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Autore: Berker    19/10/2009    0 recensioni
7.002.000d.C una cifra con talmente tanti zeri che chi ci vive ha ricominciato a contare gli anni da capo da molto tempo, non siamo esattamente ad un domani particolarmente prossimo, ma qualcosa non è come dovrebbe essere. Esseri del passato fanno capolino in un mondo che non li prevede dettandone prepotentemente le regole, e la presuntuosa razza umana non è che una pedina in un grande mondo selvaggio che la ha travolta ormai da tempo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo IV

7^ ERA    2000° CICLO  20/05   00:00 AM
NOTHING LAND

Ed ora era appeso ad un muro, ad un metro da terra, sanguinante e con il cranio premuto contro i mattoni.
Il bestione aveva un anello all’indice; più gli stringeva la testa più gli entrava nella carne facendogli provare un dolore insopportabile, mentre il pollice gli teneva bloccata la mascella.
Tentò di dimenarsi, ma appena iniziò a muoversi l’altro fece scattare il braccio sinistro afferrandogli il polso destro e premendolo contro la sua schiena.
Ora era veramente bloccato.
«Siete furbi voi yeti…» mugugnò con una punta di sarcasmo nella voce.
«Lo siamo» rispose seccamente lo scimminone premendolo contro la parete.
Gli yeti erano in assoluto l’evoluzione fisicamente più forte dell’homo sapiens; dall’spetto di grosse scimmie antropomorfe, alti spesso più di due metri, con gambe corte e tozze, occhi piccoli e a mandorla, naso schiacciato, bocca larga, muso prominente e coperti da una folta peluria biancastra più rada sul viso, mani e piedi.
Si pensava si fossero evoluti durante l’ultima glaciazione da alcune popolazioni umane poste nelle zone nell’estremo nord del globo.
Per questo si erano dispersi esclusivamente nelle zone dove il clima glielo permetteva, limitandosi a rimanere nelle zone di clima temperato o freddo nonostante i loro nuclei principali continuassero a essere situati ai due poli, zone dove dominavano incontrastati vista la loro predisposizione fisica.
Il secondo gigante raggiunse il compare; nonostante l’aspetto primitivo i due erano vestiti molto meglio di lui, quello che lo teneva fermo era in giacca e cravatta con scarpe eleganti in pelle nera; mentre l’altro portava un paio di costosi pantaloni grigi a righe, una camicia bianca coperta da un gilet tinto dello stesso motivo, in testa una bombetta.
Si sentì premere ancora di più contro il muro, il viso gli fu premuto contro i mattoni oscurandogli in gran parte la vista.
«Allora Zark come va la vita?» il bestione sogghignò freddamente
«Potrebbe andare meglio…ad esempio potresti lasciarmi andare…» rispose il rettile senza abbandonare il suo sarcasmo, sarcasmo che evidentemente non piacque all’energumeno che aumentò la forza della sua presa facendo scricchiolare le ossa del rettile.
«L’ultima volta te la sei cavata, ma non la si fa due volte agli yeti. L’Onesto si è stufato di aspettare»
Riusciva ormai a seguire i movimenti dei due solo con la coda dell’occhio di destra mentre l’altro era schiacciato contro il muro del vicolo.
«Cercate di capire ragazzi…Gli affari vanno male, dite all’Onesto che avrà i suoi soldi presto!»
Sentì il fiato caldo del bestione soffiargli sulla nuca «Nessuna scusa, se l’Onesto è stufo l’Onesto è stufo. Non si discute. Ti è stato dato fin troppo tempo»
Zark deglutì, la situazione era davvero critica, era necessario un diversivo o i due gli avrebbero fatto la pelle.
«Dovevi darci il denaro un paio di giorni fa, sei in scadenza da parecchio e come ben saprai i prestiti vanno resi…gli interessi si sentono…l’Onesto ha in mente un destino molto particolare per te»
Se soltanto quel tizio non gli avesse bloccato la mandibola gli avrebbe già assestato un bel morso, e il dolore e le ferite che il morso di un varanide poteva causare erano ben conosciuti, probabilmente lo yeti lo aveva bloccato in quella scomoda posizione apposta.
