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Autore: keli    09/10/2009    2 recensioni
Essere dei dannati ha pregi e difetti. I pregi possono essere tanti e vari a seconda dei gusti, ma il difetto principale è la memoria. Chi vive in eterno non scorderà mai, e questo può portare alla distruzione o alla follia. E si sa, quando è l’odio che alimenta la follia, allora non c’è scampo.
[Prima Classificata al "Dark behind the light...vampires" di the forgotten dreamer]
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akasuna no Sasori , Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La Konoha’s High School.
Chi non la conosce? Da secoli è stata meta dei giovani studiosi (vogliosi o meno) della Tokyo bene.Credo nacque nel 1871, ma non ne sarei così sicura. Alle volte faccio cilecca, ma so per certo di aver partecipato all’inaugurazione con beh… conlui. Se ci si pensa bene è quasi divertente. Ho vissuto questa mia non-vita con lui, sempre fedele sempre al suo fianco. Potrei dire che siamo cresciuti insieme, ma mentirei. Non l’ho visto nascere, né diventare adulto. L’ho conosciuto così come è ora, un eterno fanciullo dal viso di pietra, così come in fin dei conti, sono io. Mentirei se dicessi che in questa storia c’entro qualcosa. Io sono solo il contorno dei fatti, una spettatrice che ha visto e che racconterà. Infondo è per questo che esisto, per raccontare per mantenere viva la memoria. La sua. Nessuno meglio di me potrà spiegare quel sentimento così profondo che si era venuto a creare tra quelle due creature, o almeno così dicono. Alle volte dubito io stessa di poter comprendere quello che li ha legati. Dopo tutto io sono solo un narratore che ha visto la vicenda con i suoi stessi occhi, è vero, ma poi? Mi sono sempre vantata di poter capire le persone con una sola occhiata, di essere l’unica a conoscerLo veramente. Spero che questa fiducia non sia stata mal riposta.
Alzo lo sguardo osservando il vecchio edificio che sembra voler rimanere in piedi nonostante le mille scosse di terremoto, le milioni di vite che ha visto passare al suo interno. Come me, lui rimarrà qui a testimonianza delle storie che sono passate attraverso i suoi cancelli, che silente ha ascoltato, ha visto e mai commentato. La panchina è dura sotto la mia pelle di granito, oserei dire scomoda se fossi ancora umana, ma ora è soltanto un lieve formicolio nelle gambe che da quasi la sensazione di tepore quando queste si addormentano dopo essere state a lungo nella stessa posizione.
L’orologio della Cattedrale batte le dodici, ma oggi non c’è sole quindi posso stare tranquillamente qui senza alcun problema per la mia vita, e in più in giro con questa pioggia non c’è nessuno, salvo qualche tokyese irritato che sfreccia avanti e in dietro sotto giornali o ombrelli per andare a lavoro. Ma adesso sto divagando. Come ho detto la nostra storia si svolge circa mezzo secolo fa, quando la Konoha’s era una di quelle scuole d’elite che solo i figli di ricchi e benestanti potevano permettersi. All’epoca avevo milleottocento anni, e lui tremilanovecento. Ero quella che si dice una vampirastra alle prime armi a confronto con lui che vagava su questa terra da millenni…



Quando l’odio brucia l’anima



<< Ohhhh perché la scuola è?! Perché perché perché?! Abbiamo cambiato tante di quelle scuole che oramai potrei essere un premio nobel! >>

