Eccomi
qui, nuovamente on-line! Scusate! Chiedo umilmente perdono! Lo so che vi ho
lasciate per un lungo periodo senza aggiornare, ma in questi ultimi tempi è
diventato un po’ difficile. In primo luogo, mi sto trasferendo e siccome le
cose vanno per le lunghe, la mia cameretta è diventata più un misto tra uno
sgabuzzino e un campo di battaglia che una vera e propria camera da letto…
sigh! Inoltre, per questa stessa ragione, il mio pc è momentaneamente imballato
e nascosto da qualche parte, in attesa di poter essere portato nella nuova
casa… fortuna ha voluto che mi sia tenuta il floppy con i miei appunti a
portata di mano e che qualcuno mi abbia graziosamente concesso di
utilizzare il suo portatile… comunque, chiedo ancora scusa per l’inconveniente
e avviso fin d’ora che non ho idea di quando potrò aggiornare di nuovo.
Tornando
alla fic, volevo spendere due parole per chiarire che in questa storia non ci
sarà nessuna evoluzione yaoi/shonen. Mi spiace per chi aveva pensato il
contrario, ma quando avevo detto di voler approfondire il rapporto Sanzo/Goku,
non lo intendevo in quel senso. Non che abbia qualcosa contro le yaoi, ma
semplicemente non ho pensato a questa fic come tale.
Passando
ai ringraziamenti, ringrazio Sakura per i suoi commenti e per la “pubblicità”
che non solo non mi dispiace, ma anzi, mi fa molto piacere! Grazie! Quando avrò
più tempo, mi cimenterò in un commento degno per la tua fic che mi piace
davvero troppo! Che carini Gojyo e Shinobu! Troppo pucciosi!
Ringrazio
inoltre tutte le new entry che hanno commentato gli ultimi capitoli, Kakashi
(sei sempre un tesoro!), Pois (leggerò anche il tuo ultimo capitolo, ma so già
che mi piacerà da morire), Clov3r e Loru.
Bacetti,
Yuri
The
Clouds break
Febbraio
era cominciato da qualche giorno; l’ultima neve caduta a Tokyo si stava
sciogliendo e qualche timida gemma spuntava già dai rami spogli.
Goku
osservava il giardino fuori dalla finestra della propria camera. Qualche
uccellino svolazzava qua e là, alla ricerca di qualcosa da mangiare, ma di erba
ancora nessuna traccia. Era ancora troppo presto e la terra si stava appena
svegliando dal lungo inverno. Sentiva in quei giorni una strana sensazione,
come un forte desiderio di andare via da lì e immergersi in qualche luogo
incontaminato, lontano dalla frenesia cittadina, dai rumori e da tutto.
Quegli
ultimi giorni erano stati molto agitati. Yuri era in partenza per Londra; i
medici avevano finalmente predisposto tutto affinché potesse essere operata e
anche a scuola il preside e gli insegnanti erano stati avvertiti. Naturalmente
ciò si era svolto con la massima discrezione, come Yuri aveva chiesto; solo in
casa Taisho e tra tutti quelli che sapevano regnava una certa agitazione, ma
non era affatto una cosa negativa. Avendo avuto modo di metabolizzare la realtà,
dopo i primi giorni di smarrimento, tutti avevano ripreso a vivere e nelle
ultime settimane erano giunte notizie molto incoraggianti sullo stato di salute
della ragazza. A quanto pareva, stando alle analisi più approfondite, c’erano
buone probabilità che l’intervento riuscisse. L’équipe medica europea aveva
studiato a fondo il caso e, nonostante le analisi iniziali non prospettassero
un esito roseo, era riuscita a trovare la soluzione ottimale per Yuri. Non
sarebbe stata una passeggiata, quello no, e c’era sempre la possibilità che
l’intervento fallisse, ma rispetto a quanto avevano prospettato i medici in
Giappone la situazione si dimostrava comunque migliore.
Nonostante
le belle notizie, Goku però non riusciva ad essere completamente allegro.
