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Autore: Yuri_e_Momoka    16/10/2009    0 recensioni
Sfiorò i lineamenti di quel viso che mai aveva visto così da vicino, nemmeno durante le lunghe notti trascorse nello stesso letto, senza mia toccarsi, né parlarsi, con inconfessabili pensieri che volteggiavano sopra di loro, mai espressi.
Non poteva farlo soffrire per colpa di alcuni stupidi ricordi. Eppure tenne con sé quell’ultima foto, e la nascose nella giacca, prima di riporre la scatola e ritornare dall’altro…
“E se tu… te ne dovessi andare?”
C’erano tante, troppe cose per cui doveva essere perdonato, ma per nessuna di queste meritava l’assoluzione. Soprattutto per quello…
"Tu hai qualcuno che ami da proteggere, ed è ciò che ti infiamma l’anima e gli occhi, che mobilita ogni tuo gesto, che giustifica ogni tuo respiro."
“L’importante è anche riuscire a vivere fino a quel giorno.”
“Ti…voglio…bene.”
“Non andare.” Ripeté, mentre osservava il proprio sangue entrare nel corpo debole e sempre più pallido di Fay.
“Kurogane…” pregò piano, stava troppo male per gridare, ma sperava che qualcuno lo sentisse ugualmente.
"Non vado proprio da nessuna parte"
Il rapporto tra Kurogane e Fay sembra idilliaco, ma non tutto è semplice come appare. Tutte le complicazioni di una relazione, dalla A alla Z.
[vergognosamente KuroFay]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ff-EC 2 Nell'introduzione abbiamo tralasciato un particolare che però chiunque ci abbia già seguito conoscerà già... i capitoli di Fay sono scritti da Yuri, quelli di Kurogane da Momoka e sono sempre alternati. Questa volta si tratta di una fic di ruolo a tutti gli effetti.




2. BIPOLARE:
“Disturbo classificato nel gruppo dei disturbi dell’umore, in cui le oscillazioni fisiologiche fra la tristezza e la gioia avvengono con durata ed intensità eccessiva, comprendendo due quadri clinici fondamentali: depressione e mania. Questi disturbi possono risolversi in un arco di tempo limitato o alternarsi intermezzati da periodi di relativo o completo benessere.” [¹]
 
