“E' una bella
prigione , il mondo”.
Shakespeare , “Amleto”
Capitolo 8
La Notte Degli
Imbrogli
La luna illuminava il viso perlaceo di
Irene, rendendolo ancora più bianco e smorto, sempre più terribilmente
inquietante. Se avessi seguito il mio primo istinto, probabilmente si sarebbe
ripetuta la scena di poco prima- quella in cui cercavo di colpire stupidamente
mio padre- con l’unica differenza che il soggetto che avrebbe subito le mie
azioni sarebbe stata proprio la donna avanti a me, che al momento appariva così
fragile e priva di forze. Ma mi bastò vedere il modo in cui la guardò Cristian
per provare uno strano senso di paura nei suoi confronti, un modo strano, sia
di completa sottomissione che disapprovazione misto a voglia di essere in tutti
i posti del mondo tranne che lì.
Tuttavia, dato che cercavo in tutti i modi
di riuscire a respirare per bene e a cercare di non ricordare i momenti intimi
passati con Cristian ogni volta che lo guardavo, decisi di dire qualcosa,
qualsiasi cosa che potesse aiutarmi a sentirmi meglio. “C-Come fa a sapere che
Cristian è sul serio nostro fratello? Onestamente non mi va di rovinarmi la
vita a causa di una sua semplice supposizione” sussurrai, ma in contrasto a
tutto il silenzio che si era formato probabilmente tutti mi avrebbero sentito
anche se avessi solo pensato quella domanda.
Irene incrociò le braccia, e, cosa assurda,
rise. “Mi fai tenerezza Sabrina, sei tutta tua madre”.
“Allora è per questo che sta cercando di
scombussolare di nuovo la nostra vita? Per colpire me solo perché somiglio a
mia madre e non ce la fa più a combattere con una persona della sua stessa
stazza, scegliendo come compromesso di prendersela con chi è più piccolo di lei?
Perché diavolo questa storia assurda è uscita fuori solo dopo che ha visto che
Cristian usciva con me?” urlai, sentendo la rabbia montare di mille e più
tacche dentro di me. Per anni avevo sentito racconti crudeli su quella Irene,
ma al momento sentivo che i miei genitori erano stati molto garbati quando mi
parlavano di lei, non avevano reso in tutto e per tutto il concetto della sua
perfidia capace di emergere con un solo minimo battito di ciglia.
Di lei sapevo che era una ex fidanzata papà,
ex giornalista per una rivista di cronaca rosa, ballerina e con decine di ruoli
svolti nel mondo della tv, e che da quando aveva saputo dell’inizio della
storia tra i miei genitori aveva iniziato a rompere le scatole, citando spesso
papà come l’uomo più sexy del momento e cose simili nei suoi articoli, finchè,
quando papà poco prima di sposarsi con mamma accettò di partecipare ad un
reality, arrivò al punto di iscriversi nel cast a sua volta per stargli alle
calcagna, approfittando del fatto che avrebbero vissuto insieme ventiquattro
ore su ventiquattro. E fu proprio in quell’occasione che, con l’aiuto del ex
manager innamorato di mia madre, Alberto Morelli, drogò mio padre e tutta
Italia vide delle scene in cui lui tradiva la mamma con lei a causa di ciò.
Purtroppo le cose non andarono come previsto da Irene e pochi minuti dopo mio
padre reagì male alla sostanza e andò in coma. Solo Dio sa le pene che mia
madre passò dopo tutto quel caos, e alla fine riuscì ad incastrare sia Irene
che Alberto, e quest’ultimo morì quando mamma era incinta di Gabriele,
suicidandosi in carcere. Si, perché alla fine, anche se papà si era risvegliato
dopo circa un mese e mezzo, per loro due il carcere era una cosa ovvia da
scontare, anzi, per me erano stati graziati.
Per cui, memore di ciò più della nuova
notizia, il mio stomaco si attorcigliò per la rabbia.
“Ecco un’altra cosa che hai in comunque con
tua madre, mocciosa. Credi che il mondo ce l’abbia con te, che tutti non
abbiano niente da fare tranne tramare contro di te” continuò imperterrita
Irene.
“Non ti permettere di parlare così a mia
figlia!” strillò mamma, avanzando verso di lei e fronteggiandola.
