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Autore: Akane    13/10/2009    0 recensioni
- Questo è tutto ciò che voglio. Esserci fino all'ultimo secondo della tua vita. È questo che oggi, fra le altre cose, mi ha sbattuto tanto fuori. Voglio esserci in ogni momento, specie in quelli brutti. -
Quando Colby sta per essere spazzato via dalla corrente del fiume e Charlie lo salva. Come vivono la cosa loro due ma soprattutto Don.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Colby Granger, Don Eppes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cose da loro'
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TITOLO: Voglio esserci
AUTORE: Akane
SERIE: Numb3rs
GENERE: sentimentale
TIPO: slash
RATING: giallo/PG13
PARTI: One Shot
PERSONAGGI: DonXColby, Charlie
AMBIENTAZIONE: La puntata 7 della quarta serie, quando si trovano davanti a quel videogioco reale, Primacy. Il momento che prendo in esame è in particolare quando Colby è con Amita e Charlie che stanno cercando un indizio per procedere nel gioco, e lui viene trasportato via dalla corrente. A quel punto Charlie riesce a recuperarlo e a salvarlo.
DISCLAMAIRS: I personaggi non sono miei ma dell’autore che ne detiene ogni diritto….sig!
NOTE: Ebbene vedrete perché per me quella parte è DonXColby e non ColbyXCharlie… ad essere onesti me l’ha fatto notare mia sorella Yukino che vedendo di nuovo la puntata con me mi ha detto che potevo sfruttarla per bene e farci una fanfic in cui… bè, non posso dirvi lo spunto che mi ha dato ma devo ammettere che è stato un colpo di genio a cui io non avevo pensato! Cioè io arrivo a vederci slash ovunque, e lo sapete, ma questa mi mancava! È bello che laddove la mia mente non arriva, ci va comunque quella di qualcun altro che mi illumina! Fantastico! Ok, quindi a voi questa fanfic… auguro a tutti buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a Yukino naturalmente… e a tutti quelli che apprezzano questa coppia!
RINGRAZIAMENTI: sempre a Yukino per l’idea che mi ha dato. Ringrazio anche tutti quelli che commenteranno e leggeranno.


VOGLIO ESSERCI

/Magnificent – U2/
Non poteva essere.
Non poteva assolutamente essere.
Sempre a lui!
Da che Charlie lo conosceva, ed ormai erano due anni, almeno per ogni indagine Colby si trovava sempre in qualche guaio o comunque finiva per avere la peggio su qualunque cosa potesse fare…
Cercava qualcuno per interrogarlo? Questo scappava o comunque reagiva costringendolo ad inseguirlo a volte buttandosi giù da piani alti o spesso addirittura a tuffarsi nel classico fiume, mare o piscina lì nei dintorni. Quando non doveva addirittura affrontarlo in un corpo a corpo sicuramente non sempre facile e piacevole!
Ispezionava un posto per cercare prove o simili? Sicuramente qualche trappola gliela faceva vedere brutta costringendolo a darsi da fare per cavarsela ed ottenere quel che cercava.
Teneva d’occhio un sospettato seguendolo di nascosto? Questi era certo che lo scopriva e che doveva, come detto prima, inseguirlo a rotta di collo per qualche percorso pericoloso. Il più delle volte si trovava anche a dover schivare pallottole!
No, decisamente era quasi inverosimile...
Come poteva essere che una sola persona attirasse tutte quelle calamità?
I guai succedevano a tutti, era vero, persino a lui o a suo fratello Don, ma Charlie era sicuro che non fosse nulla di paragonabile a tutti quelli in cui si imbatteva Colby.
Facendo un conto veloce sulle percentuali di guai, era lui quello che l’aveva più elevata!
Non erano magari sempre guai seri, a volte erano solo rogne e seccature che risolveva in fretta… il meglio che potesse succedergli era quello di inseguire un sospettato e questo avveniva praticamente sempre, era un classico ormai!
Però quella volta Charlie se ne stupì.
Fu comunque solo un lampo, troppo veloce per rifletterci con più attenzione, quindi si era limitato subito a pensare a cosa potesse fare!
