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Autore: Anthy    09/10/2009    7 recensioni
La cioccolata è come la vita umana; conoscila e scoprirai un pezzo di mondo. In una giornata storta, assumere della cioccolata fondente fa ritrovare l'energia; in un giorno felice, mangiare un quadratino di cioccolato bianco non può che migliorare il tutto...
Sono queste le parole che Inuyasha rivolge ad una Kagome delusa dalla vita, sola e ferita. Cosa succederebbe se, un giorno, provasse allora una cioccolata un po'...piccante? Beh, proverebbe un sapore difficile da dimenticare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHOCOLAT








Capitolo 1




*** PASSATO ***

Nonostante una marea di gente affollasse la via, riuscivo a sentire il rumore dei miei tacchi, tanto forte che sembrava regolasse perfino il tempo del mio respiro. Il mio passo era tranquillo, così come la mia respirazione. Ma dentro mi sentivo euforica.
Scorsi la mia figura riflessa in una vetrina; quel giorno ero proprio bella. Capelli raccolti in una coda, frangia sapientemente spettinata, occhiali grandi, come dettava la moda; indossavo un cappotto rosso, che copriva un tubino dello stesso colore, pantacollant neri che arrivavano a metà polpaccio e scarpe dello stesso colore, dal tacco dieci e rosso.
Sì, mi sentivo figa. Odiavo queste espressioni, ma quel giorno non riuscivo a trovare una parola migliore per descrivermi.
Mi avevano promosso. Quel giorno mi avevano promosso ad un'importante carica all'interno di una famosa redazione di moda. Avevo ventitré anni e le mie capacità erano state riconosciute nonostante la mia giovane età. Non potevo che esserne orgogliosa.
Eppure ...
Osservavo le persone che mi scorrevano accanto. Umani, demoni, più rari i mezzodemoni. C'erano famiglie, c'erano gruppi di amici, c'erano fidanzati ...
L'ennesima vetrina rispecchiò la mia immagine ... solitaria.
Io ero sola.
Una solitudine perenne, continua. Potevo vantare due soli veri amici: Sango e Miroku, i miei vecchi compagni di scuola ora sposati. Nell'ambiente di lavoro, invece, il rapporto con i miei colleghi era superficiale, quanto bastava per vivere una pacata convivenza. Non c'erano uscite serali, non c'erano interessamenti reali sulla salute l'uno dell'altro. C'era la carriera, il pettegolezzo, la superficialità.
Da quant'era che non sorridevo seriamente? Tanto, troppo. Eppure un tempo ero l'allegria fatta persona, sorridevo di continuo, avevo un sacco d'amici. Ora non potevo godere neppure della compagnia della mia famiglia, che avevo dovuto lasciare per conquistare la tanto agognata indipendenza. Né potevo contare sul calore di un fidanzato: Koga mi aveva lasciato un anno prima perché non volevo fare sesso, dopo tre mesi che stavamo insieme.
Non amore, sesso. Perché io non l'amavo. Nonostante sapesse ancora non provavo quel sentimento, lui mi diceva che non importava, che lui mi amava lo stesso. Per poi abbandonarmi dopo tre mesi, solo perché non avevo aperto le gambe a letto.
Mi faceva male pensare a ciò, era una ferita non ancora rimarginata. Ragionandoci, il mio carattere mutò proprio da allora. Niente più ricerca di legami veri in amicizia, né in amore.
Lavoro e far carriera: la vita era questo per me. Una noiosa routine di sorrisi falsi, di cortesie false, di amicizie false. Nessuno si curava di approfondirle, perché dovevo farlo io?
Ma in quel momento, in mezzo a tutta quella gente, mi sentivo sola. Patetica, invidiosa e sola.
L'improvviso scurirsi, dovuto a dei nuvoloni che preannunciavano un temporale con i fiocchi, mi riscosse; era inutile piangersi addosso ormai, avevo scelto io quella strada che abbracciava solo il lavoro. Per cui dovevo essere felice di essere stata promossa, felice di quel riconoscimento, felice della mia vita. Con questa consapevolezza, che tuttavia lasciava un certo retrogusto amaro, mi tolsi gli occhiali da sole e affrettai il passo per raggiungere la metro. Ma evidente il tempo, o il destino, non la pensavano come me e lo fecero presente con un violento acquazzone. Non potevo neppure correre o sarei inciampata a causa dei tacchi nel tentativo, per cui mi ritrovai letteralmente fradicia. Dovevo trovare un posto dove fermarmi, possibilmente un bar, e aspettare che smettesse di piovere. Mi guardai disperatamente intorno, cercando di aguzzare la vista fra quella moltitudine di gente e ombrelli.
Fu un puro caso: un'elegante insegna attirò la mia attenzione.

