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Autore: LalyBlackangel    01/10/2009    7 recensioni
-“Punto primo. Mi chiamo Hanabi Hyuuga, e questo mettitelo bene in testa. Punto secondo. Appunto perché lavori qui devi darmi ciò che io chiedo. Quindi dovevi chiamare mia sorella, visto che te l'ho chiesto. Non è così complicato da capire, ma a quanto pare non ci arrivi. Punto terzo. Io uso il tono che mi pare e piace. Se non ho voglia di essere gentile io non lo sono, se non ho voglia di essere educata non sono nemmeno educata. Il cliente ha sempre ragione, ricordatelo Coso.”
“Konohamaru.”
“Quello che è. Ora, se non ti spiace, mio padre aspetta me e mia sorella in macchina. Quindi levati.”
Konohamaru inarcò un sopracciglio, ironico.
“La porta è dietro di te, stupida.”-
Spin Off KonoHana de "Dungeon Siege: Della Storia di Naruto e Hinata"
Buon compleanno, ValeHina!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Konohamaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Vale, che è una persona deliziosa e adorabile.
Per i suoi sedici anni.
Sei molto più matura della tua età, per questo ti stimo.
Buon compleanno, bella.





“Jiraya! Jiraya, mi senti?”
L'uomo, comodamente stravaccato sul divano del negozio, non diede segno di aver udito Naruto e in tutta risposta grugnì sonoramente, si voltò dall'altra parte e continuò beatamente a russare.
Naruto sospirò rassegnato, mentre gli altri commessi, abituati da “solo” due anni a quello spettacolo, ruggivano dal ridere alla sue spalle.
Era sempre la solita scena da sette anni a quella parte. Jiraya, il padrone del Dungeon Siege, raramente veniva in negozio per lavorare. Tutt'al più veniva ogni due giorni a controllare la posta che arrivava in negozio, firmava qualche raccomandata e finita lì. A dire il vero Naruto l'aveva visto dietro il bancone solo quando lui aveva tredici o quattordici anni, quindi sei o sette anni prima, nei primi tempi in cui aveva iniziato a frequentare il Dungeon.
A quattordici anni Jiraya, per simpatia verso quel povero orfano biondo e occhialmunito, gli aveva offerto un lavoretto part time lì, oltre che di dividere con lui l'appartamento sopra il negozio. Da quel momento l'unico a lavorare effettivamente nel negozio di pomeriggio era stato Naruto, mentre Jiraya dormicchiava o si chiudeva nel suo studio a scrivere robaccia osé di serie zeta.
Certo, Naruto era estremamente grato a Jiraya per tutto quello che aveva fatto per lui: ormai lo vedeva come una sorta di figura paterna, un punto di riferimento attorno al quale costruirsi un futuro proprio.
Però molte volte si chiedeva se fosse effettivamente lui il ragazzino e Jiraya l'adulto. Ad esempio quando Jiraya portava di nascosto donne in casa e scongiurava Naruto di tenere la bocca cucita con Tsunade, la sua più o meno “donna” seria. O quando, sempre Jiraya, tornava alle sei di mattina e invece di aprire casa con le chiavi suonava al povero Naruto, il quale si doveva alzare con due occhiaie così, dovute alle ore piccole che aveva fatto anche lui, e si doveva sentir dire “Scusami ragazzo, ho dimenticato le chiavi. Giuro che non lo faccio più” (meritandosi solitamente un basso ringhio di stizza da un Naruto molto miope e molto assonnato). O quando era Naruto a dover preparare da mangiare perché Jiraya non aveva nemmeno la più pallida idea di come cuocersi un uovo al tegamino.
O quando, come in quel preciso istante, Jiraya tornava dalle sue “notti brave” completamente sbronzo e non aveva nemmeno la forza di salire le scale che portavano all'appartamento, finendo ragionevolmente per addormentarsi come un sasso sul divano del negozio, russando come un maiale. E, i quei casi (purtroppo molto più frequenti di quanto il povero “figlioccio” potesse sperare), toccava a Naruto svegliarlo, magari prima dell'apertura del Dungeon Siege. Da due anni a questa parte anche gli altri commessi avevano l'arduo compito di rendere presentabile il negozio dopo che un Jiraya alquanto sbronzo era passato, ma non potevano che piegarsi dal ridere a quelle scene, e lasciavano ovviamente la sveglia di Jiraya a Naruto, per poi godersi il risveglio del “vecchiaccio malefico”.
