Capitolo
uno.
“Pix,
diavolo di un
Poltergeist! Se ti metto le mani addosso ti strasformo in un Molliccio,
lo
giuro!”
Hermione
estrasse la
bacchetta dalla tasca interna della divisa e con un colpo secco si
ripulì dal
letame che la insozzava quasi completamente, mentre la risata di Pix
spariva
echeggiando lontana lungo il corridoio del terzo piano.
Ripose
la bacchetta e borbottando
tra se si avviò spedita verso la porta di legno massiccio
che solo due anni
prima era stata l’entrata dell’ufficio polveroso di
Lupin.
Erano
cambiate molte cose
da allora, troppe in effetti.
In
due anni tutto il suo
mondo era stato sconvolto terribilmente; prima il Marchio Nero alla
Coppa del
mondo, poi la morte di Cedric Diggory;nello stesso anno Barty Crouch
Junior era
riuscito ad infiltrarsi ad Hogwarts, aveva assassinato il padre e Harry
aveva
assistito alla resurrezione di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
E
come se tutto questo non
fosse stato ancora abbastanza, quell’anno si era verificato
un attacco di Dissennatori,
in pieno giorno, in Privet Drive; un’evasione di massa da
Azkaban e poi lei:
Dolores Jane Umbridge.
La
porta dell’ufficio si
aprì rivelando così quell’abominevole
rosa shocking delle pareti, dalle quali
miagolavano una miriade di gatti taluni incorniciati, taluni dipinti in
piatti
di porcellana ed altri ricamati in orrendi centrini merlettati. Un
odore acre
aleggiava per la stanza, misto a quello del tè .
L’Inquisitore
Supremo,
nonché neo Preside della scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts sedeva, come
di consueto, dietro la sua scrivania dalla copertura di velluto tenuta
in un
perfetto ordine maniacale mentre osservava compiaciuta Seamus Finnigan
massaggiarsi la mano rossa e sanguinante.
“Bene
signor Finnigan,
penso che per oggi possa bastare.”
Il
ragazzo non se lo fece ripetere
una seconda volta: raccattò al sua borsa con la mano buona e
lasciò la stanza,
non prima di aver lanciato ad Hermione uno sguardo di eloquente
comprensione.
“È
in ritardo Signorina
Granger.” Trillò sorridente aggiustandosi il
cappellino in bilico in cima alla
testa.
“Mi
scusi.” Biascicò.
Tentare di spiegarle il motivo del suo cocente ritardo sarebbe stato
del tutto
inutile.
“Prego,
si sieda.” Con un
movimento fluido della bacchetta la poltroncina si spostò di
lato quel tanto
che bastava per permettere ad Hermione di accomodarvisi mentre,
nervosa, si
lisciava la divisa nera sulle gambe. “Di cosa voleva
parlarmi, Signorina
Granger?”
“Del
Ballo di Halloween,
Professoressa.” La Umbridge prese a bombardare la sua tazzina
del tè con una
quantità non indifferente di zucchero di canna, il che
servì solo a provocare
la nausea ad Hermione al solo pensiero di che sapore indescrivibilmente
orrendo
potesse avere quel liquido.
“Gli
studenti chiedono,
tramite la mia voce, l’autorizzazione per allestire la Sala
Grande.”
Se
non fosse stato che
nessun Prefetto e nessun Capo Scuola aveva avuto il fegato di proporsi
come
portavoce degli studenti, Hermione non si sarebbe mai nemmeno sognata
di
scendere ad un livello tale da implorare quella donna.
Perché
quella era un’implorazione
e sia lei che la Umbridge lo sapevano.
Ma
era pur sempre un dovere
al quale, in quanto Prefetto, aveva sentito il dovere di adempire.
“Ma
certo, mia cara.”
Sorrise serafica dietro la sua tazzina invasa da motivi floreali che
fluttuavano sulla porcellana bianca,”Parlerò con
la Squadra d’Inquisizione;darò
a loro il compito di organizzare tutto se a voi altri non dispiace,
è ovvio.”
Rospo
schifoso e bugiardo!
“Ma
si figuri,
Professoressa!” sibilò a denti stretti.
Se
c’era una cosa che
Hermione odiava della Umbridge più del suo profumo, del suo
ufficio rosa e dei
suoi orribili cappellini di lana messi assieme, quella era la sua
dedizione
alla Casa di Serpeverde e in particolar modo la sua predilezione per
Malfoy.
Serrò
i pugni talmente
forte che le unghie le si conficcarono nei palmi;il Ballo di Halloween
era
sempre stato organizzato da tutte le Case di Hogwarts;ma da quando
Silente era
scomparso sembrava che la sola degna di considerazione fosse unicamente
Serpeverde. E questa era una cosa che lei proprio non riusciva a mandar
giù.