Mi lamentai, battendo infantilmente i piedi a terra, lasciando impronte profonde nella neve candida. Il ragazzo davanti a me si voltò lentamente, guardandomi severo da sotto la frangetta color mattone. Rimanevo sempre sorpresa dal suo sguardo nocciola che sembrava avere in se sia il verde che l’oro e che ti catturava rendendoti schiava del suo volere, facendoti sentire infinitamente piccola e miserabile davanti a tanta grandezza. La sua pelle pallida (come del resto la mia) era al contempo più bianca e più scura della neve che ci copriva le vesti e i capi. Aveva un iridescenza che sembrava provenire dall’interno, rendendolo evanescente, quasi irreale. Persino la divisa nera col cravattino della scuola gli calzava a pennello, cadendogli sul corpo come se portasse uno dei suoi abiti di fattura pregiata. Nonostante questo sembrava persino buffo con la neve sui capelli rossi, lunghetti, e la cartella buttata casualmente sulla spalla destra. Mi ammutolì immediatamente. Sapevo che sopportava ben poco le mie lamentele, e non volevo farlo arrabbiare.

<< Perché ho deciso così Sakura, quindi taci e vedi di seguirmi >>

Ordinò secco, con quella sua voce malinconica e al tempo stesso suadente, che aveva il dono di farmi sciogliere e assoggettare al suo volere qualsiasi essere umano, sia donna che uomo. Saranno stati i secoli di esperienza più di me, ma io non riuscivo ancora a trovare nel mio tono quella carica elettrica capace di farti diventarne schiavo, solo per sentire ancora quel miele sgorgare dalle labbra solo per te. Brontolai, seguendolo dentro il giardino innevato della scuola di malavoglia. Non mi nutrivo dal giorno precedente, quando nel treno avevo fatto uno spuntino con un giovane di bell’aspetto, salvo poi lasciarlo andare e non soddisfarmi pienamente sotto ordine dell’Akasuna. Quindi era più che giustificato il fatto che avessi fame, e che i miei occhi verdi avessero una sfumatura rossa inquietante. Avevamo lasciato Edimburgo perché le morti erano diventate troppo sospette e il mio compagno aveva decretato che era ora di cambiare posto se non volevamo essere scoperti. Lo osservai di spalle, camminare posato e elegante, senza minima irrequietezza malgrado nemmeno lui si fosse nutrito. Invidiavo questa sua calma, mi dava quasi il nervoso. Presa dai miei pensieri non mi accorsi che si era fermato, malgrado continuasse a darmi le spalle, lo sguardo senza tempo fisso sulla struttura.

<< So che hai fame, ma dobbiamo aspettare. Una morte sospetta il nostro primo giorno qui non ci giovereb- >>

Lo vidi bloccarsi e il suo sguardo farsi gelido, incattivito, come se tutta la bellezza che irradiava fosse stata soffocata da qualcos’altro.
Si, ma cosa?
Seguì confusa il suo sguardo, affiancandolo rapidamente, fino a bloccarmi sulla figura di un ragazzo appoggiato a un pilastro, dai capelli neri e lisci che li incorniciavano il viso chiaro, androgino, e gli occhi onice che guardavano verso di noi inquisitori (solo dopo appresi che stavano fissando il vampiro al mio fianco)
Per un istante ebbi il folle pensiero che ci avesse udito, e fui presa dal panico stringendo la mano attorno al braccio del mio compagno, artigliandolo quasi con la mia forza superiore che alle volte faticavo a giostrare
.

<< Ci ha… ci ha sentiti? >>

Chiesi in un soffio senza smettere di guardarlo.

<< No >>

Replicò calmo, quasi lapidario, l’Akasuna, scrollandosi con un po’ di fatica le mie mani di dosso, mantenendo però quello sguardo che raramente gli avevo visto. Odio, semplice eppure fatale odio. Mi chiesi se l’avesse detto solo per rassicurarmi ma poi mi diedi della sciocca.Lui non si preoccupava delle mie paure, mai. Fu questo a spingermi a strattonargli nuovamente la manica, sta volta curiosa.

<< Allora perché…? >>

Nello stesso istante lo sconosciuto si staccò dal pilastro, dando un ennesima ultima occhiata indecifrabile e sparendo all’interno dell’edificio. Immediatamente l’eterno fanciullo sembrò rilassarsi, e il suo sguardo tornò normale, mantenendo però quella scintilla di indescrivibile cattiveria che sembrava sfociare ancora in quell’odio allo stato puro. Abbassò il viso guardandomi con aria calma, concedendomi un sorriso sbilenco, raro in lui e per questo sempre prezioso come l’acqua nel deserto.

