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Autore: Curtaz92    09/10/2009    0 recensioni
Una bambina entra nel mondo degli adulti, scoprendo quanto sia complicato e pieno di segreti... è la mia prima storia, abbiate pazienza...
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era già sera quando la piccola Sonya finì i compiti per il giorno dopo e si preparò a quello che, ormai da due anni, era il suo passatempo preferito di quando era a casa: andare sul balcone di camera sua con la sedia girevole e scrutare i passanti.
Due anni prima, dopo i compiti, la bambina si sarebbe divertita a giocare a scacchi con papà, o ad andare in bici con il fratello, o ancora ad aiutare la mamma a cucinare, ma erano almeno due settimane che non vedeva né il padre né il fratello.
- Sonya? -
La bambina, riportata bruscamente alla realtà, balzò sulla sedia, che girò, cosicché quando tornò sulla sedia, Sonya si ritrovò di fronte alla madre.
- tesoro! – disse ridendo Lara, la madre della ragazzina – non ti volevo disturbare, ma è pronta la cena. –
- perfetto, metto le ciabatte e arrivo! Comunque stavo solo… -
- fantasticando! Oh, Sonya, sei la più strana bambina di sei anni che io conosca! – finì Lara sorridendo, pur sapendo, in cuor suo, perché la bambina si chiudeva sempre più: le mancava un padre, un padre ed un fratello.
Lara e Micheal (il padre di Sonya, almeno fino a due anni prima) avevano divorziato; Daniel era andato con il padre così, essendo maggiorenne, avrebbe potuto aiutarlo con il lavoro e la casa, mentre Sonya era rimasta con la madre, e vedeva il padre ed il fratello una volta al mese, poiché la loro nuova abitazione non era adatta ad una bambina così piccola.
Nessun componente della famiglia era mai tornato sull’argomento divorzio, ed in realtà la bambina non stava con il padre più del tempo necessario per digli:
- ciao, dov’è Daniel? –
Per poi raggiungere di corsa il fratello.
Naturalmente Micheal non ne era felice, ma non diceva nulla e anzi, s’immergeva in un’imbarazzante conversazione con l’ex moglie mentre aspettavano i figli.
Sonya aveva invece un ottimo rapporto con il fratello, rapporto che si era rinforzato ancor di più dopo la separazione dei loro genitori, ed entrambi sapevano che vedersi una sola volta al mese non sarebbe bastato, così…
… - ho trovato un posto dove vederci – disse Daniel eccitato, appena la sorella si chiuse la porta della stanza dietro le spalle.
Neanche dopo due anni i due se la cavavano troppo bene: avevano un piccolo appartamento in affitto, con una sola stanza, una cucina che fungeva anche da salotto, uno stanzino precedentemente usato come sgabuzzino ed ora adibito a stanza per Daniel, un bagno.
Così Daniel, portandosi tutte le sue (numerose) cianfrusaglie dalla sua “vecchia casa”, e ritrovandosi con una camera tre volte più piccola, dovette sistemare le cose più importanti nell’armadio regalatogli da Sonya (lei ora utilizzava quello che era del fratello e che nella casa nuova, non ci sarebbe stato), e le altre le buttava semplicemente in un angolo. In effetti, non c’erano molti altri posti dove poterli appoggiare: l’armadio occupava tutta una parete, la porta ne divideva a metà un’altra, il letto, disposto per lungo accanto alla parete per permettere al ragazzo di guardare il panorama (erano al 5° piano, proprio di fronte al parco comunale) attraverso la finestra di fronte.
Così Sonya, dimenticandosi di guardarsi intorno per poi complimentarsi con il fratello per i progressi fatti (anche se, di solito, ce n’erano ben pochi) porse subito tutta la sua attenzione al fratello, chiedendo:
- dove?! -
- hai presente il parco giochi abbandonato? –
- il parco di Stanford? Quello in cui i vandali fanno le loro scorribande? – gliel’aveva raccontato la madre
- esattamente, sapresti arrivarci? –
Sonya, che per due anni non aveva quasi fatto altro che guardare in silenzio il paesaggio ovunque andasse, ripercorse mentalmente la strada da casa sua al parco e, quando ci riuscì, le brillarono gli occhi dalla felicità.
- Sì - sussurrò
- Perfetto – esclamò Daniel – allora è tempo che tu abbia questo – il ragazzo si estrasse di tasca un cellulare mal ridotto, ma ancora funzionante, e lo diede alla sorella, poi le spiegò:
- Quando ti voglio vedere, ti faccio uno squillo con il mio cellulare – prese dall’armadio un altro telefonino, questo nuovo di pacca, e lo mostrò alla sorella con orgoglio.
