Note
dell’autrice: sono stata abbastanza veloce stavolta? Spero di sì. Pronti per il
nuovo capitolo? Prima però:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI
YURI5:
concordo in pieno con tutto quello che hai detto, tranne per il fatto di un
ragazzo carino, carino ma ecologista. Per me potrebbe essere anche Orlando
Bloom, ma non andrei mai con qualcuno fissato di qualcosa.
SHERRY: Vedrai cosa capiterà in questo
capitolo, sono contenta che l’ultimo ti sia piaciuto.
KIRLIA:
Sono contenta che la storia ti piaccia. Le nuove fan sono sempre bene accette.
Sono anche contenta che ti piaccia la coppia Strawberry/Ghish, ma non condivido
in pieno il tuo giudizio su Mark (de gustibus).
ANNINA94:
Visto che alla fine ce l’ho fatta? Una curiosità: che vuol dire che Kisshu è un
po’ mona (io per i modi di dire sono una frana). Sì, Strawberry stavolta c’ha
azzeccato, ma continuerà su questa strada?
TYTY:
Visto che poi non eri l’ultima? Sono convinta anch’io che Tart e Pai vogliano
bene a Ghish, ma sul discorso della fedeltà di Tart io sono d’accordo con
l’autrice. Anche nell’episodio dove Ghish resta ferito, anche se Tart prova a
ribellarsi a Profondo Blu che vuole che abbandonino Ghish, poi ubbidisce agli
ordini, seppur con riluttanza. Fedeltà e senso di giustizia sono due cose,
secondo me, opposte purtroppo.
So
che quattro - cinque mesi sono troppi, ma vedi, devo portare avanti anche due
fiction inedite e altre due traduzioni. Cerco dunque di conciliare tutto e non
sempre è facile purtroppo. Stavolta comunque ho fatto del mio
meglio.
BILU_EMO:
Povera te, io i Promessi Sposi li ho accantonati due anni fa (anche se l’anno
prossimo, con la maturità, sicuramente li dovrò ritirare fuori). Vai tranquilla,
non è mai troppo tardi per recensire e a me fa sempre piacere. Sì, Tart, nel suo
piccolo, sa essere davvero grande (da dove cavolo mi è uscita
questa?)
Grazie
a tutte per la vostra pazienza e per aver continuato a recensire. Cosa farei
senza di voi?
Buona
lettura
Capitolo
8
Il respiro di
Strawberry le raschiava la gola mentre correva. Un unico pensiero le
riecheggiava nella mente:
Devo trovarlo, ora.
Ora, ora, ora….
Era una fortuna che
fosse vissuta in quel posto per molto tempo: la via per il parco era
praticamente istintiva per lei. Se avesse anche dovuto pensare alla
destinazione, non sarebbe mai riuscita a concentrarsi. Grazie al cielo, le sue
gambe sapevano esattamente dove doveva andare ed in pochi minuti era arrivata ai
cancelli del parco, ansimante, senza fiato, ma sempre concentrata sulla sua
missione. Dopo pochissimi secondi, impiegati per riprendere un po’ di fiato, si
guardò intorno.
Quell’entrata (il
recinto del parco ne aveva diverse) si apriva sul nudo campo del parco. Durante
i mesi più caldi, i ragazzini giocavano a calcio o a rincorrersi lì. Spesso
c’erano dei bambini che facevano volare i loro aquiloni o che giocavano con i
loro cani. Quel giorno, mentre la tempesta di neve si intensificava, il posto
era silenzioso. Cosa più importante, pensò Strawberry, non c’era traccia neanche
di Ghish.
Corse in avanti,
attraverso il campo, attraverso gli alberi, sempre guardando intorno a sé,
sempre aspettando il solito richiamo di Mash. Dopo pochi minuti raggiunse il
laghetto che Tart aveva menzionato, un lago per anatre di media grandezza,
appena visibile sotto la cortina di neve che cresceva sulla sua superficie
gelata.
Una gelida
disperazione la attanagliò: forse, dato che Tart aveva menzionato il laghetto
con tanta specificità, era stata sicura di trovarci Ghish. Senza molta
fortuna.
Il vento soffiò
improvvisamente con più ferocia, come a ricordarle del poco tempo prezioso che
aveva. Cosa stava indossando lui quando se n’era andato? Una maglietta di un
pigiama ed un paio di pantaloni? Non aveva alcuna possibilità di sopravvivere,
non nel precario stato di salute in cui era già. Il pensiero le portò nuove
lacrime agli occhi, e queste bruciarono nel vento
tagliente.
“Ghish!” la sua
voce superò il costante ululare del vento, una disperata preghiera che risuonò,
e poi svanì. Gridò di nuovo: “Ghish!”
Nessuna risposta.
Il terrore la fece sua, quando lei realizzò che, anche se l’aveva sentita,
magari non era in grado di rispondere.
“Mash!” Il robot le
spuntò davanti con un’occhiata interrogativa sulla sua faccetta pelosa.
“Puoi cercare degli
alieni all’interno del parco? Puoi?...”
Lui la bloccò con
la sua vocina gioiosa: “Mash può! Mash può!”
Come per
contrapporsi al gioioso carattere del robottino, un silenzio totale e teso privò
Strawberry della sua voce, mentre attendeva un risposta, stringendo i pugni così
tanto che le unghie le si erano conficcate nei palmi. Dopo quella che sembrò una
torturante eternità, Mash disse:
“Alieno! Alieno!
C’è un alieno davanti a noi.”
“Dove?”
“Là” La macchinetta
volò in direzione dell’area-giochi. Strawberry la seguì senza
esitazioni.