Chocolat.

Mi fermai immediatamente.
Nessuno sembrava farci caso, ma non sapevo per quale motivo quella cioccolateria, come specificato sempre nell'insegna, mi attrasse. Forse le luci soffuse delle vetrine, forse le delizie che venivano illuminate. Ma probabilmente era quella sensazione di caldo che mi trasmetteva, nonostante l'umidità della pioggia.
I miei piedi agirono prima della mia testa: cominciai a correre, per quel che potevo, in quella direzione, entrando come una furia e venendo annunciata da tanti piccoli campanelli. Mi appoggiai alla porta, chiudendo gli occhi e portandomi una mano al petto, nel tentativo (vano) di riprendere fiato. Quando rialzai le palpebre, mi sentii tanto Pinocchio nel paese dei balocchi: facevo fatica a mantenere un'espressione dignitosa, mentre scorgevo tutte quelle meraviglie. Sulla destra c'era un bancone in legno massiccio, seguito da una vetrina contenente così tante delizie da far felice più di un bambino e i loro dentisti: biscotti, dolcetti, torte ...
Denominatore comune? La cioccolata. C'era cioccolata dappertutto, compreso in una piccola fontana proprio sopra il bancone.
Sulla sinistra c'erano tanti tavolini, sempre in legno, molto eleganti. Di fronte a me, invece, c'erano diversi scaffali, alcuni con libri, altri con dischi.
Era... Era stupendo! Mancava solo il caminetto e l'avrei eletto come mia abitazione.
Sospirai estasiata.

