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Autore: Mizar19    15/10/2009    5 recensioni
Un paese perbenista. Alcune famiglie. Due ragazze molto diverse, ma al contempo troppo simili. No, non è un "incontro-corteggiamento-passiamoaifatti-lietofine". Loro sono già felicemente assieme.
Inseriamo ora alcuni elementi di turbolenza: un trasloco repentino, sexy compagne di scuola, austere o lunatiche, incomprensioni e incomunicabilità.
Si verrebbe così a creare un mosaico di individui, ognuno con le sue ossessioni, i suoi desideri e le sue paure; un eterogeneo gruppo di ragazzi (e non solo) le cui vicende si legano e intrecciano attorno a quella di Maria Cristina, appassionata giocatrice di pallavolo, e Federica, poliedrica artista.
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La decima Musa'
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t.s.e.CAP6 Per piccola peste e maria_sharapova: spero di non avervi fatte arrabbiare troppo! Comunque ecco che la storia continua!

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Capitolo VI
SOTTO AL COMO'

Osservai, attraverso le grandi vetrate, il paesaggio esterno, che si fondeva al mio pallido riflesso.

- Per favore... non piangere - mi supplicasti.
- Perdonami -

*


Scesi in giardino, la sua voce, le sue lacrime... tutto era così strano.
Mi sedetti nel prato verde, osservando la luce che penetrava fra gli aghi del pino, creando sottili fili dorati che si mescolavano fra gli steli d'erba.
Quando la scorsi, mi precipitai al cancello.
I suoi enormi occhi era arrossati e lucidi.
Ci spostammo sul retro, nella parte più nascosta del giardino.
- Dimmi... -, la strinsi a me, lei scoppiò a piangere.
- Non voglio! - singhiozzò, io le carezzavo la schiena. Continuavo a non capire, ma non volevo forzarla a parlare.
Non dissi nulla. Avevo imparato che il silenzio era più carico di significati, rispetto ad un discorso affannato.
Aspettai pazientemente che si tranquillizzasse. A poco a poco i singhiozzi si fecero più deboli e la schiena smise di sussultarle.
- Stai meglio? - le chiesi, anche se era ovvio che fosse una domanda retorica. Non stava affatto meglio.
- No, però... ascolta senza interrompere - disse tutto d'un fiato.
Poi si sfregò gli zigomi con il dorso della mano, tamponandosi le lacrime.
- Mamma e papà hanno per le mani una causa davvero importante... si terrà a Roma... -, la sua voce iniziava nuovamente ad incrinarsi - Sono implicati dei personaggi politici, sarà una cosa grossa... dovranno essere sempre reperibili a Roma... -.
Non ero una persona dalla fantasia povera, sapevo cosa sarebbe venuto dopo.
- Ci trasferiamo - dissi secca, tentando, con quello slanciò improvviso, di cacciare il dolore e il peso di ciò che le era piombato addosso.
- Ma... ma non puoi restare da noi? - le domandai con le lacrime agli occhi.
- Ho già chiesto a mia mamma... l'unica a restare qua sarà Veronica, che sarà ospitata da Elena... -
- Ma perchè?! Da noi c'è tutto il posto che vuoi! E Mattia potrebbe stare da Walter e... -, mi bloccò.
- Mamma ha detto che non spettava a noi scegliere... -
Ci scambiammo un lungo sguardo: nelle sue pupille leggevo dolore, ansia, angoscia per una separazione forzata a cui non eravamo abituate.
Ci abbracciammo.
- Sarà... sarà una cosa temporanea, vero? -
- Sì... ma non sappiamo esattamente per quanto durerà... -
- Potrò venire a trovarti? - le chiesi, baciandole la fronte.
- Certo! E io verrò a trovare te... -, mi gettò le braccia al collo e premette le sue labbra sulle mie.
- Ti amo, Mari, mi mancherai tantissimo... io... - tornò a singhiozzare, le baciai i capelli - Io non... non riesco a immaginarmi... senza di te -.
Le asciugai gli occhi, baciai le sua labbra arrossate.
- Nemmeno io ci riesco... promettimi che ci sentiremo tutti i giorni... -
- Assolutamente! Mari... io... ho paura di perderti... - mormorò, la sua voce era acquosa.
- Non mi perderai... -

*

Era qualcosa di inconcepibile, di inimmaginabile. Mai avevo pensato che avremmo dovuto separarci.
Era come se l'aereo, decollando, si fosse portato via una parte di me.
Mi accasciai su una delle poltroncine.
Mio fratello sedeva accanto a me.
Il vuoto lasciato da Federica era già enorme.
Avevo sempre pensato a noi due come le parti complementari di una mela.
Mentre io sono più pragmatica e concreta, sguazzo nella logica e nella razionalità, lei è costantemente persa nel suo iperuranio o in un qualsivoglia paesaggio bucolico dell'Arcadia, quasi eterea.
Ma siamo anche come due rette parallele, che corrono l'una accanto all'altra, fino ad arrivare all'infinito, dove hanno un punto in comune.
Siamo come il giorno e la notte, lo yin e lo yang. Lei la mia rosa, io la sua campana.
Il ghiribizzo di un gruppo di politici corrotti e scandali parlamentari, me l'aveva portata via.
Con quale faccia tosta, i suoi genitori si arrogavano il diritto di scegliere per lei quale cammino prendere?
La verità era che Gianni provava fastidio per la nostra relazione.
Molto fastidio.