“Ghish,
Ghish…”
Si bloccò nel mezzo
della corsa solo perché il sollievo la investì così pesantemente da fermarle con
forza il cuore. Questo durò solo per una frazione di secondo: la sola vista di
lui la spinse ad andare avanti, urlando il suo nome.
Si era riparato
sotto lo scivolo del parco: non era neanche lontanamente il posto migliore in
cui stare e Strawberry se ne accorse immediatamente. O era stato così ferito
dalle sue parole da non essere riuscito a pensare a dovere, o le sue condizioni
fisiche gli avevano impedito di andare più avanti. Probabilmente era stata una
crudele combinazione delle due cause.
Al suono del suono
nome, lui sollevò debolmente lo sguardo, i suoi occhi ci misero un po’ a
focalizzarsi su di lei, prima che potesse mormorare il suo
nome:
“Strawberry.”
Lei emise un
leggero singhiozzo, in parte frustrata per la sua colpa, in parte sollevata per
il fatto di essere stata riconosciuta.
Un sorriso cominciò
a prendere forma, pieno della sua gioia più totale, mentre cominciava ad
avvicinarsi a lui. Improvvisamente, di nuovo, si congelò.
I suoi occhi, anche
se spenti e leggermente vacui, erano lacerati da una certa dose di incertezza,
di dubbio, perfino.. lei si morse le labbra… rabbia. Era appena visibile, ma
c’era. Sembrava quasi rifulgere e lei emise un gridolino, quando lui cominciò a
sollevare le mani. Barcollando sui suoi piedi, tremando violentemente nella
implacabile nevicata, appena lucido, la guardò con una crescente diffidenza
negli occhi dorati.
Sta cercando di…
Strawberry si portò le mani alla bocca, totalmente
paralizzata. Non perché fosse spaventata: sapeva che lui non poteva farle nulla
nello stato in cui si trovava. Era perché stava provando, nella sua condizione,
a richiamare le armi che usava normalmente. Si rese conto, con lo stomaco che le
si torceva, di averlo ferito così tanto da fargli rifiutare le sue avances.
La neve continuava
a cadere con una beffarda tranquillità. Tutto quello su cui era concentrata era
il respiro dell’alieno, flebile, debole, raschiante, ma determinato, mentre
manteneva il suo sguardo vacillante su di lei.
Tutto ciò che
sentiva era quel crudele senso di colpa: mentre lo guardava sollevare le
braccia, qualcosa le scattò dentro e riuscì a recuperare improvvisamente le sue
funzioni motorie.
“Mi
dispiace.”
Lui si fermò, con
le mani quasi nella posizione dell’invocazione, gli occhi che si sforzavano di
restare aperti, mentre lui manteneva il suo sguardo.
“Mi dispiace tanto
Ghish.”
I suoi occhi
incontrarono quelli di lui, brillando con calore, con un bisogno di perdono che
non credeva di poter mai provare nei confronti
dell’alieno.
Un battito di cuore
e lei lo stava sostenendo mentre lui cascava in avanti, senza più la forza che
gli era stata alimentata dalla rabbia.
Oh…o mio
Dio.
Era totalmente
shockata dal gelo mortale della sua pelle: un uomo sarebbe stato sicuramente già
morto.
La prima cosa che
fece, dopo averlo fatto appoggiare a sé per aiutarlo a rimanere in piedi, fu di
levarsi il giacchetto e coprirgli le spalle. Avvolgendo le sue braccia attorno a
lui, si sollevò con cautela, non sapendo se sarebbe stato capace di seguirla o
meno. Un tiepido sollievo fluì dentro di lei, quando lui assecondò il suo gesto,
tremante, ma in grado di stare in piedi finché si sosteneva a
lei.
“Andiamo” mormorò
Strawberry, avanzando lentamente, con un braccio sempre intorno a lui nel vano
tentativo di passargli un po’ di calore.
Con una lentezza
che le parve quasi dolorosa, uscirono dal parco e si avviarono verso
casa.
Mentre lo facevano,
lei veniva sopraffatta sempre di più dalla sensazione del corpo dell’alieno
contro il suo e quei soliti pensieri, con Mark nell’eterno ruolo del
protagonista, cominciarono a farsi prepotentemente sentire. Questa volta,
comunque, Strawberry non arrossì, non sbatté neppure le
palpebre.
Si era resa conto,
mentre, raggiunta la porta di casa, estraeva le chiavi dalla tasca, che qualcosa
era cambiato. Era cominciato quando l’aveva visto in quello stato la notte
scorsa, si era insinuato in lei, mentre lo curava ed era cresciuto
silenziosamente, segretamente, mentre lo assisteva. Era sparito quando Mark era
venuto a trovarla, quasi morto dopo quel tremendo litigio che l’aveva portata a
quella situazione, ma ora… ora riusciva a sentirlo di nuovo. Aveva ritrovato il
suo potere dopo quel fatale schiaffo mentale che si era data quando Ghish aveva
tentato di allontanarla ed ora pulsava insistentemente nei meandri del suo
inconscio.
Mentre apriva la
porta e faceva entrare l’alieno, si rese conto che era qualcosa che non poteva
ignorare, qualcosa con cui doveva confrontarsi ed in fretta. Eppure, osservando
quei pensieri, li respinse. Mentre Ghish tremava tra le sue braccia, si
concentrò su ciò che era prioritario: attirando inconsciamente il ragazzo più
vicino a lei, lo portò in silenzio al piano di sopra, con una determinazione
nuovamente forte.
FINE DEL
CAPITOLO
Oh,
finalmente l’ha trovato. Ora penserete: “E vissero felici e contenti!” Mi
dispiace, ma i guai sono appena cominciati. Spero che continuerete a
leggere.
A
presto
Bebbe5