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Autore: Ily18    21/10/2009    6 recensioni
Clark Kent è "morto", lasciando spazio al freddo Kal-El che rifiuta di provare emozioni, poiché proprio per colpa di quelle emozioni umane ha perso più di quanto gli fosse concesso perdere. Riuscirà il vecchio Clark Kent a riprendere possesso della sua vecchia, normale vita di sempre? Se sì, come?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clark Kent, Lois Lane
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A/N: Salve gente e benvenuti in questa One-Shot ovviamente dedicata alla nostra coppia preferita in Smallville: CLOIS! <3
Prima di tutto, vi devo avvertire che se non avete ancora iniziato a vedere la nona serie e non volete essere spoilerati, allora forse questa storia non fa per voi.
Infatti, diciamo che ci sono spoiler per le prime 4 puntate andate in onda finora negli USA (Savior, Metallo, Rabid, Echo).

Per quelli di voi che invece stanno al passo con gli Usa e non vedono l'ora che arrivi il mitico week-end per vedersi l'ultimo episodio di Smallville, preparatevi a leggere una One-Shot abbastanza lunga! XD

Quella che era nata come una Song-fic troppo smielata, si è rivelata essere tutt'altro!
Noterete come si ricollega all'episodio 9x04, anche se l'idea di questa storia è nata prima che sapessi quello che sarebbe quasi successo in quell'episodio. Alice Cullen, fai largo alla nuova veggente di EFP! XD XD
Comunque, una volta che ho saputo che quel particolare che non vi dirò XD succedeva anche nell'episodio, ho voluto aspettare per vedere come la cosa si sarebbe evoluta, per poi decidere se collegarmi a quello o rendere la storia una roba indipendente. La risposta è: 50 e 50 XD
Nel senso che in effetti potreste ritrovare qualcosa di quell'episodio, anche se la seconda scena (in teoria) si svolge qualche tempo dopo i fatti avvenuti nella 9x04.
Comunque sia, la prima parte è abbastanza introspettiva, mentre la seconda è appunto smielata come nel piano originale! XD

Entrambe le parti, sono raccontate dal punto di vista di Clark e se devo dare un giudizio, la mia preferita è senz'altro la prima! Vedremo cosa ne pensate voi! :D
La cosa che mi fa imbestialire, è che per quanto Lois sia il mio personaggio preferito, non riesca a scrivere dal suo POV o almeno non mi vengano idee buone quanto quelle dal POV di Clark... Sono sicura che Lois mi odierebbe se lo sapesse! XD Mi metterebbe sotto di sicuro col suo Monster Truck! XD XD

Ad ogni modo, la nona serie è piena di ottimi spunti e spero tanto che i fan di Smallville scrivano qualche ff per questa sezione, magari ispirati da quello che vedono nello show! :D

Wow, direi che ho parlato abbastanza, no? XD
Vi lascio alla lettura e vi ringrazio in anticipo:
a- se avete letto
b- se avete commentato
c- se avete messo la storia tra i preferiti

Basta con le chiacchiere, buona lettura! :D






Aveva passato le ultime tre settimane a vivere nel buio, senza quella luce che lo aveva accompagnato nei suoi anni passati a vivere da umano. Quella stessa luce che impediva a quella sua parte Kryptoniana di prendere il soppravvento.

Gli ultimi ventuno giorni - giorno più, giorno meno - della sua nuova vita completamente libera da qualunque tipo di emozione e sentimento umano, erano stati riempiti da un solo obbiettivo: salvare vite e dare speranza al genere umano.

Aveva tolto dalla sua vita ogni traccia di colore, lasciando che il tetro color nero lo aiutasse a mimetizzarsi nelle fredde notti di Metropolis e incutesse ancora più timore nei suoi nemici, di quanto facesse il suo vecchio costume rosso e blu.

Il nero era il colore perfetto per quel periodo della sua vita.

Non sentiva più nulla e non provava più alcuna emozione umana, da quel giorno in cui il giorno del giudizio era calato nelle loro vite.

Clark Kent era morto, aveva detto alla sua ormai ex migliore amica, e aveva lasciato spazio a Kal-El, l’unico sopravvissuto, insieme a Kara, di quella gloriosa stirpe Kryptoniana di cui pochi erano a conoscenza.

Ormai ogni singolo secondo della sua vita era occupato dall’allenamento alla Fortezza che, con grande felicità di quello che era rimasto del suo padre biologico, aveva deciso di iniziare e dal suo dovere di Macchia.

Niente più Macchia Rossa e Blu ormai. Solo Macchia.