Certo, faceva di tutto per non darlo a vedere, ma in cuor suo stava facendo uno
sforzo immane. Voleva che Yuri guarisse, ma non poteva pensare che sarebbe
stata per tanto tempo lontana da loro. Tra l’intervento e la convalescenza, ci
sarebbero voluti diversi mesi e lei non avrebbe potuto tornare a casa prima
dell’estate. Inoltre, c’era di mezzo anche la scuola, quindi non era nemmeno
possibile per Goku e gli altri andare a trovare Yuri a Londra.
Il
ragazzino si sentiva molto frustrato. In passato non era mai accaduto che Yuri
o Nataku si dovessero allontanare per tanto tempo.
“Ti
comporti come un bambino!” lo aveva rimproverato Hakkai, quando Goku glielo
aveva spiegato. In effetti, Goku ne era pienamente consapevole, ma era più
forte di lui.
Sollevandosi
dal letto con sforzo, si stiracchiò. Doveva distrarsi un po’, ma aveva già
finito di studiare e non aveva molta voglia di trascorrere altro tempo sui
libri. Lanciò un’occhiata distratta agli spartiti disseminati sui ripiani della
libreria. Da quando Sanzo era uscito dall’ospedale, avevano ripreso le prove a
pieno ritmo. Sembrava che il biondo volesse rifarsi del tempo perduto scrivendo
e provando ogni momento libero disponibile. O forse tutto quello stacanovismo
era dovuto alla sua rottura con Kanako? Se lo era chiesto spesso in quelle
settimane, perché la voce era giunta anche a lui, ma naturalmente non aveva il
coraggio di chiederlo direttamente all’interessato e parlarne con Hakkai o con
gli altri era stato un fallimento: chissà perché riguardo a quell’argomento erano
tutti insolitamente reticenti? Come odiava i segreti!
Sbuffò,
infilandosi la giacca; peccato che Sanzo avesse rotto con Kanako, a lui stava
simpatica e poi aveva un bel sorriso. Gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio,
ma ormai era impossibile.
“Esci?”
gli domandò Nataku, vedendolo mentre si allacciava le scarpe da tennis.
“Questa è
la mia idea…” confermò, “Vieni anche tu?”
“No,
grazie. Vorrei approfittare un po’ di queste ore libere per esercitarmi con il
clarinetto.” Declinò Nataku, sorridendogli.
Goku annuì
distrattamente e infilò la porta, avviandosi verso il cancelletto.
“Ehi, bel
moretto!”
Il
ragazzino si fermò, sentendosi chiamare in quel modo familiare: Yuri lo aveva
raggiunto senza farsi sentire ed ora era proprio alle sue spalle con il suo
cappello in mano.
“Ti sei
dimenticato questo!” disse lei, porgendoglielo.
“Ah,
grazie…”
“Straviati
un po’, mi raccomando.”
“Ci
proverò!” promise lui, ricambiando il suo sorriso.
La
stazione della metropolitana era gremita come al solito di gente. Tutti di fretta,
tutti di corsa. Goku cominciava a sentirsi soffocare. Senza nemmeno prestare
attenzione a quale tratta coprisse, salì sulla prima corsa disponibile, del
tutto incurante della sua meta.
Non
riuscendo a trovare un posto a sedere, si accontentò degli appositi sostegni
metallici. Accanto a lui, donne con bambini al seguito parlavano
tranquillamente, sereni. Goku li osservò con invidia: lui ricordava appena
qualche episodio della propria infanzia che fosse legato ai suoi genitori. In
realtà, questo era avvenuto per sua stessa noncuranza. Per lui famiglia e
affetti andavano ricercati in persone completamente estranee al normale
concetto di parentela. C’erano Yuri e Nataku e c’erano Hakkai, Yukino, Gojuin,
Gojyo e Sanzo. Stare con loro, poterli vedere ogni giorno era l’unica cosa che
realmente volesse.
La metro
fermò per l’ennesima volta. Molti scesero, lasciando liberi i posti a sedere.
“Che fai,
non ti siedi?”
Goku alzò
di scatto il viso, guardandosi attorno con evidente curiosità: quella voce, la
conosceva molto bene.
“Sanzo!”
esclamò, non appena lo vide materializzandosi alle spalle.
Il biondo
se ne stava comodamente seduto, occupando l’unico posto su una fila interamente
vuota. Era vestito completamente di nero. Dai pantaloni al giaccone, persino
l’elastico per capelli che raccoglieva la sua chioma in un codino era nero.