<< La campanella… che ne dici di entrare? >>
<< Oh si, andiamo >>

Risposi, affrettandomi a raggiungerlo visto che era tornato a camminare davanti a me. Mentre fissavo la cartella che dondolava dolcemente lungo le spalle ampie, mi ritrovai sempre più convinta che avesse solo voluto sviarmi dalla discussione. Mi stava nascondendo qualcosa, per la prima volta in tutta la nostra esistenza insieme.
Avrei scoperto a qualunque costo cosa.





<< Hai intenzione di rimanere li fino a domani? >>

Alzai lo sguardo dal banco che avevo preso a fissare, non sentendo minimamente la campanella di fine lezione. Strano che non l’avessi sentita, visto l’udito di cui disponevo. Scrollai le spalle in un gesto molto umano, dicendomi felice della fine delle lezioni. Se c’era una cosa che mi rimaneva della mia vita terrena era l’avversione per la scuola, buffo no? Guardai quasi di sfuggita il mio compagno, che mi fissava quasi a volermi scrutare dentro con i suoi profondi occhi nocciola. Notai che il rosso si era esteso, quasi prendendo pieno possesso dell’iride. Questa cosa mi preoccupava, eppure lui sembrava esserne del tutto indifferente, come al solito. L’avevo guardato tutto il giorno a dire il vero, sollevata che quello strano ragazzo della mattina non fosse nella nostra stessa classe. Sembrava averlo dimenticato, rispondeva normalmente ai professori, e non si muoveva dal banco, restando indifferente agli sguardi affascinati delle ragazzine e quelli infastiditi dei compagni maschi. A dire il vero anche i professori erano rimasti impressionati dal suo carisma, come ogni essere umano d’altronde. Io ero soltanto la bella di turno, strana per quei capelli rossi che scendevano quasi nel rosa delicato, della stessa bellezza folgorante di quello che tutti credevano mio cugino, sorridente e silenziosa, non avevo fatto la stessa buona impressione agli insegnanti anche se anch’io avevo risposto correttamente a tutti i test prendendo il massimo dei voti.

<< Hai perso finalmente l’uso della parola? >>

Chiese con una nota ironica lui, guardandomi quasi divertito, stranamente convinto di quelle sue parole. Mi voltai verso di lui guardandolo truce, le braccia incrociate sotto il seno, l’aria offesa. Io ero molto più emotiva di lui, era questo che mi fregava sempre.

<< Ah ah ah… spiritoso Sasori! >>

Fece quel sorriso che mi avrebbe sciolto il cuore, se ne avessi avuto ancora uno, a metà fra un ghigno e qualcos’altro, che lasciava intravedere la fila di denti bianchissimi e i canini appuntiti che rivelavano ciò che eravamo in realtà. Questo mi fece sobbalzare, dimenticando subito l’offesa nei suoi confronti e guardandolo preoccupata. Per fortuna eravamo soli in classe anzi nell’intero istituto, ritardatari ad andarcene, i nostri compagni erano spariti in una calca urlante qualche minuto prima al suono della campana.

<< I tuoi occhi stanno diventando rossi… devi nutrirti o… >>
<< … anche i tuoi occhi stanno diventando cremisi Sakura, dovresti preoccupartene >>

Liquidò le mie parole lui, con un gesto veloce della mano. Sospirai. Era impossibile riuscire a farlo ragionare. Annuì così, solo per fargli piacere, stringendo la mano sulla sua giacca e alzandomi sulla punta dei piedi, facendo scontrare le nostre labbra. Mi persi in quel bacio che sapeva di morte, e del gusto sublime del nettare nostro nutrimento. Poi così come l’avevo sfiorato mi staccai, abbassando lo sguardo con un cenno di sorriso. Ero abituata a quello strano amore che sapeva offrirmi, così diverso dalla mia cieca devozione, del mio sentimento sconfinato. Sapevo sulla mia pelle che lui non provava emozioni forti, non ne era capace né gli interessava. Tutto quello che faceva era dettato dalla sua voglia di sopravvivenza che lo portava a far tutto solo per suo torna conto personale. Lui non viveva, si limitava a un esistenza pacata, al mio fianco. O ero io al suo?