Questa volta era lui a doverlo aiutare poiché naturalmente Amita non poteva far nulla.
Nemmeno il tempo di ragionarci troppo su… il giovane matematico solitamente abituato a stare tranquillo davanti ad una lavagna a sciorinare calcoli e teorie, al momento si era addirittura trovato a correre come un matto inseguendo la corrente nella quale Colby era sparito.
Costeggiando la strada del fiume appena aperto che viaggiava ad una velocità pazzesca, si trovò a chiamarlo come un forsennato col cuore in gola.
Solo una cosa gli parve importante, lì per lì…
E fu una consapevolezza che avrebbe elaborato dopo, con calma.
Tutto quel che contava era salvare Colby, in qualunque modo, non aveva importanza come. Anche se lui non era suo fratello e di solito era Colby stesso a cavarsela quando era solo, doveva tirarlo fuori da lì.
Doveva.
O non sarebbe mai potuto andare da suo fratello a dirgli che il suo uomo era annegato nel fiume, portato via dalla corrente potentissima arrivata improvvisamente, solo perché Colby era sfigato e lui un solito topo da laboratorio!
Piuttosto sarebbe stato meglio scappare lui stesso o tuffarsi in quelle acque di morte!
Ma sul momento non ragionò sui perché, si limitò ai come.
Come salvarlo?
La sua fortuna era come sempre la sua mente veloce e grazie ad essa notò il ponte sul quale il fiume si infrangeva, doveva correre là e prendere Colby al volo, sperando che anche lui riuscisse ad aggrapparsi ad esso.
Arrivato in quel punto con suo sollievo vide che era lì con le mani strette alle sbarre sottili di ferro che scorrevano sotto il ponte. Pericolante e disperato cercava di non farsi portare ancora via dalla corrente sotto di sé.
Nemmeno per Colby ci fu tempo di pensare alla propria sfiga, tutto ciò che voleva era salvarsi, farcela ancora come sempre, tirarsene fuori in qualche modo.
Certo, lui ce la faceva sempre in un modo o nell’altro. Non poteva che essere così anche ora, no?
Ma quel che passò Charlie fu davvero un brutto quarto d’ora!
Saper di dover assolutamente aiutarlo, di essere lui questa volta a tirarlo fuori dai guai, e guai anche seri, avere incombente l’ombra di suo fratello sulle sue spalle e ricordarsi perfettamente la sera in cui era venuto fuori che quei due stavano insieme e quindi dirsi ancora e ancora che non poteva assolutamente lasciar perdere, fu una tortura.
Doveva proprio farcela.
Perché Colby era un suo amico, certo, ma soprattutto perché era colui a cui Don teneva di più. Non poteva dire se si amassero ma già solo il fatto che fosse stato abbastanza importante da parlargliene, era indice di quanto sul serio in realtà facessero.
Lui queste cose le sapeva e lì gli pesarono come non mai.
Quella responsabilità fu davvero quanto di più grande avesse dovuto sopportare in quell’ultimo periodo, da quando aveva preso la confidenza di suo fratello sui suoi sentimenti.
Non solo la vita di una persona, di un amico, bensì quella dell’uomo di Don e quindi la sua conseguente felicità!
Doveva dunque assistere lui stesso alla sua fine inerme?
No, nemmeno per idea. Anche se non era tagliato per certe azioni di forza eroiche, quella volta doveva farcela e darsi da fare, come se non avesse fatto altro in vita sua!
Come se fosse lui il Super Eppes e non quello geniale!
Quando riuscì a prendergli la mano questa gli sfuggì, fu allora che vide i suoi occhi chiari, il viso già tumefatto in alcuni punti, lui tutto bagnato che cercava disperatamente di non mollare, le sue mani scorticate che però cercavano di resistere… chissà come dovevano fargli male.
E lui era lì, in salvo, a guardarlo.
Forza Charlie, devi farcela!”
Se lo disse quasi come un grido interiore, uno sprone per uno sforzo maggiore, quello decisivo.
E finalmente arrivò.