Teneva le braccia piegate e le mani dietro la nuca, in una posizione
decisamente poco composta.
“Che cosa
ci fai qui?” fu la domanda spontanea del ragazzino.
“Niente
che ti riguardi.” Rispose l’interpellato, laconicamente, socchiudendo gli occhi
viola.
Goku
rimase per parecchio tempo ad osservarlo: era veramente una delle persone più
affascinanti che conoscesse. Sapeva di lui niente di più di quel che Hakkai gli
aveva raccontato, vale a dire che suo padre era morto in circostanze tragiche e
che Sanzo non si era più ripreso completamente da quella perdita. E sapere quel
poco bastava a Goku per sentirsi solleticato nella sua irrefrenabile curiosità.
Come gran parte dei suoi amici anche Sanzo era il classico tipo che ce l’ha col
mondo intero, in primis con se stesso, ma a differenza di altri, sembrava non
importargli affatto se ciò che lo circondava cambiasse o meno. Né pareva voler
fare qualcosa perché questo accadesse. Era il classico animale in gabbia,
rabbioso e frustrato, ma troppo fiero per accettare l’aiuto di altri o anche
solo un consiglio. In più, rifuggiva da ogni canone di ragazzo adolescente
tenendosi alla larga da ogni coinvolgimento emotivo che richiedesse un certo
impegno. O almeno, questa era l’idea che Goku si era fatto prima che sulla
scena comparisse Kanako. Dopo aver saputo della sua esistenza, aveva dovuto
rivedere per bene quella concezione: forse anche uno scorbutico come Sanzo
cercava inconsciamente un contatto umano.
“Vai da
qualche parte in particolare?” si ostinò a domandare il ragazzino, prendendo
posto accanto al biondo. Quello riaprì brevemente gli occhi, trafiggendo le sue
iridi dorate con l’espressione tipica di chi non vuole essere importunato
oltre.
Goku
distolse lo sguardo: possibile che a quel tipo non riuscisse mai di rispondere
con un po’ di gentilezza? Che cosa gli costasse, in fondo, non ne aveva proprio
idea.
Si rigirò
i pollici, osservando il pavimento del vagone metropolitano. Interagire con
Sanzo sembrava quasi come interagire con un muro: elettroencefalogramma piatto.
-
Fantastico!
Ero uscito per distrarmi un po’ e invece mi ritrovo qui con questo che non
spiaccica parola neanche a minacciarlo di morte! Però, chissà dove sta andando?
La metro
fece ancora due fermate prima di terminare la sua corsa al capolinea. Solo
allora Sanzo si decise a levare le ancore e scendere. A giudicare dal piglio
deciso, Goku intuì che il ragazzo aveva una meta ben precisa da raggiungere, a
differenza di lui che proprio non aveva idea di cosa fare. Senza nemmeno
rendersene conto, realizzò di stare seguendo il biondino. Illogico: Sanzo aveva
chiaramente innalzato un muro e pareva non desiderare affatto la sua compagnia,
ma arrivato a quel punto, Goku era troppo curioso e inoltre, Sanzo non poteva
impedirgli proprio nulla.
Non
faticando affatto a tenere il passo – Sanzo non aveva una camminata molto
veloce – gli andò dietro fino alla coincidenza con un’altra linea
metropolitana. Quando finalmente il viaggio parve essere finito, solo allora il
biondo si voltò nella sua direzione. Non aveva più l’espressione da cerbero di
prima, anzi, sembrava che si fosse un po’ rasserenato.
“Se pensi
di venirmi dietro per tutto il giorno, almeno vedi di non fare casino. Non
voglio stupide scimmie petulanti al seguito, chiaro?” lo avvertì, mentre
riprendeva la strada.
Goku
annuì silenzioso: almeno non lo aveva cacciato in malo modo.
Mano a
mano che la strada s’inerpicava sulla collina, le case si diradavano, lasciando
spazio ad alberi spogli e imponenti. D’estate quel luogo doveva avere una
vegetazione lussureggiante, il che lasciava pensare che in quella zona dovesse
sorgere un tempio. Di certo doveva, perché un simile spazio non costruito non
era propriamente tipico di una città come Tokyo, per quanto si trattasse di una
zona periferica.
