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Autore: Ernil    06/10/2009    8 recensioni
« Pensavo non saresti mai tornato ».
« Non sei mai stato bravo con le valutazioni di questo tipo ».
Per il compleanno di SOemmeOS!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sommario: « Pensavo non saresti mai tornato ».

« Non sei mai stato bravo con le valutazioni di questo tipo ».

Per il compleanno di SOemmeOS!

Pairing: Harry/Severus

Rating: Giallo, per linguaggio e contenuti

Disclaimer: naturalmente non possiedo nulla, non ci lucro uno knut, non userò questa storia per portare gli Snarrysti al potere. Credo.

Beta: Geilie – martire della causa persa XD Lode eterna a lei

Note dell’Autrice/1: Questa storia partecipa alla Criticombola indetta da Criticoni, prompt 68 [Dialoghi]: « Pensavo non saresti mai tornato ».

« Non sei mai stato bravo con le valutazioni di questo tipo ».

Colgo l’occasione per ringraziare Criticoni per questa iniziativa. Avete smosso il mio culo.

Note dell’Autrice/2: oggi è il compleanno di SOemmeOS! Nota anche come colei che mi iniziò alle Grindeldore (la sto scrivendo, Emme! Giuro!). E quindi, questa piccola Snarry è tutta per lei.

Tanti auguri! <3

 

 

[“Ma per quale scopo, dunque, questo mondo è stato fatto?”

“Per farci andare in bestia.”

 

Candido, Voltaire]

 

 

Harry allungò i piedi sul tavolo. Sapeva che lui lo detestava.

« Levali ».

Infatti.

Li tolse. Il sopracciglio di Snape, che era sembrato pronto a inarcarsi, tornò in posizione di riposo.

Sconcertante come riuscisse a controllarlo al millimetro. Doveva essere frutto di anni di studio allo specchio...

« Veramente è una dote che ho sempre avuto ».

Ecco. L’aveva fatto di nuovo.

« Odio quando mi leggi nella mente » disse Harry, e si sarebbe morso la lingua sentendo quanto petulante – e infantile, e degno di un sogghigno di Snape – fosse il suo tono.

E infatti Snape sogghignò.

Forse lo conosceva semplicemente troppo bene.

« Non ti ho letto nella mente. So benissimo che sono secoli che cerchi di capire come sollevo il sopracciglio. La tua faccia è un libro aperto. Potrei indovinare cosa hai mangiato a colazione solo guardandoti ».

Forse semplicemente Snape lo conosceva troppo bene.

« Mi piace il tuo sopracciglio » disse Harry all’improvviso, senza pensarci. Un attimo dopo, arrossì.

E pensare che si era ripromesso un qualche centinaio di volte di non farlo. Non arrossire. Per nessuna ragione. Nemmeno se gli fosse tornata in mente quella volta che glielo aveva preso in bocca.

E ora era arrossito – e per cosa? Per avergli detto che gli piaceva il suo sopracciglio.

Oh, cristo dio.

Il sopracciglio incriminato scattò verso l’alto, esultante, mettendosi in mostra mentre Snape lo osservava da sopra la tazza di the. E non diceva nulla.

Harry respirò a fondo e strinse i denti fissando il suo the. Scuro e forte proprio come piaceva a Snape.

A Harry non piaceva così forte – ma a Snape non pareva essere mai importato.

Va bene. Va bene.

Aveva detto la sua cazzata quotidiana, ora sarebbe stato zitto finché Snape non si fosse deciso a parlare.

Lanciò un’occhiata fugace a Snape. Pareva essere disposto a farsi cadere la lingua per disuso piuttosto che dire qualcosa. Sorseggiava il suo the e lo fissava come se fosse stato – no, non così. Non come se fosse stato un insetto particolarmente interessante o ripugnante.

Harry conosceva quello sguardo – ed era qualcosa di più.

Ero lo sguardo da letto di Severus Snape.

La prima volta che glielo aveva visto addosso, qualche minuto dopo aver supplicato per poterglielo prendere in bocca, aveva pensato che Snape stesse meditando di soffocarlo nelle lenzuola, perché nessuno sapesse che si era fatto un’ottima scopata con Harry Potter. O almeno, per Harry era stata una buona scopata.

A Snape non lo aveva mai chiesto.

Dopotutto, cosa c’era da chiedere quando Snape era puntellato su un gomito, il mento poggiato sul palmo aperto della mano, e lo guardava come un predatore guarda il suo pranzo?

Proprio niente.

« Posso sapere che cosa suscita il tuo riso? »

Ah. Così era Snape a infrangere per primo il silenzio.

Uh-oh. Venti punti in meno a Serpeverde, pensò Harry. Per aver infranto la Regola Numero Uno del Manuale del Buon Scopatore Mordi E Fuggi.

Se cala il silenzio, datti alla fuga.

Ma Snape gli aveva fatto una domanda e Harry si sorprese a vedere che in effetti sì, stava sorridendo nel suo the.