Il fiato caldo sulla sua nuca venne a mancare per un attimo, immaginò che si fosse girato mentre parlava al compare «Torna al furgone e prendi l’attrezzatura per impacchettare il nostro amico…»
Zark ebbe un brivido, non tanto per le parole dello yeti quanto perché sentiva chiaramente qualcosa aggrappato alla sua gamba, qualcosa che aveva iniziato a leccargli il sangue dalla mano bloccata lungo il fianco dalla posizione in cui il rettile era stato immobilizzato.
Pochi istanti dopo si sentì mordicchiare le dita, i morsi erano assestati con decisione, se non fosse stato per le squame tale trattamento sarebbe stato anche piuttosto doloroso.
Alcuni rumori confusi iniziarono a risuonare nel vicolo mescolandosi ai suoni della città, pigolii simili al verso di un uccello ma più disarmonici e stridenti; quasi gracchianti.
Poi udì un lungo sibilo, un sommesso ringhio dello yeti con la bombetta e il rumore di qualcosa che veniva sfracellato.
Non riusciva a vedere quasi nulla, solo movimenti indefiniti dietro di lui, sembrava che il compare del bestione che lo teneva fermo avesse qualche problema, e quel problema lo agitasse parecchio.
Probabilmente per lo stesso motivo la presa su di lui andava poco per volta allentandosi.
Forse il diversivo era arrivato da solo.
La cosa che prima mordicchiava le sue dita ora aveva azzannato con forza la sua falange strattonandola con forza e strappandogli un gemito.
«Ammazzalo! Guarda! Guarda li! Cen’è un altro li!» esclamò quello che lo bloccava «Ma quanti sono?!  Di solito queste dannate bestie se ne stanno nelle fogne!» un ruggito «Questo mi sta mordendo la gamba! Levamelo! Levamelo!» la presa sul suo braccio venne improvvisamente a mancare; istantaneamente portò la sua mano libera verso la bestiola che gli masticava l’altra colpendola.
Purtroppo per lui nel frattempo altre due gli erano salite goffamente sui pantaloni.
«Sono troppi! Sono troppi!» rumori di bidoni spostati, uno schiocco sordo e poi un altro ancora, l’inconfondibile rumore generato dalle armi al plasma più datate.
Ormai i pigolii avevano generato un unico suono assordante; un altro ruggito prima che il bestione levasse anche la seconda mano lasciando cadere il varanide a peso morto.
Cadde a terra, la sua vista era annebbiata per la perdita di sangue e i colpi subiti; a malapena riusciva a delineare le decine di minute sagome che saltavano e correvano attorno a lui.
Non fece tempo a toccare il suolo che quelle bestie gli saltarono addosso in massa, azzannando qualsiasi parte del suo corpo che riportasse qualche genere di ferita.
Quando nella foga dell’attacco gli strapparono via uno dei guanti realizzò che se non voleva finire divorato gli conveniva alzarsi alla svelta.
Raccolse le sue ultime energie e si spinse in piedi scrollandosi di dosso quelle creature che aveva ormai identificato come un nutrito branco di Copy.
I due yeti erano assaltati in massa dai piccoli dinosauri, quello con la bombetta sparava a caso nella nube di sagome verdastre con una grossa pistola al plasma calpestando e lanciando via tutti i copy che si avvicinavano troppo; quello in giacca e cravatta ne aveva un paio aggrappati al muso e si dimenava imprecando, probabilmente era ciò che lo aveva indotto a lasciare la presa su di lui.
Le due gigantesche mani del secondo scattarono afferrandoli entrambi e strappandoli via con vigore.
A tenaglia si strinsero sui corpicini delle bestiole fino a che non emisero un rumore di ossa spezzate, poi li scagliò lontano con il muso completamente invaso dal sangue e uno squarcio aperto sulla parte destra della faccia.
L’unico, vitreo occhio aperto del bestione incrociò il suo sguardo; passo qualche breve istante prima che l’energumeno avesse un fremito e le sue fauci si spalancassero in un secco «Sta scappando! Prendilo!»
Il giovane sgranò gli occhi realizzando cosa stava per accadere, deglutì e balzò in piedi.
Ci mise troppo tempo, il tizio con la bombetta gi era già praticamente addosso.
Balzò verso di lui caricandolo e spalancando le braccia per afferrarlo, il rettile fece appena in tempo a fare un passo indietro per schivare la presa, ma il bestione fu pronto per compiere una manovra d’emergenza, tese una delle braccia, colpendolo in pieno con il dorso della mano.