Quindi era questa la scena di quel mattino: un Jiraya addormentato e col rivolo di bavetta alla bocca, i commessi sghignazzanti e un Naruto rassegnato e abbastanza alterato.
“L'hai voluto tu, vecchio maiale!”
Naruto si alzò e prese la rincorsa, spiccò il balzo e, atterrando molto pesantemente su Jiraya, gli ficcò un gomito nelle reni, scatenando l'ennesimo attacco di ilarità che stavolta colpì anche l'algido Neji, che fino a quel momento se ne era stato in disparte partecipando alla scena mattutina con un solo ghigno malcelato.
Dalla bocca di Jiraya uscirono una serie incredibilmente lunga di improperi diretti a Dio, ai santi, e a tutte le madonne del cielo, ma Naruto lo fece smettere con una bella spruzzata d'acqua gelida in viso e un urlo spaccatimpani.
“Alza il culo, vecchio, o te lo alzo io a calci! Mettiti un minimo decente, oggi arriva il nuovo commesso.”
Jiraya lo guardò un momento stranito, ancora molto assonnato e molto poco lucido.
“Kono-gna-mia...”
“Konohamaru Sarutobi, sì, il ragazzino che era in orfanotrofio con me. Alza il culo.”
Jiraya si alzò poco stabile sulle gambe (e nessuno lo aiutava, dato che gli altri commessi erano ancora troppo impegnati a ridere) e guardò Naruto con sguardo vacuo, rispondendo a quello stranamente duro e stanco del ragazzo; impastò un attimo qualche parola prima di poter parlare con senso compiuto.
“Scì, ma tanto mi conosce già. Che scenscio avrebbe farmi vedere messcio bene quando scià benisscimo come sciono di sciolito?”
Naruto assottigliò gli occhi in una pericolosa quanto fedele imitazione di Tsunade e questo parve riscuotere Jiraya, che, improvvisamente più lucido, corse via e salì le scale senza fiatare, aprendo la porta di casa e sbattendosela alle spalle. Lo stesso sguardo venne rivolto agli altri commessi che, anche loro senza un fiato, ricominciarono a lavorare più velocemente di prima.
Solo Kiba, ancora alquanto divertito, si lasciò scappare un'ultima risatina. Naruto lo fulminò e sorrise, con un ghigno malefico che aveva molto del ghigno di Sasuke Uchiha, suo migliore amico nonché cliente affezionato, che del sorriso aperto e cordiale firmato Naruto Uzumaki.
“Lo sai che ti toccano i cessi oggi, vero? Muoviti Kiba, che Jiraya ha vomitato come un idrante ieri sera.”
Kiba deglutì rumorosamente e Naruto, presa in mano la scopa, sorrise di vittoria e malizia.
Prima regola del Dungeon Siege: Mai far alterare un Naruto appena sveglio e mai provocarlo quando è già alterato. Mai.


Dungeon Siege: Della storia di Konohamaru e Hanabi.


Lui.

Sapevano tutti che per Konohamaru Naruto era una sorta di fratello maggiore, padre e mentore. Non di rado, quando Naruto sparava una cagata più grossa delle altre, lo chiamava senza vergogna alcuna “Maestro”. La prima volta che avevano sentito “Maestro Naruto” uscire dalle giovani labbra di Konohamaru, e si trattava di ben cinque anni prima (quando la maggior parte di loro erano solo clienti), tutti avevano sghignazzato senza ritegno facendo diventare Naruto rosso come un semaforo occhialuto. Aveva due anni in meno di loro (tre in meno di Neji, a dirla tutta), e da quel momento era diventato per loro una specie di mascotte. Viveva praticamente al Dungeon Siege, dove spesso e volentieri passava le giornate a leggere fumetti a scrocco e a “studiare”, o a giocare a giochi di ruolo assieme ai ragazzi più grandi.
