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Autore: The Mad Tinhatter    29/09/2009    2 recensioni
"Sicuramente suo padre pensava che lei non l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa. Del resto, per lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che avrebbe mai attirato l’attenzione di sua figlia."
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Misa Amane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 4: Dreaming Of You
 
“Don’t say I’m out of touch,
With this rampant chaos - your reality,
I know well what lies beyond my sleeping refuge,
The nightmare I built my own world to escape….”
Imaginary – Evanescence
 
“Non dire che non riesci più a raggiungermi,
Con questo caos dilagante – la tua realtà,
So bene cosa si trova al di là del mio rifugio dormiente,
L’incubo per fuggire dal quale ho costruito il mio mondo….”
 
- Ryuzaki… - mormorò Sayuri, piuttosto imbarazzata. L, al contrario, sembrava perfettamente tranquillo.
Kaori, intanto, si mise a rovistare nella borsa, per poi tirarne fuori un cellulare.
- Oh, il mio ragazzo mi sta chiamando, sicuramente sarà già qui… è meglio se vado, è stato un piacere conoscerti, Ryuzaki!
Sayuri sapeva che stava fingendo, sicuramente perché, nonostante tutto ciò che le aveva detto, probabilmente era rimasta dell’opinione che lei provasse per lui qualcosa di più della semplice amicizia, e magari aveva considerato tutta la faccenda come “affari di coppia”.
Meglio così, si ritrovò a pensare Sayuri, almeno eviterà di combinare altri pasticci.
- Hai… hai sentito tutto? – domandò la ragazza.
- Quasi – rispose L, mentre si dirigevano nuovamente verso il tavolo – Stavo andando alla toilette, e vi ho sentite. Parlavate a voce molto alta.
Sayuri si sentì avvampare. Sicuramente, quel luogo non era il migliore per dare spettacolo, né tantomeno per sbandierare cose che avrebbe preferito tenere per sé.
Si sedette nuovamente al tavolo e, guardando distrattamente fuori, continuò a mangiare pasticcini.
Quella sarebbe stata una giornata perfetta, se Kaori, anche involontariamente, non l’avesse rovinata. Sayuri lo sapeva, Kaori era fatta così, e se la cosa non le aveva mai dato problemi con altri ragazzi, era perché si trattava di persone completamente diverse da L.
Dai, sembra che stia parlando di quest’uscita come di un appuntamento, pensò improvvisamente Sayuri. Il pensiero la fece sorridere. La sua mente, ogni tanto, le faceva brutti scherzi.
L e Sayuri continuarono a mangiare senza parlare. Non si trattava, tuttavia, di un silenzio pesante. Era come se né lei né L avessero nulla da dirsi, e la cosa sembrava quasi essere naturale, forse era perché entrambi erano ancora impegnati a mangiare pasticcini e a finire di bere la propria cioccolata. Avevano, effettivamente, qualcosa da fare, qualcosa che motivasse il loro silenzio.
Fu quando ebbero finito sia i dolci che la cioccolata che Sayuri cominciò a spazientirsi. Stava giusto cercando qualche parola per rompere il silenzio, quando sentì L precederla.
- Comunque, devi sapere che mi ha fatto piacere, in un certo senso – disse.
- Cosa? – domandò Sayuri. Era piuttosto incredula, dato che poteva benissimo immaginare quale parte dei suoi commenti L avesse apprezzato, ma da lui non si sarebbe mai aspettata che avrebbe dato ad essi tanto peso. Alla fine, anche i ragazzi come lui avevano un po’ di vanità, e certamente qualche giudizio positivo sul proprio aspetto fisico non era mai dispiaciuto a nessuno.
- Sapere che tu ti trovi bene con me. Perlomeno, non trascorri sei qui perché ti senti in dovere di farlo, ma perché ti fa piacere.
Sayuri era ancora più sorpresa di prima. Solitamente, i ragazzi si accorgevano di più dei commenti sul campo estetico, piuttosto che sul campo caratteriale.
Ma L non è un ragazzo qualunque, ricordò a sé stessa Sayuri.
Dopo aver pagato il conto, uscirono dal locale e presero la metropolitana per tornare in albergo.
Si sedettero entrambi sul divano, e L accese il televisore. Sullo schermo comparvero le immagini di un talk show. Evidentemente l’argomento della discussione non interessava al ragazzo, che preferì concentrarsi sui dolci che erano rimasti sul tavolino dalla sera precedente.
Sayuri si mise a guardare distrattamente il talk show, ma il suo era più un tenere fissi gli occhi sullo schermo che un effettivo prestare attenzione al programma.
La ragazza non sapeva bene perché, ma aveva assolutamente bisogno di parlare di qualcosa. Il silenzio tra lei e L era diventato incredibilmente pesante, molto diverso da quello che era sceso tra loro mentre si trovavano nella pasticceria.
- Allora… - cominciò Sayuri - … hai scoperto qualcosa di più su Kira?
L spostò la sua attenzione dai dolci verso la ragazza. – Ci ho riflettuto su per tutta la notte, e….
- … e? – fece la ragazza, un po’ impaziente.
- … sono giunto a delle conclusioni.
- Sentiamo – disse Sayuri. Magari, avendo a disposizione qualche teoria formulata dal ragazzo, avrebbe potuto essere d’aiuto non solo dal punto di vista economico.
- Ho esaminato lo scenario al momento della mia morte, e ho fatto alcune considerazioni. Anzitutto, non è stato Kira ad uccidermi, materialmente, ma qualcuno ai suoi ordini. Poi, dal momento in cui nessuno in quella stanza aveva in mano il quaderno, dubito che il mio assassino si trovasse accanto a me. In ogni caso, se Kira ha agito secondo le mie aspettative, quelle persone ora dovrebbero essere tutte morte.
- Quindi? – domandò Sayuri.
- Quindi, questo significa che in gioco c’è qualcun altro, qualcuno che non faceva parte della squadra con cui lavoravo, ma che tuttavia è riuscito ad intrufolarsi nella nostra base, e questo non è possibile.
- Come mai non potrebbe esserlo?
- Semplicemente perché avevo fatto installare nell’edificio i migliori sistemi di sicurezza, ed è altamente improbabile che qualcuno sia riuscito a metterli fuori uso, anche se aiutato. In ogni caso, devo scoprire di chi si tratta, e che fine abbia fatto.
- Beh, non dovrebbe essere difficile scoprirlo… penso proprio che siano poche le persone a questo mondo ad avere una scrittura così orribile… davvero, avresti dovuto vederla, non sembrava nemmeno umana….
L si illuminò, improvvisamente. Osservando la sua espressione, Sayuri notò che cercava in tutti i modi di nascondere le sue emozioni, mantenendo misurati i suoi movimenti ed evitando di sorridere o di lasciar trasparire qualcosa dalla sua bocca… ma erano gli occhi a tradirlo. Erano incredibilmente espressivi, e in quel momento Sayuri capì che il ragazzo aveva intuito qualcosa, qualcosa di particolarmente cruciale per tutta la faccenda.
- E se chi ha scritto il mio nome su quel quaderno non fosse un essere umano? – disse L.
- Ma… io non credo che…. – rispose Sayuri.