Per quanto provasse costantemente ad intercettare solo ed esclusivamente le richieste d’aiuto dei cittadini di Metropolis e delle città adiacenti, non aveva potuto evitare di notare lo stupore di tutte quelle persone, nel notare che il Buon Samaritano che prediligeva i colori primari, aveva lasciato spazio ad un cupo eroe solitario che rendeva nota la sua presenza con marchi infuocati che lasciava nei luoghi dei salvataggi.

Il simbolo degli El, la gloriosa casata Kryptoniana, ora era inciso in varie parti di Metropolis e sul suo petto, sempre presente per ricordargli che il suo destino includeva molto più che una vita da semplice umano.

Speranza. Questo era quello che Kal-El sperava la gente provasse nel vedere quel simbolo marchiato a fuoco sul muro di una palazzina o sul vetro di una cabina telefonica. Speranza nel sapere che se mai si fossero trovati in pericolo, lui sarebbe intervenuto.

L’allenamento con Jor-El gli aveva dato sicurezza nei propri mezzi e probabilmente se ancora avesse avuto dei residui di sentimenti in sé stesso – o se avesse permesso a quei sentimenti che effettivamente erano ancora lì, di salire in superficie e quindi affrontarli – si sarebbe maledetto per non avere iniziato quell’allenamento prima, cosicché lo scontro con Doomsday si sarebbe concluso in maniera diversa e Jim… e delle vite umane non sarebbero state sacrificate in quel modo.

Ormai non si permetteva più errori del genere. Ora calcolava tutto nei minimi dettagli, grazie a quei sentimenti che non lo disturbavano più.

In quelle 504 ore passate a vivere nel buio, senza quella luce che, pur senza saperlo, gli aveva fatto da guida e gli aveva ricordato quanto fosse speciale essere semplicemente un umano, aveva passato gran parte del suo tempo su una palazzina qualunque, o sul tetto del Daily Planet o sul punto più alto della Statua della Libertà, con il suo super-udito sempre all’erta, pronto a captare ogni minima richiesta d’aiuto proveniente da qualsiasi parte del mondo.

La cosa che Kal-El non avrebbe mai ammesso, era che da quei punti così alti e isolati, sperava di cogliere un minimo, anche impercettibile segnale che lei fosse ancora viva.

Aveva cercato di dimenticarla e aveva provato a convincersi che ogni incredibile sforzo che faceva per ritrovarla facesse solo parte di quel suo nuovo e potenziato lato che voleva salvare e dare speranza alla razza umana.

Ogni notte che saliva su quei tetti, si convinceva che una volta che l’avesse ritrovata e consegnata sana e salva a sua cugina, avrebbe avuto un compito in meno come Macchia e un merito in più come eroe della città.

Ma per quanto provasse a reprimerlo, c’era una parte di sé, di Clark Kent, che avrebbe dedicato ogni singolo secondo di ogni singolo giorno esclusivamente alla sua ricerca e non per il merito che ne sarebbe scaturito. Tutti quegli sforzi rivolti a trovarla erano mossi da un semplice ed unico motivo: gli mancava da morire.

Nonostante tre lunghe settimane fossero già passate, c’era quella parte di lui che mai si era rassegnata e mai lo avrebbe fatto.

Affinò nuovamente il suo super-udito per cogliere quello che ad un orecchio umano sarebbe stato impercettibile, per lo meno a così tanti chilometri di distanza.

Sentì lo sfregare del metallo delle ruote di una monorotaia lasciare il proprio binario per poi cadere nel vuoto, destinata a schiantarsi al suolo alla velocità di centinaia di chilometri orari nel giro di pochi secondi.

Si mosse subito e in una manciata di secondi percorse la distanza che lo separavano da Metropolis, fermandosi nel punto dove la monorotaia si sarebbe certamente schiantata se lui non fosse intervenuto.

Piegò leggermente le gambe, pronto ad attutire il contraccolpo della monorotaia quando l’avrebbe presa al volo e distese le braccia di fronte a lui, pronto ad agire.

Nel giro di pochi secondi, la monorotaia lo raggiunse e lui la prese al volo, impedendole di schiantarsi al suolo. Sentì le lamiere cedere ed accartocciarsi sotto la sua presa decisa e dovette trattenere parte della sua forza per impedire al muso della monorotaia di scomparire letteralmente sotto il peso delle sue grosse mani.

Grazie all’allenamento con Jor-El e al suo relativo incremento della forza, lo sforzo fu decisamente inferiore a quello che avrebbe fatto solo qualche mese prima se si fosse trovato in una situazione del genere.