<< Mi dispiace, ma siamo chiusi.>> sobbalzai nel sentire una voce proprio alla mia destra.
Girai la testa e sgranai gli occhi. Il più bel ragazzo su cui il mio sguardo si fosse posato era di fronte a me. Anzi, bello era riduttivo. Visto che l'avevo usato per me, anche per lui valeva il termine di figo, con l'aggiunta "da paura".
Era un mezzodemone dai luoghi capelli argentati sormontati da due carinissime orecchie da cane bianche, un viso dai tratti maschili, non spigolosi; un corpo stupendo e muscoloso, fasciato da una camicia nera sapientemente slacciata, ma non in maniera esagerata, e dei jeans dello stesso colore.
Ah, non mi ero dimenticata di osservargli gli occhi, solo che volevo evitarli tanto erano profondi: color ambra, ti incatenavano a sé e ti facevano perdere nella loro magnificenza.
Kami, se era bello!
Vidi che mi stava osservando - certo, c'ero solo io, chi doveva guardare?- un piccolo ghigno gli increspava le labbra, creando una piccola fossetta al lato della bocca. Arrossii come un pomodoro, rendendomi conto che lo stavo guardando con la bocca completamente spalancata.
<<  Ehm ... P-potrebbe ripetere?>>
Oddio, no, non potevo balbettare così di fronte a quell'adone. Adone che ampliò il sorriso strafottente, ma così affascinante su di lui. Si avvicinò di qualche passo. Sicuramente non gli interessava se il mio cuore avesse cominciato a ballare a ritmo sostenuto...
<< Ho detto, bella signorina, che siamo chiusi.>> anche la sua voce era sensuale... Oddio! Stavo diventando una manica. Lo sapevo che prima o poi l'influenza di Miroku avrebbe fatto effetto! Poi cos'era quel “bella signorina”? Forse prima potevo essere considerata bella, ma ora sembravo più un gatto caduto dentro alla vasca per sbaglio.
<< Ah.>>  okay,tra tutte le cose intelligenti che avrei potuto dire, “ah” era la migliore. << Cioè … Vuol dire che dovrei andarmene?>> con la coda dell’occhio sbirciai fuori dalla porta e rabbrividii nel vedere il tempaccio che stava sconvolgendo la città. Mi rigirai, osservandolo tremante.
<< Beh, se mi guardi con quegli occhioni da cucciolo, come posso cacciarti? Sia mai che lasci uscire una così bella donzella con questo tempo. Ti avrei sulla coscienza.>> okay, era bellissimo, affascinante, stupendo … Ma quella che sentivo era per caso una nota ironica?
Mi imbronciai. << Beh, se è un disturbo posso anche andarmene.>>  Era più forte di me: quando venivo provocata, rispondevo a tono.
La sua risata giunse inaspettata. << Siamo un po' permalosette?>>
Come osava? Era uno sconosciuto e si permetteva di giudicarmi? Stavo per girare i tacchi e andarmene offesa, quando la sua voce bloccò i miei propositi. << Pensavo veramente quello che dicevo, mi sentirei in colpa a saperti fuori con questo tempo per causa mia.>> I suoi occhi sembravano sinceri e il suo sorriso aveva perso ogni accenno canzonatorio, apparendo quasi dolce. Catturandomi.
Ero in imbarazzo.
Da quando ero stata lasciata, non ero più stata sola con una presenza maschile al fianco, per di più sconosciuta. Né che potesse vantare la stessa bellezza di...
Realizzai solo in quel momento che non sapevo il suo nome.

<< Come ti chiami?>>
<< Come ti chiami?>>

Ci fissammo per alcuni istanti, sconcertati - almeno io – di aver pronunciato le stesse parole, prima che la sua risata divertita rompesse quel silenzio. Era un sussulto al cuore vederlo ridere, con le orecchie morbide che si agitavano sopra la sua testa. Mi concessi pure io una breve, seppur sincera, risata.

<< D'accordo, io sono Inuyasha e, come avrai notato dalle mie orecchie, sono un mezzodemone. Tu invece, bella signorina, come ti chiami?>>
<< Piacere, io sono Kagome.>> feci un leggero inchino.
<< Ti prego, niente formalità! Probabilmente avremo la stessa età.>> quando rialzai il busto, notai che era leggermente arrossito, in imbarazzo per il mio gesto, e non potei non trovarlo carino. Insomma, non si vedevano molti ragazzi arrossire!
Ma ogni pensiero fu interrotto da due potenti starnuti; effettivamente ero completamente fradicia e sentivo un po' freddo, ma non ci avevo più badato da quando avevo posato gli occhi su Inuyasha.
L'hanyou stesso si portò accanto a me, posando una mano sulla mia schiena ed invitandomi a seguirlo. Ero più che sicura che i brividi che scuotevano il mio corpo non fossero più causati dal freddo. Un dolce profumo carezzò le mie narici; proveniva da lui, sapeva di buono e zuccherino. Inspirai estasiata.

