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Autore: mamma Kellina    17/10/2009    17 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 SETTEMBRE   venerdì

 

Il trillare del telefono sul comodino la svegliò. Ancora confusa dal sonno, afferrò la cornetta e rispose con una voce flebile.

- Chiara! –   le urlò Federica dall’altro capo del filo – mi hai fatto preoccupare, non rispondevi neanche a telefono! Ma cosa ti è successo? Sono quasi le nove e sei ancora a casa?

- Scusa, Fede, ma non mi sento bene, oggi non vengo a lavoro - le rispose mentre la pena tornava a serrarle la gola con il ricordo di quanto era successo la sera prima.

- C’è qualcosa che non va? Vengo da te?

- Ma no, no, ho solo un forte mal di  testa. Perdonatemi se oggi resto a casa, non è nulla di grave e tra qualche ora starò già meglio, però non ce la faccio proprio a venire.

Non aveva la forza di raccontare cosa era successo e sperava che la collega credesse ad un semplice malessere  e la lasciasse in pace, almeno per quella mattina.

- Ok, riposati e, mi raccomando, chiama se hai bisogno di qualcosa.

Quando Federica posò il telefono incontrò lo sguardo interrogativo di Rossana.

- Non viene. Ha mal di testa – le spiegò.

- E va bene, però, pure lei! Con tutto il daffare che c’è oggi e con quello lì –  alludeva al capo -  che sta più pazzo del solito! La scema sono io ad aver costretto mia suocera a venire stamattina presto per tenermi Ciro con il febbrone. Se sapevo,  me ne stavo anch’io a casa e chi si è visto si è visto!

- Hai ragione, ma ti assicuro, Chiara sta proprio male in questo periodo.

Subito rabbonita, l’amica commentò:

- Già, me ne sono accorta, non sono cieca  sai,  ed anche se voi due mi tenete fuori dalle vostre confidenze, forse ho capito anche il perché: si è innamorata di qualcuno che non la ricambia.

Federica era in dubbio se rivelare alla collega le cause del malessere di Chiara. In realtà anche Rossana le voleva molto bene e quando voleva, sapeva essere anche riservata.

 - “Inoltre – pensò – potrebbe aiutarmi a tirarla fuori da questa storia perché sono certa che quella lì è il tipo capace di morire davvero per amore: è drammatica di natura”.

Stava quasi per confidarsi quando il capo entrò come una furia e cominciò ad urlare istruzioni sulle cose da fare in giornata.

 

**

 

Chiara era rimasta ancora un po’ a letto rendendosi conto che la sua non era solo una scusa. Aveva davvero un mal di testa feroce. Tra l’altro, un fastidioso pizzicore tra il naso e la gola le preannunciava l’arrivo di un raffreddore con i fiocchi. Decise di prendere due aspirine, ma siccome aveva lo stomaco vuoto, andò in cucina a prepararsi prima una tazza di latte. Mentre lo sorseggiava, sforzandosi anche di mandare giù qualche biscotto con un po’ di miele, guardava fuori dai vetri il cielo plumbeo minacciare ancora una volta il temporale.

L’estate passata sembrava ormai un ricordo lontano e quella prossima era solo una vaga speranza lontana nel tempo. La disperazione di qualche ora prima si era trasformata nella solita, sottile malinconia, perché sapeva che anche se tutto era grigio e cupo, non bisognava perdere la forza di andare avanti.

Si sentiva in colpa per aver lasciato di nuovo le colleghe da sole in un momento tanto delicato, ma aveva fatto bene a non andare a lavorare, era venerdì ed avrebbe avuto tre giorni pieni per starsene chiusa nella sua tana a leccarsi le ferite come un animaletto. Dopo si sarebbe ripresa ed avrebbe ritrovato la forza di affrontare di nuovo il mondo. 

