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Autore: Roy4ever    27/09/2009    6 recensioni
“Una figura alta ma con contorni confusi entrò in rotta di collisione con il suo corpo e lei rovinosamente cadde a terra, quasi al centro della pozzanghera appena superata, mentre l’altra figura si era sbilanciata un po’, ma era rimasta in piedi. L’uomo, da quanto poteva constatare, si inginocchiò subito e con una voce leggermente affannata e penetrante parlò. - Scusa, colpa della nebbia; come va? – disse facendo la domanda con tono incerto. - Bene, bene… - disse solamente e tentò di rialzarsi, ma constatando di essere completamente bagnata, ancora di più di quanto non lo fosse prima a contatto con la nebbia, rimase a suo agio nell’acqua.”
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco a voi uno scorcio dell’infanzia di Aeris e Cloud

Ed ecco a voi uno scorcio dell’infanzia di Aeris e Cloud. È un capitolo molto malinconico e deprimente, ma quando lo scrivevo mi veniva da ridere O_O… sono sadica.. Mi dispiace Aeris. ;__;

 

Cap. 3 Comme d’habitude

 

Che bel tepore che emanava il suo fratellone. Fin da quando si erano conosciuti, Aeris gli era sempre stata attaccata come una ventosa, sperando che lui potesse sempre proteggerla, e volerle bene.

Anche adesso sul divano arancione del suo appartamento, abbarbicata come una piantina di gramigna sul suo albererello personale, facendo la parte del parassita in senso buono, lei stava chiedendo protezione per una vita migliore di quella che l’aspettava e di quella che aveva trovato da bambina.

Da bambini infatti, quando lui doveva tornare a casa con suo padre, lasciandola tutta sola con il suo di papà, e la sua debole madre, lei aveva paura. Terribilmente paura. E si sentiva l’unica persona capace di amare al mondo. Quando Cloud se ne andava via, nella sua bella casetta di campagna, con i suoi dolci animaletti che gli facevano le feste e i suoi genitori che lo coccolavano donandogli tutto l’amore di cui aveva bisogno, lei rimaneva sola, sola contro un padre insano e una madre troppo debole per combatterlo.

Non poteva certo cercare di combatterlo lei, una bambina di soli dieci anni, per giunta fragile come un giunco e con una paura enorme.

Suo padre la sgridava sempre di vedersi troppo tempo con il suo “bastardino” come lo chiamava lui, e poi di dedicarne poco a lui; quando voleva, suo padre, che mai e poi mai avrebbe più chiamato tale, se la prendeva sotto un braccio e, prima con pianti isterici e urla della piccola, poi con una silenziosa disperazione segnata dalle amare lacrime che scendevano dalle rosee guance di porcellana, la portava nella sua stanza, chiudendosi dietro la porta a chiave.

Sua madre si disperava giorno e notte, cercando di proteggere la sua bambina, facendosi picchiare a sangue, al posto di farla abusare da quell’uomo che un tempo, veramente remoto, amava.

Un giorno, quando ormai da bambina si era già fatta una ragazzina, aveva appena subito un’altra delle sue tremende torture, che cercava di dimenticare appena avvenute, tanto che se qualcuno le avesse chiesto che cosa si era fatta all’occhio, che era pesto e di un viola chiaro, lei avrebbe risposto “Quale occhio nero? Io non ho niente..”, quando andò fuori in giardino, a consolarsi con i suoi amati fiori di campo.

Si era rivestita velocemente, sperando che quell’”uomo” non volesse un bis, ed era corsa fuori, con un’aria e il vestito scombussolati.

Si buttò sotto l’ombra dell’albero sotto il quale giocavano spesso lei e Cloud, quando veniva a trovarla, vale a dire quasi ogni giorno. Si adagiò con il viso rivolto verso la voluminosa chioma del sicomoro, a guardare con gli occhi vacui di pensieri i raggi di sole che filtravano attraverso le larghe foglie verdi.

Quando sentì un rumore vicino al suo viso, vide un uccellino non troppo lontano da lei che frugava tra gli steli d’erba alla ricerca di qualche insetto e gli sorrise con un sorriso spento, non adatto al suo viso ancora da dolce bambina.

Riportando la sua mente nel mondo crudele e reale in cui viveva, sentì un dolore atroce nel mezzo delle sue gambe, e si rese conto che era completamente scarlatta di sangue sul vestito marrone chiaro, e andò in chock.

Ogni anno in cui aveva sopportato le ingiurie a cui la costringeva quell’uomo non le aveva mai fatto accadere una cosa del genere, e adesso invece la sua piccola mano era colorata di un rosso acceso, che tra poco si sarebbe seccato diventando di un marrone opaco e tetro.

Avrebbe potuto rimanere a fissare il suo sangue completare lentamente il suo processo fino a quando non fosse morta per mancanza di nutrimento, ma la sua unica luce in quel mondo ebbe il buon intuito di venirle a fare visita in quel momento.

