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Autore: LunarBlade Valentine    12/10/2009    2 recensioni
Come ha fatto il Vincent del gioco a diventare il Vincent di AC? E poi come e quando ha sviluppato l'amicizia con Marlene che si vede nel film?
[Ambientata un anno prima di Advent Children e dopo il gioco.]
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cid Highwind, Marlene Wallace, Tifa Lockheart, Vincent Valentine
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children
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Never



Marlene dorme. Mi ha costretto a starle accanto fino a quando non ha preso sonno. Ha detto che la faceva sentire ‘sicura’. Che differenza fa se ci sono o no? Suppongo le dimostri che ci sono. Suppongo che quando si è in compagnia di un killer capace di mimetizzarsi con le ombre, il brutto quarto d’ora lo si passa quando non si sa dov’è finito. Ma dubito che abbia fatto questo ragionamento. Forse ha paura del buio. È strano- proprio io, che forse potrei essere considerato una di quelle cose che colpiscono di notte. Un tempo mi avvicinavo di soppiatto alle persone e le uccidevo nel sonno, non le cullavo per farle addormentare.

Beata ignoranza. È solo che non vuole stare sola.

Non è quello che vogliamo tutti?

Dopo che si è addormentata le ho puntato un dito contro. Sapevo che teoricamente mi sarebbe bastato schiacciarlo per fingere di premere il grilletto. Semplicissimo. Guardando il suo viso addormentato ho ricordato tutte le facce addormentate della mia vita. Non ho facevo mai vere domande su chi dovevo uccidere. Non erano affari miei. Proprio come nell’AVALANCHE. Non ho mai chiesto perché tutti quei banditi, soldati semplici o SOLDIER dovessero morire.

Quand’ero un Turk mi ero spesso chiesto cosa ci fosse scritto nei libri non portati a termine e nei progetti sulle scrivanie, ma non ho mai avuto il coraggio di aprirli. Sapevo che la persona che li aveva lasciati lì il giorno dopo non avrebbe visto sorgere il sole. Dal giorno dopo tutti quei progetti sarebbero rimasti incompiuti per sempre, e nessuno avrebbe più voltato le pagine dei libri, e nessuno avrebbe più scritto un’altra riga nel diario…

“Siamo amici, giusto?” Marlene mi ha fissato con quei suoi grandi occhioni preoccupati prima di crollare. Io ho risposto ‘sì’ perché ero stanco, era tardi e volevo che andasse a dormire.

“Te ne andrai mai?” mi ha chiesto poi. Io ho risposto ‘sì’ perché è la verità e non volevo che poi dopo facesse una scenata. La cosa ha sembrato rattristalla, ma ha poi dichiarato con un sorriso, “Tanto tornerai.” Non era una domanda.

È stato strano. Non mi era mai successo. Anche se le ho puntato contro soltanto un dito… anche se abbassare il pollice non le avrebbe fatto neanche un graffio…

Non ci sono riuscito.

Non so se ho perso il mio tocco, o se ho dimenticato cosa si provava. Cosa canticchiavo per convincermi a premere il grilletto? Ricordo che ripetevo una cosa all’infinito. E alla fine ci voleva solo un attimo di decisione perché il silenziatore strappasse un’altra vita.

Non sono sicuro se essere inorridito dal fatto che l’ho perso, o dal fatto che ho addirittura finto di spararle.

Sono di nuovo sul ponte, a pensare.

Perché ci ho provato? Che stavo cercando di dimostrare? Che ultimamente nemmeno io posso uccidere i bambini? Che ho un cuore? Quando ho preso la mira… Ho rivisto il guanto senza dita sulla mia mano; sono riuscito a sentire il peso della mia P-99. Allora era facile? No, ma era necessario per il lavoro allora come lo è stato di recente. La storia marchia gli infami, e quand’ero un Turk ho combattuto contro quelli che si ergevano contro la Shinra perché avevano ‘torto’ ed erano ‘cattivi’ e io cercavo di aiutare il mondo. Quando sono stato un membro dell’AVALANCHE ho ucciso perché stavo cercando di salvare il mondo dalla ‘cattiveria’ e dai ‘torti’.

Sì, prima venivo pagato. Ma siamo stati ‘pagati’ anche nell’AVALANCHE. La nostra Materia si è potenziata, e abbiamo imparato a combattere meglio.

Dipende tutto dal tuo punto di vista.

Prima di ogni missione mi concedevo sempre questa piccola mania o rituale: stendevo i vestiti per il giorno dopo e lasciavo volutamente aperto sul letto il libro che stavo leggendo senza segnalibri, in modo che se fossi morto e qualcuno avesse chiuso il libro, non avrebbero mai saputo chi fossi. Non avrebbero mai saputo a che pagina ero e quale pagina non avrei mai letto. Mi dava la sensazione che sarei dovuto tornare per forza.

Tornerei se me ne andassi? Tornerei mai all’Highwind se la lasciassi? È una notte fredda, il cielo è coperto da nuvole che promettono pioggia. Si sente nell’aria che qualcosa sta per esplodere. La brezza gelida e silenziosa mi congela fino alle ossa, soffia terribile sulla mia pelle. È come se la combustione interna al mio corpo bruciasse di ghiaccio, non fuoco. Dei brividi mi corrono lungo la schiena.

Eppure rimango qui perché voglio provare qualcosa. Voglio una risposta. Per cosa? Per la fame, e il dolore, e per quello che mi arde in petto. Voglio sapere che succederebbe se mi allontanassi dall’AVALANCHE, l’unica cosa che ho conosciuto nell’ultimo anno e mezzo, la mia unica ‘casa’.