“Stupido idiota mingherlino” continuava a ripetere tra sé Kurogane mentre si sistemava su quel piccolo divano scomodo che aveva comprato il suo coinquilino. Lui aveva bisogno di dormire, il giorno dopo lo attendeva il lavoro! Ma ovviamente questo il biondo non poteva capirlo, visto che non faceva niente dalla mattina alla sera.
Kurogane, anche se non voleva darlo a vedere, era frustrato dal suo lavoro che gli portava via tanto tempo ma che sembrava non dargli soddisfazioni, fino ad allora. E, una volta tornato a casa, raramente aveva voglia di sorbirsi tutti quei discorsi straripanti di idiozia ma… insomma era giustificato! Perché l’altro non lo capiva?!
Fissando continuamente uno spicchio di luce che si proiettava sul muro, ripensò a quell’ultimo mese. Ricordava perfettamente il momento in cui aveva capito che avrebbe chiesto a Fay di venire a vivere da lui: si erano sentiti per telefono, l’idiota come sempre cercava di non dare a vedere nulla, ma qualcosa nella sua voce si era incrinato… se lo immaginava, aggrappato alla cornetta sforzandosi di sorridere nonostante non ci fosse nessuno a guardarlo.
“Ohi, cos’è successo?”
“Ma niente kuro-tan! Tutto a posto… solo che… mi hanno licenziato di nuovo.” Aveva pronunciato quelle parole senza respirare, lo sentiva e ora un sospiro gli era sfuggito.
Sapeva che Fay aveva avuto spesso problemi col suo lavoro di promoter a causa della sua stravaganza ed esuberanza. Più volte l’aveva visto all’opera, nel grande centro commerciale del paese, e non aveva dubbi sul perché più volte venisse rimproverato: si fermava a parlare con tutte le vecchiette, non riusciva a vendere nulla, essendo estremamente sincero sui difetti dei prodotti che pubblicizzava, giocava coi bambini. Erano mesi e mesi che vagava da un’agenzia all’altra, senza ottenere niente se non licenziamenti su licenziamenti. Aveva cercato di aiutarlo, di consigliarlo ma a poco serviva: non riusciva a non essere così con la gente, e questo lo irritava.
“E cosa farai adesso?”
La risposta aveva tardato ad arrivare, mentre in sottofondo si sentiva una voce metallica annunciare l’arrivo del treno.
“Dove sei? Rispondi.”
“Sono in stazione, Kuro-rin.” Ma per ritornare a casa l’idiota non aveva bisogno di prendere mezzi di trasporto, abitava vicino al suo posto di lavoro.
Il sorriso si era guastato, lo percepiva. Cosa gli stava tenendo nascosto, quello stupido?
“Arrivo.” Si limitò a rispondere allora e l’altro non fece nulla per fermarlo, perché evidentemente lo voleva anche lui.
Quei ricordi lo irritarono, facendolo alzare dal divano per andare alla ricerca di qualcosa da bere. Sulle mensole trovò del sakè e si mise a gustarlo, seduto sulla sedia della cucina, ammirando la luna piena che illuminava buona parte di quella casa buia e silenziosa. Troppo silenziosa.
Si stupì egli stesso di quel pensiero, perché era sempre stato abituato a vivere da solo e si trovava benissimo. Il suo mondo si limitava alle cose essenziali che gli erano sempre bastate, prima dell’arrivo di quell’idiota nella sua vita. Eppure ora sembrava più difficile del solito ritornare alla sua routine di prima… esattamente come era stato difficile allora non offrire un po’ di protezione allo stupido, un mese prima.
“Allora, mi dici cos’è successo davvero?”
A quella domanda il biondo si avvicinò a lui, nascondendosi nella sua giacca, in un gesto che imbarazzò tantissimo Kurogane
“Ho perso il lavoro e… mi hanno tolto la casa.” Sì, era stato quello il momento, in cui finalmente non aveva più la maschera che si portava dietro da troppo tempo… in cui finalmente mostrava ciò che davvero provava senza nascondersi dietro sorrisi e idiozie. Ma fu una frazione di secondo in cui il silenzio regnò sovrano, prima che il biondo si rendesse conto di ciò che stava mostrando e si preparasse a dire qualcosa di abbastanza stupido.
“Dai, andiamo.”
“E dove, Kuro-wanwan?”
“A casa.”
Quello sguardo così spento da essere quasi irriconoscibile, si era illuminato e lui era tornato il solito scemo. Almeno fino a quel momento.
Una gran rabbia si impossessò di lui e gli fece quasi andare di traverso l’ultimo sorso di sakè. Tutta colpa di quella stupida enciclopedia! La prese e con disprezzo cominciò a guardarla, sfogliandola. Prese il volume della B quasi per caso, e lo aprì:
“Binomio, bioritmo, bipolare, birra…”
Ma una parola aveva catturato la sua attenzione, distogliendolo dalla spiegazione del luppolo e della fermentazione della birra.
“Disturbo classificato nel gruppo dei disturbi dell’umore, in cui le oscillazioni fisiologiche fra la tristezza e la gioia...”
Quella definizione parlava di Fay, non aveva dubbi.
In realtà aveva sospettato delle sue due personalità sin dal primo momento in cui l’aveva conosciuto, ma ora ripensandoci, guardando quel testo, ne aveva avuto la conferma. Un lato di lui usciva raramente e per la prima volta era emerso proprio un mese prima, in quella stazione.
La cosa che Kurogane non si spiegava era il perché si ostinasse a nasconderlo così tanto e soprattutto la domanda che ora gli martellava in testa, sia davanti al sakè, sia rotolandosi sul divano cercando di prendere sonno senza cadere per terra era: qual era il vero Fay?
Ormai erano passate le quattro e mezza, eppure il sonno non sembrava arrivare. Doveva rassegnarsi a restare da solo coi suoi pensieri senza trovare una soluzione a quel dubbio che lo assillava. Perché perdeva tempo e riposo per colpa di quell’imbecille?!
Lo infastidiva la recita che si ostinava a mandare avanti in certi momenti, come se si vergognasse dei suoi stessi pensieri, lo infastidivano i suoi sorrisi e il suo negare i problemi anziché affrontarli, lo infastidiva quel suo infantilismo e la sua eccessiva fragilità, che però sicuramente nascondeva una forza che aspettava solo di uscire.
Lui l’avrebbe aiutato a tirarla fuori, a trovare un equilibrio tra quei suoi due lati. Sì, avrebbe posto fine al suo bipolarismo perché voleva parlare, toccare e conoscere il vero Fay, chiunque egli fosse e l’avrebbe accettato così com’era.
“Ma perché proprio a me doveva capitare uno del genere?!!” si disse, arrabbiato.
Ormai il buio si andava dissolvendo per lasciare spazio al sole e alla luce mattutina. Luce e ombra, felicità e tristezza.
E ora che i raggi entravano dalle imposte, obbligandolo a chiudere gli occhi infastidito, si alzò scocciato per la notte di sonno mancata e deciso a porre fine a quel litigio.








[¹] Enciclopedia La Repubblica
   
 
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