 

Cloud si guardò in giro alla ricerca della sua sorellastra, dopo essere uscito dalla casa in cui la madre- con volto funereo- gli aveva detto che probabilmente era fuori nel boschetto vicino a casa.

Non vedendola subito lì, immaginò fosse andata al loro albero preferito, di cui non si ricordava mai il nome, e si incamminò nell’intrigo di rami e erbacce che facevano da siepe anti-sguardi indiscreti all’enorme albero che si trovava quasi al centro di quella barriera.

Arrivato davanti all’albero trovò la sua graziosa sorellina con una chiazza di sangue in mezzo al femminile abito che portava, proprio dove si trovavano le esili gambe; lei si stringeva convulsamente una mano facendo avanzare altro sangue sul palmo, e giù per il braccio.

Cloud la guardò sconvolto, non sapendo cosa potesse esserle accaduto per far diventare la sua bellissima Aeris, la sua dolcissima Aeris, la sua infelice Aeris, la sua shockata Aeris.

Corse verso di lei, inginocchiandosi frettolosamente e prendendole il viso tra le mani.

-Cos’è successo? COS’È SUCCESSO, PER DIO!?- fece più terrorizzato di lei, scuotendola per le spalle.

Prima silenziosamente, eteree lacrime cominciarono a rigarle gli zigomi, poi accompagnate da singhiozzi sempre più forzi, cominciarono a scendere sempre più rapidamente a abbondantemente.

-Cloud!!- gemette tra i forti singhiozzi che le percorrevano il corpo, mentre si stringeva al corpo del fratello, pregando che tutta la sua vita all’infuori di Cloud fosse un’illusione.

Cloud la strinse al petto, cominciando a seguirla nel pianto.

Dopo essersi calmata un po’, dopo un lasso di tempo piuttosto lungo, il giovane fratello la prese in braccio, ancora tremante e pian piano si avviò verso la casa degli Incubi.

Entrato in casa, fece sedere la piccola sorella sul tavolo e le spostò alcuni capelli della frangetta verso i lati del viso.

-Rimani qui. Vado a chiamare la mamma.- le disse carezzandole il viso.

Dopo cinque minuti Cloud tornò con la madre al seguito e, con apatia, le lasciò da sole.

 

In realtà quello che era successo alla piccola Aeris non era una cosa legata al padre. Era diventata una donna.

Se ci ripensava in quel momento le veniva quasi da ridere; ne era rimasta shockata per giorni, incolpando dentro di se il padre, e poi era saltato fuori che erano solo le sue prime mestruazioni mensili.

 

Ma le angherie del padre cominciavano a farsi sentire sempre di più nella vita di Aeris, e nel suo carattere. Dalla bambina allegra e solare che era, il viso si era inscurito, facendo scomparire il sorriso puro che colorava sempre le sue labbra.

E Cloud se ne accorse, e come se se ne accorse.

Ogni giorno, quando passava a trovarla, Aeris ne approfittava per abbracciarlo e cercare conforto fra le sue braccia; Cloud cercava di sostenerla come meglio poteva, ma non sapendo il motivo del suo bisogno d’affetto, non poteva fare molto.

Ma un giorno si decise a chiedere spiegazioni.

Come ogni singolo giorno da quando si conoscevano, era andato a farle visita e la loro madre si era offerta di preparare loro la merenda nel pomeriggio.

-Aeris, cara, va a lavarti le mani, che prima sei andata in giardino- le disse sorridendo stancamente Elmyra, la madre.

Aeris fece un cenno del capo e andò, camminando elegantemente, verso il bagno.

Cloud colse al balzo la palla lanciata dalla madre e si accinse ad iniziare il discorso.

-Madre, devo parlarvi di una cosa.

Elmyra si girò lentamente, aspettando il fatidico discorso che sapeva il figlio meditare da molto tempo.

Con la determinazione che si leggeva perfettamente negli occhi, disse semplicemente:-Cosa sta succedendo ad Aeris.

Non era una domanda, e lei lo sapeva, lui esigeva una risposta.

Con voce sofferente e le lacrime agli occhi, la sera stessa, da soli, gli raccontò tutto quello che aveva sopportato e sopportava Aeris.

Cloud era rimasto ad ascoltarla con gli occhi furenti di rabbia e la bocca aperta in un urlo sordo di sconcerto.

Appena finì, con una determinata rabbia nella voce le disse che lui avrebbe portato via di lì Aeris, seduta stante, la notte stessa.

 

Ed era per quello che da qualche annetto vivevano a Midgar, in due appartamenti vicini, come la sofferenza che provavano entrambi.

Fortunatamente, da quando se ne erano andati, l’antico carattere radioso di Aeris stava facendo capolino dalle sue labbra, di nuovo cosparse di un sorriso pulito e pronte a donare parole di conforto verso gli altri. Come poteva una persona così meravigliosa lasciare così presto questo mondo malato?