<< Mi accompagni? >>

Buttai li. Volevo solo essere sicura che si sarebbe nutrito anche lui, cosa c’era di male? Ah se solo avessi saputo che quella mattina era stata l’inizio e la fine di tutto! Fece per rispondere ma di nuovo vidi quello sguardo che qualche ora prima mi aveva messo paura. Il nocciola dei suoi occhi era stato inghiottito da un rosso cupo, folle e temibile, improvviso e per questo più pericoloso. Dal suo petto vibrò un ringhio sordo come di animale ferito, eppure il suo corpo non aveva assunto la posizione del predatore. Mi allontanai di un passo temendolo e solo quando voltandomi, scorsi dei capelli corvini darmi le spalle e il loro proprietario scomparire nel corridoio, capì. Feci per bloccarlo ma Sasori fu più veloce, fiondandosi alla porta e seguendo la sua scia, una saetta rosso fiamma nel buio di quei corridoi. Tremante mi aggrappai al banco, quasi come se temessi di cadere da un momento all’altro.
Mi sbagliavo. Io non conoscevo affatto il vero Sasori Akasuna.


<< Chi sei veramente? >>

Il mio sussurro strozzato rimase galleggiante nell’aula vuota, unico segno della mia angoscia e precedente presenza solo una linea dritta, scavata dalle unghie, sul legno duro del banco. Vagai per un po’, annusando l’aria per ritrovarlo, con mille domande nella mente. Chi era quell’umano? Perché Sasori si interessava così tanto a lui? Un siggulto mi strozzò un respiro che non mi serviva nella gola, bloccandolo lì come un boccone amaro difficile da mandar giù. Perché, soprattutto, avevo visto in lui quella fiamma di feroce sentimento, sofferto e brutale, che con me non aveva?
Li trovai dopo poco e rimasi basita. Stavano l’uno di fronte all’altro, a squadrarsi silenziosi, complici di quel segreto che a me non era dato sapere. Dopo quelle che mi parsero ore, o forse solo pochi minuti, lo sconosciuto parlò con un sorriso sprezzante, e la sua voce suonò roca, profonda e allettante, come il sangue che ribolliva nelle sue vene, svegliando in me l’appetito che era rimasto così a lungo sopito.


<< Io so cosa sei… >>

Calcò quella parola con disprezzo, quasi sfacciataggine. Vidi la calma sparire dai tratti del mio compagno e la sua schiena incurvarsi, le mani arcuarsi ad artigli. Finalmente lo vidi predatore, eppure questo non mi tranquillizzò.

<< E cosa sarei…? >>

Sussurrò lascivo, lasciando che le sue parole, veleno puro, si insinuassero nell’altro. Vidi il sorriso sparire dal volto glabro, facendo spazio al disgusto e alla sfida.

<< Uno schifoso succhiasangue… un maledetto vampiro! >>

Sputò quelle parole con rabbia. Ferma immobile e invisibile ai due, vidi come quella rabbia fosse centuplicata nell’Akasuna, come ne alterasse il volto, il corpo, sfociando in ossessione. Bastò qualche secondo e gli fu a dosso, seducente e tremendo, stringendolo per il collo sottile con la mano forte, sbattendolo contro il muro facendo cadere un po’ di intonaco nei capelli rossi, aderente al suo corpo come di amante. Soffocai un gemito, lamento dettato dal desiderio, dall’impotenza e dalla gelosia. Quanto avrei dato per essere al posto di quell’umano! Per godere della stessa bruciante passione, anche se in modo diverso. Per un attimo temetti che gli avrebbe spezzato il collo, ma si limitò ad avvicinare le labbra rosse al suo orecchio, incurante delle mani curate, quasi femminee, che ne artigliavano senza successo il braccio.