“La
ringrazio infinitamente
a nome di tutta la scuola. Ora, con permesso.” Fece scivolare
la sedia sulle
mattonelle rosa dello studio ed attese, in piedi, che la Preside le
desse il
permesso di uscire dalla stanza.
“Non
così in fretta,
Signorina Granger.” Il sorriso che non l’aveva mai
abbandonata fino a quel
momento si allargò sempre di più su quel faccione
tozzo e vizzo e per un
momento sembrò prendere la forma di un ghigno
malefico;proprio come quello dei
personaggi cattivi dei cartoni babbani che guardava da piccola.
“Ricopierà
delle frasi per
me, oggi.”
Istintivamente
Hermione si
afferrò la mano sinistra sulla quale erano ancora impresse
verle parole ‘Non
schianterò più Malfoy’. Era buffo. Da
quando quel rospo infiocchettato aveva
messo piede nella scuola, lei che non aveva mai scontato una sola ora
di
punizione nemmeno con Piton, – che aveva la fama di punire
gli studenti di
Grifondoro per qualsiasi sciocchezza – finiva in punizione
come minimo due
volte alla settimana.
E
la cosa ancora più strana
era che non si vergognava per niente, anzi.
Oramai
i Grifondoro erano
arrivati al punto tale che finire puniti dalla Umbridge era una sorta
di merito
che andava onorato e premiato;anziché un qualcosa di cui
vergognarsi.
Ciò
non toglie però che in
quel momento davvero Hermione non riusciva a capacitarsi di cosa avesse
fatto
per meritare un punizione, così su due piedi.
“Che
frasi, Professoressa?”
chiese con voce forse un po’ troppo acuta.
“Scriverà
‘Non farò più
aspettare nessuno’.“ sorrise di nuovo mentre la
sedia si scostava per la
seconda volta ed un foglio di pergamena appariva magicamente.
Hermione
si sedette
incredula e afferrò bruscamente la piuma che la Preside le
offriva con finta
gentilezza e cominciò a scrivere rabbiosamente incurante
delle fitte lancinanti
al dorso della mano sinistra dove, dopo la terza riga, la fase della
settimana
precedente si stava già confondendo con la nuova.
La
Umbridge la osservava
con aria divertita, proprio come poco prima scrutava il povero Seamus.
Stava
per dire qualcosa quando il bussare insistente alla porta la costrinse
a
concentrare la sua attenzione sul legno scuro.
Lanciò
un’occhiata fugace
all’orologio a forma di fiore affisso alla parete e
un’ombra di disappunto fece
capolino su quel viso paffuto prima di abbandonarlo veloce come era
apparsa.
“A
quanto pare ha compagnia
Granger.” Vibrò facendo apparire dal nulla una
seconda poltroncina mentre la
porta si spalancava, “E’ in anticipo Signor
Weasley.”
Hermione
fece scattare la
testa di lato tanto violentemente da far scricchiolare il collo
trovandosi a
fissare la faccia gioiosa di uno dei gemelli Weasley.
“Buonasera
Professoressa!”
salutò un po’ troppo contento.
“Prego,
si sieda accanto
alla signorina Granger e cominci a scrivere” senza smettere
di sorridere, si
sedette accanto ad Hermione che lo guardava ad occhi sgranati,
“Non getterò più
Caccabombe sui Prefetti di Serpeverde.”
Se
c’era una cosa che ad
Hogwarts non sarebbe mai cambiata, quella erano i gemelli Weasley.
Sorrise
istintivamente, senza riuscire a contenersi ricevendo, sì
un’occhiataccia dalla
Umbridge, ma anche un sorrisone spensierato da parte del ragazzo che
avrebbe
diviso con lei quel lungo pomeriggio di punizione.
***
Dopo
un lasso di tempo che
sembrava davvero interminabile la professoressa Umbridge decise che il
messaggio era ‘penetrato’ abbastanza e diede il
permesso ai ragazzi di tornare
alla Torre dei Grifondoro, nei rispettivi dormitori.
Appena
la porta si chiuse
alle loro spalle Hermione si prese la mano sinistra
nell’altra massaggiandosela
senza più reprimere smorfie di dolore.
“Prima
volta in punizione
Herm?”
“Questa
settimana si. Ma
non preoccuparti, siamo solo a martedì!” rise
ficcandosi la mano nell’ampia
tasca del mantello nero.
“Cos’hai
fatto?”
“Sono
arrivata in ritardo
nel suo ufficio perché quello schifoso di Pix ha avuto la
brillante idea di
giocare con le Caccabombe nel bel mezzo del corridoio.”
Spiegò ancora fumante
di rabbia, “Tu perché eri in anticipo?”
