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Autore: Teresa Lisbon    19/10/2009    8 recensioni
Al California Bureau of Investigation un nuovo caso viene affidato alla squadra di Lisbon. Un caso difficile che non sembra presagire nulla di buono. A San Francisco una donna, Susan Long, viene trovata morta sul ciglio della strada, mostrando i chiari segni di percosse su tutto il corpo. Omicidio passionale o Premeditato? Entrambe le opzioni sembrano probabili; ma con il proseguire delle indagini le vittime aumentano facendo arrivare il CBI alla conclusione che non si tratti di un assassino alle prime armi. Chi è l’assassino? E perché sembra così interessato alla squadra del CBI? Jane, Lisbon, Rigsby, Cho e Van Pelt si ritroveranno a fare i conti con un serial killer pronto e tutto pur di ottenere ciò che vuole con conseguenze sconvolgenti nel cuore e nelle menti di ciascuno di loro. Nel bene….e nel male.
Genere: Generale, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 5

CAPITOLO 5

 

 

Da quasi una decina di minuti, il silenzio faceva da padrone all’interno della Citroen grigia, ovviamente guidata da Patrick Jane.

Con ogni probabilità era l’unico in possesso di un’auto così “singolare” in tutta Sacramento, per non dire in più della metà della California. Grigia, sportiva, francese… Insolita, nel vero senso della parola; come del resto lo era lo stesso proprietario.

Non si poteva definire un auto di gran classe, soprattutto visti il colore e i pneumatici consumati dall’asfalto. Solitamente le auto europee erano associate a figure di spicco della città, come politici, medici e avvocati di successo, ma in quel caso si poteva tranquillamente dire che Jane rappresentava la perfetta eccezione alla regola.

Il lieve brusio emesso dal motore sembrava costituire una sorta di sottofondo musicale in quella tesa atmosfera tra i due colleghi di lavoro, i quali non sembravano volersi impegnare poi molto per farla attenuare.

“Non hai niente da dire?” le chiese improvvisamente Jane, la cui voce risultava quasi ovattata dal prolungato silenzio sceso nella macchina.

“No!” si limitò a rispondere Lisbon, intenta ad osservare ciò che scorreva dal finestrino alla sua destra.

In quel momento limitarsi a definire Lisbon semplicemente irritata sarebbe stato un eufemismo in piena regola, soprattutto dopo la comparsa di quella leggera ruga al centro della fronte.

Era stanca e glielo le si leggeva chiaramente in faccia; stanca di dover continuamente scendere a patti con quell’uomo, soprattutto quando il suo unico scopo era quello di fregarla in qualche modo.

-Al diavolo lui e il suo stupido gioco della “caduta”- pensò tra se e se la mora, riesumando dalla memoria il giorno in cui Jane le aveva chiesto di ristabilire la fiducia tra loro attraverso il gioco della caduta, un classico tra i ritiri lavorativi.

Come poteva un essere umano, dotato anche solo delle più scarse capacità mentali, credere che una caduta all’indietro riuscisse a convincere due persone a fidarsi l’una dell’altra?! Era una cosa stupida e insensata.

Già, peccato che fino a qualche mese fa lei rientrava proprio tra quelli che ci credevano.

Questo fino al giorno in cui Patrick Jane aveva cominciato a giocare con le loro menti, naturalmente senza chiedere il minimo permesso.

“Sembri arrabbiata…” continuò Jane, posando per una frazione di secondo lo sguardo su Teresa Lisbon, la cui espressione imbronciata lo faceva quasi divertire.

Non che farla arrabbiare fosse uno spasso certo… non sempre almeno; ma doveva ammettere che vedere quel suo inconfondibile sorriso dipinto sulle labbra era così…così piacevole. Persino Rigsby aveva dimostrato di apprezzarlo in più di qualche occasione, anche se in maniera del tutto inconsapevole, visto che per gran parte della giornata non aveva occhi che per la rossa del team.