- Hai detto tu stessa che toccando uno di quei quaderni hai potuto vedere uno shinigami. E, se non mi sbaglio, gli shinigami non sono esseri umani.
L non aveva tutti i torti, ovviamente uno shinigami non era un essere umano, tuttavia c’era qualcosa che non la convinceva. Certo, lei aveva potuto parlare con Ryuk, ma dubitava che potesse essere stato lui ad uccidere L… senza parlare del fatto che era strettamente legato a suo padre, e suo padre, se ciò che le aveva detto L fosse stato vero, non era Kira e non aveva mai avuto a che fare con L.
Sempre che L ti abbia detto la verità, disse la solita vocina, instillandole improvvisamente il dubbio. Era probabile che le avesse mentito, forse perché a nessuno avrebbe mai fatto piacere sentire il proprio padre accusato di omicidio.
In ogni caso, avendo conosciuto Ryuk, non gli sembrava proprio il tipo che avrebbe potuto uccidere L.
È un dio della morte, Sayuri, il suo compito è uccidere, ribatté la vocina.
Sayuri, tuttavia, era convinta che si trattasse di una situazione diversa. Certo, lo shinigami aveva un’idea di divertimento sicuramente diversa dalla sua e certamente più macabra, oltre ad uno spiccato humour nero, ma c’era qualcosa che Sayuri non riusciva a spiegarsi, una sensazione a pelle, che le diceva che Ryuk non era la chiave di tutta quella faccenda. In ogni caso, lo shinigami avrebbe potuto comunque sapere qualcosa di più di quella situazione, anzi, dalla risata in cui era esploso dopo aver visto cancellato il nome di L era quasi sicura che sapesse molto di più di quanto non desse a vedere.
C’era un solo modo, comunque, per sapere se lo shinigami avesse qualcosa a che fare con tutta quella faccenda, ed era intrufolarsi nuovamente nello studio di suo padre, toccare nuovamente il quaderno e chiedere direttamente a Ryuk tutte le informazioni di cui aveva bisogno… sperando che non le chiedesse di svaligiare tutta la sua riserva di mele.
Improvvisamente, una brillante canzoncina pop risuonò nell’aria.
- Ops, scusa – disse Sayuri, mentre frugava nella borsetta, alla ricerca del cellulare.
- Pronto? – disse, rispondendo al telefono.
L notò che l’espressione sul suo volto si era fatta improvvisamente allegra.
- Sì, certo… domani? Ok… no, non preoccuparti, non vi tirerò nessun bidone… promesso, promesso… dai, ci vediamo domani…. – disse la ragazza, poi chiuse il telefono.
- Scusa, era Kaori… mi ha invitata domani a uscire con le altre… non ti dispiace, vero?
Sayuri si sentì per un momento molto stupida. Insomma, perché mai L avrebbe dovuto considerare la sua presenza come un qualcosa di scontato?
- No, figurati. Anzi, non vorrei che ti sentissi costretta a restare con me.
- Oh, ma tu lo sai… come ho già detto, mi fa piacere… è che loro sono le mie amiche, e anche se non sempre facciamo cose entusiasmanti, mi sembra in questo periodo di starle trascurando… e poi, domani mattina dovrei anche studiare, martedì ho un compito in classe di matematica, e sono sicura che sarà difficilissimo….
L era sempre stato piuttosto bravo in matematica… sicuramente Sayuri non avrebbe esitato a chiedergli aiuto, nel caso in cui l’avesse saputo. Non aveva comunque intenzione di dirglielo, la compagnia di Sayuri gli piaceva, ma era certo che passare una giornata da solo l’avrebbe aiutato a pensare meglio.
- Di che cosa si tratta, esattamente? – domandò L.
- Oh, studi di funzioni, tipico argomento da ultimo anno… sto già tremando al pensiero degli esami….
- Se ti preoccupi troppo, non migliorerai la situazione – disse L, tentando di rassicurarla. Lui non aveva mai potuto frequentare un normale liceo, di conseguenza non aveva mai conosciuto il panico che avrebbe potuto provare un adolescente normale in vista degli esami. Probabilmente, col suo carattere, non sarebbe nemmeno mai riuscito a concepire una situazione del genere, e forse proprio per questo le sue parole non avrebbero sortito sulla ragazza alcun effetto.
- Hai ragione, in fondo, agitarmi non mi servirà a niente… e poi, manca ancora qualche mese, preferirei davvero non pensarci, per ora….
Il cellulare di Sayuri squillò nuovamente, stavolta con una suoneria diversa.
La ragazza prese il telefono, lesse il messaggio e sorrise.
- Scusami, tra poco devo andare… oggi mia madre è riuscita a ritagliarsi un pomeriggio libero, e le poche volte che capita lo passiamo assieme… sai, è un po’ come se fosse la mia migliore amica.
L, improvvisamente, si allarmò. Lui poteva avere soltanto una minima idea di ciò che poteva voler dire essere migliori amici, o del rapporto che ci potesse essere tra una madre e una figlia, dal momento in cui non aveva mai avuto la possibilità di godere di nessuno di questi due tipi di legami, tuttavia alcune cose era riuscito ad immaginarle: parlare di cose segrete, e magari, specialmente per una ragazza, di ragazzi….
Sayuri gli aveva assicurato di non aver fatto parola con nessuno di lui ma, da quanto aveva potuto sentire mentre si trovavano in pasticceria, la ragazza per poco non si stava per lasciar scappare tutto di fronte a Kaori, ed era stata davvero una fortuna che si fosse trattenuta all’ultimo momento.
E se, complice un’atmosfera più rilassata dovuta all’ottimo rapporto madre-figlia, avesse davvero parlato troppo? Poteva dire che Misa Amane non brillasse per acume mentale, ma sicuramente non poteva essere tanto stupida, dato che le probabilità che al mondo esistesse un’altra persona come lui era davvero minima.
- Che succede? – domandò Sayuri.
Maledizione, pensò L. Aveva imparato, col tempo, a non lasciar trasparire nessuna emozione nemmeno dagli occhi, ma evidentemente o aveva perso l’allenamento, o la presenza di quella ragazzina lo stava facendo troppo sciogliere, e questo non andava bene. In quel caso poteva anche lasciar correre, del resto aveva comunque intenzione di esporle i suoi dubbi, ma in altre occasioni sarebbe potuto costargli caro.
- Per caso, ti sei lasciata scappare qualcosa su di me con tua madre? – domandò il ragazzo.
Si è accorto di cosa mi stavo per lasciar scappare con Kaori, pensò Sayuri, dispiaciuta. Maledetta la mia linguaccia.
- Non la vedo praticamente dall’altro ieri a cena, non avrei mai potuto parlarle di te, in ogni caso.
- Stai attenta, comunque – disse L.
- Oh, non preoccuparti – rispose la ragazza, prendendo la borsetta e le buste con dentro ciò che aveva comprato quella mattina, ed alzandosi per uscire. Salutò L con un – Ciao! – per poi chiudere la porta della camera dietro di sé.
Sayuri raggiunse presto la madre al loro ristorante preferito.
- Ciao, mamma… scusa il ritardo – disse la ragazza, sedendosi al tavolo. Ormai non avevano nemmeno bisogno di prenotare, ogni volta che potevano pranzare assieme andavano lì.