“Ron
mi ha detto che avevi
un colloquio con la Umbridge per il Ballo di Halloween e, considerando
che mi
aveva già sbattuto in punizione e dato che non ti vedevo
tornare, ho pensato
che era meglio controllare che non ti avesse sbranato viva.”
Le fece
l’occhiolino e si avviò lungo il corridoio.
“In
ogni caso per il
ballo?”
“Ha
accordato il permesso,”
sul volto di lui si spalancò un sorriso
raggiante,”A patto che siano i
Serpeverde a gestire tutto.” Concluse Hermione mentre
l’espressione felice si
tramutava in disgusto ed amarezza.
“Cercherò
di focalizzarmi sul
fatto che è già qualcosa che ci abbia dato il suo
consenso. Grazie Hermione.”
“Dovere,
Fred.”
In
quel preciso istante
Fred Weasley si bloccò, al centro del corridoio con la bocca
spalancata e gli
occhi fuori dalle orbite, nemmeno gli avessero appena scagliato contro
un Petrificus Totalus e la
guardava come se
si trattasse della cosa più stramba sulla faccia della Terra.
“Cos’è?
Ho un Nargillo
sulla testa per caso?” disse per poi riprendere a camminare.
“Mi
spieghi come diavolo
fai?” le chiese intontito.
“Come
faccio a fare cosa,
Fred?”
“A
sapere che sono
Fred;potrei anche essere George.”
“No,
sei Fred.” Rispose
sicura senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.
“Per
le mutande sporche di
Merlino! Come fai ad esserne sicura?”
“Non
lo so di preciso. So
soltanto che tu sei Fred.”
“Nemmeno
nostra madre
riesce a riconoscerci come è possibile che a
te venga così naturale?”
Sin
da quando erano piccoli
nessuno era mai riuscito a distinguere lui e suo fratello George,
neanche i
componenti della sua famiglia potevano vantare di essere riusciti in
un’impresa
del genere senza incertezze;mentre Hermione sembrava
aver successo nella distinzione senza
nessunissimo problema.
“Forse
un giorno, quando
saprò spiegarmelo, ti renderò
partecipe.”
Ripresero
a camminare
silenziosi per i corridoi deserti di Hogwarts senza trovare nessun
argomento di
conversazione.
Fred ed Hermione non erano
mai stato molto
legati;si, indubbiamente ognuno pensava che l’altro fosse
parte integrante
della propria vita, ma non avevano mai avuto un rapporto estremamente
affiatato.
Nello
svoltare l’angolo che
li avrebbe portati al dipinto della Signora Grassa, immerso
com’era nei suoi
pensieri Fred andò a sbattere in pieno contro
un’armatura che, ci avrebbe
giurato, quando aveva lasciato i dormitori un paio d’ore
prima non c’era.
Solo
allora Hermione riuscì
a vedere la sua mano che aveva tenuto gelosamente nascosta nella tasca
dei
pantaloni fino a quel momento.
“Oh
mio Dio Fred! La tua
mano!”
“Cos’ha
la mia mano che non
va?” chiese con nonchalance.
“Oh
nulla. È solo tanto
gonfia da sembrare una pagnotta, ha il colorito del budino alle more
che ci
hanno servito oggi a colazione e quei rivoletti rossi devono
essere..si, sono
decisamente succo di lampone!” rispose con un tono misto tra
il divertito e
l’arrabbiato.
“Dobbiamo
andare
assolutamente in infermeria.”
“No,
non è niente.” Sbottò
deciso.
“Niente?”
sbraitò questa
volta decisamente inferocita, “Smettila di fare
l’idiota e sii serio per una
volta. Quella mano è ridotta ai minimi termini!”
lo afferrò per un braccio con
la mano buona e prese a trascinarlo nella direzione opposta a quella
dei
dormitori.
“Dove
stiamo andando?”
“Da
Madama Chips.” Rispose
testarda aumentando la velocità.
“Quale
parte di ‘Non è
niente’ non ti è chiara? ‘Non
è’ oppure ‘Niente’?”
Lei fece finta di non averlo
sentito.
“Hermione
non ce n’è
bisogno e poi la Umbridge ha vietato a Madama Chips di curare le ferite
dovute
alle sue punizioni, lo sai bene.”
Era
vero. L’ultima volta
che aveva provato a far rimarginare le ferite alla mano di Colin Canon,
Madama
Chips stava rischiando il posto di lavoro.
“Fred
tu non…”
“HO
DETTO DI NO!” strattonò
violentemente il braccio liberandolo dalla sua presa, “Non ho
nessuna
intenzione di dare soddisfazione a quella vecchia megera
perché deve essere
così difficile da capire?” le urlò in
faccia furioso.
“Fred
ma io..”
“No!”