Con una grazia ed una delicatezza fuori dal comune, posò dolcemente la monorotaia sull’asfalto, sperando che nessuno dei passeggeri fosse ferito gravemente.

Come sempre avrebbe avvertito anonimamente il 911, sfruttando il modulatore di voce che possedeva e che in passato aveva usato solo per parlare con Loi… con lei, quella persona che faceva parte della sua vita precedente.
In seguito, avrebbe lasciato come sempre il suo marchio, che avrebbe infuso sicurezza negli animi dei cittadini di Metropolis, per poi correre via ed appostarsi nuovamente sul punto più alto della città, per sorvegliarla e proteggerla.

Improvvisamente fu attratto da una visione che non poteva essere vera e sentì il cuore fermarsi per qualche secondo, come non gli succedeva da almeno tre settimane.

Lois Lane, la sua Lois era lì di fronte a lui.

Rimase a bocca aperta senza che nessun suono ne uscisse fuori e per qualche secondo pensò che tutto quello fosse un semplice scherzo di cattivo gusto che la sua mente aveva deciso di giocargli come punizione per essersi lasciato andare ai ricordi per qualche secondo, solo qualche istante prima.

Aveva setacciato ogni singolo angolo di Metropolis e dintorni e non l’aveva trovata da nessuna parte. Quindi, come poteva trovarsi lì di fronte a lui, senza sensi e anche più bella di quanto la ricordasse?

Kal-El cercò di riprendere il sopravvento su quella parte umana che era Clark Kent e che aveva ripreso ad uscire in superficie, ma per qualche secondo non ci riuscì.

Clark riuscì a fare solo una cosa, capendo che si trovava di fronte la vera Lois Lane; una cosa che non faceva da tempo: sorrise.

Lois era sana e salva e nel giro di qualche ora si sarebbe finalmente ricongiunta con sua cugina. Tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Ora che lei era tornata, per lui rimaneva una sola cosa da fare, ovvero rimanere fedele a quello che si era ripromesso e che aveva promesso a Jor-El. Avrebbe finito l’allenamento alla Fortezza e avrebbe continuato a vivere come Kal-El, seppellendo per sempre Clark Kent e rendendo lui e il suo lato umano solo un semplice ricordo.

Ma ora che lei era tornata, abbandonare nuovamente tutto era così dannatamente difficile.

Aveva deciso di vivere nel buio di una vita senza sentimenti, perché quella che aveva scoperto essere la luce che illuminava le sue giornate, era sparita. Ma ora che lei era tornata, ora che il solo pensiero di dirle addio volontariamente distruggeva quel cuore umano che solo pochi secondi prima aveva ripreso a battere… ora che Lois Lane era nuovamente lì ad illuminare la sua vita e a fargli vedere nuovamente i colori, come avrebbe anche solo potuto pensare di rinunciare a lei?

Girò il viso alla sua destra e bruciò velocemente sul muro che stava a qualche metro da lui il suo simbolo, si concesse di guardarla un ultimo secondo e notando come stesse iniziando a riprendere lentamente i sensi, sorrise nuovamente prima di correre via.

La risposta alla sua domanda era solo una: non avrebbe potuto.


***


Clark Kent si era quasi totalmente riappropriato della propria vita da qualche settimana ormai, il che includeva lavorare al Daily Planet fianco a fianco con Lois Lane.

Inizialmente era stato un po’ restio nell’accettare il consiglio di Chloe, quello di tornare al Planet e alla sua vecchia vita, solo per tenere d’occhio Lois meglio di quanto non avrebbe potuto fare come Macchia.

Tornare a quella parte della sua vecchia vita, significava passare gran parte della giornata con quella persona che aveva scoperto essere così importante nella vita di Clark Kent e tutto questo non aiutava le sue intenzioni di staccarsi definitivamente da lei ed abbracciare totalmente il suo lato Kryptoniano.

Se fosse stato un semplice umano, non avrebbe desiderato niente di più che passare quanto più tempo possibile con la persona più importante della sua vita.

Ora che era passata qualche settimana dal giorno in cui Chloe gli fece quella proposta, era felice di aver accettato, tornando nuovamente a pensare che sia Kal-El che Clark Kent potessero convivere, trovando entrambi i propri spazi e i propri momenti.

Una cosa era certa. Se Clark Kent era tornato, il merito era gran parte, se non interamente di Lois Lane.

Sorrise nel notare come quel pensiero lo avesse colpito per la milionesima volta quel giorno e non poté evitare di lanciare uno sguardo di sfuggita alla mora reporter che sedeva alla scrivania di fronte alla sua, impegnata come sempre nel scrivere il miglior articolo di tutti i tempi.

