* Partecipante al "Fairytail Contest" indetto da Lalani**
**Vincitrice del Premio "And they lived happily ever after"**
A Ely,
anche se non la leggerà mai.
A lei che
mi sta sempre accanto
alla donna con il pigiama blu
alla ragazza che
aprrezza il mio lato bastard
A lei che di storie come queste ne meriterebbe
un milione.
Find
Si
guardò intorno, spaesata.
La pioggia cadeva in piccole stille gelide: si infilava tra i suoi
capelli, le scivolava sul viso appannandole gli occhi nivei. Hinata si guardò intorno senza
riconoscere il luogo in cui si trovava, non sapendo nemmeno come vi fosse
arrivata.
Alla sua
destra, troneggiava un imponente edificio di mattoni a vista con intonachi
bianchi.
Era un
bel quartiere, pieno di alberi e aiuole coperte di fiori profumati:
probabilmente in primavera doveva essere un luogo stupendo. Per un attimo, nella sua mente comparve
l'immagine di tanti bambini ben vestiti che giocavano a palla e si rincorrevano
per le strade, urlando e ridendo mentre le madri cucinavano torte di mele e i
padri leggevano il giornale sulla veranda.
Sorrise a quell'immagine dolce, sentendo
la malinconia farsi largo dentro di lei. Era una vita che avrebbe sempre voluto
poter condurre, fin da bambina.
Lei, una Hyuga, era sempre stata trattata
come una Principessa, servita e riverita fin dalla nascita. Apparentemente, tutti avrebbero voluto
quella vita che invece lei disprezzava senza avere il coraggio di ammetterlo,
nemmeno con sé stessa.
Chiuse gli occhi, scacciando quei pensieri completamente fuori luogo in
quel frangente.
Si
alzò, il cappotto sporco di fango e i vestiti completamente impregnati
d'acqua. Cominciò a camminare, senza sapere come arrivare alla sua destinazione.
Non sapeva dov'era né tanto meno come trovare la strada di
casa.
Quello
doveva essere uno dei nuovi quartieri di Parigi che non aveva mai visitato; non
aveva quindi idea della direzione da prendere per raggiungere villa
Hyuga.
Si
incamminò, stringendosi nel pesante cappotto invernale, sentendo le lacrime
premere agli occhi, cercando, tuttavia, di non lasciarle scendere.
Era così presa dai
suoi pensieri che non si accorse della persona che camminava nella direzione
opposta e con la quale si scontrò, barcollando, prossima a cadere di nuovo a
terra.
Fortunatamente, lo sconosciuto la afferrò per un braccio, evitandole di
rovinare a terra.
Quando fu sicura di reggersi saldamente sulle gambe, Hinata alzò lo
sguardo sul suo salvatore e riuscì a stendere le labbra in un timido sorriso di
ringraziamento, mentre le guance si tingevano di una delicata sfumatura di
rosa.
“Grazie
mille!” Si scostò e piegò la testa in segno di saluto e ringraziamento, facendo
poi per allontanarsi alla ricerca della strada giusta per tornare da dove era
venuta.
L'altro le
prese il polso, stringendolo in una morsa delicata.
Hinata si voltò, gli occhi sgranati dalla
sorpresa e le gote ancora più arrossate dall'imbarazzo.
“Hinata, non mi
riconosci?”
La
giovane non seppe cosa dire: pochi mesi prima era caduta da cavallo, sbattendo
violentemente la testa. Nell'incidente aveva perso la memoria, che era andata
via via ricomparendo con il tempo.
Tuttavia, c'erano ancora alcune cose che
rimanevano grandi buchi neri e, evidentemente, l'identità e quello che la legava
a quel ragazzo erano due in quelli.
“Hinata...Hinata...sono Kiba! Ti ricordi:
frequentavamo il liceo insieme!”
Un piccolo flashback partì nella mente di
Hinata, scatenato dalle parole del ragazzo. Un grande edificio dipinto di
bianco, sobrio ma elegante; tanti ragazzi, tutti con la stessa uniforme, che
ridevano reggendo le eleganti cartelle in pelle.