“Appunto” aggiunse papà, avvicinandosi. “Sei
così ridicola ormai, Irene, non sai più cosa inventarti per…”.
“Io non sto inventando nulla. Cristian non è
frutto della mia immaginazione, sai?” disse sarcastica, indicando il figlio che
ormai seguiva il battibecco guardando in tutte le direzioni tranne verso di me.
“Se ricordi bene, una sera di quasi ventinove anni fa venni a casa tua, quella
casa che condividevi con gli altri tre, sotto tuo invito. Era Halloween e mi
avevi chiesto di presentarmi con un costume seducente, ricordi? E di certo non
disprezzasti il costume da scolaretta sexy che avevo indossato, peccato che ti
dimenticasti di comprare i pr…”.
Schiaff.
Tonf.
Io e mamma ci guardammo sconvolte mentre
Irene se ne stava a terra e Cristian cercava di aiutarla a rialzarsi. Papà
sembrava essere in una sorta di trance e Gabriele era quasi arrossito, anche se
teneva la bocca semi aperta.
“Sai da quanti anni avevo voglia di darti
uno schiaffo?” disse mamma con una voce stranamente tranquilla.
Io invece avevo spinto quell’arpia, non
potendone più di quelle parole quasi indemoniate, ragion per cui si ritrovava
per terra. Non credevo che sarebbe caduta, mi era sembrato di spingere un
rametto di un albero.
“Ma che razza di modi”.
Alzai lo sguardo e guardai Cristian
incredula. “Che cosa? Fammi capire, te la stavi godendo mentre tua madre
raccontava un episodio di secoli fa con un tono così…”.
“Taci” mi interruppe, amareggiato. Mi guardò
per la prima volta negli occhi, e vi lessi uno strano sguardo carico di parole
che, tuttavia, non riuscivo ad interpretare. Invece agli innamorati bastava
guardarsi un secondo per comprendersi, ecco il segno che non potevamo stare
insieme. “Io vado un attimo in bagno se permettete” aggiunse, ed entrò nella
dependance, mentre Irene a stento riusciva a stare in equilibrio dopo essersi
rialzata.
“Soddisfatte?” ci chiese in segno di sfida, con odio.
“Certo che no. Sei stata fortunata,
sgualdrina che non sei altro. Anche se tutta questa storia è vera tu non ami
tuo figlio, tu ami ciò che rappresenta! Non potevi dirlo ad Andrea subito? Non
potevi evitare tutta questa messa in scena? Non lo ami e basta, è solo uno dei
tuoi giochetti per complicarci la vita” constatò.
“Pensala come vuoi. Fatto sta che la realtà
non si può eludere. Lui non può stare con Sabrina…” dedusse, in un modo che mi
fece venire i nervi. Sembrava quasi che ci godesse e ciò mi irritava ancora di
più.
“Quindi, fammi capire, ti sei resa conto di
dover dire la verità a Cristian dopo soli ventotto anni solo perché hai visto
che stava instaurando un rapporto con Sabrina?” chiese papà, ridendole quasi in
faccia.
Se per tutta la discussione era rimasto
zitto, ora sembrava voler cacciare fuori tutto ciò che si era trattenuto dal
dire durante le spiegazioni. Sorrideva sarcastico, ed era avanzato pericolosamente,
trovandosi quasi faccia a faccia con Irene.
Ella parve abbassare la guardia per un
secondo, poi fece un piccolo cenno di dissenso. “Già da tempo dovevo dire
questa cosa a Cristian, ma la sua vicinanza con Sabrina mi ha convinto ancora
di più a darmi una mossa. Dopotutto sto aspettando un trapianto di fegato e…”.
“E niente, non ci impietosirai facendo la
parte della malata terminale” esclamai, incrociando le braccia e guardandola
con l’espressione più odiosa che avevo nel mio repertorio. Passare dal darle il
lei ad usare il tu era una cosa ovvia, per me. Il lei si da per rispetto, e al
momento quell’arpia ossigenata e malevola meritava meno rispetto di una zanzara
fastidiosa e particolarmente ronzante.
Irene sbuffò ed indietreggiò, facendo una
risata fredda e priva d’allegria. “Credo che la mia presenza qui sia inutile,
la verità ve l’ho detta. Vedete voi cosa volete fare….”.