“Ti sbagli...” gli rispose Teresa, con un tono di voce per nulla convincente.

Già, Lisbon era carina quando sorrideva, e su questo non vi erano dubbi, ma anche quella ruga nervosa sulla fronte era così…così…

“Anzi no…è vero sono arrabbiata!” esclamò improvvisamente la donna spostando finalmente lo sguardo dal finestrino a Jane, il quale, per una frazione di secondo, si ritrovò a ringraziarla mentalmente per non avergli fatto concludere quello strano pensiero che, improvvisamente, aveva cominciato a gironzolargli nella testa.

“Ah…e perché?” le chiese, non sforzandosi affatto di controllare quel suo sorriso quasi intrigante.

Perché ti diverte”

“Che cosa?!

“Vedermi arrabbiata!”

“…mmm…non sempre…” le rispose ironico, anche se quella sua constatazione rispecchiava fin troppo bene i suoi reali pensieri.

Possibile che anche Lisbon, a modo suo, avesse imparato a leggergli nella mente?

Certo, la cosa non era possibile, almeno non come lo faceva lui; ma, ad ogni modo, sembrava aver imparato a conoscere fin troppo bene gran parte dei suoi atteggiamenti, come aveva chiaramente dimostrato qualche ora prima, davanti agli altri tre componenti della squadra. Aveva descritto una parte del suo carattere in un paio di minuti.

A dir poco ammirevole.

Certo, in realtà Teresa non conosceva affatto il vero Patrick Jane, l’uomo distrutto dalla sete di vendetta, l’arrogante che per anni aveva ingannato il prossimo per un semplice tornaconto economico; il “Jane” spaventato e arrabbiato che, per tutto il tempo in cui era al CBI, teneva accuratamente nascosto in un angolo remoto della sua mente, attento che nessuno lo intravedesse in alcun modo, o per lo meno non senza il suo permesso.

Quello, però, non aveva importanza, non in quel momento.

Lisbon stava imparando a conoscerlo, almeno un po’.

Dopotutto trascorrevano molto tempo insieme, ed era difficile non entrare in confidenza,  cosa che lei,  invece, sembrava voler evitare a tutti i costi.

Lei si era dimostrata pronta a conoscere qualsiasi  lato oscuro o scheletro nell’armadio della vita di Jane, ma guai se lui, a sua volta, cercava di conoscere anche una sola piccola parte del suo passato.

“Non entrarmi nella testa”. Era questo il principale messaggio che i suoi occhi gli inviavano ogni qual volta cercasse di capirla, di conoscerla in qualche modo.

Purtroppo, però, con Patrick era pressoché impossibile riuscire a nascondere i propri segreti, o per lo meno non tutti.

Troppe volte il sub-conscio esternava atteggiamenti e pensieri che, stupidamente, si credono rinchiusi nella propria mente. Com’era accaduto quella stessa mattina.

Lisbon, infatti,  non si era irritata per una sciocchezza come la richiesta di Jane di  vedere la casa, non era di certo una bambina. Ma il fatto che il biondo avesse letto un suo comportamento, o semplicemente tradotto un suo gesto, per scoprire qualcosa che lei aveva volutamente nascosto, …la mandava decisamente in bestia. E questo lui lo sapeva benissimo. Dopotutto non era la prima volta che Lisbon si arrabbiava per quel suo modo di fare enigmatico e insolito.

Restava, però, il fatto che lei conosceva molte cose del suo passato, come  il suo reale odio nei confronti di John il Ross e la poca importanza che dava alla sua stessa vita.

Teresa conosceva solo ciò che lui stesso le aveva detto, certo, o quanto c’era scritto nel suo dossier; dossier che, con ogni probabilità, ogni membro della squadra aveva recuperato in qualche modo.

E Jane, dal canto suo,  conosceva soltanto la Lisbon che la mente e il linguaggio involontario di quest’ultima gli rivelavano, mai quella descritta dal suo cuore.