Hermione
gli diede le
spalle, immobile come una statua di sale. Lo capiva, eccome. Ma era
tutto
troppo difficile, troppo complicato. Il mondo che amava le era crollato
addosso
e nel giro di pochi mesi anche Hogwarts, anche la sua seconda casa era
diventata una prigione.
E
lei aveva retto.
Aveva
sopportato lo
spadroneggiare dei Serpeverde, le punizioni assurde e le lezioni
nozionistiche
di Difesa contro le Arti Oscure. Aveva fatto tutto ciò che
gli altri si
aspettassero da lei, si era dimostrata forte diventando un punto di
riferimento
per molti.
Ma
dovevano capire che
anche lei stava male, forse più di tutti.
Inconsapevolmente
calde
lacrime le bagnarono il viso, senza che potesse far nulla per
ricacciarle
indietro. Le asciugò via rabbiosamente con la manica larga
della divisa e tirò
su col naso.
“Scusa
Herm..” abbassò
anche lui lo sguardo concentrandosi sulle stringe slacciate della sue
scarpe,
“Non volevo;ma non posso.”
“Capisco.”
Sussurrò,“Se
solo Silente fosse qui.”
“Silente
non avrebbe potuto
far nulla Hermione.”
“Lo
so..” nuove gocce
salate le solcarono il volto,”Ma mi piace pensare che sarebbe
stato tutto
diverso, con lui qui.”
Si strinse forte nelle sue
stesse braccia,
come a voler trovare una forza che non aveva; come a volersi confortare
in un
abbraccio che non riceveva da tempo.
Fred
la guardò triste. Era
piccola e fragile in quel momento, come non l’aveva mai vista
e senza pensarci
due volte le afferrò il braccio
l’attirò a se stringendola forte, cullandola nel
corridoio deserto, mentre lei singhiozzava di più.
Aveva
tante cose dentro
Hermione, tante parole che avrebbe voluto dire;tante cose che avrebbe
voluto
fare. Cose che non le erano più concesse e lui la capiva.
Comprendeva il suo
stato d’animo, quel senso di vuoto che doveva divorarla
dall’interno.
La consapevolezza che quello
che accadeva era
ingiusto e la presa di coscienza che loro, quelle cose, non avrebbero
mai
potuto cambiare. Almeno non da soli. Avrebbero voluto essere
lì fuori a
combattere per quello in cui credevano, accanto alle persone che
amavano.
Il
loro mondo stava andando
a rotoli ed erano costretti a guardare.
Nessuno
dei due avrebbe
saputo dire per quanto tempo restarono in quella posizione, ma quando
sciolsero
l’abbraccio il sole era tramontato dietro le cime degli
alberi della foresta
proibita e Sir Cadogan russava beatamente a cavallo del suo grasso pony
nella
cornice alle loro spalle.
“Faresti
meglio a tornare
al dormitorio Fred. Prima che Gazza ti ribecchi in giro per il castello
senza
permesso.” Lo allontanò da se asciugandosi le
guance.
“Tu
non vieni?”
“No,
devo fare una cosa
importante. Dì tu agli altri del ballo ok?”
“Si,
non c’è problema.” Si
aggiustò nervosamente il colletto della camicia.
“Su
sbrigati zuccone! Ed
invita Angelina prima che lo faccia George!” girò
i tacchi e sparì dietro
l’angolo buio.
La
guardò finché il freddo
muro di pietra non la precluse alla sua vista, poi, massaggiandosi la
mano
martoriata si incamminò verso il dormitorio.
Note:
Ed
ecco a voi il mio secondo lavoro su Harry Potter! Libro che adoro tra
l’altro
;) Il primo capitolo è solo d’introduzione pensavo
mi riuscisse un po’ meno
lungo, ma in ogni caso è abbastanza breve per i miei
standard! XD So che come
inizio non è molto intrigante ma il resto della storia sta
già prendendo forma
nella mia testolina..e poi io adoro il pairing Fred\Hermione! Se non lo
si è
capito ci troviamo nel sesto libro. Cercherò di amalgamare,
per quello che mi è
possibile, la vicenda sentimentale con tutto quello che succede davvero
in
‘Harry Potter e l’ordine della fenice’ ma
premetto sin da ora che non so se
rispetterò tutti i passaggi alla lettera. Beh, se almeno un
po’ vi ho
incuriosito, non vi resta che aspettare il prossimo aggiornamento!
Infine
volevo concludere
con il ringraziare chi ha recensito fino ad ora la mia One-Shot
‘Lost Without You
(Fred\Hermione)’ .
quindi ringrazio:
Hele.
MyBlindedEyes.
MissBlack a
te grazie anche
per la precisazione della data della battaglia, appena posso cambio ;)
Fredlove.
Daisy91.
Graaaazie
mi hai fatto davvero troppi complimenti!
Alla
prossima!!
Vostra,
Fè