“Ma quale verità?” chiese papà incredulo.
“Io non dirò che Cristian è mio figlio prima di aver avuto la prova che lo è
sul serio. Mi sembra troppo strano che questa storia spunti fuori dopo quasi
trent’anni, e conoscendoti c’è qualcosa dietro”.
Mamma annuì, e per la prima volta
dall’inizio di quella discussione gli si avvicinò e gli strinse un braccio,
facendo comprendere che condivideva le sue parole. “Infatti. Domani andate a
fare il test di paternità e vediamo” disse mamma.
“Come vuoi, ma per me dovresti fidarti.
Avete gli stessi occhi…” tentò Irene, come se volesse fingere di essersela
presa per la mancanza di fiducia.
“Non mi sembra di avere chissà quali
particolari occhi. Guarda, Gabriele è mio figlio ed è la mai fotocopia
genetica” ribattè papà, indicando mio fratello, quello con ero certa di essere
imparentata, che se ne stava un po’ isolato ad ascoltare la discussione.
“Buon per lui, almeno non ha preso da quella
vipera di tua moglie” dedusse lei, e si allontanò, camminando lentamente.
Quindi, matematicamente parlando, quella era
un’offesa sia verso mia madre che verso di me, che le assomigliavo molto.
“Calma, Sabri, domani ci occuperemo di
questa faccenda” sussurrò mamma, con gli occhi lucidi, trattenendomi per una
spalla quando feci per andarle incontro.
In pochi istanti Irene scomparve,
inghiottita dal buio.
“Io credo che dovremmo andare a casa e
cercare di dormirci su, poi…” sussurrò papà, pallido, ma io lo interruppi.
“Ma come fai? Io non ho mai avuto meno
voglia di dormire in vita mia… vado nella dependance” decisi, quando in realtà
avevo voglia di gettarmi tra le loro braccia e sentirmi dire che sarebbe andato
tutto bene, che non era niente vero, che avrei potuto continuare a frequentarmi
con Cristian.
Cristian. Cristian, il figlio della donna
che più odiavo al mondo. Sembrava una maledizione. Se poi ci aggiungevamo il
fatto che probabilmente era mio fratello… Il solo pensiero sembrò farmi
congelare.
Entrai nella dependance ed ero diretta verso
la mia stanza quando sentì un braccio afferrarmi e condurmi repentinamente nel
soggiorno.
Trattenni il respiro quando mi ritrovai lo
sguardo di Cristian fisso su di me. Le sue iridi color miele sembravano emanare
uno scintillio e il mio cuore erse un battito. Nel frattempo, il mio stomaco si
contraeva dolorosamente: non potevo più permettermi di provare quelle
sensazioni, dannazione, non dopo la rivelazione shock di poco fa.
“Cristian, l-lasciami” sussurrai, quando
circa il 75% del mio cervello voleva stringerlo
a me. Mi sembrava impossibile che solo la mattina prima ci eravamo
baciati in garage come due adolescenti spensierati e pazzi l’uno dell’altra.
Mi aveva afferrato per un polso e sembrava particolarmente
deciso. “Tu hai stampato la mie e-mail. Hai spiato il mio computer” disse.
Rabbrividii. “Si. L’ho fatto, ok? Non ti eri
fatto vivo, non sapevo dov’eri, io… Io non sapevo la verità, volevo solo sapere
se pensavi ad un’altra…”. Arrossii di botto e abbassai lo sguardo.
Cristian sospirò e dallo stringermi il polso
scese verso la mano. “E’ stato un gesto… Carino. Insomma, vuol dire che
qualcosa te n’è fregato ma… Scusami se ti ho staccato le chiamate ma non… Cazzo,
mi sto impappinando” sbuffò, e si allontanò da me, facendosi aria e sedendosi
sul divano.
“Cosa…?” domandai, ancora appiattita contro
il muro. “Insomma, parla! Dimmi qualcosa! Forse siamo fratelli e…”.
“Ancora l’hai capito? Mi sa proprio che io e
te al momento siamo solo vittime di un progetto di quella stronza di mia madre,
sempre se si può definire tale!” urlò lui, non potendone più, rosso in viso.