- Oh, hai fatto shopping, stamattina! Perché non me l’hai detto? Avresti anche potuto rimandare a stasera, ti avrei dato qualche consiglio! – esclamò Misa.
- Scusa, è che… - Sayuri scelse accuratamente le parole, non voleva insospettire la madre - … avevo bisogno di stare un po’ da sola, così sono andata a fare un giro ad Aoyama. Ho trovato delle cose davvero carine, come torniamo a casa ti faccio vedere!
Un cameriere si rivolse a loro e chiese che cosa volessero mangiare.
Sayuri, che era affamata nonostante i pasticcini che aveva mangiato da poco, ordinò un pranzo completo compreso di dessert, mentre Misa ordinò una semplice insalata e un po’ di pesce. Come sempre, era a dieta.
- Non mangi nient’altro? – domandò Sayuri.
- No, no… piuttosto tu, guarda che con tutta la roba che hai ordinato rischi di ingrassare!
- Io? Mamma, ormai dovresti conoscermi!
Misa assunse un’espressione piuttosto contrariata, sicuramente non dovuta solamente alla sua premura di madre.
Sayuri scosse la testa. Poteva capirla, sua madre non era come lei, e probabilmente se avesse mangiato tanti dolci quanti ne mangiava lei sarebbe davvero ingrassata; tuttavia certi comportamenti erano più tipici di un’adolescente, piuttosto che di una donna della sua età.
- Non è giusto, Sayuri! – esclamò Misa. La sua espressione sembrava proprio quella di una bambina che si accorgeva che la compagna stava giocando con una bambola più bella.
Sayuri rise. Era vero, sua madre sembrava proprio una ragazzina, ma forse era proprio questo il bello di stare con lei, ed il motivo per cui quei pomeriggi che passavano assieme fossero così divertenti.
- Dai, lascia perdere… piuttosto, cosa si fa stasera? – domandò la ragazza.
Misa sorrise. – Fammi vedere le tue mani! – disse.
Sayuri smise per un attimo di mangiare, e posò le mani sul tavolo, aperte affinché la madre potesse osservarle anche le dita.
Misa esaminò le mani della ragazza con occhio esperto.
- Guarda, hai delle unghie quasi migliori delle mie, è perfetto!
- Ehm, allora?
- Oh, scusa – disse Misa – è che la mia estetista mi ha detto di passare da lei, ha detto che deve raccontarmi un sacco di cose, e dato che è anche una nail artist….
Nail artist. Sayuri aveva sentito parlare più volte di quella professione, e aveva visto più volte gli splendidi decori che erano capaci di creare sulle unghie delle persone. Lei non aveva mai provato a farsi fare un trattamento del genere, ma sicuramente la cosa non le dispiaceva.
- Wow – disse.
Mentre un cameriere serviva il dolce a Sayuri, Misa rimase ferma a guardare la figlia. Anche se era sua madre, la cosa non poteva che imbarazzare la ragazza, che sentiva come se la donna davanti a lei volesse mangiare almeno una forchettata della torta che lei si stava gustando, ma stesse resistendo alla tentazione di chiedergliene un pezzo.
- Ne vuoi? – disse Sayuri, porgendole la forchetta.
- No, no, grazie – rispose Misa, ritraendosi come se infilzato da quella forchetta ci fosse stato un insetto orribile.
Sayuri sorrise. Se si fosse trovata con L, sicuramente lui non avrebbe rifiutato… anche se con ogni probabilità avrebbe direttamente ordinato una torta intera tutta per sé. Probabilmente in quel momento stava dando fondo a tutti i dolci che lei gli aveva portato. A ben pensarci, la scorta si era già dimezzata rispetto al giorno prima….
Se continua di questo passo, pensò, dovrò andare un’altra volta a fare incetta di dolci.
Pensare ad L la faceva sorridere. Era un ragazzo strano, probabilmente non sarebbe mai rimasta con lui se non si fosse trattato di una situazione particolare, ma sentiva di volergli bene, in un certo senso.
Lo conosco solo da due giorni, però, disse a sé stessa Sayuri. C’era comunque da dire che quei due giorni li aveva trascorsi quasi interamente con lui, e che se questo certamente non bastava per conoscerlo fino in fondo, perlomeno era capace di dire se lui le piacesse o meno.
- Che cos’hai? – domandò Misa alla figlia.
Sayuri si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri.
- Niente, niente… perché?
- Stavi guardando per aria….
- Oh, no, mi stavo soltanto guardando un po’ in giro, nient’altro….
Misa Amane poteva anche non essere eccessivamente brillante, ma sicuramente non sarebbe mai caduta in un tentativo così spudorato di raggirarla.
- C’entra un ragazzo, vero?
Non poteva mentirle, anche perché sapeva benissimo che sua madre non le avrebbe mai creduto. Naturalmente sua madre avrebbe capito tutt’altro rispetto a ciò che era veramente, ma forse sarebbe stato meglio così.
- Sì, in un certo senso….
- Oh, wow! – esclamò Misa, eccitata – Allora ti devo assolutamente aiutare a conquistarlo! Anche se non credo che tu abbia problemi di questo genere, sei così carina… magari un giorno me lo presenti, vero? E, magari, se tutto tra voi procede bene, puoi anche invitarlo a casa, almeno tuo padre si abitua e non fa il geloso….
Nella mente di Sayuri apparve un’immagine piuttosto bizzarra: L che entrava in casa sua, le occhiate che gli avrebbe lanciato suo padre, l’espressione non propriamente contenta di sua madre nel vedere come si vestiva e di cosa si nutriva….
Per fortuna queste cose capitano soltanto con i fidanzati, dunque L non metterà mai piede in casa mia, pensò la ragazza, sollevata.
- Su, dimmi, è carino? – domandò Misa.
Beh, se per carino s’intende che ha degli occhi neri stupefacenti e dei bei capelli, allora sì... pensò la ragazza.
Un momento, un momento. Cos’ho appena pensato? disse la ragazza tra sé e sé.
Sicuramente si era trattato soltanto di quella stupida atmosfera frivola che sua madre creava automaticamente attorno a sé.
- Sì… - disse la ragazza – … ma preferirei cavarmela da sola, in questo caso….
- Come vuoi – rispose la madre – Ma se hai bisogno di un consiglio, io sono qui!
- Lo so, mamma, lo so…. – rispose Sayuri, alzandosi dal tavolo.
Avevano ormai finito di mangiare, e si sarebbero dirette immediatamente al centro estetico. Sayuri sapeva che i migliori lavori di nail art richiedevano molto tempo… senza tralasciare il fatto che sicuramente sua madre e l’estetista avrebbero avuto molto da dirsi, e che probabilmente avrebbero cercato di coinvolgere anche lei nella discussione….
Uscirono dal ristorante, e trovarono una splendida automobile nera ad attenderle.
- Non ci posso credere – disse Sayuri – Hai scomodato il tuo autista personale!
- Dai… se così possiamo viaggiare più veloci, perché no? – disse Misa, allegra.
- Sì, ma… a me non sarebbe dispiaciuto prendere la metropolitana… e poi, così tutti si accorgeranno di noi, e se mi rivedranno per strada non avrò più pace! 