Fu scagliato verso un gruppo di bidoni della spazzatura posti ad un paio di metri di distanza che gli caddero addosso con fragore inondandolo di immondizia e lasciandolo stordito disteso al suolo.
Quando riuscì a trovare la forza di rimettersi seduto notò che il tizio che l’aveva appena colpito era stato attaccato alle spalle da un nugolo di copy ed ora era occupato a staccarseli dalla schiena, girando a scatti su se stesso.
Entrambi gli energumeni erano in una pessima situazione, abbastanza cattiva da tenerli occupati per un po’.
Il rettile era ormai completamente dolorante, stordito e aveva perso abbastanza sangue da poterci riempire uno dei bidoni del vicolo.
Neanche la sua situazione era troppo rosea ma almeno ora aveva una possibilità di salvarsi la pelle.
Mentre i minuti dinosauri convogliavano l’attacco sugli scimmioni il rettile ebbe il tempo per riprendersi dal colpo subito, stringere i denti e alzarsi in piedi per la seconda volta.
Scostò i bidoni, si levò una buccia di banana dalla testa e si voltò di colpo correndo via.
Si lasciò gli yeti intenti nel combattimento alle spalle, alcuni proiettili di plasma gli fischiarono vicino alla testa prima che riuscisse a uscire dal vicolo, voltare l’angolo e ricominciare a correre all’impazzata lungo la strada.
Continuò a scattare, continuò ignorando i segnali del suo corpo, il dolore, la stanchezza, il sangue che gli pulsava nella testa e i polmoni lacerati dallo sforzo, continuò fino a quando il pigolare dei copy e il suono di spari e ruggiti non venne coperto dalla cacofonia di rumori della metropoli.
Passarono minuti che gli sembrarono secoli prima che riuscisse a trovare la sicurezza di fermarsi.
Quando accadde gli sembrò che il mondo gli fosse crollato addosso.
Appena l’adrenalina venne a mancare il dolore e la spossatezza lo attanagliarono di colpo, con violenza tanto inaspettata d farlo vacillare.
Per un istante si sbilanciò in avanti, fu sul punto di cadere ma riuscì a ritrovare l’equilibrio all’ultimo momento, continuando barcollante e malfermo a camminare.
Nonostante la temperatura e nonostante una delle mani fosse scoperta dal guanto, portato via da uno dei copy, gli sembrava che entrambe stessero andando a fuoco; le sentiva a malapena, erano intorpidite, formicolanti e coperte di sangue incrostato e rossastro.
Aveva un occhio nero e un rivolo di sangue gli colava lungo la guancia da un taglio aperto all’altezza della tempia.
A questi si aggiungevano numerosi altri dolori sparsi per il corpo di cui ignorava l’origine, da squarci ad ematomi. Non riusciva e non voleva fare mente locale su quello che gli era appena accaduto.
Lasciò che lentamente i suoi pensieri venissero coperti dai suoni delle strade di Sibrisk.
Sibrisk era una metropoli libera, o meglio apparteneva ad una zona che era considerata terra di nessuno, una enorme striscia di terra che divideva i confini dell’impero di Dracon con quelli dell’impero Raptor correndo dal Mare di Ghiaccio ai confini più ad Est del Deserto Akdeniz.
Sibrisk, in particolare, si trovava nella zona continentale di Nothing Land; dal clima piuttosto rigido e poco ospitale.
Nothing Land non era semplicemente un campo di battaglia, ma anche uno dei luoghi che costituivano il rifugio della maggior parte della popolazione malavitosa del pianeta.
Una giungla governata dalla legge del più forte, in cui la criminalità toccava livelli impressionanti e le forze dell’ordine erano corrotte e inefficienti.
Tutti gli imperi che non riservavano la morte ai loro criminali avevano l’abitudine di esiliarli, così da disfarsene senza doversi occupare di creare strutture per la reclusione o dover organizzare opere di riabilitazione.
Il mondo esterno alle grandi metropoli degli imperi era molto peggiore di qualsiasi prigione e i sistemi di controllo genetico, organizzati in complessi database e che monitoravano ogni movimento della popolazione, impedivano ogni rientro illecito in patria.