Cercò di visualizzare, tra la massa di
giovani, il viso del ragazzo che le stava dinanzi, ma nessuno parve avere
qualche vaga somiglianza con lui.
“N-no, mi dispiace
molto”
Il ragazzo,
Kiba aveva detto di chiamarsi, parve vagamente deluso, ma si riprese subito,
sorridendole.
“Che
ci fai da queste parti?”
“M-mi sono persa...e n-non so c-come tornare a casa” pronunciò quelle
poche parole timidamente, quasi se ne vergognasse, abbassando lo
sguardo.
Kiba la
guardò bene, avvertendo che qualcosa non andava dietro l'apparente normalità
della giovane.
Decise però di non fare domande: la piccola Hyuga sembrava già abbastanza
imbarazzata e se davvero non si ricordava di lui sarebbe stato inopportuno fare
troppe domande.
“Se vuoi, ti posso accompagnare io” le sorrise, cercando di farle capire
che non aveva nessuna cattiva intenzione, solo aiutare un' amica di vecchia
data.
Non seppe
perché, ma si ritrovò ad accettare l'offerta di quel ragazzo: c'era qualcosa,
nel suo sorriso gentile e nei suoi occhi ambrati, che le rendeva facile fidarsi
di lui.
Si
incamminarono.
Subito il giovane Inuzuka iniziò a parlare di sé, dei suoi successi
accademici a partire dal diploma per finire con la laurea e la specializzazione
in veterinaria.
Hinata lo ascoltava, affascinata, notando quanto gli si illuminassero gli
occhi quando parlava del suo lavoro: doveva amarlo davvero
molto.
Sorrise.
“D-Devi amare molto il t-tuo lavoro”
Kiba si grattò la testa con una mano,
lievemente imbarazzato, chiedendosi se, per caso, non avesse parlato
troppo.
“Beh, si.
Effettivamente è così. Fin da piccolo ho sempre amato gli animali. Il loro amore
è sincero, senza riserve o secondi fini. Spesso però noi uomini ci dimentichiamo
di questo;
non penso che ci sia cosa peggiore dell'abbandonare un cane perché
tra cane e padrone esiste un tacito, atavico, accordo di
fedeltà”
Hinata
rimase esterrefatta dalle parole del ragazzo: era una persona incredibilmente
sensibile.
“Sai,
Kiba, vorrei davvero ricordarmi di te” un secondo dopo averlo detto, Hinata si
chiese cosa le fosse preso per pronunciare quelle parole e arrossì
violentemente.
“Sai, Hinata, lo vorrei anche io”
Calò il silenzio; ma, stranamente, non
era fastidioso o imbarazzato, anzi. Era piacevole, forse perché sembrava che, in
quella quiete, fossero nascoste tutte le parole non dette.
Camminarono per venti minuti fino a quando non raggiunsero villa Hyuga.
Era una costruzione imponente e antica, risalente a circa tre secoli prima.
La facciata era
sontuosa e severa al tempo stesso, quasi a voler simboleggiare l'opulenza e la
rigidità dei suoi abitanti.
Hinata ne era sempre stata affascinata e,
al tempo stesso, intimidita, proprio come lo era da coloro che risiedevano
all'interno della costruzione. Varcarono l'ampio cancello scuro e
percorsero il vialetto di ciottoli fino alla porta.
“Grazie, K-Kiba. Se non ci fossi stato tu,
non so cosa avrei fatto” arrossì, ma sorrise
timidamente.
“Figurati, Hinata. È stato davvero un piacere”
Si fissarono, imbarazzati, eppure,
nonostante ciò, nessuno dei due riusciva a distogliere gli occhi da quelli
dell'altro.
Entrambi sentivano di non poter abbandonare quel contatto, quasi
temessero che, facendolo, l'altro sarebbe scomparso. Era un rincorrersi di sguardi pieno di
emozioni che si agitavano sotto la superficie, profonde come il mare e intense
come un temporale.
Intanto, intorno a loro la pioggia aveva smesso di cadere e l'arcobaleno
aveva iniziato a fare capolino tra il manto grigio delle nuvole.
Le gocce d'acqua
scivolavano dalle foglie degli alberi, dai petali dei fiori e dai tetti con uno
scintillante tintinnio.