Chissà, forse in realtà entrambi avevano lo stesso problema; la stessa paura di farsi conoscere per ciò che erano in realtà.

“Lo vedi…ti dico che sono arrabbiata e tu te ne stai zitto…ad ascoltare quello che la tua mente deviata ha da dire!”

“credi che la mia sia una mente deviata?” lechiese divertito.

“Tutti abbiamo la mente deviata…solo che la tua lo è più del normale!”

Lisbon…è inutile che ti arrabbi con me perché non trovi le chiavi…” le rivelò l’uomo, lanciandole l’ennesimo sorriso.

“Sì invece!” continuò, con tono a dir poco convinto Teresa “...quando Van Pelt ha nascosto le chiavi tu le hai ritrovate nel giro di cinque minuti. E adesso che sono io ad averle perse non mi aiuti”

“Teresa Lisbon…sei gelosa di Van Pelt?” le chiese divertito, sapendo bene il genere di reazione che avrebbe provocato quella domanda.

“Cosa?!” chiese esterrefatta, confermando le previsioni di Jane.

non ci sarebbe nulla di male…”

“Ah no?” esclamò la donna, ritrovandosi, suo malgrado, a sorridere.

“no! dopotutto sono un uomo affascinante…e tu…tu sei il capo, con tutti i doveri che ne comporta” disse ironico, lanciandole una veloce occhiata, per poi tornare a guardare la strada.

Questa volta, però, Lisbon non rispose, limitandosi a voltarsi nuovamente verso il finestrino, con un insolito sorriso dipinto sulle labbra sottili.

Quando, poco prima, si era accorta di non avere ancora ritrovato le chiavi della macchina, il primo nome a cui aveva pensato era stato proprio quello di Jane che, nel giro di qualche minuto, si era presentato nel parcheggio del CBI, con quel catorcio che lui si ostinava a voler chiamare “auto”.

La cosa che, però, continuava a chiedersi era: perché proprio lui? Perché non aveva chiamato Rigsby o Cho; perché non aveva chiamato suo fratello Lucas che, con ogni probabilità, avrebbe colto al volo l’opportunità di passare un po’ di tempo con lei.

Certo, la lista delle persone che avrebbe potuto chiamare erano poche, per non dire scarse, ma Jane non era di certo l’unico. Eppure…

“Sei preoccupata…” affermò Jane, assumendo improvvisamente un tono di voce più serio, come se lo scambio di parole di pochi istanti prima non si fosse mai verificato

“certo che sono preoccupata…non abbiamo scoperto nulla da stamattina..non è molto rassicurante!” si giustificò Lisbon, tornando a guardare l’uomo al suo fianco.

“Il caso non centra. È da stamattina che sei preoccupata…o meglio da ieri sera, verso l’ora di cena.

“Ti sbagli…”

“Fammi indovinare…” disse, anche se sapeva che le probabilità di azzeccarci erano decisamente alte “…hai scoperto qualcosa di poco piacevole, qualcosa che è riuscito a tenerti sveglia tutta la notte!”

“Ti ho detto che non è così…” continuò a negare Teresa, più nervosa e tesa rispetto a poco prima; tanto da non accorgersi nemmeno di non sentire più il rumoroso suono del motore dell’auto, la quale si era fermata a pochi metri da una palazzina a nord di Sacramento.

 “Sei arrivata tardi…cosa che non fai mai, neanche dopo aver lavorato tutta fino a  tardi…”
“Capita anche ai migliori…”

“già….Ma…”

“Smettila Jane…” sussurrò Lisbon, senza mai guardare Patrick direttamente negli occhi, come se il solo farlo potesse farla scoppiare da un momento all’altro.

“…hai pianto?!” suggerì, con un chiaro obiettivo nella mente.

“Ti ho detto di smetterla!” esclamò Teresa, a voce più alta rispetto al sussurro di poco prima.