« Pensavo alla prima volta che siamo andati a letto » disse, con sincerità. Posò la tazza sul tavolo, deciso a smettere di ripararsi dietro di essa. « Te la ricordi? »

Snape annuì. Harry si era aspettato che aggiungesse se era stata o no una buona, un’ottima scopata, ma rimase deluso. Continuò.

« Mi guardavi esattamente come mi guardi adesso » riprese, scegliendo d’istinto la linea della sincerità su tutti i fronti.

Snape non gli staccava gli occhi di dosso. Harry non staccava gli occhi di dosso alle mani che cingevano la tazza da the, pur di non guardare Snape. Ed illudersi che quello sguardo non fosse lo sguardo da ti-butto-fuori-a-calci-in-culo-Potter, ma lo sguardo da scopata.

Erano delle belle mani, rifletté Harry. E quanto dannatamente gli sarebbe piaciuto sentirsele ancora a stringergli le spalle, mentre Snape si sosteneva a lui per spingersi più a fondo, mugolando e ringhiando.

Ma sapeva che dopo, appena avesse ripreso abbastanza fiato per formulare una frase con un paio di incisi e un grandioso uso della consecutio temporum, Snape lo avrebbe preso in giro, senza alcuna bonarietà. Gli avrebbe detto quanto fosse bianca la sua pelle, come quella di una ragazza, quanto morbida fosse la sua carne, e quanto gli piacevano i segni rossi delle sue dita sulle spalle di Harry, come una bandiera in una terra vergine... proprio come glielo aveva detto quella volta.

Senza alcuna bonarietà.

Così era Snape.

Harry si chiese all’improvviso cosa ci facesse lì. Nessuna risposta per nessuna domanda fatta (1).

Perché, se l’avesse chiesto ad alta voce, sicuramente Snape avrebbe saputo rispondergli.

Forse era quello che gli piaceva di Snape. Sapeva sempre come risponderti. Contrariamente a quanto si potesse credere, non mentiva troppo spesso, ed era un uomo sincero.

Molto sincero – forse troppo. Gli piaceva giocare con le parole, sì, e gli piaceva usare un sacco di congiuntivi e coordinate, sì, ma era quasi sempre sincero.

Purtroppo, pensò Harry.

« E’ stata una buona scopata » disse poi, dopo quell’attimo di silenzio dove mille e uno pensieri erano sfrecciati come stelle cadenti nella sua mente, e ciascuna di quelle piccole meteoriti, Harry lo sapeva, si sarebbe comunque schiantata e persa negli occhi di Snape.

Gli occhi di Snape.

Harry pensò che avrebbe potuto amarli più delle sue mani, se solo fosse riuscito a guardarli per più di venti secondi – il suo record personale - senza piangere o ridere dall’imbarazzo o dalla frustrazione, o dall’improvvisa voglia di rivederli ancora velati e persi e senza risposta, senza una dannata risposta sempre pronta.

Forse quella era la volta buona che batteva il suo record.

Snape parlò all’improvviso, da dietro la tazza da cui lo scrutava, con voce calma e misurata – come sempre – e Harry sussultò e perse il conto dei secondi.

« Pensavo non saresti mai tornato ».

« Non sei mai stato bravo con le valutazioni di questo tipo ».

Snape sbatté le palpebre una volta di troppo, un centesimo di secondo troppo velocemente, e Harry, che amava così tanto guardarlo quando non pensava Snape lo vedesse, colse la sorpresa – e aveva un buon sapore.

Touché.

Quello stupore infinitesimale era come infrangere un tabù fra loro due, spezzare qualcosa di troppo stretto e ovvio come i loro ruoli.

Snape era attivo e Harry era passivo, Harry era affamato e Snape mai troppo coinvolto.

Rompere quel fatto incontrovertibile, anche solo per un attimo, anche solo per un centesimo di secondo che pochi occhi umani avrebbero visto, era dolce.

Sapeva che non si sarebbe ripetuto.

« Sorpreso che anch’io sappia rispondere? » chiese, con improvvisa amarezza. Ma quello che gli uscì fu di nuovo un tono troppo petulante per non essere stupido. Stupido e inutile, e doppiamente stupido e inutile con Snape. « Sorpreso che lo Sfigato Che E’ Sopravvissuto sia... » Si interruppe.

Stupidamente inutile e inutilmente umiliante. Non si poteva fare del sarcasmo in presenza di Snape. Non quando Snape ti liquidava con una singola alzata di sopracciglio, e Harry lo sapeva bene.

Ricordava perfettamente la seconda volta che era arrivato lì, a Spinner’s End, intenzionato ad entrare ancora nel letto di Snape. Era arrivato bagnato fradicio e incazzato con il mondo e tutti i suoi fottuti abitanti, e quello che era seguito era stato un bagno di sangue, un gioco al massacro che aveva visto Snape nella parte del gatto e Harry in quella del topo. Harry incazzato e Snape ironico.