Feci un passo indietro, senza capire.
“Che cosa?” domandai.
Lui si avvicinò, e iniziò a parlare a raffica,
con una gestualità che sfociava nella più sensuale sensualità.
“Allora, io cresco in un orfanatrofio e
nessuno se ne frega di me. Faccio i salti mortali per riuscire a diplomarmi, e
il doppio per poter vincere una borsa di studio e laurearmi. In tutto questo ho
sempre vissuto da solo, ce l’ho fatta con le mie forze e poi, a ventotto anni,
dopo che sono riuscito a trovare un posto di lavoro decente, ecco che spunta la
mia madre naturale, un ex carcerata malata. Non credo proprio che si sia
ricongiunta a me come ultimo desiderio prima di morire, e nemmeno che mi abbia
mandato da voi per il mio bene. Secondo me vuole un aiuto economico per pagarsi
qualcosa come farmaci e specialisti, tutto qui” disse infine. Aveva parlato
molto velocemente, con un sarcasmo palese, ma nonostante tutto era riuscito a
imprimere ogni singola sillaba nel mio cervello, senza tralasciarne alcuna.
Lo guardai stupita. “Tu credi?” chiesi poi.
“Ne sono più che sicuro. Senti, io devo
togliermi questo dubbio…”.
“Domani farai il test di paternità con mio
padre” dissi subito.
Lui fece un piccolo cenno. “Ok, ma sappi che
se… Insomma, le parole di quella sono
vere, non mi vedrai per un bel po’” decretò, girandosi, per darmi le spalle con
la scusa di guardare fuori dalla finestra. “Non ce la farai a starti vicino
sapendo di essere tuo fratello, impazzirei” sussurrò.
Quelle parole avrebbero dovuto farmi rendere
conto della realtà, che era impossibile e inutile stargli ancora così vicina,
ma non ce la feci più e mi avvicinai a lui, stringendolo a me da dietro,
appoggiandomi contro le sue spalle larghe e così perfette. Lo sentii
irrigidirsi, ma non si mosse, non mi respinse.
“Se vuoi posso andarmene io, è la stessa
cosa. Mi faccio schifo da sola ma non ce la faccio a starti vicino se,
insomma…” iniziai, ma mi zittii perché Cristian si era girato e al momento mi
stava abbracciando, circondandomi e avvolgendomi completamente con le sue
braccia invitanti.
Sentivo il battito del suo cuore accelerare
in un modo assurdo, proprio come il mio, e non so per quanto tempo restammo
così.
Quando ci staccammo sentivo il fiato
mancarmi, e ciò era un po’ una contraddizione visto che stare tra le sue
braccia mi aveva donato una sensazione di pace che non speravo di poter provare
per i prossimi vent’anni.
Ma non so perché, dopo quell’azione, non
riuscimmo guardarci negli occhi.
“Credo che andrò a casa, mamma starà
malissimo” sussurrai, mentre mi voltavo.
“Fai bene, ciao” rispose lui, mentre
prendeva posto sul divano.
Il mio cervello rischiava di scoppiare tante
erano le sensazioni che stavo provando, a tal punto che per un istante mi parve
di essere vuota, libera da ogni fardello a causa di tutto quel miscuglio.
Quando entrai in casa trovai la mia famiglia
seduta attorno al tavolo della cucina davanti una tazza di camomilla fumante.
Se ne stavano tutti zitti, così presi un respiro e mi decisi a parlare.
“Cristian pensa che sia tutto uno
stratagemma di Irene per ottenere i soldi per curarsi dalla malattia o per
pagare i medici” buttai lì, sedendomi vicino a Gabriele e rifiutando una tazza
di camomilla.
“Ci abbiamo pensato pure noi” rispose papà.
“Sabrina” aggiunse poi, “Stavo giusto rivangando un po’ il passato per cercare
di scoprire se ci sono possibilità minime che Cristian sia mio figlio. Sai
quand’è nato?” domandò.
“Il 5 agosto 2010 (*)” risposi automaticamente. Me l’aveva detto qualche settimana
prima, non ricordo a proposito di cosa.