- E allora? Alla tua età, sarei impazzita all’idea!
Sayuri sorrise. – E forse è per questo motivo che sei riuscita a fare carriera… ma per me non è lo stesso! – disse, entrando nella limousine.
La ragazza decise di godersi il viaggio. I vetri erano oscurati, dunque nessuno poteva vedere chi ci fosse dentro l’automobile, ma Sayuri invece poteva godersi i volti curiosi di chi cercava di guardare dentro… fu quasi delusa quando la macchina si fermò e Misa esclamò: - Siamo arrivate! – per poi scendere.
Sayuri la seguì. Si trovavano davanti ad un’insegna colorata e allegra. A giudicare dal gusto di sua madre, Sayuri poteva immaginare che la stessa atmosfera fosse riprodotta all’interno.
Fu accontentata. Ad accoglierle fu una donna di qualche anno più giovane di sua madre, che le salutò allegramente e che disse loro di accomodarsi e di attendere il ritorno suo e della sua assistente.
Sayuri si sedette su una delle poltrone, stendendo le braccia e le mani sui braccioli, aspettando l’estetista, che arrivò poco dopo.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi completamente, mentre ascoltava, senza prestare ad esse alcuna attenzione, sua madre e la sua amica che si raccontavano gli ultimi pettegolezzi su chissà quale star passata di recente per quel centro.
 
*
 
Quando uscirono, le unghie di Sayuri sembravano quelle di un’altra ragazza. Lei aveva sempre preferito una semplice french manicure, forse perché sicuramente più pratica, ora invece le sue unghie erano dipinte con smalto rosa brillantinato, mentre le punte erano decorate da smalto blu e argento. Il tempo era davvero volato, senza contare il fatto che sua madre si era fermata a parlare per un’oretta buona anche dopo aver terminato la manicure. Parlare di gossip sicuramente non era una delle priorità di Sayuri, ma qualche chiacchiera frivola in compagnia di sua madre le era servita per distrarsi un po’ da tutto ciò che le era capitato di recente.
Se tutto fosse andato come desiderava, la fatidica discussione con Ryuk su suo padre e sulla morte di L sarebbe avvenuta l’indomani mattina, quando suo padre molto probabilmente sarebbe stato di turno in centrale. Sua madre, invece, sarebbe partita per andare a girare il suo prossimo film – una commedia romantica che Sayuri non vedeva l’ora di guardare.
Pensare che suo padre fosse più coinvolto nella morte di L di quanto lei pensasse la rendeva nervosa, ma era qualcosa che, almeno per il momento, riusciva a controllare se evitava di pensarci. Dunque, fino al mattino seguente avrebbe dovuto trovare qualcosa con cui occupare la mente. Naturalmente avrebbe fatto vedere a sua madre i suoi ultimi acquisti, e questo sicuramente le avrebbe tenute occupate per un po’, poi magari si sarebbero buttate sul divano e avrebbero guardato qualche film strappalacrime. Sayuri sperò soltanto che tutto ciò bastasse per tenere il suo cervello buono e farla dormire tranquilla.
In ogni caso, le sue previsioni sulla serata si rivelarono – più o meno – esatte.
Non appena tornarono a casa, Sayuri mostrò alla madre ciò che aveva comprato quella mattina.
Misa si innamorò letteralmente del vestito rosso. – è così carino! Ogni tanto me lo presti, vero?
- Certamente, mamma – rispose Sayuri, appendendo l’abito ad una gruccia nel suo armadio.
Quando arrivò l’ora di cena, Sayuri temette che sua madre avrebbe cercato di rifilarle la solita insalatina, facendo leva sul suo senso di pietà (non avrebbe certo osato mangiare cibi calorici vedendo lei mangiare una misera insalata, vero?), invece Misa arrivò addirittura al punto di ordinare due pizze e concedersene una intera.
- Recupererò domani – disse – Sarò in viaggio e probabilmente non avrò neanche molta fame.
Dopo cena, si sedettero sul divano e, al contrario delle aspettative di Sayuri, non guardarono un film romantico e strappalacrime; facendo zapping, Misa aveva trovato una vecchia serie televisiva che davano quando lei era ragazzina. Era divertente, parlava di un otaku e di una ragazzina che risolvevano misteri.
- Quando avevo la tua età, mi piaceva moltissimo… tuo padre non l’ha mai potuta sopportare, ma del resto, lui dovrebbe tornare solo tra qualche ora…. – disse Misa.
- Già – rispose Sayuri ridendo.
E, infatti, anche dopo che entrambe si furono preparate per andare a dormire, Light Yagami non era ancora tornato.
Sayuri si coricò, relativamente tranquilla. Il pensiero di un’eventuale terribile verità ogni tanto si affacciava nella sua mente, ma lei provvedeva tempestivamente a scacciarlo. Sì, in quel momento lei era perfettamente tranquilla e in totale controllo di sé.
Sicura?
La solita vocina, implacabile, era arrivata a disturbarla.
Certamente, rispose lei, sonnecchiando.
E, ben presto, scomparve anche la vocina, mentre Sayuri cadeva nel sonno più profondo….
Tutto, attorno a lei, era buio. A parte qualche volta da piccola, non ne aveva mai avuto paura, ma in quel momento era diverso. Era come se, proprio lì, accanto a lei, stesse per accadere qualcosa di terribile, e che lei, non avendo la possibilità di vedere cosa le stesse succedendo attorno, fosse completamente inerme.
Poi, sentì delle voci. Erano voci lontane, quasi come delle eco, e ancora non poteva vedere da chi provenissero….
- Io so chi sei – rimbombò una delle voci.
Era una voce maschile, attutita come se appartenesse ad uno spirito, ad una persona che non esisteva più, se non attraverso quella voce….
- E allora dillo, se ne hai il coraggio – rispose un’altra voce, più ferma, più decisa ma soprattutto più umana.
Una forza completamente indipendente da lei costrinse Sayuri a voltarsi verso quella voce.
Una luce soffusa illuminò la scena. Sayuri vide suo padre, di spalle, e davanti a lui L, sempre nella solita posa ingobbita, le mani in tasca e l’espressione perfettamente impenetrabile.
- Tu… - Sayuri vide suo padre tirare fuori qualcosa dalla tasca e nasconderlo dietro la schiena, mentre L rispondeva - … sei… - si rese conto che quel qualcosa era una pistola, e che suo padre la stava alzando davanti a sé… doveva urlare ad L di stare attento, spostarsi, ma era come se il buio in cui era ancora immersa le avesse invaso anche la gola… doveva correre da lui, e trascinarlo via di peso prima che fosse troppo tardi, ma era come se tentacoli di quel buio opprimente la stessero tenendo ferma…. e, intanto, suo padre stava per premere il grilletto….
- … Kira.
BOOOM.
Sayuri si svegliò piangendo, seduta sul letto. Era scossa da un tremore incontrollabile, stava praticamente singhiozzando.
È solo un sogno, calmati, non c’è nulla di vero, disse a sé stessa per tranquillizzarsi, ma fu completamente inutile.
In quel sogno, era inerme. Completamente inutile. Aveva praticamente visto L morire, e non aveva potuto far niente per evitarlo. Cercò, tra le lacrime, di riprendere fiato.