L'aria era frizzante e un po' pungente, ma il profumo dell'erba bagnata
che si librava in tutta l'atmosfera circostante era
piacevole.
Attratto da una forza strana, sconosciuta e potente, quasi fosse
quell'ambiente magico a spingerlo, Kiba si piegò sul viso della ragazza e posò
delicatamente le labbra su quelle della giovane.
Erano calde e dolci, con un vago sentore
di cannella.
Dal
canto suo, la giovane Hyuga non seppe cosa dire ne cosa fare, se non rimanere
lì, immobile.
Le
piaceva, eccome. Riuscì ad ammetterlo, almeno con sé stessa e, incredibile anche per lei,
a ricambiare il bacio, seppur timidamente.
Quel bacio...era così...né Hinata né Kiba
avrebbe saputo come descriverlo. Le faceva girare la testa: sentiva come una
specie di scossa attraversarla tutta, dalla punta dei capelli fino alle dita dei
piedi. Era semplicemente emozionante.
Quando le loro labbra si divisero, erano
entrambi imbarazzati.
“Beh...Io vado, Hinata. Ci sentiamo, se ti va”
“S-si, certo. Chiamami pure q-quando
v-vuoi”
Kiba le
sorrise e le sembro che, in quel sorriso, fosse nascosta la radiosa lucentezza
del sole che ancora si nascondeva. Un ultimo bacio sulla guancia e Kiba si
allontanò, scomparendo alla vista appena varcato il
cancello.
Hinata
rimase ancora un po' lì, imbambolata, mentre un sorrisetto le aleggiava sul
viso.
Non
ricordava ancora chi fosse e che ruolo avesse avuto nella sua vita passata, ma
sentiva una stanza forza attrarla verso di lui.
Sempre sorridendo, varcò la soglia di
casa.
Non si dette
la pena di chiamare qualcuno: già sapeva che la casa sarebbe stata completamente
vuota, se non per la servitù che vi lavorava.
Si diresse verso la sua camera, l'unico
porto sicuro in quella costruzione tanto simili ad un mare pieno di squali
pronti a colpire. E lei si sentiva decisamente come la loro
preda.
Si richiuse
la porta alle spalle e si gettò sul letto, senza preoccuparsi dei vestiti
bagnati. Non sapeva perché, ma quel sorriso appena accennato continuava ad
aleggiarle sulle labbra.
Ne era certa: niente avrebbe potuto cancellarlo.
Si girò verso il comodino, accomodandosi
meglio e afferrando, con una mano, una cornice d'argento.
Se la portò davanti agli occhi, ammirando
la foto contenuta al suo interno. Una donna, incredibilmente bella, con
lunghi capelli scuri che abbracciava una bambina molto simile a lei.
Un filo di malinconia
si fece largo nei suoi occhi.
“Ciao mamma. Come stai? Era tanto che non
mi sentivo così bene. Sai, oggi mi sono persa in un nuovo quartiere e non sapevo
più come tornare a casa. Ma all'improvviso un angelo è venuto a me; mi ha
dato un bacio ed è fuggito via. Però, sono sicura che quell'angelo tornerà
da me”
Ripose la
foto e cominciò a fissare gli intricati disegni del pregiato tessuto
dell'elegante baldacchino.
“Si, sono sicura: quell'angelo tornerà
presto”
Hinata aveva ragione: il suo angelo sarebbe tornato da lei. Kiba e Hinata
si incontrarono ancora: una, due, tre volte. E, proprio grazie a quegli appuntamenti,
si innamorarono. Pazzamente, incredibilmente, perdutamente.
Kiba non era
esattamente il partito che la famiglia di Hinata avrebbe voluto per lei: non era
nobile e non aveva un cognome altisonante.
Era semplicemente un grande lavoratore,
appartenente alla borghesia.
Ma, per la prima volta nella sua vita, Hinata si
era opposta e, alla fine, aveva ottenuto ciò che voleva: forse perché, infondo,
suo padre voleva davvero il suo bene e aveva accettato che solo con Kiba Hinata
avrebbe potuto trovare la felicità.
E si erano
sposati.