Papà fece una faccia un po’ sconvolta. Contò
sulle dita innumerevoli volte ma mamma lo precedette, afflitta. “Se quella storia
a luci rosse circa la sera di Halloween è vera, probabilmente Cristian può
essere tuo figlio visto che è nato proprio circa nove mesi dopo” disse,
accasciandosi contro lo schienale della sedia.
“Ma il giorno dopo ci siamo lasciati, chi mi
dice che…”.
“Domani sapremo la verità e basta. Io mi
pendo un bel sonnifero e vado a dormire, non ce la faccio” lo interruppe lei, e
la vidi allontanarsi, salendo le scale che conducevano al secondo piano con un
piccolo tremore. Stava singhiozzando.
Papà parve riprendersi da un piccolo shock e
corse verso di lei, così restai da sola in cucina con Gabriele. Non facevamo
altro che guardarci senza dire nulla, così, non potendone più, andai nella mia
stanza e fui sorpresa di trovarvi papà seduto sul mio letto, con il capo tra le
mani.
“Papà?” domandai, con voce incerta.
Lui alzò lo sguardo e fece un sorriso
triste. “Vieni qui” sussurrò, facendo segno su una parte del materasso accanto
a sé, così ubbidii e appena presi posto mi strinse a sé. “Sabri non sai quante
cose ti vorrei dire” mormorò, respirando con aria grave.
“Sono qui” dissi, sapendo che facendo la
sarcastica o cose simili avrei solo peggiorato la situazione.
“Riguardo stamattina, quando ti ho vista nel
garage con Cristian, scusami, so che non dovevo reagire così, so che sei grande
e che hai tutti i diritti di avere una tua vita privata, ma mettiti nei miei
panni, ti amo come tutti i padri amano le loro figlie e vedere che Cristian
riusciva a renderti felice più di me in un certo senso mi ingelosiva. E
riguardo Irene… Ognuno di noi ha commesso i propri sbagli. Tu pensi di aver
commesso uno sbaglio in vita tua? C’è qualcosa di cui ti sei pentita?” domandò,
non con interesse bensì con un modo deciso, quasi come se volesse condurmi a
fare un certo ragionamento.
Ci ragionai un po’ su, mentre mi allontanavo
dalla presa di papà. “Essermi messa con Brando anni fa, forse” mormorai.
“Ecco.
Quella è la stessa cosa che è
successa a me”. Lui respirò e mi guardò negli
occhi. “Ammetto di aver avuto un
discreto numero di ragazze nella mia vita, sai che per un po’
sono stato anche
con Rossella, ma dopo l’esperienza di Music’s Planet tutto
è cambiato. Lì ho
conosciuto tua madre, e per tre anni ho cercato solo di divertirmi per
non
pensare a lei, dato che tra noi non c’erano stati altro che
teneri baci.
Cercavo nuove emozioni, per dirmi che il mondo andava oltre ciò
che mi avrebbe
potuto offrire Debora, e nel frattempo vedevo un numero sempre
più vasto di
ragazze famose o giù di lì farmi la corte. Ed è
lì che è giunta Irene… Era la più
bella di tutte, certo, e ammetto che per un po’ siamo stati
insieme solo per
vantarci con i nostri conoscenti, io per dire di stare con una bella ragazza, apparentemente
perfetta, lei per dire che era riuscita ad abbordare il sex simbol di una boy
band sempre più famosa. Ma non ci conoscevamo, non avevamo nulla in comune, e
alla fine ci siamo lasciati. Dopo di lei c’è stata qualcun’altra, ma è inutile
dire che ho ricominciato tutto da capo quando ho rivisto tua madre dopo tre
anni. Sai, forse è ciò che è accaduto a te e a Cristian, nonostante lui sia
grande ha scelto te e…”.
“Papà, ma ti rendi conto che mi sono
innamorata del mio forse fratello?”
lo interruppi, esasperata.
Lui si zittì e sospirò. “Credimi, Sabri, voi
non siete fratelli. Irene non può essere rimasta incinta dopo che ci siamo
lasciati, ci teneva a me come suo rappresentante nel mondo della tv e non
avrebbe esitato a usare una gravidanza per incastrarmi” sussurrò, per
convincere più se stesso che me, forse.
Feci un piccolo cenno e lo riabbracciai. “Ma
se non è così? Io… Non ce la farei, impazzirei, anche se ormai sono sulla buona
strada…”.
