Uno sporco negro. Un enorme sporco negro fluttua fuori dall’ombra. La sua stazza animalesca. La sua incorporeità paradossale. Quasi evanescente. La ragazza è appena entrata in casa. Sembrava tutto tranquillo. Lancia le chiavi sul mobiletto dell’ingresso. Non accende nemmeno la luce. Non si capisce che succede ma un istante dopo le due mani sono bloccate dietro la schiena e l’enorme mano d’ombra che gli serra la bocca. Un fremito di violenza istintuale. Tenta di liberarsi. Se avesse tentato di spostare un palazzo avrebbe ottenuto lo stesso risultato. Una stretta immane e marmorea. Fredda. Inamovibile.
I suoi occhi sono sprangati e poi sgranati nel buio non
vede. Riflesso nello specchio nella penombra la belva che la
imprigiona. Nella sua mente riecheggia la parola “stupro
stupro stupro stupro” finchè questa parola
perde di senso ma continua a scoppiarle la testa. Si dimena. Piange. Suda.
Vorrebbe gridare. Repressa. Non può trovare sfogo nella fuga. Non potrà trovare
sfogo nel grido. Nessun inseguimento e sobbalzo all’apparire del mostro. In
questi secondi è una perla. Un mondo sporco di ipocrisia.
In un mondo in cui tutto è problematico difficile
misto ipocrita falso cambia faccia frenetico arrogante cangiante ammaliante
sensuale pubblicitario morale pudico cosa posso trovare di puro? Ecco l’essere umano nella sua purezza animale. Paura. Nella sua vita
quanta ne avrà mai avuta? Credo mai? Per ora è solo
paura. Poi i suoi occhi piangeranno le lacrime del terrore. Ma
non è momento. La paura scemerà e sublimerà in un una
tensione