<< Ti prenderai un malanno là vicino alla porta, vieni con me.>> ci incamminammo verso la zona dei tavolini e... Mi bloccai.
<< Non ci credo. C'è ...>> incuriosito, Inuyasha seguì il mio sguardo e sorrise.
<< Non ti piace? Secondo me rende ancora più rustico l'ambiente.>> prima non potevo vederlo a causa di una colonna, ma ora potevo ammirare un grande camino in mattoni, che si sposava alla perfezione con l'arredamento. Non potevo crederci: era la mia casa tipo, piena di dolci, gestita dal ragazzo perfetto.
Mi ritrovai a dover ringraziare la pioggia...
Mi accompagnò ad un tavolino accanto al fuoco morente.
<< Sai, è pure elettrico, così anche quando fa caldo gli amanti del genere possono credere di avere il fuoco acceso.>> con gentilezza, mi tolse il cappotto e mi fece sedere. << Torno subito, tu cerca di scaldarti.>> in quel momento, l'unica cosa calda erano i suoi occhi, non ne avevo mai visti di così belli; ma quando se ne andò avvicinai la sedia al caminetto.
Mi accorsi che di sottofondo c'era una musica stupenda, strumentale, calmante... Mi rilassai sulla sedia e godetti del torpore che il fuoco mi lasciava.
Kami, che pace!
In una città sempre piena di rumori come Tokio, trovare un angolo di tranquillità non era facile. Da quando avevo messo piede nel locale mi sentivo diversa, più tranquilla, più vera. La promozione non mi sembrava più tanto eccitante, né la solitudine deprimente. Semplicemente avevo trovato un luogo dove le mie fantasie, i miei desideri, fino ad allora accantonati potevano correre a briglia sciolta.
Sobbalzai sentendo una leggera pressione sulle spalle.

<< Sono riuscito a trovare solo questa coperta di là, mi dispiace.>> che gentile, si era veramente preoccupato… << Cosa ne dici di una buona cioccolata calda? Così ti puoi scaldare un po’ mentre attendiamo che questo tempaccio passi.>>
Esitai un attimo. << Non dovresti andare? Cioè, non fraintendere … Solo che stavi chiudendo, quindi penso che tu debba tornare a casa. Non so, dalla tua famiglia o dalla tua ragazza …>> quell’ultimo pezzo mi era uscito senza pensare, mi sarei morsa volentieri la lingua ma ormai il danno era fatto quindi era inutile soffrire. Le uniche che sembravano vivere di vita propria erano le mie guance: quella sera arrossivano di continuo. Che vergogna!
Si diresse verso il bancone e non senza imbarazzo potei ammirare il suo fondoschiena. Improvvisamente sentii un gran calore …
<< Tranquilla, abito da solo; quindi nessuna famiglia che mi aspetta, né ragazza.>> sentivo un traccia di divertimento fra le sue parole e questa volta sì, mi morsi la lingua. Avevo già collezionato fin troppe figure con Inuyasha. Perciò me ne stetti zitta e buona, non perdendomi nessun movimento del ragazzo, che fischiettava tranquillo.
Dopo qualche minuto, tornò con un vassoio su cui erano poggiati una tazza fumante e un piatto colmo di biscotti, ovviamente al cioccolato.
<< Ecco a te.>>
Osservai con attenzione quel liquido denso, scaldandomi le mani grazie al suo calore. In molti, quando volevano farmi dei complimenti, paragonavano il colore dei miei occhi a quella sostanza dolce. Eppure ero sicura che il mio sguardo non avesse quelle tonalità profonde, quel marrone così intenso …
Mi sembrava quasi un insulto al cioccolato stesso compararli. Concentrata, mi gustai il primo sorso, caldo al punto giusto ma … storsi il naso.
Una risata gentile mi costrinse ad alzare gli occhi su Inuyasha. << Com’è Kagome?>>
<< Amara.>>
Ridacchiò un altro po’ prima di rispondere. << Già, lo so. Ma dimmi , come ti senti ora? Non ti sembra di essere un po’ più calda, non hai sentito come una scossa propagarsi dalle tue papille gustative lungo il tuo corpo? Riprova.>> riassaporai la bevanda ancora e constatai che aveva ragione: il sapore amaro lasciava uno strano retrogusto in bocca e le papille sensibili avvertirono quel gusto intenso, provocandomi un brivido in tutto il corpo e risvegliandomi dal languore causato dal fuoco.
Stupita, annuii. << Come facevi a saperlo?>>
<< Ho delle mie teorie. Sono convinto che per ogni stato umano, ogni situazione, si possa affiancare un tipo di cioccolata. Anzi, partendo dal cioccolato grezzo, lo potremmo addirittura paragonare alla vita stessa. Pensa: in un giornata come questa, con il freddo, l’acqua e il cattivo umore che ne consegue, ci vuole un gusto deciso per riprendersi;  un avvenimento felice, una giornata partita bene o qualsiasi cosa di gioioso, lo si può paragonare al sapore un quadrato di cioccolato al latte; un momento particolarmente romantico può essere condito con della cioccolata bianca, mentre uno particolarmente passionale da un biscotto al cioccolato con un po’ di peperoncino. Potrei andare avanti all’infinito, tante sono le delizie che si possono creare con la cioccolata lasciandosi trasportare dalla fantasia e dalle emozioni, o semplicemente dalla quotidianità; ma in sostanza è questo che penso ed è per questo che adoro la cioccolata. Conosci lei, e conosci un pezzo di vita.>>
Ero letteralmente affascinata dalle sue parole. Questo ragazzo possedeva una così chiara visione del mondo che mi fece invidia.
Non mi ero mai soffermata su questi particolari, troppo cieca per osservare al di là della mia sfera personale, chiusa nel mio mondo. Lui no; sebbene gli hanyou non godessero di particolare simpatia – cosa che non comprendevo – lui sapeva il fatto suo, sapeva come giravano le cose e sapeva dar loro la giusta interpretazione. Si capiva che gli piaceva il suo mestiere e la cioccolata, ne aveva parlato con amore e convinzione.  Io invece, sebbene avessi sempre creduto che il giornalismo fosse la mia vocazione, non avevo mai percepito in me lo stesso entusiasmo da lui manifestato. O meglio, quello che credevo “entusiasmo, euforia”, paragonato alle sue parole sbiadiva completamente.