Non è una reazione naturale, pensò. Era solo un incubo, e lei non si era mai comportata in quel modo, nemmeno da piccola… ma forse quel sogno aveva qualcosa di più serio dietro.
Quello che Sayuri sapeva, nonostante si sentisse ancora relativamente al sicuro, era che la situazione in cui si era ritrovata nel sogno sarebbe potuta essere reale.
L si sarebbe ritrovato, un giorno, in uno scontro faccia a faccia con Kira… poteva anche non essere suo padre (Sayuri aveva ancora conservato un briciolo di speranza al riguardo, anche se il sogno aveva minato parecchio il suo ottimismo), ma sicuramente sarebbe stato un avversario spietato, ed L, almeno al momento, non aveva nessun’arma a disposizione per difendersi, e lei sicuramente non gli sarebbe stata di alcun aiuto, a meno che non si facesse venire in mente qualcosa….
Il sogno era stato terribile, si era sentita come se L in quel momento fosse stata una delle persone più importanti della sua vita, era conscia del fatto che, se il buio l’avesse lasciata andare, lei si sarebbe messa in mezzo tra L e suo padre.
È qualcosa di cui dovrei preoccuparmi?
Non era il caso di pensarci in quel momento: sicuramente era ancora troppo suggestionata dall’incubo per poter ragionare lucidamente.
Forse, andare un attimo in cucina e bere un bicchiere d’acqua mi aiuterà a rischiararmi le idee.
Uscì dalla sua stanza, cercando di fare più silenzio possibile in modo da non svegliare nessuno. Mentre attraversava il corridoio, però, le venne un’idea.
Sicuramente non ci sarà nessuno nello studio. Forse questo è il momento migliore per scoprire la verità.
L’unica cosa che un po’ la sconvolgeva era che, forse perché era ancora scossa, se avesse scoperto una verità spiacevole non avrebbe avuto alcun dubbio su con chi schierarsi. Almeno su quello, si sarebbe dovuta prendere del tempo per riflettere.
Si accostò alla porta dello studio, per scoprire che la luce era accesa.
C’è qualcuno.
Sentì delle voci, e scoprì con una punta di orrore che una apparteneva a suo padre. Si ricordò improvvisamente del sogno, e fu scossa da un brivido.
- Anche dopo tanti anni, esistono ancora criminali così stupidi da cascarci. Ormai non c’è più soddisfazione nello scrivere i loro nomi su questo quaderno – lo sentì dire.
Sayuri sapeva che non avrebbe mai potuto parlare in quel tono a sua madre, e nemmeno a Chika. C’era solo un essere in quella casa a cui avrebbe potuto rivolgere quelle parole. Ryuk.
Lo shinigami, comunque, non tardò a farsi sentire.
- Non è colpa loro, in fondo sei tu che sei un gran furbacchione, Light. Ma c’è ancora una cosa che non ho capito… perché continui a lavorare per la polizia?
- Perché è un’ottima copertura, Ryuk – si sentì il rumore di qualcosa che veniva sgranocchiato, probabilmente una mela, o una patatina fritta – e poi, non tutti sono così tanto idioti. La criminalità ancora non è stata sconfitta, non ho ancora ottenuto l’effetto che volevo.  Molti di loro stanno affinando le tecniche, si nascondono il volto e diventano difficili da catturare… ed è per questo che lavoro per la polizia, per avere il massimo controllo delle operazioni ed essere tra i primi a vederne il volto e a scoprirne il nome. E poi, non posso ancora uscire allo scoperto.
- Come mai, Light? Sei ad un passo dall’avere il mondo intero ai tuoi piedi, e la situazione sta cominciando a diventare noiosa!
- Ti sbagli, Ryuk. Il mondo non è ancora ai miei piedi. Ci sono ancora tante persone che non apprezzano il mio operato, e, a differenza dei tempi passati, sono diventate molto più prudenti… anche salendo al potere, non sarei in grado di controllarli, e insieme potrebbero rovesciarmi. Mai sottovalutare ciò che potrebbe fare una folla di gente tutta insieme, Ryuk. Ma basterà dare loro una prova tangibile del mio potere, estirpare alla radice ogni forma di criminalità dalla faccia del pianeta, e anche loro si convinceranno definitivamente… e allora, finalmente, potrò uscire allo scoperto, perché il mondo sarà pronto per il mio regno, il regno di… - Sayuri strizzò gli occhi, già abbastanza sconvolta da quello che aveva sentito.
Dì “Light Yagami”, fai che il tuo sia un soprannome qualsiasi, ma, ti prego, non pronunciare quel nome….
- … Kira.
Sayuri si lasciò andare seduta contro la parete, completamente svuotata. Aveva sperato fino all’ultimo che suo padre non fosse Kira, che il fatto che lui possedesse il quaderno fosse una semplice coincidenza, e che lui non fosse il responsabile della morte di L… in quell’attimo, tutta la sua speranza era andata in frantumi.
Suo padre era un assassino, e lo era da ben ventiquattro anni, se non anche di più.
L’istinto più immediato era quello di restare lì e continuare a piangere, ma Sayuri sapeva che non era sicuramente la cosa migliore da fare: non avrebbe contribuito a mantenerle la mente lucida, e perdipiù suo padre sarebbe potuto uscire dallo studio, e avrebbe scoperto che stava origliando. Si sarebbe fatto qualche scrupolo, vedendo che si trattava di sua figlia? Non lo sapeva, ma nemmeno le interessava provarlo.
Si alzò, tirando su col naso, e raggiunse in silenzio la cucina. Fece attenzione a non accendere la luce, e a fare il minimo rumore possibile: così, se suo padre fosse uscito dallo studio nel frattempo, non si sarebbe accorto di lei. Si riempì un bicchiere d’acqua, e lo mandò giù tutto d’un fiato. Avrebbe sicuramente contribuito a sciogliere un po’ il groppone che aveva in gola, e forse sarebbe riuscita a dormire.
Mentre ritornava in camera, lanciò un’occhiata alla porta dello studio. La luce sembrava accesa, dunque suo padre non aveva ancora terminato la sua carneficina.
Chiuse la porta della sua stanza dietro di sé, si stese nel letto e si seppellì sotto la coltre di coperte. Era un ambiente decisamente ovattato, sin da piccola lì si sentiva al sicuro. Purtroppo, in quell’occasione le fu difficile trovare protezione sotto la trapunta. I cattivi pensieri non esitavano ad andare via, la delusione nei confronti di suo padre, la paura che potesse tornare a fare del male ad L, per non parlare della confusione e dall’agitazione portate dal sogno…. Impiegò molto tempo a prendere sonno.
Stavolta, stava camminando in uno splendido prato verde. Il tempo era perfetto, il cielo limpido e terso, non una nuvola. Era contenta, per qualche motivo, come se il tempo atmosferico riflettesse il suo stato d’animo. Ad un tratto, però, sentì un alito di vento accarezzarle il viso e, istintivamente, chiuse gli occhi.   
Li riaprì, e vide che qualcosa aleggiava davanti a lei… solo dopo qualche secondo riconobbe quel qualcosa come una persona.
Era L, ma in lui c’era qualcosa di strano: era come se fosse trasparente, un fantasma.
