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Autore: act of blood    11/10/2009    2 recensioni
Uno sfogo interiore, contro il dolore che non puoi soffocare. Lasciare tutto e non combattere, ma salvarsi il culo come avresti sempre voluto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardi con quegli occhi spenti che ho imparato ad odiare. Io ti ascolto, non ti vedo.
Improvvisamente le vene del tavolo sono un'attrattiva irresistibile. Continui a ripeterlo.

E' per il mio bene. Passerà. Quando sarò grande ci ripenserò, e capirò come fosse una scelta dovuta. Io sono già grande. Solo tu non lo vedi.
Batti il pugno sul tavolo. Cristo, perchè non ti ascolto?

Perchè sei odioso. Mi fai schifo, con quell'aria da santo. Dove hai lasciato tua moglie

Dove hai lasciato il buon senso?

Non continuare a cercare di calmarmi. Sono furiosa. Ho i nervi tesi come corde di violino, e non provare a suonarle, perchè ti ucciderei.

Mi fai rabbia. Tanta rabbia non l'ho mai provata in vita mia.
Sono mesi che non vi guardate, non vi parlate. E ci avete fatto crescere con l'idea dell'amore perfetto.

Mia sorella è di là che piange. Io sono qua che combatto.

No, ora non provare a fare la vittima. Non sei tu il cane bastonato, qui. Non siamo nemmeno noi. Avete voluto il vostro traguardo? Bene, complimenti.

I coglioni dell'anno, onorati di fare la vostra conoscenza.

Devo pensare con chi andrò a vivere? Ma vaffanculo.
Nessuno. Andrò a vivere col proprietario di un albergo. O sotto a un ponte. Su una panchina per la strada. Non con voi. Nessuno di voi due. Non per ricordare come avete infranto ventisei anni di sogni di fronte ai nostri occhi.

Alzo la testa, ti guardo; leggi la sfida nei miei occhi. Non capisci, o non vuoi capire.
Continui a guardarmi con quell'aria da santo come se potessi trovare una risposta. A cosa, papà? Ai tuoi errori? Siamo errori, per te?

Mi alzo. La sedia cigola. Questa casa cadeva a pezzi già prima della vostra decisione.

Dove vado? Non lo so. Lontano. O almeno vorrei.

Mi giro senza guardarti; sento che ti urlerei addosso, se lo facessi.

Tu resti fermo lì, apatico e senza speranza. Io salgo le scale, evado.

Tu urli ancora. Cosa penso di fare? Mi farei una sigaretta, se potessi.

Ma non ne ho mai provata una, e tu non ne hai. Mi farei di qualcosa, ma non ho nemmeno quella.

E allora mi faccio di Musica. Chiudo la porta dietro di me, e accendo lo stereo.

I decibel mi colpiscono subito, uno schiaffo in pieno viso, e sorrido.

Fanno male, penso. Sono dolorosi, come la droga.

Mi entrano dentro come fumo e corrodono. Le chitarre urlano, spettri del passato, mi riempiono il cervello e cacciano qualsiasi pensiero. Cacciano te. Cacciano la mamma, cacciano i pianti di mia sorella dall'altra parte del muro.
Cacciano ogni cosa si trovi sulla mia strada, e io mi abbandono.
Affogo, tra batterie vuote e trombe stonate, e grido, grido fino a sentir male, finchè il sangue mi brucia il viso, finchè non sento più le corde vocali.

E ho voglia di strapparmi i capelli, di rompere lo specchio su cui si riflette la mia immagine, così simile alla tua.

Puoi dirmi che è colpa mia, colpa nostra, colpa del mondo intero. Avete fatto tutto da soli, voi due. La famiglia felice era una bugia, vero?

Come Babbo Natale e Gesù Cristo.

Perchè non verrà Dio a salvarci da quest'inferno, no. Lui lassù sta bene tra gli angeli a coccolare l'idea di essere il padrone del mondo. Noi, qua sotto, ci godiamo le fiamme dell'inferno.

Brucia, baby, brucia.

Questa musica sa di dolore, questo dolore sa d'inferno. Quest'inferno sa di te, e di tutta l'amarezza che ci hai versato addosso.

Urlo ancora, come se potessi diventare grande quanto le mie urla. Un mostro enorme, un colosso. Distruggerei tutto con lo sguardo, e non mi vedreste più.

Lei piange, tu bestemmi, io grido. La mamma è da qualche parte.
E' scappata? E' partita? Dov'è, papà?

Dove avete deciso che sarebbe andata, per il nostro bene?

Avrei voglia di prendere una lama e premermela sulle vene. Avrei voglia di vedere il sangue sgorgare a fiotti come se la mia pelle piangesse al posto mio. Avrei voglia di guardarlo con un sorriso, mentre tu mi osservi sdegnato e ti premi una mano sulle labbra per non vomitare.

E invece urlo ancora. La testa sta per esplodere, lo sento.

E' un sogno psichedelico, un caleidoscopio di fiamme e fuoco, una visione annebbiante di lacrime e terrore. E tu che resti lì, burattino senza fili.

Ti odio. Vi odio. Mi odio.

E' l'odio che riempie questa casa. La rabbia, la frustrazione.

Tutta opera tua. Tu, attore smorto ai piedi di un palcoscenico in rovina, hai fatto tutto tu.

Ora alzati per la tua ovazione quotidiana; è il tuo ultimo spettacolo. Non avrai più pubblico.

Siamo all'ottavo piano di questo schifo di palazzo. E' talmente marcio che se saltassi, probabilmente cadrebbe.

Non sento passi attorno a me; solo le urla incontrastate e l'agonia dello stereo, il pulsare del sangue sotto la mia pelle, le suppliche del cuore che collassa.

Mi aggrappo al muro, salgo sul cornicione. Il davanzale è largo, posso starci in piedi senza dovermi piegare. E' notte, non distinguo altro se non le luci dei fari sotto di me.

E il vento che punge sulle guance.

In un secondo, le corse dei fari mi ricordano noi. Mi ricordano i giochi da bambini, mi ricordano gli alberi di Natale, le gite al mare.

Mi ricordano gli scherzi e la pizza di fronte alla tv, mi ricordano altri giorni.

Mi ricordano un'altra vita.

Faccio un passo verso il vuoto. Sono ancora qui.

Guardò in alto; le nuvole sembrano rassicuranti. E' triste sapere che non nascondono angeli celestiali a salvarci. Spazio, Universo infinito, e chilometri di galassie dove annegare.
Voglio annegare.

Un altro passo. Il vuoto.

Non penso a te mentre cado. Non penso a voi.

Penso al vento che mi scuote le membra, penso al caos che mi aspetta sotto.

E l'ultimo mio pensiero è l'aria. E' così morbida.


  
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