<< Kagome, tutto bene? Mi dispiace, non vorrei esserti sembrato strano o altro …>> lo guardai e notai che era imbarazzato, proprio come prima alla porta; evidentemente non era avvezzo a lasciarsi andare.
Gli sorrisi felice. << Non ti trovo affatto strano, anzi le tue teorie mi incuriosiscono! Stavo solo riflettendo sul loro significato e non posso che trovarmi d’accordo con te. Poi lasciamelo dire, sei un cuoco strepitoso! Questi biscotti sono deliziosi.>> un tenue rossore si era diffuso anche fra le sue guance per via dei miei complimenti. Mi sorrise a sua volta, per poi farsi leggermente serio.
<< Sai, sei molto bella quando sorridi. Perché non lo fai spesso?>>
Il sorriso si spense lentamente. << Cosa te lo fa credere?>>
<< Le tue rughe d’espressione accanto alla labbra sono piuttosto pronunciate, quindi significa che eri un persona che ridevi spesso. Uso il passato perché ora, quando sorridi, sembra quasi che tu debba riportarti alla mente un qualcosa che eri abituata a fare, ma che per diversi motivi hai smesso.>>
Era un osservatore acuto, notava sfumature e dettagli che nessuno avrebbe preso in considerazione. Ma quello che mi aveva sconvolto di più era che aveva capito parte di me al primo incontro, aveva compreso la mia difficoltà nel sorridere.
Non sapevo cosa rispondere. Fino ad allora neppure i miei amici ne avevano parlato; avevano notato un cambiamento in me, ma avevano pensato che fosse causato dall’ambiente di lavoro, invece che un protrarsi di infelicità e amarezze.
<< Mi dispiace essermi fatto gli affari tuoi, non sei tenuta a rispondermi. Volevo solo che sapessi che sei ancora più carina quando sorridi.>> Le sue orecchie si agitarono nervose e non potei non piegare le labbra in un sorriso.
<< Non ti preoccupare, Inuyasha. Il motivo per cui non sorrido spesso è perché sono stata delusa dalla vita, mi sono fidata di una persona sbagliata e ho capito che sbagliavo nel concedere la mia fiducia a chiunque. Diciamo che sono cresciuta.>>
Lo vidi riflettere. << Crescere non significa per forza perdere il sorriso o cambiare la propria personalità. Se una persona è nata allegra e felice, è un peccato che diventi triste e sola. Può casomai contenersi, ma non per questo togliere la propria solarità. Per quanto riguarda la fiducia, sbagli secondo me. Non posso certo sapere quanto fosse importante per te questa persona, anche se deduco molto poiché ti ha portato ad assumere determinati comportamenti,, ma non tutte le persone sono uguali. Tu poi sei troppo giovane per precluderti la conoscenza di nuova gente. Non devi per forza raccontare tutto di te per conoscere un’altra persona, puoi comunque cercare di penetrare le barriere della superficialità.>>
Aveva ragione. Dannatamente ragione. Crogiolandomi nel mio orgoglio ferito, avevo allontanato ogni possibilità di conoscenza, di apertura al mondo. Mi ero chiusa in me stessa, bollando tutti come uguali, non meritevoli della mia fiducia.
Che stupida.
<< Sono una stupida.>> mormorai.
<< Forse.>> lo fissai sbalordita, ma notai che sorrideva dolcemente. << Ma forse altro non sei che una persona ferita. E le persone ferite tendono a fare cose anche stupide, per non ferirsi ancora. Istinto di sopravvivenza.>>
<< Potresti andare a fare lo psicologo.>>
<< Naaa, mi piace qua. E poi rischierei di diventare io stesso paziente a forza di sentire i problemi degli altri.>>

