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Autore: kannuki    05/06/2005    4 recensioni
"Il giovane signore si sposò e lei pianse lacrime così amare e così salate che quando caddero a terra, su un prato di margherite che costeggiavano il palazzo in festa, le piantine morirono.
Al loro posto crebbero dei fiori neri, neri come il suo cuore e dagli spessi petali carnosi, come la corazza d’odio che le aveva racchiuso l’anima.
Uno di quei fiori crebbe a vista d’occhio: oscillò e si agitò, spalancò i petali e le foglie e quando lo toccò, una goccia di rugiada nera come l’inchiostro più oscuro cadde sul suo palmo e il fiore pianse con lei l’amore perduto e ingannato."
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Nonna, me la racconti un’altra volta

“Nonna, me la racconti un’altra volta? Per favore!”

 

La vecchina seduta nella penombra della tettoia abbassò gli occhi sulla bimba che si aggrappava alla sua gonna, mentre sgranava i piselli con le mani vecchie e callose testimoni di una vita passata nel disagio e nel bisogno.

La bimba la fissava con due occhioni azzurri e spalancati, abbracciando la bambola di pezza che la vecchina aveva fatto per lei una notte di otto anni prima, la notte in cui venne al mondo quella creaturina che aveva alcunché di diabolico, se non quei magnetici occhietti così simili….

La piccola si sedette tenendo stretta a se la bambolina e aspettò che la nonna cominciasse il suo racconto che la affascinava tanto da farla sognare ad occhi aperti.

Era troppo piccola per riuscire a capire certe parti del discorso, ma la fiaba era talmente bella che ogni giorno tornava dalla nonna per farsela raccontare e ogni giorno la vecchietta la accontentava sospirando.

La vecchia sospirò e prese una nuova manciata di piselli da sbucciare, mettendoli in grembo, la ciotola che conteneva i frutti tondi in perfetto  equilibrio sulle gambe scarne e ricoperte dal lungo vestito un po’ liso sulle cuciture.

 

“C’era una volta, molto molto tempo fa, una giovinetta… come te, piccina mia” le disse con la sua voce rassicurante e un po’ roca che la faceva addormentare con il sorriso sulle labbra

“La giovinetta era stata una bimba gracile e malata e quando crebbe, in un enorme palazzo ducale che contava più di mille servitori, divenne una bella fanciulla, dai grandi occhi color delle nocciole tostate, le forme belle e armoniche e sorridente come l’alba di una nuova mattina”

La bimba spalancò la boccuccia succhiando la manina piccola “come i tuoi, nonna?” domandò osservando come il tempo avesse colorito i suoi occhi grigiastri.

“Come i miei tesoro, ma più belli e caldi, così caldi che infiammarono il cuore del giovane padrone che s’innamorò perdutamente della fanciulla” le spiegò posando in una busta le bucce dei piselli sgranati e prendendone una nuova manciata.

“L’unione era di fatto proibita, il giovane padrone era promesso sposo e per la tristezza e col cuore infranto, la fanciulla gli giurò di fare qualsiasi cosa per un po’ del suo amore”

 

Vide la piccola trattenere il respiro come faceva sempre a  quel punto della storia “era tanto triste?”

 

Si tesoro, era molto triste. Lei amava molto il giovane signore, ma costui fu molto avaro con lei e così cattivo che l’amore si trasformò troppo velocemente in odio…perché quando si ama in maniera assoluta non si accettano le briciole di ciò che ci viene offerto” le spiegò guardandola mordere il dito sporco di saliva. “Capirai, piccola mia, col tempo ti sarà tutto più chiaro”

Le diede un po’ di piselli, morbidi e verdi come il sottobosco estivo e la bambina li mangiò uno per uno, tenendoli nel palmo della manina e cercando di non farli cadere.

 

“La fanciulla era molto bella e il giovane signore si intrattenne molte volte in sua compagnia, giurandole amore eterno, promettendole di opporsi alla sua famiglia e di sposarla mandando all’aria le nozze imminenti. La giovinetta credette a tutte le sue parole, continuando a donargli il proprio amore ogni notte per molti mesi, ma quando le partecipazioni furono spedite e la promessa sposa giunse al palazzo, la poveretta dovette arrendersi all’evidenza che il giovane signore non l’amava e che l’aveva ingannata con belle parole e monete d’oro che faceva scivolare nella sua tasca ogni notte come pegno del proprio amore, un gesto singolare che  l’aveva lasciata interdetta e confusa: a cosa servivano quelle monete? Lui le donava tutto di se, il suo amore era incommensurabile ed unico, cosa volevano dire quei pezzi di metallo che scintillavano nel palmo della mano quando li guardava, di notte, nella stanza in cui dormivano tutte le altre cameriere come lei?  

Il giovane signore si sposò e lei pianse lacrime  così amare e così salate che quando caddero a terra, su un prato di margherite che costeggiavano il palazzo in festa, le piantine morirono.

Lei le osservò e si stupì quando al loro posto crebbero dei fiori neri, neri come il suo cuore e dagli spessi petali carnosi, come la corazza d’odio che le aveva racchiuso l’anima.

 

Uno di quei fiori crebbe a vista d’occhio: oscillò e si agitò, spalancò i petali e le foglie e quando lo toccò una goccia di rugiada nera come l’inchiostro più oscuro, cadde sul suo palmo e il fiore pianse con lei l’amore perduto e ingannato.

“Davvero, nonnina?” le domandò la piccola tutt’ occhi.

“Certo amore mio” sorrise accarezzandole la testolina. “La fanciulla era molto superstiziosa e credeva nei piccoli demoni che popolavano la landa. Quei bricconcelli aggredivano i viandanti per rubare l’oro e la birra di cui andavano ghiotti, così una notte uscì di soppiatto e si diresse al grosso noce che cresceva al centro della piana, portando in dono un po’ dell’argenteria della famiglia e un barilotto di birra che lasciò ai piedi dell'albero. 

*Vi porto in dono ciò che vi è di più caro, miei furbi e diabolici signori* pregò sulla pietra che sorgeva ai piedi del noce * vi prego con tutte le mie forze di rendermi giustizia. Il mio amore è stato disprezzato e deriso e il mio corpo violato. Una donna perduta che non potrà aspirare mai più al matrimonio, ne lo vorrò per me stessa, poiché gli uomini sanno solo distruggere ciò che viene offerto loro con tenerezza e graziosità *.

La fanciulla pregò a lungo e con fervore, spargendo la birra attorno ai piedi del noce e seppellendo l’argenteria che brillava nel panno in cui l’aveva nascosta.

Tornò in silenzio al palazzo e si rimise a dormire, urtando la propria compagna che grugnì e sbuffò per la sua maleducazione e la mattina successiva…”

La vecchietta s’interruppe sentendo soffiare un piacevole zefiro e la prima umidità della sera che scendeva lentamente.

 

E poi?!”

La vecchia si riscosse e contemplò la bimba che aspettava, un labbro sporco di una buccia di pisello. “Torna dentro, finirò il racconto domani” le disse facendo orecchie da mercante alle sue proteste vive e accorate.

“Dai, nonna, dai, dai dai” la supplicò lasciando cadere la bambolina sul pavimento di legno. “Non ci dormirò stanotte, ti prego!”

La vecchina la coprì col proprio scialle ricamato per non farle prendere freddo e la spinse dentro con garbo e decisione.

“Domani, signorina”   

 

 

 

 

  
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