Harry ironico e Snape spietato.

Era finita in parità, però, quando Harry gli si era avventato addosso praticamente cercando di staccargli la lingua o quantomeno il labbro con un bacio, e quando era uscito da Spinner’s End il sole splendeva di nuovo sul mondo e tutti i suoi fottuti abitanti.

Quindi, niente sarcasmo in presenza di Severus Snape – perché Harry non voleva finirci a letto, non quella volta, e Harry sapeva di non essere Dumbledore. Dumbledore era l’unico a cui, che Harry sapesse, Snape avesse mai concesso di usare dell’ironia in sua presenza. Ma Dumbledore era Dumbledore e Dumbledore era morto.

Snape lo aveva ucciso.

Snape, che ancora lo fissava da sopra la tazza di the ormai freddo come un predatore appostato nell’erba alta – e Harry aveva intenzione di scappare a più non posso, questa volta.

Era lì per chiudere i conti e correre lontano.

« E così » riprese, e questa volta fu lui a interrompere il silenzio, cinquanta punti in meno a Grifondoro, Potter, « non pensavi sarei tornato ».

Snape, che fino a quel momento lo aveva osservato con i gomiti piantati nelle cosce, si raddrizzò e bevve il suo the, indifferente a che non fosse più caldo.

Harry aveva imparato che se Snape faceva qualcosa, la faceva fino in fondo.

Anche se la medicina era cattiva.

Anche se il the era freddo.

« Sinceramente? Non dopo che me l’avevi preso in bocca ».

« E’ stata una bella scopata » insisté Harry, senza nemmeno accorgersi che si era proteso in avanti, i muscoli delle gambe tremanti nell’attesa, tremanti all’idea che forse Snape – il predatore appostato silenzioso nell’ombra – sarebbe scattato, o forse no, e se non fosse scattato allora lui, Harry, lui, la piccola, stupida gazzella, si sarebbe slanciato verso il predatore.

La piccola, stupida gazzella aveva tanta voglia di sentire ancora che sapore aveva il sangue che usciva dal labbro di Snape.

Amaro e ferroso, gli era parso. Ma perché rimanere nel dubbio?

« Non ti piacerebbe... » Si morse la lingua.

Oh, ecco, lo aveva rifatto. Così dannatamente sicuro che non sarebbe successo – abbastanza sicuro da credere di poter guardare dentro gli occhi di Snape senza schiantarsi come era successo, e come succedeva di continuo a tutte le piccole stelle cadenti.

Ma, a pensarci bene, lui si era già schiantato. Stava solo rimbalzando per la forza dell’impatto, e presto si sarebbe fermato.

Si alzò. Non avrebbe voluto farlo così di scatto, ma d’altronde Snape non gli lasciava mai scelta.

Avevano infranto un silenzio a testa, erano di nuovo pari.

Nessuna risposta per nessuna domanda fatta.

Ora era il caso di adottare la regola dell’amante mordi e fuggi, anche se da settimane, da quando erano finiti a letto, o forse da più tempo ancora, la loro non era più una storia di sesso.

Harry si chiese, evitando di incrociare gli occhi di Snape che lo seguivano in ogni sua mossa, se solo per lui fosse così.

Se per Snape non fosse che sesso – forse neanche tanto buono, non gli aveva detto se gli era piaciuta la scopata – sesso che stava degenerando. Forse Snape avrebbe messo fine a tutta quella storia, uno di quei pomeriggi.

Harry si sarebbe presentato sulla soglia di casa sua, incazzato nero o scoppiettante di felicità, non avrebbe fatto alcuna differenza, non per Snape, non per quelle loro aritmiche sedute da the e da poche battute, e Snape gli avrebbe semplicemente detto che ne aveva piene le palle delle sue seghe mentali e che fra loro non c’era stato nient’altro che del mediocre sesso.

Oh, poco da Snape. “La tua presenza non è più gradita, Potter, se mai anche lo fosse stata” era una frase più da lui.

Harry si era infilato la giacca ed era già sulla soglia, e Snape non aveva mosso muscolo, osservandolo con lo sguardo nero e quieto.

Harry lo guardò negli occhi, senza alcuna presunzione di battere un qualche record, e si disse e si ripeté che prima o poi avrebbe smesso di rimbalzare sulla superficie nera di quelle stelle. Avrebbe smesso di rimbalzare – prima o poi. Bisognava crederci.

Fece un cenno di saluto col capo.

Snape non rispose. Era già tornato al suo the. Harry sapeva che non poteva aspettarsi altro.

Lo aveva sempre saputo.

Così uscì e chiuse la porta dietro di sé, in silenzio, con attenzione.

Come piaceva a Snape.

 

 

(1) Dalla canzone “We are”, di Ana Johnsson

 

 

 

 

Cento di questi giorni, Emme!

   
 
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