La donna rimase immobile, quasi pentita.

Per un secondo aveva rischiato di perdere il controllo, ma anche questa volta non lo aveva fatto, anche questa volta era riuscita a trattenersi.

Perché era questa una delle principali caratteristiche del suo carattere. Lei riusciva a mantenere sempre l’ equilibrio, riusciva sempre a fare attenzione a tutto ciò che le veniva detto o fatto; in particolar modo riusciva a fare in modo che nessuno dei giochetti di Jean andasse contro la legge.

Lei sapeva fare tutte queste cose, senza mai crollare un solo attimo, neanche quando davanti le si presentava un caso così simile a quella che era la sua vita passata.

Un piccolo cedimento, certo, uno scalino di una gradinata non visto, una leggera caduta, una strigliata a Van Pelt e al suo essere sempre dolce e comprensiva, quasi invadente. Quello non era nulla, nulla in confronto al suo auto-controllo.

La cosa importante, però, era non ricordare, nemmeno per un attimo.

– non pensare al passato-, ecco la regola principale; mai, neppure quando sembrava quasi sentirne il bisogno. Perché solo il passato era in grado di far crollare la sua corazza, l’unico in grado di tagliare il sottile filo della sua anima che teneva in piedi l’equilibrio che così spesso l’aveva caratterizzava.

Non rivangare, in nessun modo.

E quello che stava facendo Jane, in quel momento, era proprio riportarla indietro, farle ricordare ciò che voleva dimenticare.

Non era bastata la telefonata di ieri a rendere le cose più complicate del dovuto?  Evidentemente no.

“scusami…divento inopportuno quando ho appetito” affermò Jane, sapendo di essersi scusato nel peggiore dei modi, come del resto accadeva quasi sempre.

“No ti sbagli…sei sempre inopportuno!” lo congedò Lisbon, fredda come lo era ogni qual volta qualcuno cercasse di leggerle dentro “…a domani Jane!”.

Scese velocemente dalla macchina, senza degnare di uno sguardo l’uomo dai capelli ricci e biondi, il quale, però, non sembrava altrettanto incline a lasciare così in sospeso la loro “conversazione”, se così la si voleva chiamare.

“non puoi fare sempre così Lisbon!”

“Così come?!” gli chiese, senza arrestare la sua maratona verso il portone della sua palazzina.

“Così…” le disse Jane, sorpassandola facilmente e fermandosi davanti a lei, lanciandole uno dei suoi sereni sorrisi, in grado di affascinare persino la più cinica delle zitelle “…puoi fidarti di me…” aggiunse, serio, guardandola direttamente negli occhi.

“Certo lo so…dopo il giochino della caduta mi fido ciecamente”

“così mi offendi” affermò, leggermente ferito da quel suo modo di fare così freddo e distaccato, persino con lui, che avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla.

“no tu mi offendi! Mi offendi quando cerchi di entrarmi nella testa senza chiedermi se per me va bene, quando cerchi di leggere il mio comportamento per scoprire se ti ho mentito in qualche modo…”

cosa che fai spesso…”

“Sì perché non voglio che tu…”

“Che io?...

“non voglio..

“non vuoi che scopra qualcosa di te?” esclamò, più come constatazione che suggerimento.

“Esatto” affermò più distaccata di quanto in realtà non volesse essere “…come fai tu del resto!”

“Io? Non credo visto che conosci molte più cose tu di me di quante in realtà ne conosca io del tuo passato”

“è vero..ma solo perché le circostanze ti hanno costretto. Tutto quello che mi hai confessato l’ho hai fatto per un tornaconto, se non addirittura perché obbligato….” Gli disse, guardandolo dal suo esile metro e sessantacinque.

Questa volta Jane non rispose, limitandosi a fissarla negli occhi, come se cercasse un qualche briciolo di rimorso per quello che gli stava dicendo.

