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Autore: Guitarist_Inside    20/10/2009    6 recensioni
Una giovane chitarrista che vive per e grazie alla musica. Un suo concerto e un incontro alquanto particolare. Una proposta ancora più singolare, forse un po’ azzardata. Un grande sogno che si avvera. Ma con questo prendono forma anche confusione, preoccupazioni, timori, titubanze, paura di deludere… Senza tralasciare però grandi e appaganti emozioni, felicità, gioie, soddisfazioni…
Questa è la prima fanfic che posto (a dir la verità mi ha “convinto” una mia amica a postarla…) spero vi piaccia... (non fermatevi solo ai primi capitoli xDD)
PS: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. Ogni singola parola scritta in questa fic è soltanto opera della mia fantasia e non racconta fatti successi realmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima di postare il quarto capitolo (che poi sarebbe la continuazione del terzo che risulta infatti più breve) vorrei ringraziare:

Fujiko Chan : Ma così tu mi commuovi *ç* esagerata addirittura adorarmi XD Non so che dire… Beh, grazie! ^^
“Continuala ti prego ne ho bisogno PER LE MIE PIPPE MENTALI ehm volevo dire BEGLI STIVALI xDDD” <--- ahahaha XD Beh non fartene troppe che poi mi diventi cieca e non puoi più leggere!! Scherzo XD
However, spero ti piaccia anche come continua (non chiedermi anticipazioni, non ne ho idea neanch’io)
rara193 : Wow, un’altra lettrice *.*Grazie mille dei complimenti!! Spero ti piaccia anche il seguito e che di non cadere nel mio errore di iniziare bene e poi bloccarmi o andare aventi meno bene XD
Helena89 : Tu sei OrangeSmile del forum??!!?? Ma allora ci conosciamo!! Che bello XD Beh, Vale piacere I’m Ema *stringe la mano a Vale* (anche se è più una formalità dato che ci conosciamo già, vabbè)
Tornando alla fic… Beh, nelle prime righe troverai la risposta alla tua prima osservazione :D… Mi fa piacere che ti piaccia il dialogo tra Billie e Ema! E sì, non so ancora in che modo ma la protagonista avrà un futuro chitarristico grazie a Billie Joe e ai Green Day (magari succedesse davvero!!).
“ Non so come reagirà nel prossimo capitolo quando realizzerà totalmente chi ha davanti, ma io fossi in lei gli salterei addosso.. :)..” <--- Mi spiace deluderti, ma in questo hai sbagliato! Ema deve ammettere che ci ha pensato, e anche più di una volta, ma era troppo paralizzata dell’emozione (o meglio, dalle emozioni) per farlo… ^^
Per i “You know”, concordo con la spiegazione di Fujiko, anche se spesso è usato più come intercalare che come “Hai presente/sai” nel senso letterale… Come ad alcuni in Italia capita con “Cioè” o “Ecco” o “E…” o altre forme ancora… Anche per questo quando lo inserirò (qualche volta) preferirò non tradurlo e lasciarlo in Americano, perché secondo me rende meglio l’idea ^^… (Una volta ho provato a contare il record di “You know” di Billie Joe in un’intervista, arrivando addirittura in un punto alla media di uno ogni 2-3 secondi! XD)

E come sempre grazie a tutti quelli che leggono… Continuate a commentare ^^




CAPITOLO 4 Why are you here?



*** Nota dell’autrice: D’ora in poi, eccetto alcuni casi (in cui ritengo più significativo lasciare espressioni o frasi in lingua Inglese), scriverò i dialoghi in Americano tradotto in Italiano per motivi di rapidità di scrittura… ***