Per molti versi era identico a Naruto: sbadato, buono come un pezzo di pane, generoso ai limiti dell'assurdo, decentemente schizzoide, estroverso, curioso come una scimmia e determinato all'inverosimile. Avevano anche gli stessi gusti: entrambi adoratori del ramen e del caffè amaro, nonché della brioche tiepida la mattina presto e della Guinness originale che sa di caffè, non di quella importata che sa di liquerizia, entrambi amanti dei film demenziali e di quelli di Tim Burton, entrambi che trovano più sexy una donna mora di una bionda. (Persino le loro famiglie erano morte allo stesso modo: incidente d'auto.) Tant'è che nessuno si era stupito quando si era saputo che anche lui aveva chiesto di lavorare al Dungeon Siege quando aveva compiuto i diciotto anni: l'aveva fatto il suo Maestro, come poteva non farlo lui?
Ad un primo sguardo, quindi, Konohamaru sembrava una sorta di clone di due anni minore di Naruto, eccezion fatta per l'aspetto fisico.
Con il tempo però, si notavano le differenze caratteriali dei due elementi. Ad esempio Konohamaru era molto più attaccabrighe del suo “maestro spirituale”, ma meno soggetto ai famigerati attacchi d'ira “da sonno” del più grande. Non aveva il minimo senso del pudore, la parola “vergogna” sembrava non esistere nel suo vocabolario, come testimoniava l'eclatante episodio di lui che entra in negozio vestito solo di un paio di bermuda da bagno verdi e rosa, di un paio di infradito arancioni e di un cappellino azzurro con visiera voltata all'indietro all'ultimo giorno dei suoi esami di maturità, tenendo sul braccio una camicia hawaiana rossa e bianca. Un'accozzaglia di colori tale che Ino aveva rischiato di svenire al sol vederlo. Era meno dispotico di Naruto quando si incazzava, e più che ai fatti lui “pensava” alle parole. E, strano ma vero, riusciva ad essere anche molto più rumoroso di Naruto. E quando si dice molto, si intende davvero molto.
Insomma, Konohamaru era davvero uno di quelli che si definisce “elemento da sbarco”, e non che il Dungeon Siege ne avesse bisogno di elementi cotali in più a quelli che già erano dentro.
Ma ai clienti andava bene così, e la novità di Konohamaru come commesso venne accolta più che volentieri anche dai clienti più affezionati.

Lei.

Erano le undici di mattina e il tintinnio della campanella della porta arrivò alle orecchie di Konohamaru in un modo totalmente diverso da come gli arrivava di solito. D'altronde era il suo primo giorno di lavoro, era eccitato a mille e non vedeva l'ora di dare il suo contributo al negozio.
Entrò una ragazza, anche piuttosto carina, specie per i suoi gusti.
Accanto a lui Shikamaru, con la fedelissima sigaretta in bocca, sbuffò senza nemmeno alzare lo sguardo dalla tastiera del pc, buttando fuori nell'aria una pigra nuvoletta di fumo. Nemmeno Kiba e Kankurou alzarono gli occhi dello schermo, troppo impegnati nella loro partita di DOTA per guardare chi fosse arrivato in negozio. Neji gettò un'occhiata alla porta sollevando solo per un momento lo sguardo dal libro di Diritto Commerciale, momento che gli bastò per rimanere impietrito a guardare la nuova arrivata. Hinata, che studiava un pochino più in là per l'esame di Letteratura Francese 2, balbettò qualcosa di incomprensibile, diventando subito pallidissima.
Stupito da quelle reazioni Naruto gettò la testa occhialuta al di là dello scaffale su cui stava sistemando i nuovi e rari arrivi della Marvel, sgranò gli occhi e esclamò, a voce piuttosto alta: “Porca puttana! Gente, ho un deja-vù!”.
Dall'angolo più remoto dei tavoloni Sasuke e Sakura esclamarono all'unisono un irritato “E Chissenefrega.”, ma Hinata e Neji non parevano pensarla allo stesso modo.
Intanto Konohamaru era uscito dal bancone, tutto sorridente e felice di aver l'opportunità di far vedere quanto aveva imparato del modo di fare del suo sensei Naruto.
“Posso aiutarti? Cerchi qualcosa in particolare?”
“Sì, mia sorella. Mio padre chiede di lei. Chiama Hinata Hyuuga, gentilmente.”