<< Ripeti quello che hai detto Uchiha Sasuke >>

Soffiò. Rabbia nel vento, miele maledetto solo per lui, per lui. Sasuke lo fissò con sfida, occhi neri in occhi rossi, malgrado il pallore naturale del suo volto venisse sopraffatto da un colore di sangue affluente che normalmente non l’avrebbe mai sfiorato.

<< S-schifoso s-succhiasan- auch! >>

Le parole vennero soffocate da un urlo di dolore, mentre il pugno preciso si ritraeva dallo stomaco piatto, spezzandogli il respiro, piegandogli il corpo in due, rompendogli forse qualche costola a giudicare dal tetro rumore di ossa sbriciolate. Vidi il sangue scuro e invitante, colare da quelle labbra sottili e venir subito assaggiato dal vampiro rosso di capelli che lo baciò pur di assaporare il ferreo e dolce nettare. Fu un bacio duro senza dolcezza, rude e violento, che ne rubò il respiro ne ferì la pelle. Più che un bacio d’amore sembrava il bacio del vampiro, un bacio di morte. Ma non vidi spirare quell’ormai non più tanto sconosciuto, lo vidi solo lottare per allontanarlo, in uno scontro di corpi, e alla fine venire accontentato ricadendo con un tonfo sordo sul terreno gelato, scivolando con la schiena contro il muro sfondato, tra i pezzi bianchi di intonaco e il suo stesso sangue. Seguì i movimenti convulsi delle spalle dell’Akasuna, quasi fosse stanco, distrutto da quello scontro violento, la lingua che passava sui canini lucidi a portar via le ultime macchie scarlatte. E allora mi chiesi perché. Perché a me non era concesso quel sentimento così violento, quella passione bruciante che non gli avevo mai visto in un eternità.
Era questo il vero Sasori? Cos’era rimasto dell’uomo a cui avevo donato il mio cuore? Cosa sapevo realmente di lui?
Niente.
Per un attimo mi venne voglia di piangere, assaggiare quelle gocce salate di dolore, ma i miei occhi rimasero crudelmente vuoti, asciutti e pungenti. Guardai quel ragazzo steso a terra, dolorante, e mi stupì ad ammettere che lo conosceva meglio di me. Di me!
Perché solo lui aveva avuto l’onore di vedere il mostro che si celava dietro quel viso fanciullesco, di esplorare quell’animo cruento e oscuro e di farlo suo.


<< Perché? >>

Ripetei ancora e il mio lamento si perse nell’aria attirando finalmente l’attenzione di colui che avevo creduto essere mio. Mi fissò, con quei suoi occhi terribili, e un sorriso sofferto simile a quello che concedeva a me e per questo più doloroso affiorò sul suo viso da bambino. Vidi il ragazzo che era stato, l’uomo che avrebbe potuto essere e singhiozzai silenziosa.

<< Perché è stato lui a strappare via il mio cuore… vedi Sakura, la memoria è una maledizione, si, ma anche il dono più subline. Perché se perdi la memoria, perdi tutto* >>

E vidi la lotta negli anni per mantenere viva la sua, per non perderla. Unico scopo di una mera esistenza. Sasuke sputò sangue a terra e ghignò forse fiero di essere fonte di tanto sentimento. I capelli corvini, sottili trame di notte senza stelle, ne coprivano gli occhi.