Chiacchierammo per diverso tempo, minuti, o forse ore.
Quando mi accorsi che aveva smesso di piovere, era ormai calata la notte.
Mi alzai di scatto. << Oh Kami! È tardissimo.>> Dovevo tornare a casa, ma sentivo un certo dispiacere nel lasciare Inuyasha. Ero stata bene con lui e avevo paura che, una volta usciti, quel legame si sarebbe potuto spezzare. Non volevo, proprio ora che stavo cominciando ad aprirmi a qualcun altro.
<< Già, hai ragione. È proprio buio.>> Lo vidi dirigersi verso una porta dietro il bancone, da cui spense la musica e regolò le luci. Quando uscì, portava una giacca in pelle in mano. << Ti accompagno alla metro, non ho nessuna intenzione di lasciare una bella signorina da sola a quest’ora. E non cercare di protestare, sarebbe inutile.>>
 In quel momento tutto avrei fatto tranne che protestare. Bramavo troppo la compagnia di Inuyasha per lamentarmi della sua proposta. Ripresi il cappotto, ma Inuyasha l’afferrò, prendendomelo e mettendoselo sottobraccio.
<< Non esci con questo, è ancora troppo umido. Tieni, indossa il mio.>> Mi porse il suo giubbetto in pelle.
<< Ma tu … Tu rimarresti senza! E …>>
<< Tsk, sono un mezzo demone io, non sono debole come un umano.>>
Mi rabbuiai per quell’uscita. Sapevo benissimo che era più forte di me, ma mi aspettavo un’altra frase come “ A me non serve, meglio che la indossi te” o “Non ti preoccupare per me, è giusto che la indossi te”. Insomma, un qualcosa di più gentile, non questo inutile sfoggio di virilità.
Evidentemente avevo ragione: l’uscita dal locale aveva già cominciato a cambiare le cose, rendendo quel ragazzo un po’ sfrontato e gentile in uno scorbutico. Indossai in silenzio il suo indumento e mi limitai ad affiancarlo per la strada silenziosa, a causa dell’ora. Non proferii parola, neppure quando dopo un po’ Inuyahsa tentò di instaurare una conversazione; annuivo o negavo con la testa, confusa: non riuscivo a capirlo, sembrava godesse di personalità multiple.
Quando arrivammo alla metro, mi pentii però di non aver risposto ai suoi tentativi di dialogo: mi resi conto che probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto. E la cosa mi demoralizzava parecchio.
Ci girammo contemporaneamente. Le luci della fermata illuminavano i suoi capelli, rendendoli fili chiari che mi attiravano come non mai. Sembravano così morbidi e io avrei voluto affondarvi le mani e accarezzarli. Ma erano i suoi occhi che mi fecero perdere: due pozze preziose che mi fissavano con intensità, una nota indecisa si poteva intravedere in profondità. No, non volevo che ci lasciassimo così, in quel silenzio, per colpa di una stupida battuta. Avrei voluto dirgli qualcosa, dirgli che quel tempo trascorso insieme mi sembrava fosse volato … Ma avevo paura di risultare banale, o che magari per lui ero stata un peso: effettivamente se non fossi entrata, lui sarebbe potuto tornare a casa tranquillamente.
Il passaggio di un tram ci strappò dai nostri pensieri e l’imbarazzo ci fece distogliere lo sguardo. Non poteva finire così, avevo bisogno di dirgli qualcosa, di sentire la sua voce…
<< Ehm, non mi hai detto quanto di devo per la cioccolata e il resto …>>
Lo vidi sobbalzare leggermente e guardarmi confuso, prima di rispondere. << No no, non mi devi niente! Anzi, mi ha fatto piacere la tua compagnia.>>
Era stata solo una frase sussurrata, ma il mio cuore aveva fatto un salto sentendola. Gli aveva fatto piacere la mia compagnia … Non stava mentendo: le sue guance rosse lo dimostravano.
