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Autore: Fiamma Drakon    28/09/2009    1 recensioni
Gli ci volle qualche istante per notare, fra la neve che turbinava, spinta dal vento, un corpo steso sul marciapiede, immobile. [...] Quando si chinò su di essa, notò che, in realtà, erano due bambini, privi di sensi, avvolti in un lenzuolo stracciato.
[il primo capitolo è l'antefatto]
[dal capitolo 9 possibili descrizioni scabrose]
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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14_Cadavere scomparso Il giorno seguente, quando il colonnello fece ritorno al Quartier Generale per recarsi in ufficio, mille pensieri gli affollavano la mente, ma il più opprimente di tutti certamente era quello riguardante Hughes e la scoperta del suo cadavere nell’ufficio.
Che cos’avrebbero pensato? Che voci sarebbero circolate? Sarebbero riusciti a capire che era stato trasformato in vampiro e soppresso?
Non poté tuttavia mancare di rivolgere la propria attenzione anche a sua moglie Glacier e sua figlia Elicia.
La piccola aveva appena quattro anni. Come avrebbe preso la scomparsa del padre?
S’immaginò in modo troppo fervido il funerale e la bambina inginocchiata vicina alla lapide del padre, piangendo disperata, invocando il suo papà, mentre la mamma la osservava, poco più lontano.
Scosse la testa, cercando invano di allontanare quei pensieri così angoscianti: come avrebbe potuto guardare di nuovo in faccia la sua famiglia dopo aver visto l’omicidio di Hughes senza muovere un dito?
I corridoi del Quartier Generale gli scorrevano attorno: era come se un altro se stesso si stesse preoccupando di farlo arrivare in ufficio, mentre lui era immerso in quell’angoscia struggente.
Come avrebbe potuto presentarsi al funerale?
Era stato il suo migliore amico fin dai tempi della scuola militare, erano entrati insieme nell’esercito con lo scopo di porre fine alle futili guerre che stavano lentamente conducendo il paese al collasso, gli aveva promesso che sarebbe stato sempre sotto di lui, per sostenerlo nella sua scalata al potere.
E ora, che fine aveva fatto la loro amicizia?
Era svanita quando nei suoi occhi aveva chiaramente visto prender vita quelle insane iridi rosso sangue.
Era stata spazzata via dal terrore della morte.
Chinò il capo, gli occhi improvvisamente velati di malinconia: era venuto meno alla prima avvisaglia di pericolo.
Che vigliacco.
Ed ora Maes non c’era più: distrutto e inghiottito dalle sue scrupolose indagini.
Si era lasciato coinvolgere troppo e ne era rimasto bruciato.
Per sempre.
- Il tenente colonnello Hughes? Ma dite davvero? -.
La voce attirò immediatamente l’attenzione del colonnello, che spostò subitaneamente lo sguardo su due soldati intenti a discutere poco distanti da lui.
- Sì... dicono che sia sparito. E nel suo ufficio è tutto un casino... -.
- Ma dici sul serio? -
- Credi che potrei scherzare su una cosa simile? Il tenente colonnello era amico di tutti, qui -.
Il cuore di Mustang mancò un battito ed il suo cervello iniziò a lavorare febbrilmente, come in preda al panico, mentre il militare marciava a passo veloce verso il proprio ufficio, dove avrebbe potuto ragionare con più calma.
Dentro di sé avvertiva una forte preoccupazione, mista ad angoscia e paura, che avevano relegato il senso di colpa ad una semplice emozione di contorno, tuttavia ancora presente.
Appena raggiunto l’ufficio vi entrò.
- Colonnello! Ha sentito del tenente colonnel... -.
Havoc fu interrotto da un gesto di Riza, che osservava perplessa eppure interessata l’espressione di Mustang: nei suoi occhi ogni luce era spenta e pareva afflitto da una grande malinconia.
Il moro non rispose né si allarmò: si diresse solo verso la scrivania e prese posto nella sedia dietro ad essa, voltandola verso la finestra, dando le spalle a tutti gli altri.
- Ma che cos’ha? - sussurrò Havoc, perplesso.
- Meglio lasciarlo solo... - propose Falman.
Gli altri presenti annuirono ed uscirono dalla stanza in assoluto silenzio, lasciando nell’ufficio solo Riza, la quale si avvicinò pian piano alla scrivania.
- Colonnello... è successo qualcosa? - chiese con quanto più tatto poté.
Mustang non rispose né si volse.
- Colonnello...? -.
La bionda fece lentamente il giro della scrivania, fino a che non riuscì a vedere il moro: quest’ultimo stava chinato in avanti, i gomiti poggiati sulle gambe, il viso affondato nelle palme delle mani, in palese atto di disperazione.
Ora, neanche il suo cadavere era più ritrovato: l’avrebbero preso per scomparso e, per quanto tutto l’esercito si fosse dato da fare, nessuno sarebbe mai riuscito a ritrovarne il corpo, nessuno avrebbe mai saputo che fosse morto e la sua famiglia sarebbe rimasta invano ad attendere il suo ritorno.
Perché un miserabile come lui, che aveva stroncato centinaia di vite innocenti, si trovava di nuovo coinvolto in questioni più grandi di lui? Perché coloro che gli stavano attorno morivano?
- Che cos’ho fatto...? - sussurrò, in preda ai rimorsi.
- ...? -.
Riza lo fissava, apprensiva, perplessa.
- Perché i miserabili inevitabilmente devono soffrire? -
- Colonnello, che cosa sta dicendo? Se il tenente colonnello è scomparso lei non ne ha colpa... -.
Già. Lei ignorava tutto.
Non sapeva niente di Edward, di Alphonse, del loro passato intriso di sangue e neppure di Hughes.
Sorrise amaramente.
- No, non è vero... ma tu non ne sai niente -
- Colonnello cosa dice?! Che cosa c’entr... -
Mustang alzò il viso e la guardò: nei suoi occhi era di nuovo vivo il medesimo scintillio spento che gli aveva così a lungo animato lo sguardo, durante la Guerra Civile dell’Est.
Lo sguardo di chi aveva ucciso, di chi aveva la coscienza sporca.
Si alzò e le pose una mano sulla spalla, sempre fissandola.
- Rimani fuori da questa faccenda. È per il tuo bene, credimi... -.
Detto questo, uscì dall’ufficio correndo.
Riza osservò il suo profilo scomparire oltre l’uscio e comprese che c’era qualcosa di grande sotto a tutta quella faccenda.
Qualcosa di pericoloso, perché se così non fosse stato, non le avrebbe detto di rimanerne fuori.
   
 
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