“…come la storia del tuo psichiatra, giusto?!” gli ricordò Teresa, più soddisfatta rispetto a poco prima “….mi hai detto chi era solo perché altrimenti non ti avrei aiutato. O sbaglio Jane?” gli chiese, quasi a volerlo sfidare, in quel confronto a viso aperto.

“Già…hai ragione” le disse, spiazzandola come pochi al mondo riuscivano a fare “Allora non c’è da temere Lisbon” aggiunse, fingendo un sorriso “siamo degli ottimi colleghi di lavoro!”

Rimase a guardarla per un secondo, un secondo che sembrò durare un eternità, provando quasi una sorta di nostalgia all’assenza di quel suo sorriso così singolare e sincero.

Senza dire una parola, ma limitandosi, come poco prima, a sorriderle,  la oltrepassò, leggermente deluso da quel scambio di parole così duro e distaccato.

Con la sua consueta camminata sicura ed elegante, quasi quanto il suo completo grigio, Jane si apprestò a raggiungere la sua auto, quando improvvisamente il cellulare di Lisbon squillò, attirando l’attenzione di entrambi i presenti.

Lisabon…” rispose la donna, fissando un punto causale alla sua destra.

Silenzio, un immenso e interminabile silenzio, interrotto solo da lievi assensi emessi dalla donna dai capelli scuri

“…sì capo…sono con Jane” aggiunse, partecipando finalmente a quella telefona con protagonista il capo del CBI, Virgil Minelli..ci rechiamo subito lì!” disse, spostando il suo sguardo sul diretto interessato, il quale sembrava averle letto nel pensiero, arrestando la sua marcia verso l’auto prima ancora che la donna parlasse.

Dopo aver riattaccato il telefono, Lisbon lo rimise nel taschino destro della sua giacca scura, guardando Jane con un’espressione più seria e professionale rispetto a poco prima.

“Hanno trovato un altro corpo…in un parco, a dieci kilometri di qui!” lo informò, avvicinandosi di qualche passo.

Jane sorrise, indicandole con il braccio destro la sua affidabile auto grigia, come se il loro dialogo di poco prima non avesse assolutamente intaccato il loro rapporto, professionale o personale che fosse.

“Prego…” disse soddisfatto, seguendo il passo sicuro e controllato di Teresa.

 

******

 

 

Il luogo del crimine sembrava incredibilmente simile a quello visto la mattina stessa. Strada affollata da un continuo via vai di automobili, la cui fretta traspariva chiaramente dalla velocità e dal disinteresse con cui oltrepassavano il corpo senza vita;  un corpo di donna riverso a terra, con gli abiti completamente imbrattati di sangue, per non parlare del volto, tumefatto più dai lividi che dagli agenti atmosferici che fino ad allora lo avevano colpito; e il poliziotto, lo stesso giovane agente che ore prima aveva presentato la prima vittima agli agenti del CBI che, in quel momento, si apprestavano a raggiungere il cadavere a pochi metri da dove avevano parcheggiato l’auto.

“Chi si rivede” esclamò Jane, vedendo l’agente Keys con lo stresso sguardo di chi si sentiva incredibilmente fuori luogo.

“Oh salve…lei è l’agente Jane giusto?” chiese, avvicinandosi a sua volta ai due.

“No , ui è un consulente...”  precisò Lisbon, con il suo consueto tono professionale.

Com’era imprevedibile l’umore; la mattina Teresa aveva facilmente omesso quell’importante particolare riguardante il ruolo professionale di Jane, come se, in qualche modo, avesse voluto rendere più rilevante l’uomo al suo fianco che, con tanta premura, le aveva portato il caffè in ufficio. Ora, invece, dopo una “litigata”, se così la si voleva chiamare, era ritornato a vestire i panni del semplice consulente.

Anche il giovane agente davanti a loro sembrava aver colto quel semplice quanto considerevole dettaglio.