Inspiegabilmente, Sayuri sentì il suo cuore battere forte, provò l’istinto di allungare la mano e toccargli i capelli, ma qualcosa la frenò, forse il fatto che lui sembrasse fatto di spirito inconsistente.
Gli occhi del ragazzo la fissavano, colmi di rimprovero, e lei si sentì piena di vergogna.
- Non ce l’hai fatta – disse L. La sua voce era strana, quasi ultraterrena. Il suo tono di voce era severo e, quasi istintivamente, Sayuri chinò il capo.
- Mi dispiace… - mormorò lei.
- Non hai fatto niente… sono morto davanti ai tuoi occhi….
Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che non era riuscita a muoversi, che se fosse dipeso da lei i loro ruoli si sarebbero invertiti, e in quel momento sarebbe stata lei il fantasma?
Sollevò gli occhi sul fantasma, e vide che i suoi occhi esprimevano una profonda tristezza.
- Addio… - sussurrò lui, e Sayuri lo vide allontanarsi, sospinto da una folata di vento, sempre più in alto, sempre più lontano….
Sayuri si mise a correre. – No! – urlò, ma L non le diede ascolto.
- Fermati, ti prego! Io… io ti….
L’erba era bagnata, e lei cadde, faccia a terra. Tutto si fece scuro… l’unica cosa che riusciva a sentire era l’odore dell’erba, e la sensazione della terra bagnata….
Spalancò gli occhi, e scoprì di essere in camera sua. Una luce piuttosto insistente filtrava attraverso la finestra, segno che ormai era giorno fatto.
Si sedette sul letto. Era stremata come se non avesse praticamente dormito, ed era stranamente lucida. Quel sogno, in qualche modo, le aveva portato chiarezza sul da farsi.
Sarebbe dovuta andare immediatamente a dire ad L cosa aveva sentito. Non avrebbe mai permesso che lui, in futuro, la guardasse in quel modo, con quello sguardo pieno di dolore e delusione. Non sarebbe rimasta ferma ad aspettare.
Ora, si sarebbe fatta una bella doccia, sarebbe corsa da lui e gli avrebbe detto tutto.
Entrò in bagno senza nemmeno aver fatto colazione.
Mangerò qualcosa in viaggio, pensò, anche se aveva lo stomaco completamente chiuso.
L’ultimo sogno l’aveva un po’ innervosita, nonché gettata nella confusione. Sapeva che il suo legame con L era qualcosa di particolare, diverso da quello che avrebbe potuto creare con qualsiasi altro ragazzo, ma non credeva che l’avrebbe portata a sognare cose simili.
Non puoi comandare la tua mente mentre dormi, ricordatelo, disse a sé stessa, mentre usciva dalla doccia. Si vestì velocemente, prese le chiavi di casa, la borsa e il giubbotto e attraversò la sala da pranzo, diretta verso la porta, pronta ad uscire… senza nemmeno accorgersi di chi ci fosse dentro, convinta di essere completamente sola, a parte per Chika, la domestica.
- Sayuri, dove vai così di fretta?
La ragazza si bloccò davanti alla porta, spaventata. La voce era quella di suo padre, e constatare ancora una volta quanto fosse identica a quella del sogno la spiazzava.
Si voltò, e lo vide seduto al tavolo mentre leggeva il giornale.
Calma, Sayuri. Lui non sa dove stai andando. E poi, del resto, sei una ragazza di diciotto anni, se esci di casa non c’è nulla di male.
- Io… io… stavo uscendo con delle mie amiche… tu, piuttosto, non eri di turno?
- No, ho deciso di prendermi la mattina libera. Piuttosto… tu non dovresti studiare?
Per la prima volta in tutta la sua vita, il tono con cui si rivolgeva a lei per ricordarle i suoi doveri scolastici le faceva accapponare la pelle, e sicuramente questo non era legato effettivamente a ciò che le stava dicendo.
- Sì… ma tanto, questo pomeriggio devo tornare a casa….
Era una bugia bella e buona, e Sayuri gliel’aveva rifilata pur sapendo alla perfezione che mentire a Light Yagami sarebbe stato più o meno come gettarsi in una gabbia piena di leoni famelici.
- Non mentirmi. So benissimo che hai un appuntamento con il tuo gruppo anche per questo pomeriggio.
Sayuri stava per rispondergli in malo modo, ma si bloccò al pensiero di ciò che suo padre era capace di fare, apparentemente non solo con i criminali (perché L non era un criminale, e Sayuri lo sapeva), ma anche con coloro che lo contrariavano.
- Va… va bene. Mi hai scoperto. Ora posso andare? – disse la  ragazza, cercando di mantenere un tono di voce misurato. Mostrarsi troppo nervosa avrebbe insospettito suo padre.
- Sayuri, non credi di star sottovalutando un po’ troppo il compito di martedì? Prendere un brutto voto solo per un’uscita con le amiche non mi sembra una cosa saggia. E poi, le vedi già stasera….
La voce di suo padre aveva assunto un tono particolare, e Sayuri sapeva benissimo che si trattava della sfumatura che utilizzava per convincere qualcuno a fare ciò che non voleva. Col tempo, aveva imparato che era assolutamente impossibile resistergli. Inoltre, in una situazione del genere, per evitare sospetti sarebbe stato meglio assecondarlo.
- Ok, hai ragione. Mi conviene restare a casa, e studiare.
Naturalmente, alla prima distrazione del padre, sarebbe scappata fuori. Sapeva perfettamente che lui si sarebbe accorto della sua assenza, ed era conscia della strigliata che si sarebbe beccata al suo ritorno, ma sicuramente comunicare ad L ciò che sapeva era più importante, sia che lui stesse sbagliando strada, sia che le avesse mentito.
- Bene. Resterò qui in sala da pranzo, giusto per assicurarmi che tu resti in casa e non tenti di andartene.
Sayuri cercò di non mostrarsi troppo sgomenta, e si rifugiò in camera sua.
Tirò fuori controvoglia il libro, e si sedette alla scrivania.
Se solo avessi il suo numero di telefono, potrei mandargli un messaggio….
Si ricordò poi che lui non possedeva un cellulare.
Bisogna comprargliene uno, allora.
Tentò di concentrarsi sulle formule matematiche, ma si rese conto che era difficile. Tanto per cominciare, le regole erano così tante che impararle a memoria tutte sarebbe stata un’utopia, e certe formule poi erano assolutamente incomprensibili. Inoltre, la sua mente era completamente invasa da altro.
Forse, se mio padre ha deciso di prendersi una mattinata libera proprio oggi, un motivo c’è, pensò.
Magari, ha scoperto di ieri notte… la stuzzicò la vocina.
No, non credo. Ho fatto attenzione a non farmi sentire….
Ma l’attenzione non è mai abbastanza, se c’è di mezzo Light Yagami.
Era vero. Non solo suo padre aveva un ottimo fiuto per le bugie, ma era a sua volta un ottimo bugiardo, ed era capacissimo di farti credere di averlo fregato, quando invece non era vero.
E poi, perché rischiare per uno che ti ha mentito spudoratamente?
Anche questo era vero. A ben pensarci, era difficile che L si fosse sbagliato, dato che era così sicuro di conoscere l’identità di Kira. Non sapeva esattamente perché le avesse mentito, probabilmente non voleva spaventarla, in ogni caso non se la sentiva di colpevolizzarlo per questo.