<< Ho ucciso il suo amore… ho vendicato la mia famiglia gettando nelle fiamme dell’inferno quello schifoso assassino. Ahahaha! Itachi Uchiha non sarà mai più tuo… uccidimi pure! Non servirà a nulla! >>

Quelle parole che sapevano di follia rimbombarono nella mia mente, trafiggendola come mille pugnali.
Itachi Uchiha… l’avevo visto, l’avevo conosciuto, ci avevo vissuto al fianco. Cupo vampiro dall’aria triste, compagno da chi sa quanto di Sasori. Lui era la prima di me, naturale che ci fosse qualcosa, avrei dovuto capirlo. Ma soprattutto avrei dovuto capire Lui! Lui che aveva gettato un urlo angosciante alla luna e si era accasciato a terra davanti alla pira ancora in fiamme. Urlo che avevo preso per dolore per la perdita di un amico caro, rabbia per un offesa. Che sciocca che ero stata! E in quei pochi istanti vidi gli ultimi atti di quella passione crudele, di quell’odio sconfinato bruciarsi davanti ai miei occhi. Vidi il mio compagno perdere il sorriso eppure non mi mossi.


<< E ora pagherai, finalmente lui sarà vendicato! >>

Ad un tratto il perché di quei continui spostamenti, di quella ricerca ostinata mi fu chiaro. Avevamo passato gli ultimi tre anni a cercare qualcuno. Finalmente l’avevamo trovato. L’Uchiha minore non fece nulla per salvarsi, accolse la morte con un sorriso compiaciuto, gelido spettro di una risata, gli occhi vuoti. Soltanto quando vidi il capo rosso rimanere immobile in quel bacio suadente, i denti affondati nel collo morbido, sporco di quel sangue che avrebbe dovuto saziarlo compresi e il mio urlo fece tremare i vetri del corridoio mandandoli in frantumi, solo schegge di vibrante vetro nell’aria, corpi inerti spezzati così come la mia anima.

<< Sasori, Sasori no! >>

Mi gettai come un ossessa su quei due corpi inerti, privi di vita (sia mortale che immortale) e cinsi le spalle dell’Akasuna, sofferente belva che aveva perso tutto. Vidi il paletto di legno che gli aveva attraversato il petto, stretto, spuntare dalle mani lisce dell’altro. Non tentai nemmeno di levarlo vedendo che quello che spuntava era l’inizio di un crocefisso di legno usato come lama su di lui.
Caddi all’indietro, uscendo i canini e raspando, anche i miei occhi oramai rossi.


<< P-perdonami, perdonami Sakura… A-ashiteru… >>

Udì quell’ultimo flebile sussurro prima del silenzio, così sottile che pensai l’avessi immaginato solo frutto di una disperata ricerca di non verità. China su me stessa capì l’amara verità. Io non avevo mai conosciuto il vero Sasori e ora era morto, l’ultimo atto di quell’animo arso d’odio che aveva conosciuto per un solo secondo l’amore anche per me e un sentimento assai più potente e devastante.

[<< Sasori ma tu mi ami? >>
<< … >>
<< … S-sasori…?! >>
<< Non fare domande idiote Sakura, andiamo >>]


La luna spicca come un sorriso a metà fra il cielo ormai buio. Mi alzo dalla panchina, passandomi una mano fra i capelli e salutando con lo sguardo la struttura che, accompagnata da un botto sordo, cade su se stessa, sbriciolandosi, implodendo, muta tomba di una storia che non sarà dimenticata. Perché la maledizione è passata a me ora, e io vivrò per mantenerla viva, per godere di quel dono sublime e codardo. Non mi scorderò di te, di voi.
La mia memoria sopravvivrà e, allora, vivrete di nuovo.




Angolino di Keli


Prima ** Ancora non ci credo, PRIMA! *saltella per la stanza*Me immensamente felice! Ringrazio la giudicessa, e il nostro bannerista di fiducia Hikaru *spupazza per la treccentesima volta il bannerino* e un brave gigantesco alle altre podiste & concorrenti ** Un bacio!
  
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