Una volta che Lisbon si fu allontanata per avvicinarsi al corpo, Jane si avvicinò al poliziotto in divisa, con un fare decisamente troppo teatrale per essere preso sul serio da chi lo conosceva davvero.

“…l’ho fatta arrabbiare…ed ora…Da agente a semplice consulente!” disse, per poi raggiungere Lisbon, lasciando l’uomo al suo fianco con un indecifrabile espressione dipinta sul volto.

“Chi è?” chiese Lisbon, osservando la donna seduta ai piedi di un albero, come se in realtà stesse tranquillamente attendendo qualcuno o qualcosa.

Le braccia, completamente ricoperte da tagli e contusioni, cadevano inermi sul ventre della vittima, la quale sembrava trovarsi in quella determinata posizione per un obiettivo ben preciso dell’assassino, un obiettivo ancora sconosciuto a chi osservava in quel momento la scena del crimine.

Maria Ivarez, ventidue anni…” rispose una voce di donna alle loro spalle “…dalla patente risulta che viveva nel Cansas. Abbiamo già contattato i genitori…” aggiunse il poliziotto della zona, una donna di si e no una quarantina d’anni, sulla cui targhetta risplendeva il nome “Morgan Coolman”.

“Questa volta chi l’ha trovata?” chiese Lisbon, mentre il consulente della sua squadra osservava più da vicino la vittima.

“Io” rispose l’agente Keys, con un tono decisamente meno esperto rispetto la donna dai capelli biondi al suo fianco “….stavo per finire il mio turno quando me ne sono accorto. Mi è sembrato insolito…perché mi era già sembrato di intravederla poco dopo aver lasciato il luogo della prima

vittima!”

“Sembra lo stesso modus operandi…” osservò Teresa, inginocchiandosi accanto a Jane, proprio di fronte alla giovane dagli occhi verdi come lo smeraldo.

Aveva la pelle scura, tipica delle sue origini spagnole. Anche i capelli, lunghi e scuri quasi quanto quelli della prima vittima, rispecchiavano perfettamente i tratti somatici della sua cultura ispanica; mossi e indomabili, le cadevano lungo le spalle smilze, arrivando quasi a sfiorare le dita pallide e marmoree, incrociate le une alle altre, quasi fossero in preghiera.

Sembrava aver assunto una tipica posizione di attesa. Come se attendesse, paziente, la morte in persona che, puntuale, era giunta a portarla via con se.

L’unica cosa in grado di contrastare con quella perfetta e così reale ricostruzione, così vicina all’essere un soggetto di un dipinto, era lo sguardo; uno sguardo troppo spaventato e triste per appartenere a qualcuno di così paziente e inerme.

Anche i polsi, così sottili e delicati, portavano gli evidenti segni dei lividi, dovuti sicuramente a qualcosa di duro e indistruttibile, qualcosa in grado di renderle impossibile qualsiasi movimento, qualsiasi via di fuga.

Era morta nel terrore e nella paura, proprio come Susan Long.

“….forse si tratta di un serial killer…” propose l’agente Keys, rimasto in silenzio per tutto il tempo.

“Non corriamo troppo…” lo riprese Lisbon, rialzandosi da terra “…aspettiamo gli esiti della scientifica.

“Voi siete del CBI giusto?!”

“Esatto. Ci terremo in contatto.”

Dopo aver scambiato qualche sguardo con la donna dai capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, Lisbon si riavvicinò al cadavere, vicino al quale si trovava ancora Jane, il cui sguardo appariva decisamente interessato.

“Andiamo…?”

“Guarda gli occhi della donna…”

“li vedo..gli fece notare ovvia, incrociando le braccia davanti al petto.

“sono aperti…”

“forse sta ad indicare qualcosa che le vittime devono vedere…anche dopo  la morte” suggerì Lisbon, osservando lo stesso punto indicato da Jane.