Ora, con la luce del giorno, non le sembrava fosse avvenuto nulla di così grave.  Lei era la stessa della mattina prima solo aveva confessato a Massimo di amarlo. E allora? Che differenza faceva? Non aveva avuto nessuna remora a farlo entrare fisicamente dentro di sé e adesso si vergognava di avergli aperto il suo animo per rivelargli qualcosa che con ogni probabilità già sapeva benissimo? D’altronde avergli finalmente detto ciò che provava per lui era stato di sicuro meglio che tenerselo per sé. Almeno così non avrebbe dovuto  più portarsi lo scrupolo di essere stata lei a rifiutarlo. Certo sarebbe stata dura rivederlo dopo quella scena drammatica  degna delle migliori sceneggiate napoletane a cui si era abbandonata la sera precedente, ma forse ora lui per primo l’avrebbe evitata come la peste perché, e di questo ne era certa, era troppo sincero per dare illusioni sbagliate ad una innamorata delusa.

Forse era venuto il momento di riprendere a volersi un po’ di bene. Fece una bella doccia con un bagno schiuma alle spezie e si cosparse il corpo di crema. Si mise anche una mascherina sugli occhi e se ne stette buona buona per un quarto d’ora rilassata sul divano ad ascoltare il rumore della pioggia, cercando di scacciare ogni pensiero. Avrebbe dovuto anche farsi uno sciampo e mettere il balsamo per rimediare al groviglio di riccioli arruffati che erano diventati i suoi capelli dopo lo stress del fono e della pioggia, ma non arrivava a volersi così tanto bene. Indossò invece un paio di ciabatte comode, un pantaloncino corto blu ed una maglia di filo molto confortevole ma mezzo sformata che le scendeva ora su una spalla ora sull’altra. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per non  impazzire stando a rimuginare i suoi tristi pensieri e così decise di fare lei le pulizie pesanti anche se il lunedì successivo sarebbe venuta Agnieska.

- “Da lei mi farò pulire il terrazzo, forse lunedì sarà tornato il sereno” – si disse.

Uscì fuori  per  verificare i danni provocati dalla pioggia. Il glicine aveva perso ormai tutte le foglie, molti rami delle rose erano spezzati ed i fiori di gelsomino che solo qualche tempo prima avevano fatto sentire con tanta intensità il loro profumo, erano tutti sul pavimento bagnato. Solo un rametto di geranio sembrava aver sfidato la bufera e con il rosa dei suoi fiori bagnati di pioggia, brillava ad un flebile raggio di sole spuntato in quel momento tra le nubi nere.

La ragazza allungò una mano e lo accarezzò con tenerezza.

 

**

Le succursali della loro azienda in Campania erano a Napoli ed a Salerno e per questo i giovani ispettori da un po’ erano costretti a fare la spola tra queste due città senza peraltro incontrare eccessive difficoltà. Con la fine del periodo estivo purtroppo non sarebbe stato più così. Già quella mattina, la pioggia del giorno prima e la riapertura delle scuole avevano causato uno di quei blocchi di traffico che solo a Napoli possono essere così drammatici.

Giacomo, alla guida della sua auto, imprecava di continuo mentre Massimo accanto a lui era molto silenzioso e quasi sembrava non essersi accorto del fatto che da oltre un quarto d’ora  erano fermi in un ingorgo senza riuscire a raggiungere l’ingresso dell’autostrada.

Aveva passato una notte pessima, riuscendo a riposare solo un po’ all’alba ed anche quel poco di sonno era stato molto agitato. Aveva pensato solo a Chiara ed a quanto era successo.  Non vedeva l’ora che venisse la sera perché aveva una gran voglia di prenderla tra le braccia e dirle quanto le voleva un bene. Sperava però di trovarla meno agitata della sera precedente perché quell’esplosione di passionalità così drammatica lo aveva disorientato  mentre invece aveva voglia che il loro rapporto ritornasse sereno e giocoso così come era iniziato.

- Insomma si può sapere cos’hai? – lo interrogò il collega oramai stufo di quel silenzio ingrugnato – Dovresti essere contento, ieri hai fatto pure conquiste!

Lui lo guardò assorto quasi come se quelle parole tardassero a farsi strada tra i suoi pensieri, poi realizzò cosa stava dicendo e si affrettò a spiegargli:

- Ti riferisci a Valeria per caso? Non me ne importa assolutamente nulla di lei.

- Allora perché sei così pensieroso? Per Chiara? Le lanciavi cere occhiate di fuoco ieri sera! Certo era proprio bellina, però  si vedeva che era assai nervosa. Forse … Scusa.