Un’esplosione accende il Settore 2. Uno dei reattori deve aver ceduto.

Dannazione! Staranno bene? In quale settore avevano detto che stavano lavorando? Non mi ricordo! Spero che Tifa stia bene. Deve. Cid, Barret, Red…

…Yuffie, Reeve con Cait…

Sono forti. Sono molto forti. Più forti di me, più forti di quanto potrei mai diventare.

Stanno bene, devono star bene. Nel mio cervello so che starebbero tutti bene anche se finissero sotto un edificio. Ci vuole molto per ucciderci.

… Ma da quando in qua la logica influenza i sentimenti?

Cosa succederebbe se rimanessero uccisi? Schiacciati da qualche detrito cadente abbastanza massiccio? In quel caso sarei…

Non so perché, ma il solo pensiero mi conficca il cuore.

Mi piego su me stesso.

Fuori fa buio.

Potrebbero non tornare mai.

Non torneranno mai più. O perché verranno uccisi da qualche forza della natura o perché scopriranno di non volermi come compagno… Continuerò ad aspettarmi di rivederli, ma non li rivedrò mai più. Non li rivedrò mai più.

Anche se guardassi Midgar per sempre non li rivedrei mai più.

È come una botta alle camere dove risiedono le mie paure, dalle quali si liberano come Titani che fuggono dalla loro prigione senza tempo.

Solo.

Quando fuori fa buio, è molto più facile stare da soli. E ora ricordo… ricordo con dolorosa chiarezza…

Hojo, nel mezzo del suo gioco perverso: “Puoi urlare quanto ti pare, siamo soli soletti quaggiù.”

Lei, dopo aver scelto Hojo: “Starai bene da solo? Sei sempre così forte.”

Mio fratello, prima di andarsene: “Ora dovrai badare a te stesso da solo, capito?”

I Turk e Aleonde: “Lavori bene da solo.”

Mia madre, quando partii per diventare Turk: “Starai bene da solo?”

Come possono pensare una cosa del genere!

Non sono mai stato bene da solo!

Mai…! Non ho mai voluto stare da solo. Non ho mai voluto essere un lupo solitario! Ero semplicemente troppo codardo per dire loro ‘no!’. Ero semplicemente troppo stupido e orgoglioso per sapere come fare amicizia o mantenerla. Sono sempre stati abbastanza intelligenti da vedermi per quello che ero, voltandomi sempre le spalle…

Persino il mio stesso sangue, la mia famiglia. A malapena ricordo il significato del termine.

Ora tutto è perso e sono l’ultima cosa rimasta di tutta la mia generazione.

Non sono mai stato bene.

Mai.

Sono perduto. Sono morto. Sono stato sbattuto in galera e devo rimanerci fin quando tutto ciò che io abbia mai conosciuto sarà passato sotto il ponte del tempo. Mi è stato tolto tutto. Il mio tempo, la mia giovinezza, il mio amore… Fino a poco tempo fa avevo il mio odio, il desiderio massimo di eliminare Hojo dalla faccia della terra, e in un certo senso Lei mi ha accompagnato nel compimento di quel giuramento terribile. Ora anche Lei se n’è andata. Dal mio cuore e dalla mia vita. Ormai nulla mi stringe al suo ricordo. Non posso più fare nulla per lei. È stata la mia unica preoccupazione per così tanto tempo…

Sono il tipo di persona per cui una bella giornata non fa che cozzare con tutto ciò che ha perso. Sono un’anima tormentata che non riesce a trovare pace senza vederne le imperfezioni. Prima d’ora non ho mai trovato il tempo di comprendere l’enormità di questa perdita fino a questo momento. Non avevo avuto il coraggio di affrontarla. Le piccole cose come incontrare qualcuno che conosci mentre passeggi per un viale, pranzare al solito ristorante o trovare qualcuno che si ricorda di quand’eri “piccolo così”. Ho provato a espiare i miei peccati, e mi sono addirittura azzardato a pensare di esserci riuscito, ma questo non significa che la mia punizione non debba essere eterna.

No?

Dio, fa male.

Chi avrebbe mai pensato che una domanda così piccola potesse infliggermi tanto dolore? Che un’agonia tanto amara mi strappasse il cuore dal petto. Ah, provare qualcosa con tanta forza- quanto tempo è passato?

Per la prima volta da quando mi sono svegliato… per la prima volta da quando sono finito su quel tavolo operatorio riesco a ricordare…

… Sto piangendo.

In ginocchio, sul ponte, di notte.



NdA: Bene…
Dunque…
È questa la piega che prenderà la fic da ora in avanti. Vi prego, fatemi sapere le vostre reazioni! È molto importante per me sapere che effetto vi ha fatto questo capitolo e cosa avete sentito. Scrivere in prima persona serve a far identificare il lettore con il personaggio, giusto? Beh, voglio sapere se siete riusciti ad identificarvi con lui, se siete riusciti a provare qualcosa con e per lui.
Davvero, siate sinceri. Se questo capitolo ha avuto poco impatto emotivo, ho fallito.
Volevo mostrare un Vincent più umano possibile, perché è quello che.
A tutti coloro che hanno recensito: sappiate che mi avete commosso e fatto un immenso piacere. Mi date coraggio.
Grazie ;)
NdT: io, uh, ahr ahr
Venerdì ero troppo stanca per pensare all’aggiornamento, e poi me ne sono dimenticata. Scusate ;o; *offre biscotti a mo’ di scusa*
Ah: fuori fa buio=it’s dark outside. : D
   
 
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