“già…O qualcosa che noi dobbiamo vedere. Vuole che facciamo attenzione ai particolari…ci tiene alla scena del crimine, al modo in cui NOI troviamo i corpi. Gli serve un contesto eclatante, come la strada, o un contesto scenografico, come la rappresentazione di una giovane ragazza ai piedi di un albero…priva di vita…da più di un giorno “ le spiegò, guardando Teresa direttamente negli occhi “Entrambe le vittime hanno i capelli scuri; entrambe gli occhi verdi…”

..entrambe sono di origini straniere…” continuò Lisbon, in perfetta sintonia con il ragionamento di Patrick.

“…è un serial killer!”

 

 

 

 

Rieccomi qui con il capitolo numero cinque!!!!!

Lo so..avrei voluto anch’io far chiarire subito Lisbon e Jane ma…sono maleficaaaaa!!!! Muhahahahah (c’ho preso gusto con tutte queste risate malefiche XD)

Cmq allora prima preciso alcune cose…Mi sono permessa di dare un nome ad uno dei fratelli di Lisbon perché, purtroppo, per ora non si sa ancora niente sul loro conto…tranne che sono 3. Lucas mi è sembrato un nome abbastanza simile a Teresa, ma se avete qualche consiglio da dare in merito fate pure…sapete che qui sono sempre bene accetti. ^^

A questo proposito mi collego alle recensioni ringraziando Brucy per avermi fatto notare gli errori grammaticali che, dalla fretta, non ho visto. Grazie milleeee…avrei fatto una figuraccia da panico se non me lo avessi detto. Ho riletto tre volte questo capitolo prima di postare, ma…visto che qualche errore mi sarà sicuramente sfuggito, mi scuso fin da subito :P

Cmq  sono d’accordissimo con te Brucy, anch’io credo che il tenere sulle spine sia un tentativo di Jane per dare un senso alla sua vita, una vita completamente comandata da John.

grazie mille Brucy…spero davvero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, ho fatto il possibile per non deluderti!!!!^^

 

23jo hai proprio ragione…la classe non è acqua e la nostra Lisbon ne ha da vendere. Anche se in questo capitolo ho fatto in modo di renderla molto più combattuta del solito…spero di esserci riuscita ^///^

 

E passiamo alla mia dolcissima collega….evelyyyyn, che con la sua ff sta seriamente cercando di uccidermi XD (COMEEE???? Hai cinque capitoli pronti e mi fai soffrire così??? Adesso vado subito a leggere e commentare quello che hai pubblicato, vediamo se il mio povero cuore ne risentirà ancora XDXD).

Cooooomunque…come tardi torto, anch’io adoro Teresa, è una grande sia nel modo di fare che per il suo carattere. E nei nuovi episodi non si può fare a meno che tifare per lei….Sì …qua siamo tutti PRO-LISBON!!!! J

 

 

Infine, ma non di certo in ordine di importanza XD, grazie di cuore a Valery_Ivanov che continua a seguire la mia ff.

Come mi hai fatto notare tu e tutti gli altri, sono davvero davvero daavvero contenta di riuscire a mantenere i personaggi OOC, è una delle cose a cui faccio più attenzione di tutte, perché naturalmente un telefilm si ama in particolar modo per il carattere dei personaggi, perciò anche le ff devono cercare di mantenere il loro carattere originale. Maaimè…è una delle cose più difficili di tutte. Infatti anche in questo capitolo ho rischiato di andare fuori OOC, ma spero di essere riuscita a salvarmi in extremis XD

 

Che dire…anche questa volta mi avete resa stra felice con i vostri commenti….vi ringrazio di cuore, siete la mia fonte di ispirazioneeeeeeee.

Un bacione carissimi lettori…..al prossimo capitolo ^^

 

Ps: per qualsiasi cosa, chiarimento o altro, non esitate a contattarmi….per me è un piacere!!!!

 

 

T.L.

 

 

  
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