-Cloooud.- chiamò lamentosa Aeris dall’altra parte del divano.

Lui la guardò, distogliendo la mente dai pensieri che decisamente non riguardavano il film che stavano guardando.

-Ti voglio bene!- esclamò sorridendo.

Cloud le sorrise di rimando:-Anch’io Aeris.

-Hai chiesto il numero di cellulare di Tifa?

Lui sobbalzò per la domanda inaspettata e scosse la testa, guardando la televisione.

-Ah, non si può lasciar far niente ai ragazzi!- esclamò scuotendo la testa esasperata.

Passarono alcuni minuti di silenzio, in cui una pubblicità recitava l’ultimo slogan del momento su un dentifricio.

La voce di Cloud avanzò nel loro silenzio:- Invece tu… gliel’hai chiesto?

La risata cristallina di Aeris si levò.

-Certo!

-C-cosa? E, ehm…

-E? Lo vorresti, vero?- Cloud assentì con noncuranza- Ma io non te lo do!!- cantilenò la ragazza.

-Come?! Aeriiis!- strepitò allungandosi verso di lei.

-Non posso dartelo!- fece una linguaccia.

Il ragazzo si imbronciò:-E perché mai?

La castana rise ancora, abbracciando il fratello:- Perché non ce l’ha!! Il cellulare le si è rotto!- gli esclamò nell’orecchio.

Il biondo sospirò e sostenne con un braccio il corpo esile della ragazza.

-Domattina è lunedì. Devo andare a lavoro. Quindi chiamami solo per le vere emergenze.- sottolineò la parola con uno sguardo bieco verso il visino angelico che continuava ad annuire, con un sorriso a fior di labbra.

-A proposito di lavoro, signor Facchino, potrei darti un pacco da portare ad un preciso indirizzo?- chiese trattenendo un sorrisetto saccente.

-E a chi dovrei portarlo?- domandò sorpreso il fratello, guardandola con gli occhi spalancati.

-Oh, niente di che… è solo una cliente a cui avevo promesso di portare un fiore raro…- disse prima di alzarsi dal comodo rifugio e andare verso la porta della camera.

Cloud allungò il collo per vederla attraverso la porta:-Vai già a letto?- le chiese, per poi aggiungere- E comunque ti costerà caro il trasporto!

Aeris rise e sventolò una mano davanti a sé:- Tanto i soldi ritornerebbero lo stesso nelle mie tasche! Buona notte!! E va a letto anche tu!

Cloud la salutò con una mano e spense la tv per ritornare nel suo appartamento.

 

Chiusa la porta dietro di sé, il ragazzo si levò con noncuranza la maglia e la buttò sopra la poltrona dove, quella stessa mattina, quella ragazza così bella quanto malinconica vi si era addormentata comodamente.

Chissà se l’avrebbe mai più rincontrata?

 

*******

 

Il suono insistente del campanello, quando chiuse il rubinetto dell’acqua, la risvegliò dallo stato catatonico in cui si trovava, dopo una notte insonne. Fortunatamente aveva dormito un bel pò il giorno prima, a casa del biondo ragazzo.

Era stato molto gentile con lei. Però forse era un po’ tonto, non per insultarlo, ma probabilmente non aveva ancora capito il “mestiere” che purtroppo lei faceva.

L’aveva trattata troppo bene, da persona normale. L’aveva persino accolta in casa sua senza voler niente in cambio, e le aveva fatto conoscere la sua meravigliosa sorella, che le assomigliava molto.

Entrambe avevano molti fantasmi nel loro passato. In pochi minuti Aeris aveva fatto un riassunto dei suoi primi vent’anni di vita.

Si chiuse l’asciugamano intorno al seno e si accinse a uscire dal bagno.

Forse finalmente la persona con cui divideva la sua anima era andata a trovarla di nuovo.

Aprì tranquillamente la porta, senza pensare minimamente a come era vestita. Ad una come lei non si dava rilevanza. Puttana era, puttana rimaneva.

Si portò una mano davanti alla bocca, e si nascose completamente dietro la porta.

Non era.. era possibile..

Nascosti da un berrettino da facchino, irti capelli biondi cercavano di uscire da tutte le parti, e due assonnati occhi azzurri si erano spalancati dalla sorpresa.

-TU!- esclamarono all’unisono entrambi.

Tifa si scostò una ciocca dal viso, imbarazzata, e si accostò di più alla porta, cercando di nascondersi.

Cloud sorrise, anch’esso in evidente imbarazzo, e si accinse a salutarla.

-Ehm, ciao, Tifa!- cominciò.

Lei rise piano.

Aeris.

-Ciao, Cloud.

 

Sono tornata dopo mesi, e non ho ancora nessuna recensione!!!! è_é (Y4M4 non conta perché lo costretto XP) Vi costa tanto?? Ç_Ç Mi sento così incompresa…

   
 
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