Forks.
La cittadina dove stavo per trasferirmi. Dove ero stata portata via
quando
avevo solo qualche anno. La cittadina dove era cresciuto mio padre e
dove aveva
vissuto i periodi più dolorosi della sua vita. Amavo
Charlie, anche se i
momenti trascorsi insieme erano pochi. Con lui trascorrevo solo un paio
di
settimane all’anno.
Era
un uomo fantastico,ma il suo essere chiuso in se stesso,come del resto
lo ero
anch’io, e la cittadina per niente illuminata dal sole,dove
lui doveva
vivere,lo avevano allontanato da mia madre. La donna che lui amava
ancora tutt’
oggi, ma che non sarebbe mai potuta essere quella della sua vita.
Questa
situazione non era per me difficoltosa,ero abituata a vivere senza un
padre,con
una madre un po’ strana e con la consapevolezza di dover fare
tutto da me. Mia
madre non era assolutamente una madre che non amava la proprio figlia o
che
vivesse per se stessa e mai per gli altri, ma non sarebbe mai stata
matura per
poter accudire nessuno. Dimenticava di fare la spesa,non era in grado
di cucinare,amava
cambiare hobby(mai era riuscita a praticarne uno per più di
due settimane),ma
amava me,come io amavo pazzamente lei. Ama ancora, a suo modo, mio
padre e ama
Phil. L’uomo che le aveva preso il cuore e che aveva deciso
di sposare. Era
questo il motivo per cui avrei trascorso gli ultimi due anni di liceo
con mio
padre. Mia madre era appena sposata con l’uomo che amava.
Volevo lasciarle la
sua libertà,volevo non vederla più soffrire
quando Phil partiva per motivi di
lavoro e lei era obbligata a restare con me. E poi volevo vivere un
po’ con mio
padre. Odiavo la cittadina di Forks, odio trasmesso da mia madre e
causato
dalla pioggia che non abbandonava mai per più di mezza
giornata le strade di
quel luogo. Tutto era verde,il bosco era,ricordo,alle spalle della casa
di mio
padre,la costa,dove si trovava
Tutti
questi furono i pensieri che mi riempirono la testa mentre ero in
viaggio da Phoenix
fino a Seattle,dove avrei trovato mio padre ad aspettarmi.
Era
uno uomo alto,aveva 38 anni ed era ancora,a suo modo,un uomo
affascinante.
Lo
trovai ad aspettarmi sorridente,evidentemente era al settimo cielo per
il mio
arrivo,ma non lo aveva mai confidato né a me né a
mia madre durante le
telefonate fatte per organizzare il mio trasferimento.
Mi
accolse abbracciandomi. Questo mi lasciò senza
parole,entrambi non eravamo per
niente bravi ad esprimere i nostri sentimenti né con le
parole e né con le azioni
come questa.
Durante
il viaggio in macchina parlammo poco. Mio padre però a
metà strada prese la
parola dicendo “Bella,tesoro,sai,so quanto tu soffra di
questo cambiamento e
che paura tu abbia per domani e per la scuola,sei come me del
resto..” io lo
guardavo senza capire. Era pieno di attenzioni nei miei confronti e
questo mi
colpì molto. Era riuscito a dimostrare,forse la prima
volta,il suo affetto nei
confronti di qualcuno,e quel qualcuno ero io. “..comunque
tesoro devi
preoccuparti di questo. Sarà solo per i primi giorni,non
c’è niente da temere.”
“Ehm.. grazie papà. Ma non devi
preoccuparti,saprò cavarmela.” E gli sorrisi
imbarazzata. Da quando mio padre era così? Forse la mia
presenza lo aveva
portato al settimo cielo che non si rendeva conto di ciò che
diceva o del modo
dolce che usava.
Arrivati
a casa mi lasciò mettere in ordine le mie cose. La mia
stanza era come
sempre,come mia madre e lui l’avevano arredata. Era rosa. Il
guardaroba era sul
lato destro,il letto,dove prima c’era la mia culla,affiancava
la porta. Le
tende giallo chiaro ancora erano appese alla finestra che si trovava di
fronte
la porta. La scrivania,nuova,era situata sulla parte sinistra della
stanza,con
sopra un pc,di seconda mano,che mio padre aveva acquistato per me. Per
ultimo,mi
fermai a osservare la sedia a dondolo che amavo da piccola e che ancora
tutt’ora adoravo. Mi piaceva farmi cullare da questa,era
rilassante e
rassicurante quando mi sentivo sola in quella cittadina vuota.
La
sera trascorse lenta. Ero triste e preoccupata. Per la prima
volta,senza sapere
per quanto tempo, mi ero allontanata da quella donna che per me era
come
un’amica,una consigliera,una piccola bambina da accudire.
Preferì
trascorrerla però con mio padre,non volevo che soffrisse
capendo che il legame
con mia madre mi allontanava da lui. Mangiammo una pizza comprata
mentre io
ordinavo le mie cose e chiacchierammo della scuola. Mi
spiegò dove si
trovasse,come raggiungerla e delle lezioni che avrei frequentato.