Sorrisi felice. << Anche a me è piaciuto stare con te.>> Ero sicura di essere arrossita pure io, ma non mi importava. Probabilmente era l’ultima volta che ci saremmo visti e volevo godermela in pieno.
Mi ricordai che stavo indossando la sua giacca. << Ah, tieni. Prima che mi dimentic…>>
<< No, tienila te.>> lo guardai confusa. << Me lo potrai riconsegnare domani o quando passerai.>> Sorrise leggermente, ma potei leggere una certa incertezza; probabilmente non sapeva cosa avrei potuto rispondere alla sua proposta.
<< Vorresti dire che ti piacerebbe rivedermi?>> Annuì imbarazzato ma deciso. A quel punto non avevo bisogno d’altro. << Allora passerò volentieri! La cioccolata è troppo buona …>>
… e il proprietario troppo affascinante.
Rise. << Ammettilo che è il proprietario che è interessante.>>
Ma … mi leggeva nella mente?
<< No, il proprietario è pieno di sé e arrogante. Sì, è passabile, ma non questo granché.>> Asserii convinta, pur sapendo di mentire spudoratamente. Passabile era un’offesa bella e buona.
Lo vidi boccheggiare sconvolto, prima di riprendersi e avvicinarsi; cercai di rimanere impassibile, ma la sua vicinanza era troppo sconvolgente. Sentire il suo corpo vicino e il suo profumo …
Vidi una certa malizia in quegli occhi d’ambra, che non mi piacque. Semplicemente perché lo rendeva più irresistibile.
Si piegò su di me; ero immobile, ma le gambe minacciavano di cedermi all’improvviso. Non poteva baciarmi, ci eravamo conosciuti da pochissimo! No, non poteva farlo!
Ma potere e volere non erano la stessa cosa e in quel momento volevo sentire le sue labbra sulle mie, volevo sentire se sapevano di cioccolato …
Era troppo per me! Chiusi gli occhi, attendendo qualcosa che nemmeno sapevo, ma sperando avvenisse in fretta.
Tuttavia … la sua bocca non arrivò dove volevo. Solo il suo fiato lambì il mio orecchio, causandomi tanti brividi lungo la nuca.
<< Io invece non ho problemi ad ammettere che ho conosciuto una bella signorina che vorrei avere ancora come cliente.>>
Spalancai gli occhi a quelle parole. Si riferiva a me … Voleva ancora vedermi! Ero elettrizzata, ma anche insicura; non mi ero mai trovato in una situazione del genere, era da tanto che qualcuno non ci provava così spudoratamente e mi sentivo profondamente impacciata.
<< Vuole dire che vorresti venissi al “Chocolat” ancora?>>
<< Mi farebbe piacere. Magari all’orario di chiusura, così potremmo stare da soli e chiacchierare meglio. Sempre se ti va …>>
<< Certo che mi va!>> Risposi con troppa enfasi, tanto che ridacchiò allegramente ma senza traccia di scherno.
Il mio tram era nel frattempo arrivato.
<< A domani allora, ti aspetto!>> si chinò ancora e questa volta la sentii; la sua bocca si posò in un lieve bacio sulla mia guancia, ma, anche con quel contatto superficiale, sentii letteralmente la pelle ardere al suo tocco. Il suo profumo mi colpì in pieno e dovetti stringere le mani per respingere il desiderio viscerale di abbracciarlo. Si staccò da me lentamente, fissandomi con quelle pozze ambrate che adoravo. << Sogni d’oro Kagome.>>
Si voltò e si incamminò lontano dalla fermata. Imbambolata, lo guardavo sparire e per un soffio rischiai di rimanere a piedi; riuscii ad entrare nel vagone prima che ripartisse e mi sedetti. Una mano era poggiata dove mi aveva baciato, l’altra sul mio cuore che martellava furioso.
Un unico pensiero coerente in testa. Un nome.
Inuyasha.