Il cellulare che squillava da qualche secondo lo aveva costretto ad interrompere quanto stava dicendo. Era il loro capo il quale si mostrò molto contrariato dal fatto che fossero ancora indietro con il lavoro su Salerno. Giacomo cercò in ogni modo di rabbonirlo assicurandogli che tutto sarebbe stato concluso per la data prevista e nel frattempo lanciava sguardi di rassegnazione all’amico sedutogli accanto.

Però Massimo non l’ascoltava affatto. Un pensiero l’aveva colpito e lo faceva stare male: se Chiara era già agitata durante la cena, così come aveva notato Giacomo, cosa le era successo dopo il crollo nervoso avuto quando erano rimasti da soli?  Conoscendola, intuiva quanto doveva esserle costata quella resa senza condizioni. Lei, sempre così gelosa di mostrare i propri sentimenti, si era lasciata andare in quel modo solo per dirgli che lo amava.  Anche lui sapeva di amarla e l’aveva lasciata andare proprio per non approfittare di quella temporanea debolezza, ma era stato un vero stupido. Rimandando i chiarimenti a quando sarebbe stata più calma, non aveva capito che era proprio in quel momento che Chiara aveva bisogno di essere consolata e rassicurata. Forse si era sentita respinta e, sensibile com’era, doveva averne sofferto moltissimo. Come aveva potuto essere così fesso da non pensarci?

- Uffa, questo qui è proprio scemo! Forse ci ha preso per Batman e Robin senza capire in quali condizioni ci tocca  lavorare qui! – stava intanto protestando Giacomo  posando il cellulare.

Ma Massimo aveva un’altra urgenza.

- Fammi il piacere, accosta, devo scendere assolutamente - gli disse.

- Sei impazzito per caso? Vuoi andartene? E che ci vado da solo a Salerno? – si lamentò l’altro, stupefatto.

- Ti prego, amico mio, è importante: devo andare da Chiara.

- Da Chiara? Adesso? E come ci arrivi? Non lo vedi che è tutto bloccato?

- Non lo so, ma devo andare da lei, non posso aspettare fino a stasera!

- L’avevo detto io che questa volta eri cotto di brutto! Ma dai, pensaci, – tentò ancora di farlo ragionare – la vedrai stasera e poi domani è sabato e potrai stare tutto il week end con lei.

- No devo andarci subito. Te lo chiedo per favore...

- E va bene, vai. Però se chiama di nuovo Doria  cosa gli dico?

- Digli che stamattina dovevo chiarire una cosa che forse cambierà tutto il mio futuro. È troppo importante per me, il resto non conta nulla.

 

**

 

Purtroppo andare da Chiara  risultò più semplice a dirsi che a farsi. Non gli fu possibile trovare un taxi per raggiungere l’ufficio ed i mezzi pubblici erano tutti fermi nel traffico, vuoti, con le porte aperte e gli autisti con le facce rassegnate.

In condizioni normali Massimo si sarebbe messo ad imprecare contro quella città del cavolo, ma ora non era in condizioni normali. Avviandosi a piedi, continuava a darsi dello stupido per come si era comportato la sera precedente. Troppo preso dal suo orgoglio,  ferito dal comportamento distaccato della donna, non si era reso conto dell’evidenza che aveva colpito persino un estraneo come Giacomo e cioè che Chiara stava soffrendo. Solo adesso, nel ripensarci, gli appariva chiaro come la sua freddezza fosse stata troppo accentuata per essere naturale. E poi era  dimagrita parecchio in poco tempo ed a tavola aveva appena toccato cibo, segno che non stava bene. Aggiungendo a tutto questo il ricordo di quegli occhioni neri traboccanti di lacrime, non poteva fare a meno di sentirsi un verme per aver esitato ancora una volta davanti a tutto quell’amore e a quella dolcezza offertagli senza pretendere nulla in cambio. Mai più, ne era certo, sarebbe stato amato in quel modo!

Fu costretto a ripararsi sotto ad un portone dalla pioggia scrosciante perché non aveva neanche l’ombrello. Nel frattempo pensava a come avrebbe dovuto comportasi nel rivederla. Il suo impulso sarebbe stato quello di prenderla solo tra le braccia e di baciarla, ma  poiché l’avrebbe incontrata sul luogo di lavoro, un simile approccio era naturalmente da scartare. Si sarebbe dovuto mantenere calmo e magari invitarla ad andare a prendere un caffè, cercando comunque di non far trasparire con gli altri la propria emozione.