Sembrava
preoccupato molto per l’approccio che avrei avuto con la
nuova scuola,del resto
era come me e sapeva cosa mi avrebbe creato dei disagi,così
cercò di
tranquillizzarmi. Ma io non ero per niente tranquilla. Ero
terrorizzata. Non mi
piacevano le attenzioni,mi rendevano ancora più goffa di
come già ero. Non era
molto estroversa,quindi per me era difficile fare amicizia dove non
conoscevo
nessuno. Quando vivevo con mia madre e frequentavo la scuola di Phoenix
non
avevo molto amiche. E le poche che avevo erano semplici compagne di
scuola. Mia
madre era la mia migliore amica. Sapeva tutto di me,ogni piccolo
particolare.
Ero io a dirle sempre tutto,ma comunque non sarei riuscita a
nasconderle nulla.
Diceva che il mio volto,la mia espressione fosse un libro aperto. Che
prima che
le raccontassi qualcosa,lei già sapeva che qualcosa mi
turbava o che mi rendeva
felice. La chiacchierata con mio padre finì subito,come
immaginavo. Decisi di
andare a dormire sapendo che mi sarei lasciata cullare dalle lacrime.
Avevo
bisogno di scaricare la tensione,la paura e liberarmi della sofferenza
che mi
opprimeva per il distacco da quella città che amavo. Andai a
dormire e
lentamente,tra le lacrime e i singhiozzi mi abbandonai alle braccia di
Morfeo.
La
mattina mi svegliai stanca e ancora più nervosa. Mi lavai e
vestii lentamente e
scesi a fare colazione. Trovai mio padre seduto al tavolo che mangiava
ciò che
restava della sua colazione. Trovai sullo scaffale dei cereale e del
latte. Mi
meravigliai di come potessero trovarsi in quella casa. Mio padre non
mangiava
mai cereali e tanto meno bevevo latte. Notò il mio sguado
sorpreso e disse “Ho
pensato di comprarli,sapendo che fai così colazione,ma se
non vanno bene basta
che lo dici,prendi i soldi e vai a comprare quello che
desideri.” “papà non
preoccuparti sono perfetti” e feci il mio miglior sorriso.
Ero contenta di
avere un padre così,ma la mamma continuava a mancarmi
tantissimo. Fatta
colazione,presi la borsa e mi incamminai verso la scuola. Avrei dovuto
comprarmi un auto. Faceva freddo quel lunedì,11gennaio, e
poi l’umidità mi infastidiva.
La scuola distanziava da casa di Charlie circa 500metri,ciò
significò circa
20minuti di cammino. La scuola era abbastanza piccola,erano iscritti in
pochi,circa 400. Le lezioni mattutine passarono lentamente. i
professori furono
molto gentili evitando presentazioni ufficiali alla
classe,così potei evitare
cadute e rossore per l’imbarazzo. Durante le lezioni conobbi
alcune ragazze. Ma
quelle che attirarono la mia attenzione furono due bellissime ragazze
notate
mentre andavo sola alla lezione di trigonometria. Una era
alta,bionda,occhi
azzurri,con un fisico bellissimo,ma ciò che mi
colpì fu il suo volto. Aveva uno
sguardo da mozzare il fiato. I suoi atteggiamenti non nascondevano la
sua
vanità,la sua conoscenza dell’essere
eccessivamente bella,ma mi piaceva.
L’altra era bassa,con corti capelli sbarazzini,occhi color
nocciola e un viso
da folletto. Era anche lei molto bella e attraente ma ciò
che traspariva da lei
era gentilezza e simpatia. Mi guardò,passandomi di fianco,e
mi sorrise come un
angelo birbante.
L’ora
del pranzo arrivò e io mi ritrovai a cercare un posto in
quella sala piena di
ragazzi che mi fissavano, cercando qualcosa in me da giudicare. Subito
la
trovarono,perché iniziarono a parlottare tra
loro,sorridendo. Mentre cercavo un
posto mi si presentò davanti gli occhi quella ragazza che mi
aveva sorriso
qualche ora prima.
“ciao.
Io sono Alice Cullen. Tu sarai Isabella,piacere! Sai ti ho vista sola e
smarrita
e ho pensato di farti sedere con me e mia cugina,ti va?”
Mentre
lei diceva ciò Mike,un dei pochi ragazzi che avevo
conosciuto quella mattina mi
fece la stessa proposta. “Mike,mi dispiace ma Alice mi ha
chiesto la stessa
cosa poco prima di te. Sembra scorretto se le dicessi di no. Semmai la
prossima
volta” Avevo capito che Mike era interessato a me,ma lui non
era tra i miei
interessi. Io non avevo mai avuto un ragazzo e in quel momento non mi
ero
trasferita con in testa quell’obbiettivo. Meglio mettere in
chiaro le cose e
non far intenderle male. Alice era contentissima che mi sarei seduta
con loro.
Era molto socievole e simpatica. Mentre chiacchieravamo di me e le
raccontai
del perchè ero lì a Forks,quando fu il suo turno
decise di raccontarmi la loro
storia. Erano in cinque. Suo padre adottivo,il dottor Carlisle
Cullen,con sua
moglie,Esme,non potevano avere figli a causa di un problema della
signora
Cullen e avevano deciso di prendere in affidamento dei bambini.