“Shh, ora non ci devi pensare. Voglio solo
che tu mi comprenda, piccola, e che non ce l’abbia con me. Vederti così
paonazza nei miei confronti mi ha fatto davvero male, prima” mi spiegò quando
ci separammo nuovamente.
Abbassai lo sguardo, poco fiera di me per la
sfuriata di poco prima. “Scusami, ma mettiti nei miei panni…”.
“Lo so e ti capisco, tranquilla. Ora vado da
mamma, non voglio lasciarla sola, non vuole più prendere il sonnifero” dichiarò,
mi diede un bacio sulla tempia e uscì.
Dal canto mio, mi buttai sul letto con fare
esausto. La voglia di dormire ovviamente non c’era, ma nonostante tutto spensi
la luce e mi infilai sotto le coperte per la temperatura un po’ bassa
nonostante non fosse ancora iniziato ottobre, vestita di tutto punto.
Il mio cervello sembrava un treno, correva
da un pensiero all’altro in un modo troppo veloce senza che me ne rendessi
conto, e lasciai vagare gli orribili pensieri che mi attanagliavano finchè non
restai tra il sonno e la veglia, molte ore dopo.
Sentivo qualcosa di caldo al mio fianco che
mi stringeva per la vita, e, ancora mezza assonnata, mi parve di vedere
Gabriele. Mi voltai finchè lui non sussultò.
“Ti ho svegliata?”.
Sobbalzai udendo quella voce, e dopo essermi
stropicciata gli occhi vidi che quello non era Gabriele, bensì Cristian, con i
capelli scompigliati e un’espressione di scuse.
“Che ci fai qui?” chiesi con un tono acuto,
nonostante stessi quasi sussurrando.
“Scusami, è che verso l’una sono venuto qui
e ho parlato un po’ con Andrea che se ne stava ancora sveglio e mi ha
autorizzato a dormire da te visto che non volevo tornare nella dependance”
rispose, guardandomi grazie alle fioca luce che proveniva dalla finestra.
Sorrisi a quel pensiero. Che dolce che era
stato papà, gli aveva permesso di starmi vicino prima di sapere la verità che
forse ci avrebbe divisi per sempre.
“Ah. Comunque non stavo dormendo, credo, ero
in una sorta di veglia”.
Cademmo in un silenzio imbarazzato, e ci
guardammo con uno sguardo capace di trasmettere il significato di quel
silenzio. In confronto a quando, ore prima, stava al fianco di Irene e mi
sembrava di non comprendere le parole che voleva esprimere con il solo sguardo,
ora eravamo in perfetta sintonia.
“Quante cose vorrei dirti…” mormorò,
accarezzandomi il viso con lentezza.
“E allora dimmele” lo incitai, quando non
chiedevo altro che poter stringermi a lui e riassaggiare il dolce sapore delle
sue labbra. Pensare che circa ventiquattr’ore prima ce ne stavamo nella casetta
sull’albero, stretti l’uno all’altra, mi sembrava impossibile.
Ma lui scosse il capo, mordendosi il labbro
in un modo che mi fece venire la pelle d’oca. “Ora no. Te lo dirò domani, dopo…
Dopo il test”.
Quelle parole mi fecero aprire una voragine
nello stomaco, incolmabile, profonda, densa. La consapevolezza di non
innamorarmi più nella mia vita se non potevo stare con lui mi travolse come una
marea e fu così che mi ci gettai letteralmente addosso, stringendolo a me con
una forza che non credevo di poter possedere.
Lui, come quella sera, non si tirò indietro
e mi strinse a sua volta con un fare quasi disperato. Sentire il suo fiato
vicino al mio collo non mi aiutava affatto, stavo andando in tilt. Possibile
che una cosa ti attirava così tanto quando ti veniva negata?
“Sabri, è meglio se ci allontaniamo, sul
serio, altrimenti…” sussurrò, tuttavia ancora avvinghiato a me.
“Altrimenti…?” chiesi innocentemente, solo
per prolungare quell’abbraccio.
“Altrimenti…”. Aspettai una risposta, ma
invano, finchè non sussultai sentendo le sue labbra nei pressi del mio collo.