Riuscì ad afferrare la sua mano e facendo quanta più forza possibile lo tirò sperando di averne abbastanza, per una volta. Sapeva di non essere uno molto muscoloso, non era un tipo atletico, ma quando ti trovi davanti a certi casi te ne dimentichi e diventi esattamente ciò che devi essere.
Fu così che riuscì a tirarlo su e metterlo in salvo!
I cuori ancora impazziti, Colby steso a pancia in giù col volto nascosto fra le braccia ed il fiatone per essersela vista davvero brutta.
I sensi alterati non gli facevano nemmeno sentire freddo per il fatto che fosse bagnato fradicio, così come non sentiva ancora tutto il dolore che quella nuotata gli aveva procurato.
Non gli pareva davvero di essere ancora al mondo, salvo, steso sul ponte accanto a Charlie e lui stesso fu investito dalla medesima sensazione, con ogni tipo di attenzione cancellata, il contatto con la realtà, col mondo circostante, svanito. Si trovava lì col corpo ma non riusciva a sentircisi davvero e questo per la violenta scarica di adrenalina che gli aveva permesso di tirare su uno muscoloso e possente come Colby.
Aveva il cuore che pompava a mille e il respiro altrettanto veloce.
Ma mentre si assicurava col tatto che l’amico fosse ancora lì con lui e fosse vivo, il primo pensiero che arrivò loro in mente fu diverso eppure uguale.
Sono ancora qua, Don…” Colby, mentre quello di Charlie:
Te l’ho riportato, Don…”
Che dimostrava ciò che per entrambi contava di più al mondo in assoluto.


Quando a Don arrivò la telefonata del fratello che gli diceva affannato ed agitato cosa fosse successo, gli venne un colpo.
Cercò di capire cosa dovesse essere accaduto da quella confusa spiegazione, quindi si fece ripetere in maniera più comprensibile e la sensazione di prima non migliorò affatto, anzi.
- Ma è sano e salvo, tranquillo… te l’ho tirato fuori prima che venisse trascinato via di nuovo! –
Questa frase funse da calmante, almeno un po’, mentre con la mente cercava di immaginarsi la scena ritrovandosi di conseguenza a provare qualcosa di devastante che lo lasciò per un attimo profondamente scosso.
Non era facile digerire il fatto che per l’ennesima volta il tuo uomo ha rischiato in qualche modo la vita e che tu non ci sei potuto essere per aiutarlo e salvarlo.
Il fatto che ce l’avesse fatta senza di lui poteva da un lato tranquillizzarlo ma dall’altro lo sbatteva maggiormente fuori poiché Don voleva esserci.
Quando gli fosse successo qualcosa ci sarebbe assolutamente voluto essere, senza dubbio.
Anche a costo di assistere alla sua morte.
Non gli importava.
Doveva esserci, fare qualcosa per lui, cercare di tirarlo fuori da quella brutta situazione… e nel caso in cui non ci fosse riuscito avrebbe voluto comunque assisterlo, stargli vicino in ogni momento, anche quelli più terribili.
Per lui separare la vita professionale da quella privata era sempre stato un problema ovvero era ciò che voleva fare, ciò di cui aveva bisogno, ma lavorando con Colby, il proprio uomo, non era certo facile e possibile. Le due cose venivano mescolate e per lui era molto difficile affrontare le giornate. Sia lavorative che relazionali!
- Sempre a lui! – Borbottò solamente grattandosi il capo, cercando di tornare lucido ed in sé.
- Mi dispiace… - Rispose Charlie dall’altro capo del telefono non sapendo cosa dire.
- Tornate subito qua. – Ribatté Don cupo e al tempo stesso stralunato, non sapendo bene che pesci prendere. Quando il fratello stava per riattaccare immaginando quanto difficile fosse per lui ricevere ogni volta notizie simili, lui lo stupì con un ultimo borbottio. Un grugnito più che altro: - Grazie, Charlie. –
Il sorriso che il giovane fece, Don non potè vederlo né percepirlo.