In mente sua si era preparato nei minimi particolari la scena e così, quando finalmente - ed erano già le undici -  riuscì ad entrare nella stanza delle ragazze, era piuttosto calmo.

C’era soltanto Rossana che scriveva al computer. Deluso, guardò la scrivania vuota del suo amore.

- Ciao Rossana, dov’è Chiara? – le chiese di getto, dimenticandosi che si era ripromesso di essere prudente.

La giovane donna lo guardò e fu come se la classica lampadina le si fosse accesa nella testa.

- “Allora è lui! – pensò divertita – Però! La colombella questa volta ha volato alto, si capisce che ne è uscita malconcia!”

Intanto, mentre rifletteva su questo, l’espressione addolorata ed ansiosa di quel bel viso le fecero capire di avere di fronte un uomo innamorato. Stava per rispondergli, quando dalla porta entrarono Federica e Raimondi. Quest’ultimo appena vide Massimo pensò che fosse stato mandato da Doria e l’aggredì quasi.

- Corona, guardi che l’ho già detto al suo capo stamattina: è inutile che mi stiate addosso, io sto facendo del mio meglio. Cosa ci posso fare io se ho questo staff? - si lamentò - Uno che non ha pronti i dati, una che si è fatta soffiare la sala e quest’altra qui che si fa venire il mal di testa proprio il giorno in cui doveva rientrare dalle ferie – aggiunse indicando con rabbia la scrivania vuota di Chiara.

- Ma lei saprà cavarsela lo stesso – gli rispose  l’ispettore con un sorrisetto gelido – D’altra parte le strategie delle grandi battaglie le preparano sempre i generali, non certo i soldati. Sono sicuro che lei da bravo capo qual è saprà infondere ai suoi soldati la calma necessaria per ottenere la vittoria. Non è così?

Aveva usato quei termini pomposi per metterlo volutamente in ridicolo e l’altro, un po’ interdetto e senza sapere cosa rispondere, si limitò a rivolgersi a Rossana.

 - Vieni dentro, devo dettarti una lettera – le ordinò e si allontanò senza neanche salutare.

- Ti darei un bacio, lo giuro – gli sussurrò quest’ultima mentre, armata di notes e penna, si affrettava a seguire il principale.

Rimasti soli, Massimo guardò Federica.

- Che cos’ha? Perché non è venuta a lavoro? – le chiese implorandola con gli occhi.

- Questo dovresti saperlo più tu che io – gli rispose l’altra, piuttosto gelida - Già ieri stava male ma quando l’ho sentita poco fa stava davvero uno straccio. Perciò sono io a chiederlo a te: si può sapere che accidenti le hai fatto?

- Dovrei dirti piuttosto cosa non le ho fatto, ma adesso devo correre da lei – concluse  in fretta, poi aggiunse  - Fammi un piacere, Fede, telefona a Sara Cori e fammi mettere in ferie per oggi. Grazie, io scappo.

Dopo un poco Rossana ritornò in ufficio e guardando la collega commentò:

- Che fine ha fatto Massimo? È andato da Chiara forse? E pensare che mi sono fatta tutte le ferie con lo scrupolo di averla lasciata da sola alle prese con l’ispettore quella mattina del 14 agosto ed invece … meno male che me ne sono andata prima.

- Credi? – le chiese l’amica perplessa ma anche sollevata perché, a quanto pareva, aveva capito tutto senza bisogno di indiscrezioni da parte sua.

- Stammi a sentire, quello ha tutto l’aria di esserne innamorato. Beata lei! Ma forse tutto sommato non la invidio: sai che fatica si fa a tenersi uno così, specialmente per una come Chiara così poco sicura di sé - continuò Rossana.

- Che faccio, la chiamo e glielo dico che sta andando da lei?  - le chiese l’altra, contenta di non dover decidere tutto da sola.

- Scherzi?  La conosci bene la nostra Chiaretta. È capace di mettere su una delle sue strategie difensive e di mandarlo in bianco, quel povero ragazzo. Facciamoci i fatti nostri e lasciamoli a sbrigarsela da soli.