Perché non l’avevo capito prima? Ok, ero ancora stordita dall’emozione post-concerto, avevo bevuto un po’ (beh forse un po’ più di “un po’”), però una parte di me mi chiedeva con insistenza perché non l’avessi riconosciuto prima. Era come se quella parte l’avesse intuito, dopo un po’ che l’avevo di fronte e che parlavamo, ma la restante parte di me soffocasse quella vocina, pensando che io fossi già troppo carica di emozioni per farne entrare un’altra, e anche grande per di più. E quest’emozione allora era arrivata all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Un fulmine che mi aveva colpito in pieno, folgorandomi senza preavviso, lasciandomi spaesata. Ero emozionatissima, l’attimo successivo imbarazzatissima, e l’attimo dopo felicissima. “A volte i fulmini sono più piacevoli di quanto si possa immaginare” pensai. La mia mente era combattuta tra emozioni diverse, il più delle volte contrastanti, che si susseguivano nell’arco di pochi secondi, e che portavano idee molto differenti tra loro su cosa fare e come comportarmi in quel momento... Il cuore accelerò ulteriormente il suo battito. Sentivo le nuove emozioni affollarsi e aggiungersi alle precedenti: erano troppe per essere contenute, me ne rendevo conto. Troppe, sì, troppe e in troppo poco tempo. Molte bellissime, alcune discrepanti, ma sempre stancanti da gestire tutte insieme.
Questa volta non era un sogno, quello che avevo davanti era Billie Joe Armstrong, quello che poco meno di una decina di giorni prima mi aveva regalato, insieme ai Green Day al completo, una serata indescrivibile: magnifica era dire poco... E ora stava facendomene vivere un’altra peculiarmente ma allo stesso tempo diversamente unica e indescrivibile.
Per un momento sentii mancarmi le forze. No, non potevo svenire, non in quel momento, cazzo!
– Ehm… Tutto bene? – chiese ad un tratto Billie, vedendomi sbiancare
– Sì, grazie… – balbettai appena ripresi l’uso della parola, e un po’ di colore, mentre mi sedevo su una panca: “Non si sa mai…” pensai.
– Sicura? – disse, sedendosi accanto a me e appoggiandomi un braccio sulle spalle, che mi fece avvertire un leggero e piacevole brivido lungo la schiena.
Annuii debolmente, ancora frastornata da tutte quelle emozioni.
Restammo così, in silenzio, per circa un minuto. Il mio cuore batteva all’impazzata. Chiusi gli occhi, cercando di estraniarmi quel tanto che bastava per cercare di mettere un po’ d’ordine nella mia mente, ma in modo da non perdere la concezione di quel che avevo intorno. Avvertivo ancora il piacevole calore del suo corpo accanto al mio, il suo braccio sulle mie spalle. Respirai profondamente una, due, tre volte. Sì, stavo iniziando a riacquistare il controllo di me e delle mie emozioni, a capire qualcosa, il groviglio nella mia mente iniziava pian piano a sciogliersi. Respirai un’ultima volta e riaprii gli occhi, girando leggermente la testa dalla parte dove era Billie Joe.
Quasi inconsciamente, bevvi un’altra sorsata di birra. Un’altra ondata di calore mi percorse il corpo, sebbene fosse più lieve di quelle che mi avevano attraversato fino a pochi istanti prima. Ero ancora sobria, reggevo l’alcool più di altre persone che conoscevo, ma nonostante tutto sentii indebolirsi la barriera della timidezza mista all’imbarazzo che era tornata ad opprimermi da qualche minuto. Sorrisi.
– Bene, vedo che adesso ti sei abbastanza ripresa… – commentò, sorridendo anche lui – Quando ho visto la tua faccia shockata mi sono preoccupato un po’. Davvero, non mi aspettavo una reazione di quel tipo. –
– Beh… E’ che la mia testa era piena di incroci, pensieri, emozioni… Tutto insieme, capisci? E l’ennesima grande emozione beh, ecco… Mi ha fatto quest’effetto, insomma – risposi, cercando di ridere – E poi, sai, trovarmi di fronte il cantante e chitarrista di una delle mie band preferite non è proprio una cosa da tutti i giorni, ecco… –
– I know – rispose ridendo
– Comunque, davvero, grazie –
– E di che? – rispose, facendo spallucce
– Non so… About nothing and everything all at once… –
Billie rise alla mia citazione. Fece quindi una pausa, per poi continuare, più serio – You know... Anche se non ho capito bene le parti introduttive in Italiano… Beh, ho capito dalle canzoni che hai suonato e da come le hai suonate che per te la musica è qualcosa di più di quello che è per molte persone, qualcosa di vitale. You know, è anche per questo che ho deciso di parlarti… – sorrise. Nonostante cercassi di non farlo, io arrossii. – Tra le frasi che mi hanno colpito di più – continuò – c’è stata quella nel mezzo di Minority, citata da quel mio, come dire… “discorso”… –
– Quella frase… Quella frase mi ha colpito molto sin dalla prima volta che l’ho sentita in Bullet In A Bible, anni fa… Trovo che sia una frase, come dire… Una frase che racchiude un messaggio importantissimo, che per me è ed è stato fondamentale: quello di non arrendersi, nonostante il potere ce l’abbia chi ce l’abbia, in fondo il potere ce l’abbiamo NOI, e non dobbiamo permettere che qualcuno ci metta i piedi in testa e metta sotto dittatura la nostra fottuta vita… E per fare ciò non bisogna rassegnarsi e ubbidire passivamente, non bisogna essere una massa di pecore che si omologano alla massa, bisogna avere il coraggio di seguire i propri ideali e uscire dal gruppo, distinguere la propria unica personalità, camminando al tuo passo non a quello di qualcun altro che a te non è congeniale... You know… Quella frase mi ha dato più e più volte la forza di non arrendermi… –