- L’ho comprato con i soldi del mio stipendio, dopo averne data una buona parte a papà per il mobilio, naturalmente! Comunque, se ricevi il mio squillo e puoi venire, allora rispondi anche tu con uno squillo, se non puoi venire lasci squillare due volte. E lo stesso farò io. Il mio è l’unico numero in rubrica, quindi non dovrebbe essere difficile, ok? –
- Hai pensato proprio a tutto, eh, fratellone? – disse Sonya, entusiasta
- Comunque è meglio se non ci vediamo più di una volta a settimana, sennò Lara e Michael s’insospettiranno! –
- Tutto chiaro. – rispose la bambina, pur turbata dal sentire Daniel dire “Lara e Michael” invece di “mamma e papà”, com’era abituata a fare lei.
- Sonya! – per la seconda volta nella stessa giornata, la bambina sobbalzò bruscamente, ma, non appena ebbe riacquistato il suo autocontrollo (straordinariamente sviluppato per una bambina di sette anni) rispose con il solito
- Arrivo mamma! – poi, rivolta al fratello – allora a presto, Daniel –
Il fratello rispose con una breve strizzata d’occhio, visto che Lara era apparsa sulla soglia.
- Pronta mamma, fai pure strada – e fece un ampio gesto semicircolare con il braccio.
Lara lo prese come un metodo per evitare “l’affettuosa pacca sul didietro” dava sempre alla figlioletta, e Sonya le fece credere che i suoi sospetti erano fondati dandogliela lei, la pacca ma Daniel, vedendo un rigonfiamento (estremamente simile ad un cellulare) nella tasca posteriore dei pantaloni della sorella, capì il perché di quel gesto, e si congratulò mentalmente con quel piccolo biondo genio che usciva sorridendo dalla camera.
Una volta usciti dalla casa di Micheal, però, Sony tornava l’introversa bambina di sempre.
In macchina, Lara la riprese dolcemente:
- Sonya, tesoro, perché quando andiamo da Daniel sei al settimo cielo e in qualunque altro posto sembri uno studioso con un problema troppo difficile da risolvere? Hai dei bei capelli biondi, mossi per di più, hai dei begli occhioni verdi, non sei bassa per la tua età, e sei magra, ma rovini tutto facendo quel visino mogio mogio… non è che non hai lavato i denti e non vuoi farmelo sapere, vero? – aggiunse dopo un attimo di riflessione, cercando la figlia con un braccio per farle il solletico.
- Mamma! – riuscì a ribattere Sonya, prima di scoppiare in un’allegra risata.
- Zitta, zitta! – disse la mamma con un sussulto – hai sentito anche tu quel suono stranissimo? – aggiunse, con tono entusiastico e spaventato – non credo di aver sentito un suono simile da almeno seimila anni! Secondo te cos’era? – chiese poi, e Sonya dovette assumere un’aria interrogativa perché ora, nel gioco, dovevano fantasticare sull’origine dello “strano rumore”.
- Un T-Rex raffreddato? – chiese ridendo Lara, mentre apriva la porta – ma come ti vengono certe idee? –
Sonya era troppo impegnata a ridere, per risponderle, e comunque non lo sapeva.
Quel giorno l’allegria di Sonya durò molto più del solito, e Lara se ne accorse, ma non disse nulla, sperando che la felicità che aveva avvolto la bambina durasse ancora qualche giorno.
Purtroppo la speranza era vana: il giorno dopo, finiti i compiti, Sonya fissava di nuovo i passanti, lo sguardo perso in chissà quali pensieri. Fu proprio allora che un signore fece una cosa che nessun altro passante aveva fatto: la notò.
Mentre tutti gli altri tiravano dritti per la loro strada, pensando ai fatti loro, quell'elegante signore si era reso diverso, speciale con un semplice gesto, ed era uscito dal coro.
Sonya si stupì di quel gesto a tal punto che abbozzò un sorriso, per poi distogliere precipitosamente lo sguardo.
Lara la chiamò per la cena, e la piccola fu felice di avere una scusa per distogliersi da quello sguardo così penetrante * che fortuna * pensò * quel signore mi avrebbe sciolta con lo sguardo! *
* che sfortuna * pensò invece l'uomo, senza smettere di fissare il balcone ormai vuoto. Riavutosi da quella visione, estrasse il cellulare dalla tasca della giacca e compose un numero. Dopo neanche due squilli gli giunse un - sì?- molto teso
- puoi smettere di cercare: l'ho trovata! -
                                   *
CONTINUA...
  
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