Aveva ragione. Federica pensò di aver fatto male a non fidarsi di Rossana perché era una donna intelligente e molto più profonda di quanto non sembrasse.

 

**

 

Anche arrivare a casa di Chiara fu un’impresa non da poco. Un corteo di disoccupati aveva finito di bloccare del tutto il traffico già in tilt dalla mattina e per giunta la metropolitana era guasta.

Per fortuna una giovane vigilessa, a cui peraltro Massimo apparve come una visione di sogno in quella mattinata di merda, fu molto gentile e gli spiegò come doveva fare per raggiungere a piedi la funicolare che lo avrebbe portato al quartiere dove abitava la ragazza.

Quando ci arrivò erano quasi le dodici e trenta, ma dopo l’inferno attraversato, la tranquilla strada residenziale gli sembrò come un‘oasi di pace. C’era una scuola elementare da cui erano appena usciti due bambini che entrarono nel palazzo di lei. Ne approfittò per entrare dietro di loro senza annunciare la sua visita.

Al suono del campanello Chiara sospese spazzare il parquet. Doveva essere la signora Teresa che forse aveva udito il rumore e desiderava controllare. Era una bella scocciatura, ma d’altra parte la vicina si era presa molte premure per lei  quando la primavera precedente si era beccata l’influenza.  Non era proprio il caso di non aprirle. Ad ogni buon conto decise di non posare la scopa e di non togliersi nemmeno i guanti di gomma per dimostrarle di essere indaffarata a fare le pulizie di casa e non avere quindi tempo per le chiacchiere.

Aprì l’uscio con disinvoltura e per poco non le prese un infarto quando vide Massimo con la giacca su di una spalla, i capelli bagnati ed un’espressione indecifrabile sul viso. Non riuscì né a parlare né a spostarsi per lasciarlo entrare, tanto che lui le chiese:

 - Mi fai entrare o restiamo così sulla porta?

Senza fiatare si fece da parte, lo fece entrare e richiuse l’uscio alle sue spalle, appoggiandosi alla porta come se stesse per cadere. Alla fine trovò la forza di sussurrare:

 - Che ci fai qui?

- Una prova, sto facendo una prova. – le rispose molto seriamente ed al suo sguardo interrogativo, proseguì - Ho affrontato il traffico, la metropolitana rotta, un corteo di disoccupati. Sono stanco, affamato, bagnato e nervoso. E poi Doria sta come un pazzo per non parlare del tuo capo il quale sembra addirittura una belva. In quanto a te - soggiunse guardandola dalla testa ai piedi, compresa la scopa che si era dimenticata di posare – non mi pare tu sia al top del fascino muliebre …

- E allora? – chiese la ragazza con un filo di voce.

- Se ti amo così tanto dopo tutto questo, vuol dire che ti amerò per sempre - concluse lui con un sorriso che gli illuminò il viso fino a quel momento serissimo.

- Ma tu … ma io … ma ieri sera … - riuscì soltanto a balbettare Chiara tremando dall’emozione.

Nell’ingresso c’era una bassa consolle sulla quale la ragazza teneva sempre una composizione di fiori secchi che però quel giorno non c’era perché la stava spolverando in cucina. Massimo le prese la scopa dalle mani e l’appoggiò delicatamente al muro dopodiché prese Chiara, la sollevò tra le braccia come una bambina e la mise a sedere sul mobile senza che lei muovesse un solo muscolo per impedirlo. Le divaricò le gambe e le si fece vicino con il busto, impedendole così di cadere.  Ora il viso di lei era più in alto per cui dovette alzare gli occhi per guardarla.

- Ieri sono stato un cretino. Che vuoi farci, io sembro perspicace ed intelligente ma in realtà sono assai tonto. E poi non  sopporto le lacrime, la sofferenza e gli amori tragici, per non parlare delle passioni sconvolgenti che mi fanno addirittura scappare! Ma in fondo che motivo abbiamo noi due per essere infelici? Tu hai detto di amarmi nonostante tutti i miei difetti ed io mi sono accorto di amarti da morire. Anzi… – aggiunse con un sorriso simpatico ed alzando le sopracciglia – quale morire!? Sono sicuro di amarti tanto da poter  vivere con te una vita intera ed essere sempre felice come lo sono oggi!