Appena lo vide arrivare verso di lui, la prima tentazione che ebbe fu quella di toccarlo e controllare che fosse tutto interno, quindi poi quella di stringerlo e baciarlo ma naturalmente si trattenne e seppure fu difficile. Così concentrandosi sul caso si limitarono ad affiancarsi aggiornandosi sulle rispettive scoperte e sulle prossime mosse in compagnia di Megan, Don non si perse nemmeno un particolare, con lo sguardo attento e penetrante, delle sue ferite. Era già stato medicato e si era cambiato ed asciugato, ma si vedeva ogni contusione. Le mani erano addirittura fasciate.
Doveva essere stata dura.
Non averlo potuto aiutare gli bruciava. Colby aveva rischiato la vita e lui non aveva potuto far nulla… davvero in quel momento gli venne da pensare che erano stati fortunati ad aver avuto Charlie.
Era strano pensare che per una volta era stato tuo fratello a salvare colui che conta di più al momento.
Strano ed insolito.
Fu lì che di punto in bianco interruppe il discorso sull’indagine e gli chiese come lui stesse.
Colby preso alla sprovvista di questo suo insolito slancio di attenzione in pubblico nei suoi confronti, lo guardò accigliato, quindi ammorbidendosi impercettibilmente passando solo per stanco, disse che stava bene e che poteva tranquillamente continuare.
Si scambiarono uno sguardo significativo anche se breve, quindi sforzandosi entrambi di non fare ciò che volevano davvero, distolsero gli occhi l’uno dall’altro e ripresero da dove avevano interrotto.
Quando Charlie arrivò da loro dicendo che aveva scoperto come si poteva far cadere in trappola colui che cercavano tramite il videogioco, Colby fece la battuta distensiva:
- E come? Con la forza straordinaria dei tuoi bicipiti? – Qua Charlie non se ne risentì molto, sapeva che si riferiva al fatto che lui di norma non era molto forte e che riuscire a tirarlo su in quel modo era stata una dimostrazione di volontà non da poco.
Una volontà solo per suo fratello, in fondo.
- E’ stata una scarica di adrenalina… - Puntualizzò come suo solito. Lo sguardo ammiccante di Colby gli fece capire che quello altri non era stato il suo modo di ringraziarlo per averlo salvato.
L’accolse di buon grado senza ribattere, quindi continuò con le sue spiegazioni inerenti al caso.

/All i want is you - U2/
Il caso si era concluso ed era andato a buon fine nonostante la grande paura di Amita che aveva rischiato di beccarsi una pallottola in testa dal matto di turno.
La sera era calata fra le case di Los Angeles e nonostante la bella vista notturna all'esterno, con la solita stanchezza addosso Don e Colby avevano preferito rintanarsi in casa a riposare.
La stranezza non fu quello bensì il fatto che fossero andati diretti a casa del primo.
Non vivevano insieme ma non era raro che Colby rimanesse comunque a dormire lì. Il loro bisogno però li portava a staccarsi l'uno dall'altro finiti i turni di lavoro. Don normalmente andava da suo padre e suo fratello e cenava con loro mentre l'altro andava a bere qualcosa con David. Dopo cena si ritrovavano a casa di uno dei due a finire la serata insieme.
Capitavano occasioni, però, in cui andassero direttamente a casa, il più delle volte da Don. Non era molto grande come appartamento ed era piuttosto in disordine, ma era suo e non ci entrava nessuno, non era un porto i mare come casa di Charlie. Quando voelva stare tranquillo e solo andava lì.
Il motivo per cui quella sera fecero così non fu la stanchezza fisica, specie quella di Colby, quanto quella morale e mentale.
Non era stata la giornata più massacrante che avessero passato, specie in luce di quando l'ex marine era stato creduto una spia cinese, ma non era stata comunque una passeggiata.
Il fatto che di nuovo Colby avesse rischiato la vita e che lui, Don, non ci fosse stato l'aveva scosso anche se non era capace di dimostrarlo normalmente.
Se non fosse stato per Charlie, Colby ora sarebbe stato da cercare sul fondo del fiume, spiaccicato dalla corrente contro qualche roccia!