Le
aspettative di Goku non vennero affatto disattese: in effetti, dopo qualche
centinaio di metri, ecco comparire tra i rami degli alberi quello che sembrava
essere il tetto di una pagoda.
Il tempio
buddista sorgeva isolato sulla sommità della collina, guardando verso sud.
Tutto era immerso nel più totale e religioso silenzio, tanto che a Goku parve
quasi di trovarsi in un altro mondo. Pareva impossibile che nelle vicinanze di
Tokyo esistesse un posto del genere e così grande. L’ultima volta che aveva
provato quella sensazione di solenne religiosità era stata quando Yuri li aveva
portati al tempio shintoista, prima di Natale.
Continuando
a seguire Sanzo, il ragazzino si guardò attorno, cercando i segni di una
presenza umana a parte loro due. Non attese a lungo, perché un giovane monaco
apparì all’improvviso davanti a loro, inchinando lievemente il capo.
“Sanzo… è
da un po’ di tempo che non ti fai più vedere.” Lo rimproverò bonariamente
quello, dimostrando di avere una certa confidenza col biondo.
“Ho avuto
qualche contrattempo.” Tagliò corto quello.
“Sì, mi è
giunta voce… tua madre è stata qui più o meno due mesi fa. Ha spiegato al
venerabile che sei stato in ospedale a causa di un incidente. Era piuttosto
preoccupata.”
Sanzo
scrollò le spalle, dando ad intendere quanto poco gli importasse.
“Adesso
il venerabile non può riceverti, ma se ti fermi come sempre, può darsi che ti
raggiunga lui stesso.”
Il biondo
annuì, poi, con passo sicuro si diresse lungo il porticato del tempio.
Goku
rimase per qualche istante interdetto: dove stava andando? E poi, era giusto
che lui lo seguisse oltre?
Il monaco
che fino ad un momento prima sembrava non averlo notato gli si avvicinò,
mettendogli una mano sulla spalla.
“Adesso è
meglio che tu lo lasci solo. Quando avrà finito, ti verrà a cercare.”
Goku
guardò negli occhi del religioso: non ne aveva affatto l’aspetto. Aveva lo
sguardo vispo e allegro; non doveva avere più di trenta, trentacinque anni al
massimo. Un fatto insolito, perché Goku si era sempre immaginato i monaci
buddisti come dei vecchi decrepiti.
“Puoi
venire con me, se lo desideri. Intanto faremo due chiacchiere.” Lo invitò
quello, riprendendo il suo cammino verso la direzione opposta a quella presa da
Sanzo.
Goku
stette ancora qualche istante fermo ad osservare il biondo che spariva lungo il
porticato, poi, sospirando, si decise a seguire l’altro.
“Conosci
Sanzo da tanto tempo?” domandò a un tratto Goku, continuando a seguire il
bonzo. Questi in verità, non sembrava affatto rendersi conto della presenza del
ragazzo alle sue spalle.
“Scusami.
Hai detto qualcosa?”
“Ho
chiesto da quanto tempo conosci Sanzo.”
“Da un
po’. Conoscevo e ammiravo suo padre, prima che morisse. Ogni tanto Komyo veniva
qui e si raccoglieva in meditazione. Diceva sempre che questo posto lo faceva
sentire in pace. Strano, per un uomo che sembrava la pace dello spirito
incarnata.”
Goku non
seppe che cosa rispondere: non aveva mai conosciuto il padre di Sanzo, quindi
non poteva certo giudicare.
“Quindi,
questo posto è molto speciale per lui…”azzardò il ragazzino.
“Sì. È
come se qui Sanzo potesse ancora parlare con lui. Da quando è morto suo padre,
è venuto spesso a meditare in questo tempio.”
“Io non
ne avevo idea. Sanzo non è una persona che ama molto parlare.”
Il bonzo
sorrise gentilmente: “Lo so, ma tu non fartene un cruccio. Il fatto che non sia
molto espansivo, non significa che non apprezzi la compagnia degli altri.
