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Autore: Abigail93    03/10/2009    1 recensioni
«Ti odio!» esclamai, finalmente consapevole di averglielo detto in faccia. Mi guardò perplesso e sorpreso della mia reazione e si avvicinò a me.«Mi odi?» «Si esatto!» «Ma non mi conosci!» «Appunto per questo.» sbottai. Vi presento un mio racconto, ovviamente con i personaggi di Twilght. Bella costretta a trasferirsi vorrebbe tanto tornare indietro nella sua vera casa, dai suoi vecchi amici... ma quando ha la possibilità di fare tutto ciò, cambia idea. Perchè?... spero vi piaccia. Un bacione.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bella Adoravo festeggiare il mio compleanno, soprattutto perché mi divertivo tantissimo.
Ricevevo tanti regali e stavo con i miei amici. Anche se, non ero proprio una pazza prepotente per i regali o con gli amici. Ero piccola e timida. Certo magari rompevo ogni tanto le scatole, ma tutte le persone che conoscevo pensavano fossi muta. Quel giorno, il 29 luglio, però mi ero data alla pazza gioia.
Forse stavo crescendo, compivo solamente otto anni, o forse semplicemente perché volevo divertirmi, ma sapevo che cominciavo ad essere troppo invadente e fastidiosa.
Ma non era del tutto colpa mia. Le persone mi trattavano come se avessi due anni e i bambini non volevano giocare con me, perché dicevano che non ero brava a tirare la palla o a saltare la corda.
E cosi avevo deciso di vendicarmi e iniziai anche a programmare la festa dell’anno successivo: Solo con i miei genitori e la mia migliore amica, era l’unica che stava con me e mi aiutava sempre quando avevo bisogno.
Il suo nome era Alexia e i nostri genitori si conoscevano ancor prima che noi nascessimo.
Lei ed io, io con il mio bel vestitino azzurro che mi aveva regalato mia zia e lei con un vestitino giallo chiaro, ci tuffammo nella piscina gonfiabile in mezzo ad altri bambini. Con quel tuffo riuscimmo a buttare quasi tutta l’acqua fuori e a sporcarla con i sandali. Divertite continuammo a fare altri tuffi, finchè i bambini non uscirono tutti arrabbiati dall’acqua e si andarono a vestire.
Uscimmo anche noi dall’acqua e ci avviammo, schizzando gocce d’acqua addosso agli altri bambini, dai maschietti che giocavano a calcio. Prendemmo la loro palla e iniziammo a colpirli uno a uno. Ridevamo come delle pazze.
Più tardi ci piazzammo davanti al tavolo dei regali per scegliere quelli più belli.
  «Bella!...Cosa stai combinando?» mi rimproverò mia mamma raccogliendo i regali da terra e sistemandoli sul tavolo.
  «Scelgo i regali, più belli.» risposi indifferente.
  «Ma li stai buttando tutti per terra!»
  «Già, non ce né uno decente!» insinuai ridendo.
Mia mamma raccolse tutti i regali e prese per un braccio sia me che Alexia.
  «Bambine non si fa! Non è carino per tutti gli altri che sono qui e per le cose che ti hanno regalato Bella… Guarda siete anche bagnate e sporche di terra….Ma che DIAVOLO avete combinato?» disse guardandoci dalla testa hai piedi. I miei capelli color cioccolato e quelli biondo chiaro di Alexia erano quasi sul marrone.
E non parliamo dei vestiti.
  «Niente!» e ridemmo tutte e due insieme..
  «Basta così…La festa è finita.» disse pensando di offenderci.
Ma Alexia ed io eravamo più che felici. Corremmo per tutto il giardino urlando, e non smettemmo finche mia mamma e sua mamma, non ci riportarono dentro e ci rinchiusero in cameretta. Alexia restava da me a dormire.
Guardai fuori dalla finestra, e vidi le persone salutare i nostri genitori e uscire dal cancello. Felice e stanca, guardai sia me che Alexia. Poi frugai nell’armadio velocemente e tirai fuori due vestitini per casa e glie ne diedi uno.
  «Grazie!» le dissi e l’abbracciai.
  «Sono la tua migliore amica…E lo sarò per sempre Bella.» disse abbracciandomi anche lei.




Sei anni dopo.