Avrà avuto i suoi motivi.
No, sei tu che hai la mente annebbiata, Sayuri.
La risposta della sua coscienza quasi la indignò, ma dovette rendersi conto che nessuno avrebbe mai potuto conoscerla meglio della sua coscienza.
Era strano, nonché assurdo. In condizioni normali, chiunque le avesse mentito in quel modo e su argomenti del genere l’avrebbe pagata molto cara, ma in quell’occasione Sayuri si sentiva come indebolita. Pensò di urlare in faccia a quel ragazzo tutto ciò che lei pensava sui bugiardi, ma scoprì di non avere il cuore per farlo.
Ripensò istintivamente ai sogni di quella notte, e all’ultima frase che aveva urlato….
- Io… io ti….
Dai, sai perfettamente come completarla, disse, implacabile, la sua coscienza.
Stai zitta.
È inutile, arriverà presto il momento in cui dovrai ammetterlo.
No. Se c’era una cosa che si rifiutava di pensare era che ciò che la legava ad L, almeno dal suo punto di vista, fosse QUELLO.
Lo conosceva solo da tre giorni, e se poteva accettare di essergli diventata amica in così poco tempo, non poteva accettare di provare qualcosa di più. Era semplicemente un’utopia.
Dio, che confusione.
Visto? Nemmeno tu sei sicura di quello che provi.
Sayuri decise di mettere a tacere perlomeno la sua coscienza, che sarebbe diventata ben presto molto sporca per averle impedito di studiare.
Si concentrò nuovamente sui libri, e fu solo verso le undici che decise di arrendersi, e di andare in cucina a prepararsi una tazza di tè.
Già che ci sono, posso prepararne un thermos e portarlo ad L domani.
Si recò in cucina, e cominciò a mettere l’acqua nel bollitore, mentre cercava il thermos negli armadietti. Purtroppo, il fatto di avere una domestica che si occupava praticamente di tutto aveva delle conseguenze: Sayuri non conosceva molto bene la cucina e non aveva la minima idea di dove i thermos si trovassero.
Finalmente, ne vide uno sul ripiano più alto di uno degli armadietti superiori: purtroppo, Sayuri non era molto alta, e dovette mettersi in punta di piedi per cercare di raggiungere il ripiano.
- Cosa sta facendo, signorina?
Sayuri prese il thermos, poi si voltò. Chika era appena entrata nella cucina, e si stava avvicinando a lei.
- Sto… sto preparando il tè, non vedi? – rispose Sayuri. Le dava del tu, del resto Chika era una ragazza di pochi anni più grande di lei, e proprio non se la sentiva di darle del lei. Mise il thermos sul tavolo, e aprì l’armadietto delle tazze.
- Ne vuoi una tazza? – domandò Sayuri.
- Va bene – rispose Chika, alzandosi per aiutarla.
- Oh, lascia stare – disse Sayuri, rifiutando l’aiuto della ragazza – faccio da sola, sono solo due tazze di tè.
Sayuri versò il tè, poi si sedette, e cominciò a sorseggiare la bevanda.
- Grazie – disse ad un certo punto Chika.
- Di cosa? – le disse Sayuri. In fondo, era semplicemente come parlare davanti ad una tazza di tè con una sua coetanea, non c’era nulla di strano. In più, le avrebbe dato una mano a distrarsi un po’, magari l’avrebbe aiutata a fare ordine nella sua mente, chissà.
- Sa, signorina, ultimamente mi sembra un po’ strana. Va tutto bene? – domandò Chika.
Sayuri non sapeva cosa risponderle. Insomma, era sicura che Chika non sarebbe andata a spifferare nulla a suo padre, ma ovviamente non avrebbe potuto raccontarle tutta la verità. Decise di raccontarle la parte che, forse, sarebbe stata più consona ad una ragazza della sua età.
- Ho conosciuto un ragazzo e non so bene cosa provo per lui, insomma, un problema tipico di una ragazzina. E non chiamarmi signorina… è così antico!
- Oh, va bene – disse Chika, sorridendo.
- In più – continuò Sayuri – lo conosco solo da tre giorni, e mi sembra impossibile che provi qualcosa del genere dopo così poco tempo… non è da me, sai.
- Sicura che non sia possibile?
- Io… non lo so, davvero. È che sono convinta che per provare qualcosa del genere bisogna conoscersi, passare del tempo assieme… io non lo conosco, effettivamente. Certo, le basi per un’amicizia ci sono, ma senza andare oltre. Invece, stanotte l’ho sognato, ho sognato che se ne stava andando, e….
- Capita, di fare questi sogni. Non sei la sola. E poi, può darsi che ci sia qualcosa di lui che ti attira… non lo conosco, può essere bellissimo, magari, oppure fa il misterioso….
Misterioso. Certamente L era un tipo molto misterioso, e non le aveva mai parlato di sé, a meno che non si fosse trattato di qualcosa inerente il caso di cui si stavano occupando. E, riguardo il fatto che fosse bello, in fondo era qualcosa che aveva sempre pensato. Sayuri sapeva che il motivo per cui in quel momento si trovava in quella condizione non risiedeva né nella bellezza, né nel mistero di L, o, almeno, non ne era la causa principale.
- Non credo, Chika. Queste sono cose che posso aver provato per altri ragazzi, ma credo proprio che questo non sia il caso. È assurdo, davvero, e non ho la minima idea di come comportarmi.
Chika sorrise. In fondo, un po’ la conosceva. Era vero, non avevano mai avuto molti contatti, sicuramente non come in quel momento, ma praticamente vivevano sotto lo stesso tetto da due anni, e Chika aveva imparato molte cose su di lei anche solo osservandola.
- In questo caso, credo che tu debba solo distrarti un po’, e vedere poi come ti sentirai quando lo rivedrai.
Distrarsi. La fa facile, lei.
- Grazie per il consiglio, cercherò di seguirlo – disse Sayuri, finendo di bere il suo tè – ma ora credo che tornerò sui libri. Non vorrei che mio padre mi scoprisse qui a chiacchierare.
- Va bene – rispose Chika, alzandosi – Comunque, fammi sapere come va a finire. Spero di esserti stata d’aiuto.
Sayuri ritornò in camera sua. Parlare con Chika le aveva fatto bene, l’aveva aiutata a sfogarsi, tuttavia il problema restava sempre lì, e non si sarebbe risolto se non, probabilmente, l’indomani pomeriggio.
La cosa che più la turbava era il fatto che non avesse quasi minimamente pensato a suo padre, in tutta quella faccenda; il semplice fatto che fosse suo padre avrebbe dovuto perlomeno spingerla a lasciar perdere L, anche senza andare direttamente contro di lui, no? In teoria, ciò che lega una figlia ad un padre dovrebbe essere forte, giusto? Non si può accantonare un legame del genere per stare con una persona appena conosciuta, vero?
Questo era ciò che Sayuri aveva sempre considerato logico, ma evidentemente in quel caso non funzionava. C’era solo una cosa che lei sapeva, ed era che, al di là di tutto ciò che poteva provare, non avrebbe mai lasciato L solo al suo destino. Suo padre aveva fatto in modo che lui morisse, e questo era semplicemente imperdonabile. Lei aveva sperato con tutto il cuore che non fosse suo padre il colpevole, ma lui l’aveva delusa.
