché la stanchezza la avvolgeva con le sue lunghe dita e le offriva un sonno senza sogni. Suo padre faceva sempre così dopo aver litigalo con la madre: apriva una bottiglia di birra e si sedeva davanti alla televisione, addormentandosi al suono di vecchi film western.
Prese il telecomando e schiacciò il pulsante rosso in alto a sinistra. La luce del led colorò di blu lo spazio intorno a Maya, donandole una sensazione di vuota familiarità. Fece zapping tra i canali e si fermò solo quando raggiunse uno dei canali di televendite. Molti anni prima, ormai troppi per ricordarsi quanti, aveva comprato da uno dei tanti canali promozionali un tappetino magnetico per l’energia spirituale. Il venditore, un uomo di quarant’anni, l’aveva guardata dritta negli occhi e le aveva promesso equilibrio interno ed armonia cosmica. Il suo discorso era stato talmente coinvolgente e sentito, che Maya non poteva far altro che credergli. Così aveva allungato il braccio e aveva digitato il numero in sovrimpressione, mentre il venditore le sorrideva grato. Quando il tappetino era arrivato, tre mesi dopo la chiamata notturna, lui aveva aperto il pacco e, non sapendo cosa fosse, lo aveva scambiato per un tagliere. Al ritorno dal lavoro, Maya aveva trovato una deliziosa cena ad aspettarla e un tappetino magnetico per l’energia spirituale con salumi e formaggi tagliati sopra. Forse il loro karma era stato rovinato proprio da quell’acquisto, bruciato poi tra le fiamme che avevano reso tutto cenere… tranne lei.
Il rappresentante fece partire la funzione trita tutto di “Che SuperMaster 6000”, che la fece tornare alla realtà, lasciando nel passato il crepitio violento di fuoco e urla. Lanciò una rapida occhiata all’orologio che portava al polso e un suono tra fastidio e sconfitta le lasciò la gola: erano solo le 2:01. Mancavano almeno tre ore al sorgere del sole e altre due perché lei dovesse svegliarsi per andare a lavorare. Con un gesto stizzito, allungò le gambe sul divano e si rimise a navigare tra i canali. Questa volta non si fermò per più di un minuto su nessuno di essi. Lasciò che l’azione ripetitiva portasse via ogni pensiero. Non si rese nemmeno conto quando gli occhi si fecero pesanti e la mano si rilassò, facendo cadere il telecomando sul tiepido parquet.