Inoltre, lui fa tanto lo scorbutico, ma in realtà, è solo una maschera che ha
adottato per difendersi.”
“Difendersi?
E da cosa?”
“Da molte
cose. Per esempio, dal dolore e dal senso di perdita. Sai, le persone spesso
reagiscono in modi diversi agli eventi della vita. Quando una persona che ci è
cara scompare, alcuni cercano rifugio e conforto nel prossimo; altri, per paura
che questa esperienza si possa ripetere, si rinchiudono in se stessi e
allontanano chiunque tenti di avvicinarsi.”
“Ma Sanzo
non ha allontanato tutti! Aveva persino una ragazza!” protestò Goku.
Il monaco
rimase in silenzio per un breve tempo, dando al suo interlocutore l’impressione
di pensare a tutt’altra cosa, poi riprese: “Ma tu puoi affermare con certezza
che quella relazione gli abbia dato il conforto che cercava?”
A quella
domanda, fu Goku a non riuscire a trovare le parole per rispondere.
“Scommetto
che la camminata fin qui ti ha fatto venire fame…” disse il monaco, cambiando
completamente argomento e salvando Goku dall’impaccio di dover rispondere.
Il
ragazzino sorrise, lievemente in imbarazzo: chissà perché, chiunque lo incontrasse
capiva all’istante quale fosse il suo punto debole. Con un ampio gesto del
capo, annuì.
Il
ritorno a casa non fu affatto diverso da come Goku se l’era aspettato. Sanzo,
chiuso ancora nel suo mutismo, non aveva spiaccicato parola e aveva affrontato
il viaggio in metropolitana socchiudendo gli occhi e fingendo di dormire. Goku
lo aveva capito subito che si trattava di una finzione, ma non se l’era sentita
di attaccare discorso e alla fine, quando giunse il momento di separarsi, non
si aspettava neppure un saluto da parte del biondo.
Ed
invece…
“Non mi
dirai che sei già stanco e che vuoi tornare a casa?” domandò Sanzo, dopo aver
visto Goku allontanarsi.
Lì per
lì, il ragazzino stentò a credere alle sue orecchie: Sanzo si era deciso a
rompere il silenzio?
“Bè…
ecco… no, veramente non sono stanco, ma non ho nulla da fare in giro, quindi
tornerò a casa.”
“Tsk!
Stupida scimmia…” lo apostrofò il biondino, concedendosi un lieve sorriso
fugace.
“E perché
sarei stupido adesso?!” protestò l’altro con veemenza.
“Lascia
perdere… vieni, la serata deve ancora cominciare.”
Perplesso
e un poco irritato per l’epiteto, Goku si accinse a seguire il biondo davanti a
lui; stranamente, nonostante la scontrosità di Sanzo, il ragazzino non riusciva
ad avercela con lui per più di due secondi di seguito. Avrebbe voluto, in certi
casi, ma proprio non ci riusciva.
-
Chissà…
forse, un giorno riuscirò a capire…perché…
Camminarono
ancora per un po’ in silenzio, l’uno a fianco all’altro, fin quando Goku non si
rese conto di trovarsi proprio davanti a casa di Hakkai.
“Ma… è
casa di Hakkai…” mormorò il moretto, un po’ sorpreso.
“Ma va?
Te ne sei accorto… scimmia!” lo canzonò il biondino, in maniera non
propriamente scherzosa.
“Certo
che me ne sono accorto, non sono scemo!”
Sanzo non
rispose, limitandosi a squadrarlo in modo eloquente. “Andiamo… non ho voglia di
restare qui fuori a litigare con una scimmia idiota.”
“Oh,
finalmente! Pensavo non arrivaste più…” li accolse il ragazzo dai capelli
castani, non appena si vide i due amici sulla soglia. Diversamente dalla solita
uniforme scolastica, Hakkai aveva addosso un paio di pantaloni neri e una
camicia altrettanto scura che lo faceva sembrare ancora più magro e alto.
Inoltre, si era tolto gli occhiali, perdendo così ogni traccia del solito
“bravo ragazzo”.
“Hakkai…
com’è che non hai gli occhiali?” domandò Goku. Di solito, la mancanza di
quell’accessorio era sinonimo di una serata all’insegna del divertimento.