*

- Shh... - ridacchiò lei, mentre la prendevo affettuosamente in giro.
Le mordicchiai una clavicola, lei si abbracciò a me, lasciandosi cullare dal tocco dei miei denti e delle mie labbra.
Federica spostò le mani sul mio seno e iniziò, lentamente, a liberare i bottoni della mia camicia azzurra.
Affondai le dita nei suoi morbidi capelli, attirandola a me.
Coricata sotto di lei, avevo una fantastica panoramica sulla sua scollatura, quando glielo feci notare, lei sogghignò.
Poi si chinò, baciandomi con impeto.
- Sei dolce... - sussurrò.
- Già...  e tu hai voglia - risi, stringendola.
Mi guardò con aria di sfida, aprendo del tutto la mia camicia.
Posò la sua bocca sul mio sterno, spostandosi lentamente verso il seno destro.
Chiusi gli occhi.
Contemporaneamente, mi stava carezzando l'interno coscia, con movimenti lenti e modulati.
Inarcai la schiena, come ad esortarla ad arrivare subito al dunque.
Poi la porta si aprì.
Gli occhi del padre di Fede si spalancarono prima per la sorpresa, poi per l'ira. Richiuse di scatto la porta.
Non era certamente una situazione equivocabile.
Sotto ad una Federica senza pantaloni stavo io, con la camicia aperta e una sua mano ancora sulla gamba.
Fortunatamente i suoi genitori già sapevano della nostra relazione, ma quella era la prima volta che ci coglievano in flagrante.

*

Con lo sguardo perso nell'azzurro del cielo, mi ritrovai ad immaginare me stessa seduta accanto a Federica, su quell'aereo, che era sparito lasciando dietro di se' solo un'effimera scia.
Mi avrebbe abbracciata, avremmo ascoltato assieme la musica, avremmo riso, ci saremmo prese affettuosamente in giro, lei mi avrebbe pettinato i capelli, io mi sarei addormentata con la testa sulla sua spalla.
Quei piccoli gesti, quelle piccole attenzioni quotidiane mi sarebbero mancate terribilmente.
Di solito, quando dormivamo assieme, adottavamo sempre due posizioni: entrambe sul fianco destro e io l'abbracciavo da dietro, oppure lei supina e io raggomitolata con la testa sulla sua spalla.
Continuavo a ripetermi, come un mantra, che mi sarebbe stato impossibile resistere senza di lei, sarei impazzita.
Lo stomaco mi doleva, avevo gli occhi stanchi e la gola secca.
Osservai mio fratello.
Aveva cercato di essere forte, di fare il duro, ma era crollato pure lui assieme a Walter. I tre moschettieri erano sempre stati un trio inseparabile.
Batteva nervosamente con il piede il ritmo di una canzone che solo lui udiva, i suoi occhi contemplavano il vuoto, persi fra i ricordi all'interno della sua mente.
- Torniamo a casa? - gli chiesi sottovoce, non volevo riportarlo bruscamente alla realtà.
- Certo -

*

Roma, 19 settembre 
ore 1.06 a.m.

Cara Maria Cristina Azalea,

in questo momento sicuramente sarai sveglia ad osservare stanca i delicati giochi d'ombra disegnati dall'abatjour sul ruvido muro della tua stanza.
Non sei la sola.
Abbiamo affittato uno stupido appartamento, in una stupida strada trafficata.
Non riesco a dormire.
Mi manchi e solo il cielo sa quanto.
Avrei bisogno di essere fra le tue braccia e allo stesso tempo vorrei cullarti fra le mie.
La separazione è stata traumatica: ci hanno sradicate l'una dall'altra. Non riesco a non piangere pensandoti.
E mi pare che l'abisso dentro di me si allarghi sempre più. L'unico modo che ho per colmarlo è piangere, anche se è la soluzione più stupida.
E' come se nel puzzle della mia vita, mancasse una tessera. Ma non una qualunque.
Proprio quella fondamentale, quella che serve a completarlo, quella che immancabilmente sparisce, dimenticata sotto ad un comò o mangiucchiata dal gatto.
Ecco, ora è come se avessi perso la mia tessera e per quanto io mi sforzi di guardare sotto i comò, non riesco a trovarti.
Mattia ha pianto per metà del tragitto. Papà si è arrabbiato davvero molto con lui.
In questo periodo è estremamente stressato, basta un nonnulla e scatta, aggredendoti ferocemente.
Per fortuna mia madre tenta di sedarlo a volte.
Sono così stanca che mi dimentico persino ciò che vorrei scriverti! Avevo in mente uno stupendo discorso sulle stelle binarie e simili cagosissime metafore, ma al momento è come se avessi fatto un back-up della mia mente.
L'unica cosa che so è che vorrei essere con te sotto al comò.
Ti amo

Federica

***********

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!

Per harderbetterfasterstronger: diciamo che in parte hai ragione: Federica è avulsa dalla realtà, è una ragazza con la testa fra le nuvole, persa nei suoi sogni, ma, come avrai modo di constatare in seguito, non è poi così perfettina!


Mizar19

   
 
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