– That’s awesome… E hai colto in pieno il messaggio –
– E ho voluto trasmetterlo ad altri… Lo cito molte volte, mentre suono Minority… You know… È un ottimo messaggio da trasmettere, davvero. E penso che con Minority ci stia perfettamente: due urla, due modelli di stile di vita che convivono perfettamente tra loro, integrandosi alla perfezione, due tasselli di un puzzle che si incastrano perfettamente, come raramente accade… –
Tutt’a un tratto, parlando, iniziai a sentirmi a mio agio, più o meno come prima di sapere con certezza di stare parlando con Billie Joe Armstrong in persona. Non sapevo bene perché, ma era così. E ciò mi fece indubbiamente piacere: è più facile parlare con qualcuno quando ti senti a tuo agio e non sei più molto imbarazzata, sorpresa, confusa, con le emozioni e il cuore in subbuglio… Ma spesso mi bastava ricordare con chi stavo parlando per far tornare a galla il tutto, che cercavo però di ricacciare il più in fretta possibile.
– Ehm… Se posso saperlo… Perché sei qui? – gli chiesi ad un tratto
– Beh… Qualche giorno fa abbiamo fatto un concerto qui a Milano, ma questo penso tu lo sappia già… –
– Yeah… Quando ho saputo la notizia e hanno messo in vendita i biglietti ho fatto un casino… Ma alla fine ho trovato i soldi e il 10 novembre c’ero anch’io in parterre, in prima fila… You kicked asses… Davvero, avete suonato benissimo, è stato tutto fantastico, indescrivibile, forse la miglior serata della mia vita – dissi sorridendo, mentre mi tornavano in mente scene di quella serata semplicemente magnifica.
– Oh, that’s fuckin’ awesome! Mi fa molto piacere… Comunque, tornando alla tua domanda, intendi perché sono a Milano e sono venuto in questo locale stasera? –
Annuii.
– Beh… Ecco… Siamo tornati qui ieri pomeriggio sul tardi. Come sai, settimana scorsa abbiamo chiuso il tour Europeo a Torino. E a metà dicembre inizieremo quello Australiano, per cui partiremo appunto tra pochi giorni. Il volo però partirà da Milano e quindi abbiamo deciso di fermarci qualche giorno da turisti… You know… Stamattina io e Mike abbiamo fatto un breve giro per la città, ovviamente cercando di non dare nell’occhio, con le dovute precauzioni per non essere circondati da fan e curiosi ad ogni passo che facevamo… Sai, certe volte non è piacevole… – disse ridendo, poi abbassò la voce e continuò – Comunque, stavo dicendo, oggi pomeriggio ero uscito a farmi un giro per prendere una boccata d’aria con Mike. Tré aveva insistito per restare in albergo a riposare, come aveva detto lui… Appena siamo tornati però, abbiamo visto Tré che continua a vomitare. Ti ricordi quella frase, sempre in Bullet In A Bible, quella in cui Tré dice “Nessun uomo può mangiare 50 uova”? –
Annuii e lui continuò – Beh, abbiamo scoperto che invece aveva tentato di compiere lui quel record… – contenne una risata, poi proseguì – Fino all’ora di cena mi sono occupato io del mio amico, però, sai, non lo dico con cattiveria, ma dopo tutto quel vomito mi era passato l’appetito… You know… Allora Mike s’è offerto di darmi il cambio e per cambiare aria sono uscito. E camminando sono giunto davanti al pub dove hai suonato, ed incuriosito dal suono familiare di una chitarra elettrica, sono entrato. Beh, direi che ti ho risposto – concluse, bevendo l’ultimo goccio della sua birra.
Rimasi senza parole ancora una volta. Poi Billie guardò l’orologio.
– Hey, tu adesso dovresti tornare a casa, giusto? –
Annuii.
– Abiti qui vicino? –
Scossi la testa. – No… Per tornare faccio un pezzo a piedi fino alla fermata dell’autobus in fondo alla via e poi prendo la metro… Oggi prorogano l’orario… –
– E tu vorresti andare in autobus e in metropolitana con chitarra e amplificatore a questa fottutissima ora? per di più dopo ciò che hai provato prima? –
Rimasi in silenzio. Beh, non aveva tutti i torti…
– Senti, se ti va ti posso dare un passaggio io… –
Se mi andava? C’era da chiederlo? Non mi pareva vero. Era tutto troppo bello per essere vero. Ma, a quanto sembrava, lo era.
– T-Thank you very much… – ringraziai. Poi mi guardai in giro perplessa
– Non guido io – rispose lui, leggendomi nel pensiero – “1” perché non ho qui alcun veicolo, “2” perché non conosco la zona e di sicuro mi perderei… – rise – e “3”, anche perché la cazzata di guidare ubriaco l’ho già fatta, e non voglio casini durante il tour… Non che sia ubriaco, figurati, mi ci vuole ben altro, ma quelli di sicuro avrebbero da ridire lo stesso per la birretta di prima – rise
Lo guardai annuendo, e lottando un'altra volta per riavere la mia voce che se n’era andata nuovamente sia per il dopo-concerto sia, soprattutto, per il fatto che mi era tornato in mente chi era quello con cui stavo parlando e che mi stava offrendo un passaggio…
– I’ll call a taxi – decise quindi Billie, prendendo il cellulare.
Poco dopo ci alzammo, presi la mia adorata chitarra e il mio amplificatore e uscii dal locale, seguita da Billie Joe. Una folata di vento gelido mi sferzò la faccia, ma non gli prestai molta attenzione: i miei pensieri erano concentrati altrove…

   
 
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