  «Pronto?» rispose una voce famigliare alla cornetta del telefono.
  «Ciao Ale!» dissi felice.
  «Bella! Come stai?»
  «Benissimo… Ascolta cosa fai oggi pomeriggio?»
  «Niente… Vuoi venire qui?» chiese con tono di supplica.
  «Si certo. Ti avevo chiamato per quello!... Vengo per le tre? Va bene?»
  «Si! Benissimo.»
  «Ok.. Allora a dopo. Ciao» la salutai.
  «Ciao ciao.» e attaccò il telefono.
Corsi in cameretta a cambiarmi, presi una gonna bianca di jeans, ballerine argento e una canottiera grigia, poi andai giù da mamma e papà e diedi a loro la notizia che andavo da lei. Erano felici, apparte mia mamma che era sorpresa e un po’, possiamo dire, infastidita.
Decisi di non pesarci troppo sulla sua espressione. Ormai lo sapevo che a lei non era mai andata a genio Alexia, però era la mia migliore amica e a me andava benissimo. Presi la felpa e la borsa e uscii di casa. Attraversai il mio vialetto e svoltai un paio di vie per arrivare in piazza.
Trovai alcuni amici, che giravano per il paese o si raggruppavano in qualche parchetto. Finalmente dopo venti minuti arrivai da lei.
Suonai il citofono e aspettai che mi aprisse, ma in realtà quando aprii il cancelletto corse fuori per fermarmi. Aveva su anche lei una gonna e della ballerine.
  «Ciao Gemella!» risi.
  «Ciao!» e rise anche lei. «Noi ci compatiamo ovvio!...Comunque ti va di andare a fare un giro? E prenderci un gelato?»
  «Certo!» risposi.
Mi prese sottobraccio e mi riportò in piazza. Mi facevano male i piedi da quanto avevamo camminato. Per fortuna ci fermammo sulle panchine vicino alla gelateria a mangiarci un bel gelato gustoso. Io tiramisù e nocciola, lei stracciatella e mascarpone con nutella. La stuzzicai per i gusti che aveva preso.
  «Una macchina gialla!» e mi colpi sulla spalla.
Guardai dov’era e mi misi a ridere. Era un gioco stupido che c’era in circolazione in quel periodo, comunque dovevo cercarne un'altra al più presto, ma appena lei mi aveva colpito sulla spalla, si senti un forte rumore di uno scarico di una moto che accelerava.
Ci girammo verso il rumore e vedemmo un imbecille che veniva veloce verso il grande dosso. Ma non facemmo in tempo a girare la testa dall’altra parte che quando arrivò al dosso fece un grande salto con la moto e volò per terra. Quasi non venne investito da un auto che arrivava dall’altra corsia. Ci alzammo spaventate a guardare se il ragazzo stava bene.
Per fortuna (anche se preferivamo che si facesse tanto male, così imparava la lezione) non si era fatto nulla di grave, perché si rialzò traballando e zoppicando tornò indietro con la moto portandola a mano. Ci mettemmo a ridergli dietro e riprendemmo la via di casa.
Alcuni pomeriggi li passai ancora così con lei, finche non arrivò settembre e iniziò la scuola. Bè le superiori potevano essere passate facilmente con lei al mio fianco, ma purtroppo come dice la gente, non si può avere sempre tutto dalla vita. I pomeriggi, dopo scuola o comunque nel week-end, cominciarono a peggiorare, con i nuovi amici che lei aveva conosciuto, con la sua nuova personalità. Io invece mi ero sempre detta, che se dovevo cambiare, cambiavo solo di aspetto, perché la mia personalità mi piaceva cosi com’era.

La vedevo poche volte ora, soprattutto dopo il bisticcio che si era creato per il motivo che aveva iniziato a fumare. Da li probabile che la nostra vita era cambiata. Non so cosa c’era successo, magari ero io che sbagliavo, o lei. Sinceramente non sapevo.

Sapevo solo che il mio errore più grande era stato quello di sfogarmi su un sito in cui eravamo iscritte tutte e due, ma non era per il fatto di fumare, avevo scritto solamente quanto stavo male per come si comportava... Bloccandola sul quel sito, avevo creduto che non leggesse niente di niente su di lei, ma grazie ad una sua amica, il mio errore venne a galla. Da li in poi non ci parlammo più, finchè non litigammo una sera su una chat. Avevo creduto che quelle parole, che mi erano rimaste impresse nella mia mente e nel cuore e che mi aveva detto da piccola durassero davvero.

“Sono la tua migliore amica…E lo sarò per sempre Bella!”

Ma non fu così. Non la sentii più, io non ne volevo più sapere e neanche lei. Cosi ci perdemmo di vista. I nostri progetti per il futuro insieme, andarono in frantumi, insieme alla nostra grande amicizia.

Non sappi più nulla di lei, della sua vita, di come passava il tempo. Sinceramente non me ne importava e volevo vivere diversamente ora,

  
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