Restai immobile, mentre una parte di me mi
diceva di respingerlo, disgustata, e l’altra chiedeva di più.
Ma, forse proprio per opera del fato, fu un
rumore di cocci in frantumi che ci fece separare.
“Che cosa è stato?” chiesi, ma lo domandai
al nulla visto che Cristian era già scattato all’impiedi ed era uscito dalla
stanza.
Mezzo secondo dopo squillò il telefono di
casa, e no so come ebbi il tempo di vedere sull’orologio digitale che si trovava
sul mio comodino che erano le quattro e dieci del mattino.
Mi alzai di botto, impaurita, e mi diressi
nella stanza di Gabriele, da cui provenivano delle voci. Il pavimento era pieno
di frantumi del vaso preferito di mamma, bordeaux e bianco.
Trattenni il respiro vedendo che c’erano due
uomini vestiti in nero nella stanza, di fronte a Cristian, uno dei quali teneva
una siringa nei pressi del braccio di mio fratello, addormentato e beato.
L’altro invece teneva una pistola puntata contro Cristian e, subito, la puntò
poi contro di me.
“Oddio!” strillai, e cercai di fermare papà
e mamma con lo sguardo, mentre stavano entrando.
Troppo tardi. Mamma stava con il cordless in
mano e disse: “Stella e Vittoria sono scomparse! Non sono tornate a casa ieri
sera!”. Poi si bloccò, vedendo i due uomini.
Papà la imitò, mentre un’atmosfera gelata
riempiva la casa.
“Hazel, cosa fare?” chiese quello che ci
stava puntando con la pistola. Nell’udire quel nome ebbi un brivido di pura
paura.
L’altro si fermò nell’atto di usare la
siringa contro mio fratello, ancora profondamente addormentato- e la cosa mi
spaventava, come mai non si era svegliato con tutto quel trambusto?- e fece un
sorriso malefico.
“Tutto ok, calma” disse placidamente,
esibendo la sua siringa. Era di una bellezza malefica, biondo con occhi scuri
che sembravano indemoniati.
“Cosa volete fare?” chiese papà.
“Non importa a te, signore” rispose l’altro
uomo, ma Hazel lo zittì.
Si avvicinò e riprese a sorridere. “Voi fare
solo ciò che io dire a voi e basta” esclamò con una falsa mielosità che mi fece
raggelare il sangue, mentre mi maledivo per non aver scoperto cosa mi doveva
dire di così importante Vittoria e che non mi aveva detto.
Ci mancava solo questa, pensai esasperata,
mentre sentivo che quella notte non l’avrei dimenticata mai e poi mai. Sempre
se arrivavo viva all’indomani, pensai, quando l’altro uomo si avvicinò e mi
puntò dritto la pistola alla tempia ,tappandomi la bocca, impedendo al secondo urlo
gigantesco di quella serata di fuoriuscire dalle mie labbra.
Continua….
(*) Cristian è nato nel
2010 circa, se contiamo che la storia è iniziata nel 2008. Quindi,
tecnicamente, siamo circa nel 2038 se ora Debora ha 46 anni e nel 2008 ne aveva
16, si è messa con Andrea circa nel 2011, ma è solo una formalità, di certo
Sabrina&Co non sono ragazzi del futuro con robot e iper tecnologie….
Ciao girls!
Ovviamente so che l’ultimo capitolo vi ha
lasciato sconvolte, e questo probabilmente ancora di più. Siamo entrati nella
part “dark” della fic, e mi duole dover scrivere i cap aggiornamento dopo aggiornamento
visto che per la prima volta da quando pubblico le fic su Deb&Co non ho i
capitoli già scritti a causa della mancanza di tempo.
Comunque, ora scopriamo che non ho messo
Hazel in questa storia senza motivo xD Voi che idee vi siete fatte? Cristian e
Sabri sono si o no fratelli? Cosa c’è nella testa di Irene questa volta? E cosa
vuole Hazel? Lo scopriremo nel prossimo chappy ovviamente, ehehe!
Per chi non ha seguito le altre due fic e
vuole sapere qualcosa più su Irene, può andare nel mio account, nella fic “Confessions
of a future bride”, e vedere nei capitoli 11, 13,23, 24 e un po’ dal 26 in poi,
dove la sua figura è causa di tutti gli avvenimenti.