Eppure di gentile la ragazza non aveva proprio nulla. La voce della ragazza era fredda e controllata, ed estremamente dispotica e irritante. Konohamaru rimase un attimo interdetto, e la fissò come se fosse stata un alieno, o qualcosa di molto simile.
“Hai sentito cosa ti ho chiesto? Puoi chiamare mia sorella?”
Autoritaria e fredda, la sua voce ammetteva ben poche repliche.
Mentre sentiva che Hinata stava prendendo le sue cose e si stava avviando all'uscita, facendosi dare un lieve bacio da Naruto, Konohamaru guardò male la ragazza e si erse in tutta la sua altezza.
Quella era una stronza, sicuro. E lui adorava sfottere le povere stronzette.
“Punto primo. Ma chi cazzo sei? Entri senza nemmeno dire il tuo nome e dai ordini a destra e a manca, neanche fossi la proprietaria del negozio. Punto secondo. Non sono il tuo schiavo, io qui sto lavorando. Quindi se cerchi Hinata te la trovi da sola. Punto terzo. Non usare quel tono con gente che non conosci. Hai detto due parole e già mi hai fatto girare i coglioni. La prossima volta sii più gentile e, soprattutto, educata, chiaro?”
La ragazza aprì la bocca come se Konohamaru l'avesse offesa in modo incredibilmente pesante. Tutti i commessi e gli avventori voltarono il loro sguardo verso di loro, lo spettacolo interessante del momento. Dopo un microscopico attimo di smarrimento, la ragazza si riprese.
“Punto primo. Mi chiamo Hanabi Hyuuga, e questo mettitelo bene in testa. Punto secondo. Appunto perché lavori qui devi darmi ciò che io chiedo. Quindi dovevi chiamare mia sorella, visto che te l'ho chiesto. Non è così complicato da capire, ma a quanto pare non ci arrivi. Punto terzo. Io uso il tono che mi pare e piace. Se non ho voglia di essere gentile io non lo sono, se non ho voglia di essere educata non sono nemmeno educata. Il cliente ha sempre ragione, ricordatelo Coso.”
“Konohamaru.”
“Quello che è. Ora, se non ti spiace, mio padre aspetta me e mia sorella in macchina. Quindi levati.”
Konohamaru inarcò un sopracciglio, ironico.
“La porta è dietro di te, stupida.”
Hanabi si diresse con passo elegante e misurato verso la porta, lanciandogli un'occhiata di straforo.
“Coglione.”
“Stronza.”
E Hanabi sorrise prima di attraversare la porta e sibilare un maligno “Imbecille.”
Hinata, ancora sulla porta, fece un cenno rassegnato. “Perdonala, è sempre così.” E si chiuse anche lei la porta alle spalle.
Shikamaru, dopo un primo momento di stordimento, iniziò a ridere come un cretino, tenendosi lo stomaco, seguito a ruota dal resto del negozio.
“Cazzo vecchio, ti ha spento di brutto!”
Konohamaru sbuffò contrariato e bofonchiò qualcosa che suonava molto come un “Vado a mettere apposto gli arretrati in magazzino” e uscì in fretta dalla sala, più per non far vedere che era arrossito che per altro. Per la prima volta Konohamaru aveva provato imbarazzo.
I ragazzi, sentendolo sbattere la porta, si lanciarono un'occhiata complice. Avevano visto tutti quanti il suo rossore, e tutti avevano pensato la stessa cosa.
“Io do loro quattro mesi.” iniziò Sakura, seguita da Kiba che disse “Io tre!”.
“Ragazzi, non sappiamo nemmeno se tornerà di nuovo...”
“Oh, Shikamaru, non fare il guastafeste! Basta chiedere alla mia Hinata e il gioco è fatto!”
“Anche io dico tre!” disse Kankurou come a chiudere l'argomento.
Shikamaru bofonchiò un quattro come fece Sasuke, e Naruto sorrise.
“Io dico che ci mettono meno di un mese.”
Lo guadarono per un attimo in silenzio, e poi scoppiarono a ridere.
“Ma tu sei tutto scemo! Nel primo mese si scanneranno e basta.”
Naruto riprese in mano i fumetti e ricominciò a metterli apposto sullo scaffale Marvel, con l'aria di chi era pienamente sicuro di quello che diceva.