***

Note: Buongiorno ^^ Mi rendo conto che il capitolo è stato lunghetto, ma non sono riuscita a spezzarlo; spero non vi abbia creato problemi, ma se così fosse ditemelo pure! Anche il prossimo sarà abbastanza lungo, perciò ditemi subito se devo cercare di tagliarlo. Spero di no, visto è nato per essere così, ma farò il possibile per cercare di dividerlo.
La storia si dividerà così, in presente e passato: una prima riflessione iniziale di Kagome per poi curiosare fra i suoi pensieri, fino al finale, che sarà ovviamente ambientato nel presente. Vi ringrazio inoltre per aver letto il primo capitolo: so che era poco, ma non me la sentivo di integrarlo a questo.
Un grazie enorme a chi ha recensito:

ryanforever: sono felice che l’inizio ti abbia ispirata. ^^ Sicuramente questo lo troverai più lungo dell’altro, spero non sia un problema. Un bacione e grazie della recensione!

Dance of death: io sono ancora più felice se leggerai! ^^ Ti ringrazio del benvenuto al fandom, Inuyasha è una delle sezioni che leggo di più insieme alle Originali e a Twilight (quando ho tempo. Tempo tiranno u.u). Un bacione e grazie del commento!

Fmi89: sono contenta che l’inizio ti sia piaciuto, anche per quanto riguarda il mio modo di descrivere. Questa storia doveva nascere come shot, un esperimento per vedere se riuscivo a nello scrivere un solo capitolo, riuscire a mettere tutte le emozioni possibili in una sola parte. Ovviamente non ci sono riuscita ^^ Però ritenterò! Un bacione e grazie si del commento che per l’averla inserita fra le preferite!

ThePirateSDaughter: beh, non posso che sentirmi onorata allora! Solitamente io preferisco scrivere le Au perché non riuscirei mai scrivere una storia che segua la trama originale; nel senso: se dovessi scrivere su Inuyasha dovrei scrivere dell’epoca Senggoku, dei demoni, delle battaglie e, non meno importante, essere il più IC possibile. Ora, a me non piace stravolgere il carattere dei personaggi (un Miroku puro e casto, un Kagome tutta dolce dolce…), però qualcosa di diverso, mi piace aggiungerlo. Le Au mi permettono di sognare, mettiamola così. ^^ Però non posso che rispettare chi scrive le What if? o collegamenti alla storia principale, perché fanno un lavoro che non riuscirei mai a fare! O_O Perdonami mi sono fatta prendere la mano, ma mi piace capirvi, conoscervi e farmi capire! Grazie mille per la recensione e per averla aggiunta ai preferiti, spero che pure il seguito sia di tuo gradimento! Bacioni!


Grazie anche a Chocola 92 che l’ha inserita fra i preferiti. ^^

Il capitolo è stato betato da Luisina, che ringrazio!
Un bacione
Anthea


   
 
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