Arrivati in
orfanotrofio avevano conosciuto Edward ed Alice. Si erano dispiaciuto
di quei
due giovani ragazzi di 15 e 12 anni senza famiglia. Oramai erano troppo
grandi,nessuno voleva dei figli adolescenti. La signora Cullen aveva
così
deciso di prenderli con sé. Diceva che
l’importante era dare amore ai propri
figli,che potevano diventare tali anche senza crescerli dalla nascita e
che
loro aveva più bisogno degli altri di amore. Era una donna
molto buona. Alice
era pazzamente innamorata di quei genitori che da cinque anni le
avevano donato
amore. Emmet,invece,l’altro fratello Cullen, era stato
adottato subito dopo.
Era più grande di Alice,e aveva l’età
di Edward. Da allora erano diventati
inseparabili. Solo un anno prima, i genitori di Rosalie e Jasper,i
rispettivi
partner di Emmet e Alice,nipoti della signora Cullen, avevano perso i
genitori
e si erano trasferiti a Forks con loro. Il dottor Cullen aveva
35anni,mentre
sua moglie Esme 32. Il padre di Alice era un medico molto bravo e
conosciuto in
tutti gli States. Era un ottimo chirurgo e per tenere lontani i propri
figli
dal mondo di NY,dove erano cresciuti fin quando non sono andati a
vivere con
lui e sua moglie, aveva deciso di trasferirsi a Forks. Aveva rifiutato
ottimi
lavori per la pace della famiglia e la serenità dei suoi
figli. Intanto Rosalie
si manteneva a netta distanza da me. A malapena mi rivolse un semplice
“Ciao” e
seguì la conversazione con aria indifferente. Non le
piacevo,ne ero certa!
Finito
il pranzo ci alzammo.
“Bella
dimmi, che lezione hai ora?”
“Bè,
ho la lezione di biologia,voi?” Sembrava scortese non
chiedere anche di
Rosalie.
“Veramente
io ho spagnolo e Rosalie trigonometria. Peccato!”
“Capisco.
Allora ci vediamo”
“Ok.
Ciao Bella!” e mi sorrise dolcemente
“Ciao
Bella.” Rosalie.
“Ciao”
Le
lezioni passarono velocemente e la curiosità di conoscere
gli altri tre
fratelli Cullen cresceva. Mi affascinava la loro storia. Jasper
frequentava la
nostra scuola,ma in quei giorni era con i suoi fratelli a NY. Era molto
bello a
detta di Alice,che era pazzamente innamorata di lui. Di Emmet
riuscì a scoprire
poco. Aveva deciso di non andare ancora
all’università,voleva aspettare Rosalie
ed andare con lei. Mentre di Edward seppi solo che era fratello
naturale di
Alice e che era un artista. Alice era pazza di suo fratello,quasi
quanto di
Jasper. Erano molto legati l’uno all’altro.
“Sono pazzi l’uno dell’altro!Se fossi
in Jasper sarei gelosa!” una della poche frasi di Rosalie che
mi fece
sorridere.
Tornai
a casa molto più tranquilla. Avevo fatto amicizia con Alice
e speravo di
riuscire a piacere anche a Rosalie. Mio padre rientrò verso
le 6 e io gli feci
trovare la cena pronta. Volevo rendermi utile,i compiti li avevo subito
terminati e non avendo niente da fare avevo deciso di dedicarmi alla
cucina.
Adoravo cucinare. Mia madre non sapeva farlo,o almeno era troppo
fantasiosa per
preparare piatti mangiabili,quindi ero io la cuoca di casa. Mio padre
assaggiò
e subito si complimentò per la mia dote. Dopo la cena,mentre
mettevo in ordine
mi chiese della scuola.
“Papà
tutto bene. Ho conosciuto le figlie del dottor Cullen,molto simpatiche.
Il
ragazzo che frequenta la scuola, Jasper,non era presente
perché in viaggio con
i fratelli. Ho notato che però gli altri non danno molta
retta ai Cullen,chi sa
perché!?”
“Non
ascoltare ciò che dico Bella. I ragazzi Cullen sono molto
educati e socievoli.
Sono le cattive lingue e le chiacchiere inutili sul loro passato che li
allontanano dalla gente. I ragazzi di Forks non sanno cosa significa
avere un
passato come il loro alle spalle e invece di aiutarli li ignorano. Ho
sempre
dato la colpa alle famiglie. Dicono cose che non dovrebbero ai loro
figli,come
le cattiverie nei confronti di ragazzi sventurati.”
Mio
padre si fermò,mi sorrise e continuò
“Mi piacciono molto,cerca di essere loro
amica,saranno sicuramente delle ottime amiche e ti faranno capire molte
cose
della vita.” E con queste parole si
allontanò,rifugiandosi sul divano.
Quella
seconda notte a Forks trascorse più serena. Sapevo cosa mi
aspettava il giorno
dopo.