- Sei sicuro? Ma come, così all’improvviso? - obiettò la ragazza con un filo di voce mentre gli teneva gli avambracci sulle spalle, senza poterlo toccare a causa dei guanti di gomma.

- Improvviso? Oggi fa un mese che ci siamo incontrati. Non te lo ricordi più?

- Certo che me lo ricordo!

Gli aveva rivolto uno sguardo così carico d’amore che l’uomo non riuscì a trattenersi e le baciò le labbra più e più volte, intercalando i baci alle parole:

- Cosa … volevi …  allora … che … una testa … di cavolo … come me … ci mettesse meno di un mese … a capire … che la sua vita … era cambiata … a causa di … una streghetta …?

A questo punto Chiara non si trattenne  più e serrandogli la testa con l’avambraccio, lo costrinse ad incollare la bocca alla sua in un bacio profondo a cui si abbandonò con tutta l’anima.

Massimo si infiammò subito e prendendola di nuovo in braccio, la portò di peso nella stanza dove la buttò di traverso sul letto ancora disfatto.

Si tolse i vestiti gettandoli sul pavimento e lo fece così in fretta che nel frattempo la ragazza era appena riuscita a togliersi quei maledetti guanti di gomma e la maglietta. Allora l’aiutò a togliersi il reggiseno, poi la fece stendere e con le mani impazienti le slacciò il pantaloncino sfilandoglielo insieme agli slip per fare più in fretta mentre lei sollevava il bacino per agevolarlo. Quando fu spogliata,  si distese accanto a lei, prendendola tra le braccia, ma se ne stette immobile, il bel viso stravolto dal desiderio a poca distanza dalla sua faccia. Con una mano le teneva il mento e la guardava con gli occhi diventati di un azzurro cupo per le emozioni che gli attraversavano l’anima.

Aveva sempre pensato che l’espressione “possedere una donna” fosse esagerata. Come si fa possedere un altro essere? Eppure in quel momento, lo sguardo innamorato perso in quello di Chiara, i loro respiri che si confondevano,  ebbe la certezza che sì, lei era sua come nessun’altra prima, lui stesso le apparteneva ed insieme erano una sola cosa in un meraviglioso completamento reciproco. Avrebbe voluto fermare quell’istante, ma la bella bocca così vicina alla sua lo attirava come un frutto goloso. La baciò e nel farlo si abbandonò con foga alla passione perché una tale frenesia aveva bisogno di sfogarsi altrimenti lo avrebbe fatto impazzire.

La ragazza intuì che quella volta non  ce l’avrebbe fatta a stare dietro al suo impeto. Era travolto dall’ardore, era una forza della natura, come la pioggia che adesso picchiava violenta sui vetri. Ma non le importava. Lei, come la terra inaridita da tanta siccità, se ne sentiva vivificata mentre lo stringeva forte e gli accarezzava con tenerezza la schiena e le spalle. Anche se in futuro sarebbe stata con lui tantissime altre volte ed avrebbe avuto un godimento mille volte più grande, mai  più avrebbe provato una gioia simile perché in quel momento Massimo la stava  amando davvero, non solo nel corpo ma anche nell’anima.

Quando si placò, non lo lasciò andare ma se lo tenne stretto,  carezzandogli la nuca mentre se ne restava con la guancia contro la sua morbida di barba. Quando infine lui sollevò il viso a guardarla, Chiara notò che i suoi occhi, dopo l’appagamento dell’amore, avevano ripreso  la  limpidezza di un mare cristallino.

- Perdonami, – le sussurrò – mi sono comportato come un selvaggio, ma non ce l’ho fatta a trattenermi di più, ti desideravo troppo!

La ragazza provò un brivido d’amore e scostandogli  i capelli dal viso un po’ sudato, gli mormorò:

- È stato bellissimo, tesoro mio, è stato meraviglioso.

Un sorrisetto divertito gli  increspò le labbra per poi illuminargli il viso mentre assumeva quella sua espressione malandrina così seducente.