Quando era con David era diverso, era un agente abituato all'azione e ai salvataggi e comunque Colby stesso così come sapeva cacciarsi nei guai, sapeva il più delle volte anche tirarcisi fuori da solo. Ma quel giorno era stato diverso.
Non ce l'avrebbe fatta da solo e non c'era nessuo di abbastanza forte e abituato a certe cose ad assisterlo. C'era stato solo Charlie, un genio della matematica per nulla forte e piuttosto poco atletico!
L'idea però che ce l'avesse fatta l'aveva anche stupito. Razionalmente non avrebbe potuto farcela se non, come aveva detto lui, con la scarica di adrenalina portata da un insieme di fattori. Fra cui la profonda volontà di farcela e tirarlo su.
Ci aveva pensato tutto il tempo, Don, e arrivato a sera con lo stomaco chiuso, aveva accompagnato a casa propria Colby che aveva lasciato la macchina a lavoro.
Non sapeva bene cosa dire anche perchè non era da lui chiacchierare di certe cose, era vero, però ne aveva bisogno.
Sentiva che doveva falo.
Con lui poteva, erano simili sotto quell'aspetto e andavano d'accordo per quello. A partire dallo stesso modo in cui vivevano la loro relazione, staccando i contatti ogni tanto e senza troppe dimostrazioni d'affetto. Soprattutto senza farlo capire a nessuno, come se fosse una cosa solo loro.
Certo anche per questo i motivi erano tanti, erano due uomini oltre che due colleghi ed amici, far sapere che stavano insieme era come spararsi sui sacri gioielli di famiglia per due nella loro posizione!
Però comunque non avrebbero voluto mostrarsi al mondo.
Era una cosa delicata, strana e soprattutto molto personale.
Non potevano sbandierarlo.
Avrebbero davvero rischiato di rovinare tutto.
Entrambi volevano andarci piano o sarebbero già stati conviventi...
Entrati in casa si erano messi comodi senza l'intenzione di mangiare.
La prima cosa che fece Don fu quella di prendere due birre, quindi ne diede una al compagno seduto sul divano coi piedi allungati davanti a sé, dopo di ché si mise accanto nella stessa posizione. Con la stessa espressione assorta.
- Come ti senti ora? - Chiese di punto in bianco Don elaborando senza successo un discorso che avesse senso e che non lo mettesse in imbarazzo. Non sapeva cosa dirgli, sapeva solo che voleva parlarne.
Colby si stupì un po', quindi iniziando lentamente a sorseggiare la sua birra gli rispose dapprima stringendosi nelle spalle, poi piegando la testa di lato, cercando di capire come stesse dopo una giornata simile!
- Stanco ma abbastanza bene dai... considerando che sono quasi affogato... -
Fece l'allusione di proposito capendo che ne voleva parlare, quindi Don colse la palla al balzo senza far caso che l'aveva fatto a posta, e continuò sull'argomento, bevendo a sua volta distratto, rimanendo concentrato su ciò che doveva dire che non sapeva ancora bene cose fosse di preciso:
- E' strano per me sapere che è stato Charlie ad averti salvato... - Sperò potesse bastargli quello e che lo capisse meglio di quanto non si capisse lui stesso.
- Come mai? - Chiese girando la testa verso di lui, si toccavano con le spalle quindi erano abbastanza vicini da riuscire a scrutarsi per bene.
Il suo profilo deciso era serio e concentrato, pensava corrucciato a cosa provava e sapeva quanto fosse difficile per lui esprimerlo, lo capiva bene...