“Oggi è il 10 settembre. Segna le scommesse, Neji. Vedremo chi ha ragione.”

Loro.

“Sbagli a fare così.”
“Così come?”
Hanabi sospirò, nel palese intento di farlo sentire un incompetente. Con Konohamaru era troppo facile, e si divertiva un sacco a stuzzicarlo.
“Devi metterli in ordine alfabetico, genio.”
“Lo sto facendo, genio.” le fece il verso lui di rimando. Era insopportabile, davvero.
Incredibilmente bella e sensuale da impazzire quanto voleva, ma insopportabile. Ed erano tre settimane precise che se la sorbiva, tre. Sembrava lei adorasse prenderlo di mira e fargli saltare i nervi.
“Si, ma lo stai facendo nel modo sbagliato! Devi metterli in ordine alfabetico per autore, non per genere!”
Konohamaru assottigliò gli occhi, così simile in quei frangenti a Naruto quando si incazzava, e le si avvicinò a pochi centimetri dal naso, abbassandosi per arrivare all'altezza minuta di Hanabi.
“Qui si è sempre messo in ordine prima per genere, poi per autore, e infine per titolo. E io dovrei cambiare l'ordine alfabetico solo perché Sua Maestà ha deciso che è più bello così?”
Hanabi arrossì di stizza. Le capitava spesso, con lui. Si sentiva sovrastata dalla sua altezza e incatenata a quei profondi occhi castano scuro. Ma non aveva mai ceduto. E, in tutta sincerità, non avrebbe mai mollato per una cazzata simile.
“Certo che sì! Il cliente ha sempre ragione, Coso, sempre!”
Konohamaru decise che in quel momento poteva averne abbastanza, quindi sibilò uno “Stupida ragazzina viziata del cazzo” e tornò a lavorare cercando di ignorarla il più possibile.
Nel frattempo tutti i commessi e i clienti più affezionati guardavano la scena come si guarda un film al cinema: tutti dietro al bancone, sedie prese dai tavoloni di studio tutte attaccate le une alle altre, bottiglie di birra nonostante fossero le tre di pomeriggio e pacchetti di patatine, con il sovrappiù delle sigarette in bocca e dei posacenere in fila ordinata davanti a loro.
Saputo di questi battibecchi, anche Jiraya veniva più spesso in negozio, incuriosito, e in quel momento stava dietro Naruto e Shikamaru, seduto composto a bersi la sua meritata bottiglia di birra. Ovviamente il giro di scommesse su “quando quei due si metteranno assieme” si era notevolmente allargato. Hinata era stata l'unica ad accodarsi alla data detta da Naruto, mentre gli altri clienti si erano messi sulle altre due linee del “tre mesi” e “quattro mesi”. Tranne il povero pirla di Rock Lee che, sull'onda del suo amore per la giovinezza, aveva scommesso cinquanta euro su “una settimana” e aveva miseramente perso.
Dalla combriccola dietro il bancone si sentì un “Ooh!” di disappunto, e sia Konohamaru che Hanabi fulminarono i loro amici, che intanto avevano iniziato a parlare del più e del meno come se nulla fosse successo o, come nel caso dei commessi, erano ritornati alle loro mansioni. Jiraya si alzò dalla sedia e, in uno slancio di buona volontà, la riportò nella attigua sala dei tavoloni, mettendola davanti ad un pc acceso e in standby.
“Ehi, vecchio maiale, dove vai? Sei arrivato qui da neanche un quarto d'ora!”
“Vado a cambiarmi, Naruto. Devo uscire.”
Kiba e Kankurou afferrarono subito al volo lo sguardo di Naruto, malizioso e di chi la sapeva lunga.
“Uh, e con chi esci, vecchio marpione?”
“Viene a prendermi Tsunade tra una mezz'ora. Questioni d'affari.”
“Seh! – sbuffò fintamente annoiato Shikamaru – Adesso si chiamano affari quelli! Non lo sapevo, giuro!”
Le risate si sparsero per il negozio, irrisorie, mentre Jiraya lanciava addosso a Naruto e a Shikamaru due vecchi fumetti della Planet Manga e i due ragazzi se li prendevano diretti in fronte.
“Fatevi a cazzi vostri, bambocci. Alla vostra età non ero così malizioso!” sibilò salendo pesantemente le scale che portavano all'appartamento.