“Sanzo
non te l’ha detto quando è venuto a prenderti?” fece l’interpellato, lanciando
un’occhiata al biondo.
“Dirmi
cosa?” adesso, anche Goku aveva preso a fissare Sanzo, che al contrario, non li
degnava di uno sguardo.
“Ah,
lascia perdere… è evidente che no.”
Goku era
sempre più confuso: ma che cos’erano tutti quei misteri?
“Credo
che sia meglio spiegare alla scimmia quello che abbiamo in mente di fare, o
rischiamo di mandarla in tilt!” si aggiunse una voce familiare, proveniente
alle loro spalle.
Gojyo
entrò con il solito modo nell’ingresso dove si trovavano tutti quanti,
armeggiando con un pacchetto di sigarette e un accendino. “E poi, vogliamo
muoverci? Ho bisogno di una sigaretta!”
Hakkai
levò gli occhi al cielo: aveva espressamente proibito a chiunque di fumare in
casa sua senza un posacenere, ma Gojyo non ne voleva sapere di vagabondare per
la casa in cerca di quell’aggeggio e quindi… niente fumo.
“Credo
che Gojyo abbia ragione, per una volta tanto.” Convenne il padrone di casa,
afferrando il giubbotto e sistemandoselo, “Andiamo Goku, un po’ di pazienza e
saprai tutto anche tu!”
“Allora?”
insistette il ragazzino, quando i quattro ebbero raggiunto il solito Red Lion.
“Rilassati!
Non siamo qui per esibirci, almeno, non questa sera.” Lo avvertì il rosso,
dando un’occhiata in giro in cerca di possibili prede.
Hakkai
annuì, rivolgendo infine le sue attenzioni a Sanzo: “Dovevi farci vedere
qualcosa o sbaglio?”
Il biondo
frugò nella tasca dei suoi pantaloni, tirando fuori un pezzo di carta piuttosto
malconcio e strappato in più punti.
“Hai
scritto ancora?” domandò Goku, sorpreso. In quel periodo, Sanzo sembrava molto
attivo quanto ai testi per le canzoni. Non aveva idea di quale fosse il motivo
di tanta attività, ma pareva che l’ispirazione gli scorresse nelle vene al
posto del sangue.
Il
ragazzo dagli occhi viola non rispose, allungando il foglietto ad Hakkai. “Vado
a farmi una birra. Tu leggila e poi vediamo.”
Dokomademo tsuzuiteta tooi hi no aoi sora
nobashita yubi wo kasumete kaze ni kudakare koborete yuku
No matter what, the blue sky of
that continuing, distant day
grows hazy... smashed and
broken by the wind that sweeps over my outstretched finger
Koe no nai yobigoe ga todoita to tsubuyaita
mamoritakatta egao wa nakushita toki ni tsumi ni kawaru
"My soundless calling
voice reached you,” I murmured
And that smiling face I wanted
to protect -- when it was lost, it became my sin
Jinsei wa tsuka no ma toorisugite yuku
iiwake shiteru hima wa nai tada susumu dake
I am just passing through this
transient life
I don't have the time to make
excuses... only to make progress
Kaze ni chigire yuku kumo ga nishi no hate ni hirogaru
aru ga mama toki ni yudanete nagasarete yuku
On the horizon of the West, the
wind-shattered clouds break
Floating on and entrusting
themselves to a time without pretenses
Kagirinai tsuyosa wo to dare yori mo nozondeta
saigo no kotoba kikoete yowai kimochi wo imashimeteta
I hoped for limitless strength,
more than anyone else did
I can hear your last words...
and I reproached myself for my weakness
Sugisatta toki wa nido to wa kaeranai
sore demo ikiteiru dake de kawareru darou
The time that has passed will
never change
Though that's so, simply by
continuing to live, perhaps we can make changes
Saze ni tobasareru kumo ga nishi no hate ni tsuranaru
shibarareru mono wo motazu ni sora ni toke yuku
Clouds, skipped over by the
wind, line the horizon of the West
With nothing to hold them back,
they dissolve in the sky(*)
(*) la canzone
riproposta qui è “The clouds break”, di cui ho lasciato il testo originale, perché
mi piace troppo!