Da quando entrambi erano tornati alle loro vite, Clark aveva notato come Lois sembrava pensare solo ed esclusivamente alla Macchia, fantasticando ad occhi aperti sull’eroe misterioso che salvava vite innocenti e adorava vivere nell’ombra.

Per quanto Clark sapesse che fosse stupido, non poteva evitare di essere geloso di quella parte di sé che sembrava occupare la maggior parte dei pensieri di Lois.

Che fine aveva fatto la ragazza che sotto tortura aveva confessato di amarlo? O quella che al matrimonio di Chloe e Jimmy l’aveva quasi baciato? O quella che gli aveva proposto di vedersi per prendere un caffè?

Probabilmente l’averle dato buca quella sera l’aveva convinta a dimenticarlo, se mai aveva iniziato a vederlo in modo diverso.

Eppure il modo in cui gli era corsa incontro, abbracciandolo ai piedi delle scale del Daily Planet il giorno in cui Clark Kent fece il suo ritorno; quell’abbraccio sotto la pioggia, quando pensava e temeva di averla persa per sempre o quelle poche ore in cui aveva avuto il vantaggio/svantaggio di poterle leggere i pensieri e sapere quello che in realtà pensava quando le stava vicino... tutti quei piccoli momenti gli tornarono in mente, accompagnati dalla sicurezza che per lei era decisamente qualcosa di più che un semplice amico o collega. E lo stesso discorso valeva per quello che lei significava per lui.

E ora che i suoi sentimenti erano perfettamente identici a quelli che provava lei, cosa gli impediva di chiederle di uscire, anche solo per mangiare qualcosa al volo?

La Macchia? Il suo segreto? La paura di mettersi nuovamente in gioco? Il terrore di sentirsi dire di no?

C’erano già passati e Clark sapeva che quelle erano soltanto scuse.

“Sai, Smallville, chi pensa troppo e non ci è abituato rischia di perdere sangue dal naso.” Gli disse ironica, approfittandone per punzecchiarlo in quel modo affettuoso, come solo lei sapeva fare. Clark dovette interrompere i suoi pensieri e si limitò a sorriderle.

Abbassò per un secondo lo sguardo sulla scrivania e valutò le parole di Lois molto attentamente prima di risponderle. “Sai, Lois? Hai proprio ragione.” Rispose alzando nuovamente lo sguardo, incrociandolo con il suo. “Direi che per oggi ho pensato anche troppo.”

Clark notò il sorriso di Lois, quasi certamente sorpresa che non le avesse risposto con una battutina, ma che addirittura le avesse dato ragione.

Ma in fondo, cosa avrebbe ottenuto se fosse rimasto lì a pensare ancora e ancora su cosa avrebbe dovuto dire o non dire? Su cosa era più giusto fare o non fare?

In fondo era abbastanza facile.
Buttarsi era l’unica cosa che avrebbe dovuto fare. Invitarla a cena era l’unica cosa che avrebbe dovuto dire.

“Che ne dici di mangiare qualcosa insieme?” Disse quasi con nonchalance, facendo risultare quel celato invito ad un appuntamento, quasi come se fosse la cosa più scontata del mondo.

Lois spalancò sorpresa gli occhi per un millesimo di secondo, ricomponendosi immediatamente e corrugando la fronte confusa. “Uhm… cenare insieme?” Chiese, ripetendo a sua volta la domanda che le era appena stata fatta.

Clark sorrise, capendo in anticipo e senza alcun potere che lo aiutasse a leggerle la mente, cosa Lois stesse cercando di fare. Decise di risponderle usando una tecnica che qualche tempo prima lei aveva usato con lui. “Sì, Lois.” Disse serio. “Sai, la cena è quel pasto che le persone normali hanno la sera, hai presente?”

Non poté evitare di sorridere quando Lois alzò un sopracciglio e incrociò le mani al petto quasi con fare scherzosamente minaccioso, avvertendolo che se avesse voluto vivere qualche altro giorno, avrebbe dovuto evitare di prendere in giro Lois Lane.

“So cosa è una cena, Clark.” Rispose con un sorrisetto ironico.

“Ottimo.” Sorrise. “Allora, è un sì o un no?” Le chiese, alzandosi dalla sedia per poi raccogliere il suo soprabito.

Vide Lois pensarci un po’ su prima di rispondere, quasi come se il bisogno di fare quella domanda che la turbava fosse impossibile da trattenere, ma il terrore di conoscere la risposta fosse altrettanto insopportabile.