Fu la volta di Don di stringere le spalle, quindi bevve ancora e dopo aver preso altro tempo, sentendosi ugualmente a disagio, parlò lo stesso con voce bassa:
- Lo sai, lui non è adatto a queste cose. Se ha dovuto darsi così tanto da fare per salvarti significa che hai rischiato davvero. - Silenzio. Però non era tutto qua. Forse poteva continuare. Colby non lo interruppe lasciandogli il tempo di proseguire e concludere. Gli avrebbe fatto bene dirlo: - Vedi, dopo quella volta che ti hanno avvelenato e che ti abbiamo riportato di qua per miracolo, mi sono reso conto di ciò che provavo per te, lo sai. E da allora ho realizzato che puoi morire sotto i miei occhi, proprio ora che provo questo. - Colby cominciò a provare forti ondate di calore che da dentro si espandevano sempre più insieme a quel discorso. Non l'aveva mai sentito esprimersi così, aprirsi a quel modo... non riusciva a staccargli gli occhi chiari dai suoi che però non lo guardavano e si mantenevano di profilo a lui. - Io detesto non riuscire a staccare i miei sentimenti dal lavoro, è una cosa che non sopporto. Ma con te che mi continui a ficcarti in guai grossi e a rischiare così la vita non è facile riuscirci... - Si morse il labbro inferiore, prese un respiro profondo, fissò intensamente il collo della sua bottiglia fra le mani che stringeva convulsamente, quindi come se si preparasse ad un azione delicata e difficilissima, riprese: - Non era scontato che Charlie ce la facesse, anzi. Tutt'altro. E se non ce l'avesse fatta a tirarti su io me lo sarei rimproverato per sempre. Perchè non c'ero. -
Fu a quel punto che Colby si sentì di intervenire. Sapendo che comunque non sarebbe più uscito nulla dalla sua bocca ora ben serrata, si girò meglio col busto verso di lui e toccandogli il viso con due dita della mano fasciata, lo costrinse a girarsi a sua volta per guardarlo e ricambiare il suo sguardo serio e penetrante:
- Don, tu non potrai esserci sempre. So che vorresti e che sei il nostro super visore e siamo sotto la tua responsabilità, però tu sei comunque solo un uomo e noi siamo agenti responsabili di noi stessi in grado di cavarcela da soli. Dobbiamo esserlo. Quando non ce la faremo non sarà colpa tua perchè non ci sei stato o perchè non eri sufficiente, ma sarà semplicemente che le cose hanno fatto il loro corso. Non sarà colpa di nessuno. -
- Non è questo il punto. Cioè anche. Ma questo lo posso concepire. Quel che preme a me è un'altra cosa. - A quel punto Don prese la mano con cui l'aveva appena toccato e alzandola fra loro la guardò spingendolo a fare altrettanto. Era fasciata sulle nocche che gli erano sanguinate cercando di aggrapparsi alla sparra sottile di metallo mentre la corrente del fiume l'aveva tirato fortemente per portarselo via. Allo stesso modo si era fatto altre contusione in viso dove un po' era coperto da cerotti ed un po' si vedevano per bene i lividi. Don guardò anche quelli con quel suo sguardo penetrante e cupo, come se li accarezzasse. Dopo aver contemplato le sue ferite e puntato l'attenzione sulla sua mano, disse incisivo in un sussurro: - Io ti amo e nonostante tutto quel che ci metta per riuscirci, non riesco a separare questo fatto mentre lavoro. -
Colby boccheggiante era rimasto al 'io ti amo' perdendosi tutto il resto... il cuore gli era partito per la tangente sentendosi ridicolo quanto un adoloscente alla prima cotta, il fiato era tornato come quando era sottacqua e gli altri sensi erano andati per i fatti propri. Che in realtà fosse ancora sul ponte appena tirato in salvo? La sensazione era la stessa...
Quelle parole ebbero per lui il medesimo effetto di quando rischiava la vita vedendosela passare davanti agli occhi!
Si rese conto di questo e dopo che il suo viso si era anche colorato per l'innegabile emozione di averlo sentito dire quelle parole per la prima volta, cercò di riprendersi lui stesso rispondendogli la prima cosa che gli venne in mente:
- Sono contento che non ti dimentichi che mi ami anche mentre lavoriamo! È un buon segno! -
Sono contento che mi ami e basta!” Pensò però con lo stomaco annodato. Era davvero come tornare ai tempi del liceo... e dire che non era mai stato troppo romantico... non aveva mai vissuto in questo modo la sua vita sentimentale, si era sempre per lo più limitato a storie di sesso, nelle cose serie non era mai stato molto bravo. Specie considerando che era andato prestissimo ad arruolarsi come marine e che aveva addirittura combattuto in guerra.