Poi, finalmente sono riuscita a trovare un’attrice
che secondo me riesce a rendere bene l’idea di Deb, ovviamente nella sua
versione ventenne…. Et voilà:
http://celebrity-pics.movieeye.com/celebrity_pictures/Mandy_Moore_694317.jpg
http://www.gossipboy.ca/wp-content/uploads/2009/09/mandy-moore-4.jpg
E
poi, ecco Gabriele:
http://img2.timeinc.net/people/i/2009/database/taylorlautner/taylor_lautner300.jpg
http://mokshatop.files.wordpress.com/2009/08/taylor-lautner-new-moon.jpg
Comunque, grazie di cuore alle 23 persone
che hanno messo al fic tra i preferiti e alle 15 che hanno messo la fic tra le
storie seguite, e a coloro che hanno recensito:
Shinalia: Grazie mille, mi fa piacere sapere
che tu abbia deciso di leggere questa storia e che ti sia piaciuta. Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto! ^^
piaciuque: Ciao ^^ Eh si, diciamo che
nessuno saprebbe come comportarsi in una situazione del genere, e Cristian e
Sabrina hanno deciso di allontanarsi nel caso di una vera fratellanza. E’ bello
sapere che un cap così sconvolgente ti sia piaciuto! Grazie mille!
ElseW: Grazie mille per i complimenti, anche
se mi dispiace essere la causa di una tua momentanea pazzia xD Credimi, sono la
prima ad essere sconvolta di me stessa a delle mie idee criminali, dovete
scusarmi ma quando mi vengono queste idee non posso evitare di scriverle. Se
sono fratelli o no, beh, lo scopriremo nel prossimo cap! ^^ Ancora grazie
mille!
Angel Texas Ranger: Eh, diciamo che la prima
spiegazione me la devo dare io da sola per queste idee pazzoidi che mi ritrovo
a pensare. Mi sento profondamente in colpa per aver sconvolto tutti i lettori
con una simile trovata xD Mi fa piacere che ti sia piaciuto il modo in cui ho
descritto il tutto, però, grazie mille ^^ E la spiegazione totale ci sarà nel
prossimo cap, promesso. Un bacione!
_piccola_stella_senza_cielo_: Hai ragione, e
poi per i miei standard è una cosa assurda vedere che faccio mettere insieme i
due protagonisti dopo soli sei capitoli (tipo per fare mettere insieme Deb
e Andrea la prima volta ce ne ho messi
36) quindi era ovvio che ci fosse qualcosa sotto ^^ Per ora non sappiamo se
sono sul serio fratelli, avremo più risposte nel prossimo capitolo! Grazie
mille per la recensione^^
CriCri88: Ammetto che la tua reazione era
una di quelle che più mi incuriosiva, sai? So di essere stata diabolica, e ti ringrazio se ritieni che sia stata
geniale, mi fai arrossire ^^ In realtà già dall’inizio era nei miei scopi far
succedere questa cosa, altrimenti per i miei standard è qualcosa di assurdo far
succedere qualcosa tra i due protagonisti dopo solo sei cap, non credi? Spero
solo che mano a mano la sensazione di shock si allevierà, non voglio essere
causa di traumi xD Ti ringrazio ancora, cara, un bacione!
vero15star: Tesoro sapessi quanto mi manchi
<3 ! Spero sul serio che riusciremo a sentirci al più presto, anche se grazie
a facebook ogni tanto riusciamo a comunicare anche solo mediante un link ^^ Comunque,
Marcoplino ha fatto furore, eh si, e ti ringrazio per il suggerimento. Un
bacione enorme, ti voglio bene!
lillay: Grazie mille, è bello sapere che il
capitolo nonostante la sua tragicità xD ti sia piaciuto! Irene purtroppo quando
c’entra in qualcosa non porta mai a nulla di buono U_U Ma nel prossimo capitolo
vedremo qual è la verità, e cosa hanno in mente Hazel e l’amico…. Un bacione!
Come sempre non so quando aggiornerò visto
che il cap 9 è tutto da scrivere e già incombono le interrogazioni T_T
Un bacione a tutte, chicas!
La vostra milly92.