Alla fine si lanciò e glielo chiese comunque. “Dipende. E’ un appuntamento?” Clark notò come cercò di mantenere il suo tono di voce normale, senza che nessun’altro notasse quanto il suo battito cardiaco fosse aumentato improvvisamente a causa della sorpresa e dell’eccitazione alla sola idea di avere un appuntamento con lui.

Ovviamente il suo super-udito gli fece cogliere quel particolare, facendolo sorridere e convincendolo che giocare e stuzzicare ancora un po’ Lois, sarebbe stato estremamente divertente.

“Dipende, Lois.” Disse avvicinandosi un po’ di più a lei e appoggiando il peso del suo corpo sul bordo della sua scrivania, invertendo per una volta le parti. “Vuoi che lo sia?” Chiese malizioso, come lei di sicuro avrebbe fatto se si fosse trovata al suo posto.

“Non fare questo giochetto con me.” Rispose seria, spostando lo sguardo dal viso di Clark allo schermo del pc che si trovava di fronte.

Rimase in silenzio per qualche secondo, senza mai staccarle gli occhi da dosso e annuendo colpevole con quello sguardo da cucciolo appena sgridato che solo lui riusciva a fare.
Lois aveva nuovamente ragione. Avevano fatto quello stupido giochetto del tira e molla per tanto, troppo tempo ormai, che senso aveva continuare ancora?

“Hai ragione.” Disse serio, quasi scusandosi per essersi comportato in quel modo così stupido solo pochi secondi prima. Lois si girò lentamente a guardarlo di nuovo e Clark non poté evitare di sorriderle. “Che ne dici semplicemente di uscire di qui, mangiare qualcosa e vedere come va?” Scosse le spalle, proponendo quella specie di appuntamento, sperando di non accrescere o stroncare le aspettative di Lois.

Per quanto lui fosse stranamente pronto per un vero e proprio Appuntamento, Lois sembrava avere un uomo di troppo nella testa in quel momento e forse prenderla con calma era la cosa migliore da fare per lei. Magari quella cena l’avrebbe aiutata a capire che era con Clark che voleva stare, non la Macchia.

Si diede nuovamente dello stupido per essere così geloso delle attenzioni che Lois riservava alla Macchia ed una frase che aveva sentito durante una delle sue notti di pattuglia, gli tornò alla mente.

Sai di essere innamorato, quando diventi geloso di te stesso.

Mai parole più vere furono dette.


Notò come Lois rimase ad osservarlo in silenzio per qualche secondo, mordicchiandosi il labbro pensierosa e ripetendosi mentalmente le parole che le aveva appena detto. “A me sembra comunque un appuntamento.” Disse seria scrollando le spalle, per poi mostrargli quel sorriso a mille watt che riservava solo per lui.

Clark sorrise a labbra serrate, scuotendo leggermente la testa divertito. “Se la cosa ti spaventa, Lois, possiamo chiamarlo ‘una specie di appuntamento’. Che dici?”

“Io? Spaventata da Clark Kent?” Rispose ironica, alzandosi dalla sedia per poi infilarsi la giacca e piazzarsi di fronte a lui. Rimasero a guardarsi in silenzio, l’uno negli occhi dell’altro per qualche secondo, dopodiché Lois gli sorrise, per poi dargli le spalle e incamminarsi verso l’ascensore. “Andiamo, Smallville, sto morendo di fame.”

Clark rimase ipnotizzato per qualche secondo dai movimenti sinuosi delle sue curve e dal dondolare ipnotico della sua coda di cavallo color cioccolato che dondolava ritmicamente, andando a tempo col rumore che i suoi tacchi facevano ad ogni suo passo.

Si allentò leggermente il nodo della cravatta, quasi questo gli impedisse di respirare, dopodiché si infilò il soprabito e più sorridente che mai, la seguì, raggiungendola di fronte alle porte dell’ascensore.

Clark Kent era tornato e finché la luce che lo teneva ancorato all’umanità che c’era in lui faceva parte della sua vita, non sarebbe mai più partito.

***


FINE


***

Piccola precisazione: la frase "Sai di essere innamorato, quando diventi geloso di te stesso." non è mia, ma l'avevo letta su un forum. Una ragazza dal nick Cyclonekat l'aveva scritta su uno stupendo wallpaper sulla nona stagione che aveva fatto durante quest'estate.
Per cui, se quella frase (che io adoro) è piaciuta anche a voi, le riferirò i vostri complimenti! :D
   
 
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