Per non parlare poi dei due anni come infiltrato!
No, la sua vita sentimentale aveva subito uno stop forzato da... bè, probabilmente da sempre!
Fino a che non aveva messo tutto a posto, non si era fermato ed allora aveva potuto arrendersi a certi sentimenti che aveva fin ora messo in parte a forza.
Fino a che non si era messo con Don.
Era stata dura fargli capire ciò che provava e farlo aprire, era dura continuare la relazione e soprattutto era dura lavorare con il proprio uomo visto il lavoro in questione. Ma non avrebbe mai rinunciato nemmeno per tutto l'oro del mondo.
Mai e poi mai.
E sapere che Don lo amava fu la conferma che andava bene così, che doveva continuare come stava facendo e che non doveva mollare. In qualunque modo fossero andate le cose.
Alla sua risposta il compagno ebbe un guizzo che sembrò di sollievo, ma subito tornò serio e cupo concentrato su quel che provava e voleva esprimere ancora. Forse non si era spiegato bene...
- Voglio dire che lavorando insieme rischiamo di rovinare la nostra relazione, visto che non siamo capaci di separare il privato dal professionale. Ed io non voglio che succeda. -
Anche queste parole furono per lui molto belle e gli entrarono dentro anche se il loro significato avrebbe dovuto avere il potere di distruggerlo.
Fu lì quindi che Colby lo fermò e prendendo il suo viso fra le mani lo avvicinò a sé ancora, si sfioravano. Occhi negli occhi. La medesima espressione intensa, solo che uno era malinconico mentre l'altro sicuro. Estremamente sicuro di sé, senza nemmeno un dubbio.
- Vada come vada, Don. Io non voglio separarmi da te nemmeno per il bene dell'umanità! Io voglio stare con te ora. Stop. -
- Colby... - Cercò di fermarlo Don simile ad un carro armato. Siccome non era l'unico ad esserlo l'altro continuò imperterrito, alzando la voce appena per sovrastarlo e fargli capire quanto deciso fosse.
- E mi dispiace solo che lavorando insieme probabilmente mi vedrai morire... -
Fu questo probabilmente a fargli capire che stava sbagliando. Fu lì che sentì ciò che voleva davvero sopra ogni cosa, di più in assoluto.
E senza staccare lo sguado dal suo prese a sua volta il viso di Colby proprio come aveva fatto lui, quindi risoluto e sicuro come quando dava un ordine in piena azione, disse:
- Questo è tutto ciò che voglio. Esserci fino all'ultimo secondo della tua vita. È questo che oggi, fra le altre cose, mi ha sbattuto tanto fuori. Voglio esserci in ogni momento, specie in quelli brutti. -
Charlie avrebbe potuto non farcela ed io ti avrei perso. Sarebbe stato logico, normale, visto che era un professore di matematica e non un altro agente con te. Però ce l'ha fatta e penso che questo forse possa essere un piccolo miracolo. Adrenalina o no!”
Gli occhi di Colby divennero lucidi e col nodo ormai salito troppo in alto per essere trattenuto, si spinse in avanti il necessario per arrivare alle sue labbra di slancio, le premette sulle proprie e rimase così fermo con gli occhi chiusi a trattenere il fiato, a sentire i loro battiti aumentare e l'emozione esplodere.
Se questo era il modo in cui vivevano le storie gli adolescenti, cosa che a lui non era mai successa, andava bene così!
Rimasero fermi a godersi questo contatto di bisogno senza approfondire nulla, solo le mani di Don si sciolsero dal suo viso scivolando sulle spalle per tenerlo di più contro di sé e Colby infilò le proprie sulla sua vita non chiedendo altro.
La scarica elettrica che percorse entrambi li lasciò sconvolti per molto.
- Ti amo anche io. - Disse poi Colby sulla sua bocca prima di approfondire il bacio andando oltre.
Questo per Don fu la risposta migliore.

FINE


   
 
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