 - Bene!  Se mi hai trovato meraviglioso anche quando le mie capacità amatorie sono state così scarse vuol dire che abbiamo superato un’altra prova! – le disse ridendo.

-  Ma che dici, non ti capisco. Cosa sono queste “prove” di cui stai parlando da quando sei venuto? – gli chiese.

- Come, non ti ricordi di quella volta a Sorrento? Le prospettive che avrebbero fatto scappare persino Romeo? Ebbene, come vedi siamo qui, nonostante oggi sia andato tutto storto. Però adesso –  s’interruppe  per darle un bacio tenerissimo – voglio sottoporti ad un’altra prova. Lo so che ti piacerebbe che restassi a farti tante coccole, ma io adesso mi alzerò ed andrò a fumare una sigaretta sul terrazzo. Sto morendo dalla voglia!

Si alzò a sedere  sul letto e, raccattando i suoi indumenti  dal pavimento, cominciò a rivestirsi.

Chiara si mise in ginocchio dietro di lui, lo cinse con entrambe le braccia e gli riempì di baci il collo e le spalle.

- La puoi fumare anche qui la tua sigaretta, scemo! – gli disse piena d’allegria.

- Nooooo in camera da letto!  - le fece voltandosi a guardarla e  fingendosi scandalizzato – E  poi  qualche piccola prova dobbiamo pur lasciarla per il futuro o le vogliamo fare tutte oggi?

Le lanciò un bacetto con la punta delle dita e se ne andò fuori.

 

**

 

Chiara rimase ancora un po’ a crogiolarsi nel letto disfatto, poi andò in bagno a lavarsi. Indossò una vestaglietta azzurra e si ravvivò i capelli. Pensò di truccarsi un po’, ma poi decise che se Massimo l’amava, doveva amarla così al naturale, anche se era brutta.

Ed invece non era brutta affatto. Il colore della vestaglia le ravvivava il colorito e gli occhi le brillavano come un cielo di notte perché la felicità li accendeva del bagliore delle stelle.

Raggiunse il suo uomo sul terrazzo.

Aveva smesso di povere e c’era un profumo molto intenso di terra bagnata mentre il cielo grigio si rispecchiava nel mare minaccioso.

Massimo era appoggiato alla ringhiera e guardava il panorama. Stava ancora fumando.

- “Deve essere già la seconda sigaretta. Dovrebbe proprio toglierselo questo brutto vizio!” – pensò Chiara.

Però si pentì subito di aver avuto quel pensiero: doveva  cercare di controllare le proprie manie e paure,  provare ad essere più tollerante e comprensiva, meno rigida, usare tutta la sua volontà per evitare che quell’uomo meraviglioso si stancasse del loro rapporto. Però, se nonostante tutti i suoi sforzi alla fine sarebbe accaduto … pazienza, almeno avrebbe vissuto di sicuro con lui il più bel periodo di felicità che la vita poteva mai riservarle.

Trepidante, si avvicinò, lo prese sottobraccio e gli appoggiò il capo sulla spalla.

Lui si voltò a guardarla e le sorrise, beandosi della felicità che le leggeva negli occhi.

Le disse:

- Stavo pensando: chissà se la  tua amica Roberta ti venderebbe tutto l’appartamento.

- E che me ne faccio, sono 140 mq, non credi che sarebbero un po’ troppi per me sola?

- Veramente stavo pensando anche che potrei venire a vivere qui con te e  lasciare quell’albergo così squallido. Che ne dici, mi sopporteresti?

Chiara si sentì invadere dalla  gioia.

 - Ma certo! – esclamò - Questa parte della casa è piccolina, però ci staremo lo stesso benissimo in due. Anzi, te lo prometto, ti lascerò anche fumare in casa. E pazienza se dovrò sopportare il fumo passivo per qualche mese! - scherzò.

Massimo la fissò dritto negli occhi.

- E se  non si trattasse solo di qualche mese? – le chiese molto serio.

All’espressione stupita di lei, provò a spiegarle.

-  L’avvocato Doria mi aveva promesso di lasciarmi scegliere la mia sede definitiva. Di sicuro mi accontenterebbe se gli chiedessi di venire qui.  Oppure potrei accettare l’offerta di Dario ed andare a lavorare con lui.  Insomma, in  un  modo o nell’altro potrei venire a stare a Napoli. A questo punto, considerato che ho qualche risparmio da parte, potremmo provare a comprare tutta la  casa. Forse dovremmo chiedere un mutuo – aggiunse quasi con timidezza - Certo se fossimo sposati potremmo averlo più facilmente.