“No, eri anche peggio!”
Sentirono solo la pallida ombra di un “Vaffanculo” arrivare dalla tromba delle scale quando successero due cose contemporaneamente.
Tsunade entrò in negozio spandendo acqua sul lucido pavimento (fuori pioveva che Dio la mandava) e Konohamaru e Hanabi ricominciarono a litigare, provocando il rumoroso movimento dei ragazzi che cercavano i loro posti in prima fila per il nuovo siparietto, Tsunade compresa.
“Spostati.”
“Si dice: Potresti spostarti, per favore? Sei sempre la solita cafona.”
“Cafona lo dici alla tua gatta. Devo prendere quel libro.”
“Allora si dice: Konohamaru, visto che sei qui potresti prendermi quel libro, per piacere?
“Col cazzo, me lo prendo da sola.”
“Tanto non ci arrivi là in alto, nana del cazzo.”
Hanabi lo guardò stupefatta e si mise le mani sui fianchi, in una posa minacciosa.
“Cosa hai detto? Prova a ripeterlo!”
Konohamaru, di rimando, sorrise. Touchè!
“Ho detto che a prenderlo non ci arrivi, nana del cazzo. Sei anche sorda?”
“Non sono sorda, cretino di un imbecille! Sorda lo dici a tua sorella!”
Ci mise un secondo, Hanabi, a rendersi conto di quello che gli aveva detto. Una cosa incredibilmente crudele per una persona che aveva perso la famiglia intera in un incidente. Lo sguardo di Konohamaru si era fatto durissimo, tagliente.
“Konohamaru, s...”
“No, non sei sorda. Sei solo una fottuta nana arrogante, supponente, irritante e insopportabile. Chi cazzo vuoi che se la prenda una come te?”
Hanabi sgranò gli occhi e il labbro iniziò a tremarle. E successe l'inimmaginabile. Mai e poi mai erano andati più in là delle parole. Ma a Konohamaru arrivò in faccia uno schiaffo incredibile, molto più potente di quanto si sarebbe mai immaginato, che gli fece voltare il viso. Ma riuscì a vedere i lucciconi negli occhi di Hanabi mentre si voltava e correva fuori, sotto la pioggia.
Non voleva ferirla, davvero. Si era solo fatto prendere la mano con gli insulti. Davvero, lui non voleva. E ora Hanabi era uscita sotto la pioggia, senza giacca e senza ombrello. Se non sbagliava, poi, quelle erano lacrime...
“Merda!”
Ignorando le facce sconvolte degli amici prese velocemente la sua giacca e si fiondò fuori dal negozio prendendo un ombrello al volo e urlando il nome di Hanabi.
Nel negozio era calato il silenzio. Nessuno osava dire nulla, si era come creata una pesante coltre di imbarazzo. Quello non era stato esattamente lo “spettacolo” che si aspettavano.
In quel mentre si sentirono i pesanti passi di Jiraya scendere le scale. Jiraya li guardò uno per uno, spiazzato dal silenzio che c'era (e quando mai in quel negozio c'era silenzio?) e dalle facce sconvolte.
“Mi sono perso qualcosa, vero?”
L'unica risposta che ebbe fu di Tsunade, preceduta da un sorriso dolcissimo.
“Ti sei perso la svolta epocale.”
Naruto e Hinata si guardarono, e sorrisero.
“Beh, noi andiamo a vedere. Chi viene?”

“Hanabi!”
L'aveva vista subito. Stava correndo verso la sua Mini verde scuro, cercando nel contempo le chiavi. Konohamaru fece uno scatto e in pochi secondi era da lei, e l'aveva inchiodata alla macchina prima ancora che avesse potuto tirar fuori le chiavi. Gli arrivò subito un pugno sul petto, ma era un pugno debole. Poteva vedere gli occhi arrossati che stonavano moltissimo su quel viso pallido e bello, e si sentì ancora di più uno schifo.
“Lasciami stare, stronzo!”
“No che non ti lascio stare! Fammi almeno chiedere scusa, no?”
Le aveva preso i polsi con una sola mano (quanto era piccolina e fragile in confronto a lui, così alto e allampanato...), ma lei aveva smesso di opporre resistenza. Si stava calmando. Konohamaru abbassò il tono di voce, in modo da essere rassicurante.