Era stata
una cerimonia sontuosa, come avevano voluto gli Hyuga. C'erano stati molti
invitati e il luogo era un trionfo di romanticismo e bellezza.
Alla fine della
cerimonia, entrambi gli sposi erano semplicemente radiosi, quasi il sole si
fosse spostato nei loro sorrisi e nei loro sguardi
reciproci.
Avevano
ballato insieme, come era consuetudine, per aprire le danze. Le mani si erano sfiorate, si erano cercate, avevano
vibrato nell'aria prima di trovarsi, allacciarsi e
stringersi.
I loro visi si erano avvicinati, lentamente, mentre la melodia dei loro
cuori palpitanti riempiva l'aria insieme ai sospiri sommessi e ai battiti
accelerati, escludendo tutto ciò che non era l'altro.
Kiba la sollevò, facendola volteggiare in
aria e Hinata rise, estasiata.
Si erano poi avvicinati, lentamente,
assaporando quella sensazione di attesa, di dolce agonia, prima di congiungere
le labbra in un bacio. Un gioco di labbra, di sospiri accennati, di piccoli morsi golosi del
profumo dell'altro, di lingue che si cercavano.
Un bacio in cui c'era lo stesso
entusiasmo, la stessa felice ebbrezza del primo che si erano scambiati, la
stessa sensazioni di elettricità che vibrava e fendeva l'aria attorno a
loro.
In quel
attimo, mentre si baciavano, il tempo si fermò. Nient'altro importava, se non
loro.
Il resto,
poteva anche aspettare.
The End
Quarta Classificata:
Find di
Bimba_Chic_Aiko
da 0 a 5 per la correttezza grammaticale e
lessicale:3,5/5
Grammaticalmente la storia non presenta troppi errori, ma comunque ti segno
qualche disattenzione, come “stanza” al posto di strana e “sembro” al posto di
sembrò. A parte questi pochi errori, il livello grammaticale è buono, con un
corretto uso dei termini e una buona concordanza fra i verbi. Il tuo stile,
semplice, conciso e piacevole, è sufficientemente adatto, anche se non descrive
appieno le emozioni dei protagonisti. Avrei preferito un maggior approfondimento
sulle loro vicende e un ampliamento della storia.
da 0 a 5 per l'attinenza al modello:
4,5/5
Indubbiamente hai seguito con precisione le indicazioni del modello, che ti
ha aiutato a creare una storia precisa e lineare. Inoltre mi sono piaciuti i
particolari aggiuntivi, ovvero la totale perdita di memoria di Hinata e il fatto
che conoscesse già Kiba, che hanno reso la fic più esaustiva ed intrigante, ma
che soprattutto ti ha permesso di distanziarti dal cartone animato e di rendere
la fic più personale e meno banale. Ti ho tolto mezzo punto perché, nonostante
tu abbia seguito fedelmente il modello, il ritrovamento della casa o della città
doveva essere il fulcro della storia, e tu risolvi questo punto in poche righe,
mentre avresti potuto soffermarti sul viaggio e su ulteriori particolari che lo
contraddistinguevano.
da 0 a 5 per la caratterizzazione personaggi:
5/5
La
caratterizzazione dei personaggi è molto buona, fedele e ben analizzata. Hinata
è timida, impacciata, impaurita, ma alla fine rimane un’inguaribile romantica, e
hai fornito gli elementi che ci permettono di vedere nascere e crescere il suo
tenero amore. Kiba è allegro, logorroico, sempre sorridente, eppure gli doni
anche una buona dose sensibilità che, nel manga originale, riveliamo nel suo
rapporto con Akamaru e con i suoi compagni di squadra, e per questo motivo ho
deciso di non penalizzare.
da 0 a 5 per
l'originalità:3/5
Nonostante i particolari aggiuntivi come la perdita della memoria di
Hinata e i successi lavorativi di Kiba, la storia non è particolarmente
originale: è quasi totalmente assente la tematica del ritorno, che di per sé
sarebbe comunque da approfondire, e la mancanza di ulteriori particolari non
rendono la fic particolarmente esaustiva sul piano dell’originalità.
Totale
Punteggio:16
Vincitrice del premio “And They Lived Happily Ever
After”
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