- No, no! – si affrettò a dire lei.

- No al mutuo o no al matrimonio? – le chiese, fingendosi perplesso.

Ma Chiara era troppo agitata per afferrare il tono scherzoso con cui le aveva chiesto una risposta.

- Non è questo – protestò - Come fai a parlare già di matrimonio? È una cosa così definitiva e tu detesti le cose definitive, me lo hai ripetuto tante volte – poi abbassando il viso per non guardarlo negli occhi, aggiunse – Io non voglio chiederti tanto, non ce n’è bisogno. Ci ameremo  e basta.

 -  È vero, lo dicevo   – ammise lui –  ma adesso è tutto cambiato e solo l’idea di perderti mi fa stare male. Se anche tu mi ami e pensi di riuscire a fidarti di un testone come me, matrimonio o  no, credo che riuscirò a farti felice e ad esserlo anch’io.  Che dici, ci proviamo a restare insieme per tutta la vita?

Non ebbe bisogno di aspettare una risposta, la ricevette  dagli occhi di lei pieni di lacrime che lo guardavano con un amore immenso.

Fu sicuro di stare facendo la scelta giusta. Quella donna così fragile, dolce ed appassionata sarebbe stata una meravigliosa compagna, il terreno fertile dove piantare le sue radici e fare crescere i suoi frutti.

 – E poi la casa più grande ci serve, altrimenti dove li mettiamo i nostri futuri tre o quattro marmocchi? – mormorò. Mentre con una mano le teneva il viso  e con l’altra s’insinuava sotto la vestaglia a carezzarle il tepore della pelle nuda, le sussurrò ancora, con la bocca sulla sua:

 - Anzi, sai cosa ti dico? Andiamo subito a farne uno!

- Ma dai, stupidone, lo sai che non è ancora possibile! – rise la ragazza che però mentre lo diceva si stringeva a lui  piena di desiderio.

-  E va bene, che importa! Per il momento … facciamo un po’ di esercizio …

 

 

 

 

FINE








Eccoci giunte al lieto fine! Era immancabile, questo penso lo sapevate già, ma ho cercato di renderlo il più possibile  coerente con il carattere dei nostri due protagonisti e con il percorso interiore che hanno compiuto in questo mese. In fondo però,  anche se non potevo lasciare soffrire ancora questi due poveretti a cui oramai voglio bene come se fossero due persone reali, anch’io sono molto dispiaciuta perché  con la conclusione cesseranno questi nostri appuntamenti serali che mi hanno dato la carica per oltre un mese.

A questo proposito voglio ringraziare con tutto il cuore Arte, Vale, Cricri, Pirilla,  Xsemprenoi, Faith, SweetCherry,Araba che mi hanno sostenuta ed incoraggiato con la costanza delle loro recensioni. Per me è stata un’esperienza bellissima ed esaltante aprire ogni sera la pagina e sapere che ancora una volta le cose che avevo inventato erano riuscite a dare un’emozione a qualcuno. È questo quello che conta davvero per chi scrive per diletto: sapere di essere arrivata al cuore dei propri lettori, averli commossi e fatti divertire. Se ci sono riuscita è anche grazie a voi ed alla vostra partecipazione, resa concreta dalle numerose recensioni che mi hanno consentito di verificare il gradimento della mia storia.

Ringrazio ugualmente tutte coloro che l’hanno messa tra le seguite e le preferite e chi la sta leggendo. Oso sperare che qualcuna di loro, anche adesso che la vicenda di Massimo e Chiara si è conclusa, provi il desiderio di dirmi cosa ne pensa, nel bene e nel male, naturalmente .

Visto che questa è stata l’ultima possibilità che ho avuto di parlare con voi, per eventuali approfondimenti mi potrete trovare sul forum dove sono presente come KELLINA@  nella sezione “Presentazione autori”.

Grazie ancora a tutte e… tenetemi d’occhio perché tornerò presto. Altro giro, altra storia!


   
 
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