La striscia di Nothing Land, così come i territori delle civiltà minori, era un florido luogo in cui le città autonome nascevano in continuazione oltre che una casa per tutte le razze private della propria terra, esattamente come i varanidi.
Un luogo del genere era perennemente alla mercé degli imperi che a seconda della necessità si impossessavano dei luoghi che desideravano per estrarne le materie prime o ottenere punti strategici utilizzandoli per poi abbandonarli quando diventavano inutili o all’arrivo del primo attacco nemico.
Le precarie difese che si potevano alzare nei territori di Nothing Land nella maggior parte dei casi finivano per durare ben poco.
Le incursioni raptor erano piuttosto frequenti, così come quelle di draconiani e dei loro alleati elfi. Tuttavia i secondi erano decisamente meno violenti e parassitari dei primi, spesso al loro passaggio ripulivano le città dalla malavita per renderle più vivibili e sicure anche per se stessi mentre i primi tendevano invece a peggiore le cose.
Per questo ormai la popolazione aveva iniziato ad organizzarsi per fagli fronte.
L’Onesto, dal canto suo, era il più infame e subdolo individuo in circolazione, nessuno l’aveva mai visto ma aveva il controllo su tutta Nothing Land.
Un controllo indiretto ovviamente, basato sulla criminalità organizzata, un capillare sistema di spionaggio e monitoraggio.
Tutti i governi delle città libere lo lasciavano fare, i suoi commerci portavano soldi alle metropoli e spesso si occupava di regolare la polizia.
Aveva moltissimi scagnozzi in giro per la striscia di terra, ma le sue forze armate erano soprattutto yeti; perché grossi, non troppo scaltri e piuttosto manovrabili.
Non gli servivano uomini intelligenti, lui regolava ogni loro manovra e l’intelligenza porta le persone a porsi domande, le domande portano all’insubordinazione e l’Onesto era noto per non fare mai nulla a caso.
I soprusi da parte dei suoi erano cosa di tutti i giorni e quando arrivava il momento di riscuotere prestiti fatti dalle sue banche o provenienti da attività molto meno limpide loro non esitavano a farsi avanti.
Chi non pagava moriva o peggio, scompariva.
A Nothing Land eri un niente nel niente, nessuno si chiedeva dove fossi finito e anche nel caso in cui la mancanza di qualcuno venisse notata la risposta che ci si dava era sempre “Sarà stato ammazzato”.
Tutti volevano rimanere fuori dalle faccende dell’Onesto, ma era praticamente impossibile.
Zark si fermò alzando lo sguardo: una sgangherata insegna luminosa, sporgente dal muro e affacciata sulla strada riportava lampeggiando con una fastidiosissima luce azzurra la scritta “Pub Piede Nella Fossa” il neon di alcune lettere era bruciato, altre lanciavano di tanto in tanto qualche scintilla.
L’insegna usciva da un altro vicolo che, girato l’angolo, si infossava in una gradinata portando ad una porticina mal illuminata.
Lanciò un altro sguardo sull’insegna, probabilmente l’ultima insegna non olografica di tutta Nothing Land.
Evidentemente il vecchio Sg aveva gusto per il vecchio.
Sul muso martoriato del rettile apparve un ghigno; scese in modo scoordinato le scale e si fermò davanti alla porticina rettangolare in finto legno tarlato.
Un istante perché si aprisse con un sibilo e entrò.




Eccoci qui...pensavate che non avessi più scritto capitoli vero? E invece no! A dirla tutta ne ho parecchi da parte, in questo periodo ho proseguito ma semplicemente non li ho postati qui.
Il motivo è semplice...vedo le visite ma non vedo i commenti, cosa che mi farebbe piacere ricevere visto che è praticamente solo per questo che metto su internet ciò che scrivo.
Visto che ricevo più commenti dagli amici e dai compagni di corso, quindi, inizio a non vedere più il motivo per continuare a metterli qui...e datemi torto! XD
Quindi...metto questo capitolo, un pò cortino a dire il vero, approfittando per dare questo annuncio oltre ad informare che ho fatto le mie solite modifiche ai capitoli precedenti per renderli più scorrevoli, piacevoli eccetera...
Ah...e ho cambiato anche l'introduzione perchè diciamolo...quella di rpima faceva schifo! XD

  
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