“Mi dispiace, okay? Non volevo dirti quelle cose, davvero. Ho esagerato, mi dispiace, dav...”
Hanabi gli aveva messo due dita sulle labbra zittendolo.
“Sono io che ho detto una cosa orribile. E' ovvio che tu mi abbia risposto così. Mi dispiace, sono una stupida.”
Konohamaru sorrise per la prima volta in quella giornata, e le asciugò le lacrime.
“Siamo due stupidi.”
Hanabi abbozzò una risata acuta, molto più simile a quelle dolci e cristalline di sua sorella che alle sue solite risate di sfotto.
“Parla per te, scemo. Sei tutto bagnato...”
Konohamaru aprì l'ombrello sopra di loro e le mise la sua giacca sulle spalle.
“Senti chi parla, sei uscita anche senza giacca. Dopo ti becchi l'influenza e non vieni più. E con chi litigo io, scusa?”
Si guardarono e risero, mentre Konohamaru passava un braccio attorno alle esili spalle di Hanabi, protettivo.
“Konohamaru?”
“Mh?”
“Grazie...”
“E di ch...”
Ma venne di nuovo zittito, ma non da due dita. Anche perché i due piccoli polpastrelli di Hanabi non potevano mica essere morbidi e buoni come le sue labbra. E, in effetti, era meglio essere zittito così, pensò Konohamaru, che essere messo a tacere da battute acide e stronze. Molto, molto meglio pensò mentre la abbracciava e la sollevava in alto, prendendola in braccio e approfondendo la loro conoscenza.

“Ah! Sono un genio. Sono un fottutissimo genio!”
Come avesse fatto, per una volta, Naruto a gridare piano nessuno lo capiva.
“Non sei un genio, sei un coglione.” replicò spiccio Neji, ma Tsunade non lo calcolò minimamente.
“Perché saresti un genio, scusa?”
Naruto sorrise con l'aria di chi la sapeva lunga, e abbracciò Hinata, posandole un bacio sulla fronte. “Oh, io l'avevo detto che ci mettevano meno di un mese. E a casa mia oggi è il primo ottobre. Tre settimane, signori, solo tre settimane!”
Tese la mano verso gli amici, mentre Hinata ridacchiava, felice anche per la vincita, ma soprattutto per la sorellina.
“Sganciare, prego! Così stasera io e Hinata ci paghiamo la cena fuori!”
Tsunade sospirò.
“Ma allora siete tutti dei coglioni, ve l'avevo detta io la regola numero due del negozio! Imbecilli!”
Sakura, che fino a quel momento si era limitata e pigolare qualche “Checcarini!” aggrappata al braccio di Sasuke, guardò i suoi amici con l'aria di chi non aveva capito nulla.
“E quale sarebbe la regola numero due?”
Shikamaru sospirò.
“Seconda regola del Dungeon Siege: Per quanto le carte possano sembrare a suo sfavore, mai scommettere contro Naruto Uzumaki. Mai.”








Ok, è una stronzata. D'altronde cosa ci si può aspettare da sette pagine scritte in un solo pomeriggio senza nessuno che abbia voglia di betarle?
Nulla, appunto.
Però sono un regalo, e spero che a Vale questa cosina piaccia.
Precisazioni.
E' una spin off della mia “Dungeon Siege: Della storia di Naruto e Hinata” . Indi se non avete ben capito l'ambientazione basta che vi leggiate l'altra (che è moooolto più corta di questa XD).
Konohamaru, in questa storia, ha 18 anni, solo 2 in meno di Naruto, idem con patate per Hanabi. Konohamaru lo vedo alto alto e dinoccolato (si, già nella prima Naruto è alto. Più alto di lui, quindi dall'1.85 all'1.90.), Hanabi, giusto per far contrasto, piccolina e magrolina.
Così almeno è come li ho visti io, giusto per favi un'idea dei due personaggi cresciuti.
Spero che questa piccola KonoHana (ce ne sono troppo poche nel fandom, stranamente) vi sia piaciuta.
Giusto una cosina dolciosa per festeggiare una persona dolciosissima.
Auguri, Vale.
  
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