Sai che se tuo padre scopre chi hai intenzione di aiutare, probabilmente non si farà troppi scrupoli e ti ucciderà? disse la vocina nella sua mente.
Sayuri lo sapeva, e aveva deciso che era un rischio che poteva affrontare. Lei era fatta così: se teneva ad una persona, era disposta a fare tutto per lei, e quel caso non faceva eccezione.
Aprì nuovamente il libro di matematica, ma era tutt’altro che concentrata, e inoltre era praticamente ora di pranzo. Anche se si fosse messa a studiare, sapeva che sarebbe stato tempo sprecato.
Non riuscì a mangiare molto neanche a pranzo, e per fortuna suo padre non sembrò trovare niente di strano nel suo comportamento.
Dopodiché, non le restava altro da fare se non prepararsi e aspettare l’arrivo delle sue amiche.
Quando si guardò allo specchio, vide che aveva un’aria parecchio sbattuta.
Nulla che non si possa nascondere con un po’ di trucco, pensò.
Dopo essersi sistemata a dovere, sembrava quasi che quello fosse un giorno qualunque, e che la ragazza davanti allo specchio fosse la Sayuri di sempre.
Il cellulare di Sayuri squillò, e questo voleva dire che le sue amiche la stavano aspettando. Sperò soltanto che non si accorgessero di nulla di strano, altrimenti l’avrebbero bombardata di domande e sarebbe stato tutto ancora più tremendo.
Si recarono ad un centro commerciale, dato che fuori faceva freddo. Mentre le sue amiche si fermavano, interessate, a guardare e commentare le vetrine dei negozi, Sayuri camminava quasi come estraniata dal mondo, e sicuramente i suoi pensieri non erano diretti ai vestiti nelle vetrine. Stranamente, si rese conto solo in quel momento di quanto tutta quella situazione fosse più grande di lei; del resto, era solo una ragazzina, fino a quel momento interessata quasi esclusivamente a divertirsi e a comportarsi, appunto, da adolescente. Era da un po’ che quel pensiero le sfiorava la mente, da prima che incontrasse L, ma solo ora ne era sicura: tutto ciò che la circondava in quel momento, i vestiti, i negozi, le stesse amiche, erano qualcosa di incredibilmente frivolo e privo di importanza.
Forse è solo qualcosa di momentaneo, tra qualche giorno passerà tutto.
- Ehi, Sayuri! – esclamò Kaori, trascinandola in un negozio – Che te ne pare?
Kaori indicò una giacca bianca per cui, in un’altra occasione, Sayuri sarebbe impazzita.
- Hmm… carina – rispose invece, per niente entusiasta.
- Sayuri… c’è per caso qualcosa che non va? Sembra che hai la testa per aria!
- No, no… tutto normale – rispose Sayuri, cercando di sorridere.
- Piuttosto… com’è finita ieri con Ryuzaki? Ha detto qualcosa sulla nostra conversazione?
- Non si è offeso… diciamo che ha pure gradito, in un certo senso.
- Hmm – fece Kaori – Allora credo di aver capito che cosa ti impensierisce tanto: tu provi qualcosa per lui, ma non sei sicura che lui ricambi… ho indovinato?
In parte era vero… insomma, Sayuri sicuramente provava qualcosa per L, ma non si era mai posta il problema di essere ricambiata, dato che non sapeva bene nemmeno lei che cosa provasse.
- Quasi – rispose Sayuri.
Per una volta, non si stava sbagliando completamente. Ma, fosse stato solo quello, sicuramente non sarebbe stata così tanto in pensiero.
- Dai, ora passiamo un pomeriggio tutte assieme e poi andiamo a mangiare una pizza… ai ragazzi ci pensiamo domani!
Sayuri si vide quasi costretta ad accettare. Avrebbe comunque tentato di tornare a casa presto, per parlare con Ryuk. Se avesse voluto aiutare L, avrebbe dovuto agire tempestivamente, prima che suo padre si rendesse conto di ciò che stava succedendo.
La serata passò tranquillamente. Nessuna delle sue amiche sospettò niente sul reale motivo della preoccupazione di Sayuri ma, considerando il suo umore serio come semplice conseguenza di qualche problema amoroso, fecero di tutto per tirarla su di morale. Difficile fu tentare di far tornare tutte a casa presto. Erano abituate a fare tardi quando uscivano, e i loro genitori spesso non erano attenti agli orari in cui le figlie tornavano a casa.
Quando Sayuri, finalmente, riuscì a tornare a casa, era sveglia e lucida, nonostante l’ora tarda. Si accertò che suo padre non fosse in casa, poi pensò al da farsi. Avrebbe esaminato nuovamente i quaderni, poi magari avrebbe chiesto qualche informazione a Ryuk. Era sicura che, anche se non fosse stato presente al momento, lo shinigami avrebbe potuto dirle tutto ciò che desiderava sapere.
Entrò nello studio. Non poteva ancora credere che, soltanto la notte prima, suo padre avesse ucciso delle persone in quella stanza. In ogni caso, non perse molto tempo a rimuginare su ciò che aveva sentito dire da suo padre, ma si diresse subito verso i cassetti in cui aveva trovato i quaderni.
- Di nuovo qui a curiosare, eh?
Sayuri si voltò. Ryuk era davanti a lei, anche se non aveva ancora toccato di nuovo il quaderno.
Che sciocca, pensò, per poterlo vedere di nuovo non mi serve toccare di nuovo il quaderno.
- Devo cercare delle cose – rispose Sayuri laconica, mentre apriva e cassetti e prendeva in mano i due quaderni.
Improvvisamente, mentre si trovava lì, inginocchiata sul pavimento, con Ryuk davanti a sé e due Quaderni della Morte in mano, si rese conto che in quella situazione c’era qualcosa di sbagliato.
Era una cosa a cui non aveva mai pensato prima. Sapeva che, in teoria, ad ogni quaderno corrispondeva uno shinigami, e che apparentemente uno shinigami non poteva separarsi dal quaderno a lui affidato; sicuramente Ryuk non avrebbe mai accettato di restare chiuso in quello studio, se non costretto.
Dunque, a rigor di logica, in quel momento davanti a lei non ci sarebbe dovuto essere solo uno shinigami, bensì due.
Forse questo è la chiave di tutto, pensò Sayuri, domandandosi dove si trovasse lo shinigami mancante. Forse c’era un modo per rendere libero uno shinigami, e non costringerlo a restare accanto al suo quaderno, o forse c’era qualcos’altro dietro….
Sayuri posò sulla scrivania il primo quaderno, quello appartenente a Ryuk, e si rigirò tra le mani l’altro quaderno, come se quel gesto avesse potuto farne comparire lo shinigami. Non accadde nulla.
La ragazza rimase per qualche secondo in silenzio, fissando il quaderno. Poi, alzò lo sguardo verso lo shinigami.
- Ryuk?
- Sì?
Sayuri fece un respiro profondo. – Dimmi… che fine ha fatto lo shinigami di questo quaderno?
   
 
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