Memorie
di un Angelo
L’acqua
scorreva lentamente nella fontana al centro del giardino, dove la vegetazione
era rigogliosa.
Un
ragazzo dai capelli castani e gli occhi dello stesso colore, con il semplice
movimento delle dita, creava un piccolo vortice d’acqua, nutrendo le piante
circostanti; come se ci fosse un’alchimia tra la vegetazione è quel piccolo
esserino dotato di splendide ali bianche piumate, che al solo movimento,
facevano scorrere aria fresca e ristoratrice.
-Ecco
fatto- soddisfatto del suo operato ringraziò l’acqua della fontana,
specchiandosi e sorridendo al suo stesso riflesso come se l’acqua potesse
rispondergli.
E così
fece.
Cominciò
a far piovere abbondantemente sulla Terra, fornendo dei raccolti rigogliosi.
Sorrise,
fluttuando attraverso le grandi distese di erba, arrivando davanti ad un
grandissimo ciliegio, perennemente in fiore.
-Buongiorno,
sakura- disse premuroso accarezzando la corteccia rugosa dell’albero secolare.
Spiccò un
piccolo volo, sedendosi su uno dei rami che finivano in un meraviglioso
cespuglio di petali rosa.
Si
appoggiò appena chiudendo gli occhi per riposarsi, quando un suono di campane
cominciò a sentirsi da lontano.
Ma non
erano le solite campane che inducevano gli angeli
a innalzare inni al Signore; No.
Quelle
erano le campane d’ottone che annunciavano il raduno che si teneva ogni
cinquanta anni.
Scattò in
volo, cercando di scorgere la moltitudine di demoni incappucciati che arrivavano nel punto indicato per quella
riunione.
Egli,
essendo uno dei prediletti dell’arcangelo Gabriele, era sempre invitato ad ogni
riunione, soprattutto a quella, che simboleggiava l’equilibrio cosmico
dell’universo intero.
Saltellò
su alcune nuvolette, posandosi su una di esse, soffice e profumata come il
pane, notando che tra due colonne vi era un ragazzo, vestito di con un mantello
nero, con l’interno in raso rosso, che guardava i commensali che conversavano
animatamente, con sguardo truce.
Un attimo
e quello sguardo si posò su di lui, tanto fu fulmineo che arrossì, e poté
notare il verde scuro dei suoi occhi cattivi ma caldi.
Si
rintanò nella soffice nuvola, creandosi un piccolo spazio per guardare meglio
le sue azioni di nascosto senza essere captato dall’altro.
Ma appena
cominciò a scrutare lo stesso punto con i suoi occhi nocciola curiosi, notò che
non vi era più nessuno.
-Accidenti…-
commentò appena sospirando affranto appoggiandosi mogiamente alla superficie
della nuvola.
Due
braccia lo cingevano stretto dalle spalle; due braccia che spuntavano da un
lungo mantello, e come accessorio avevano i guanti neri di pelle lucidissima e
una giacca dello stesso colore con l’interno in seta rossa.
-Cercavi
me angioletto?- poggiò le labbra rosse e carnose sull’orecchio pallido
dell’angelo, scostando le ciocche castane e poggiandole dietro l’orecchio.
L’angelo
socchiuse gli occhi inspirando lentamente.
“La calma è la virtù dei forti” si ripeté scrollando la testa.
-Che
vuoi, diavolo peccaminoso? Non lo sai che è vietato toccare noi angeli del
paradiso?- si girò guardandolo trucemente, trovandosi a tu per tu con i suoi
occhi che lo stavano ipnotizzando. Il diavolo, ridacchiando, passò la lingua
sull’orecchio del tenero ed indifeso angelo, che si morse un labbro roseo,
facendolo sanguinare appena.
-Vedo che
ti piace, dolce angioletto mio- postò le labbra sul collo baciandolo,
lasciandoci segni rossi, e ben evidenti sulla pelle lattea dell’angelo, che
gemette leggermente.
-Mi…ah…vuoi
trascinare in quel vincolo peccaminoso, dannato?- inarcò la schiena cercando di
liberarsi. Il demone, dal fascino sconvolgente, lo prese tra le braccia,
lasciando che la tunica bianca immacolata piena di merletti dello stesso
candido colore, scivolassero via, fluttuando nell’aria.
Il tenero
angioletto, chiuse gli occhi, timoroso di ciò che gli stava per accadere. Sentì
una soffice sensazione sulla schiena, notando che era steso su di un letto di
foglie.
Vide il
demone sopra di se, che ghignava soddisfatto del proprio bottino, scostando
appena un po’ della tunica sulla spalla della piccola creatura innocente, che
cercò di liberasi invano.
Strinse
le foglie sotto di se, che cominciarono a scricchiolare di dolore. Non poteva
ferire le piante, non poteva, era proibito ferire ogni forma di vita per gli
angeli. Ma quel demonio lo stava facendo diventare peccatore e assassino della
natura stessa del paradiso.
Gli aprì
bene le gambe, lasciando spazio al piacere più totale, penetrandolo con
prepotenza. Il piccolo angelo non sapendo come reagire, si mordeva le dita per
tacere davanti a cotanta oscenità nei suoi confronti.
Il demone
lussurioso si piegò su di lui poggiando le labbra sull’orecchio.
-Ti amo,
angioletto…- la creatura del Signore, spalancò gli occhi guardandolo perplesso.
Cominciò
a dimenarsi da una parte all’altra.
-I demoni
non riescono ad amare!- strillò battendo i pugni sulla sua schiena –I demoni
non sono esseri capaci di…-
-Questo è
ciò che pensi tu- disse solenne la creatura di Satana, guardando fisso negli
occhi l’angelo che si sciolse, arrossendo e stringendo le braccia magre al
collo dell’altro.
Abbassò
lo sguardo, portandolo sulle foglie schiacciate dal peso dei due corpi.
Lentamente aprì le gambe concedendosi.
-Se devi
deturpare un angelo, fallo solo come un diavolo saprebbe fare…- poco
convincente, inarcò il bacino, sentendosi penetrare di più. Buttò la testa sul
manto di foglie, ansimando pesantemente.
Tutto ciò
non passò inosservato.
Soprattutto
alla vegetazione che intanto guardava muta e disgustata la scena. Un peccato
imperdonabile per un angelo prediletto del Signore.
L’angelo divenne
anima umana,
e le venne affidata
l’anima di un ragazzo di nome Kiba Inuzuka.
Il diavolo venne
cacciato dall’Inferno,
diventando anch’essa
anima umana di un ragazzo di nome Kankuro Sabaku no.
Un amore che dura da
millenni.