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Autore: Rowena Ollivander    21/10/2009    3 recensioni
Agosto 2008. L'uscita nelle sale di "Harry Potter e il Principe
Mezzosangue" è stata rimandata al 15 luglio 2009. Il cast si
è riunito per gli ultimi saluti prima delle "grandi
vacanze", ma una brutta sorpresa aspetta Rupert. Come
reagirà all'arrivo di un terzo incomodo?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Watson, Rupert Grint
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So here we are


“You got a faded sky.
You got no breathing room.
You got a wasted life.
You got nothing to do.
Get up.
Get off the floor.
I said get up.
Do something more.”

Get up - Chris Cornell



Quando aprì gli occhi la mattina dopo, Rupert non si curò di guardare l’ora né di aprire le persiane. Rimase semplicemente lì in penombra, nel letto a fissare il soffitto con le mani dietro la nuca.
Il pensiero costante di Emma non lo aveva abbandonato tutta la notte ed era tornato così a tormentarlo anche nei suoi incubi. Più di una volta nel suo sonno gli si era presentata la scena di un’Emma splendida più che mai nel suo abito bianco, che si accingeva a raggiungere all’altare un Jay in alta divisa. E lui non poteva fare nulla; relegato fuori dalla chiesa batteva sul vetro di una finestra per attirare la propria attenzione, ma invano perché i suoi pugni sul vetro non producevano alcun rumore. E urlava, urlava con tutta la forza che aveva ma dalla sua bocca non usciva nessun suono. Era impotente di fronte a un’azione che gli spezzava irrimediabilmente l’anima in mille pezzi. Al solo pensiero il cuore prendeva a battere all’impazzata e freddi brividi iniziavano a percorrere il suo corpo dalla testa ai piedi.
Rupert si passò una mano sulla faccia. Basta. Non poteva andare avanti così o sarebbe impazzito. Doveva fare qualcosa per togliersi quel peso. Sì, ma cosa?
Era già un po’ che ci pensava ma non gli era venuto in mente assolutamente nulla.
Non poteva di certo uccidere Jay, ma tanto meno sarebbe stato disposto ad andare d’accordo con quel damerino, senza contare il fatto che l’idea di fare loro le congratulazioni e stare a sentire l’intero racconto della “luna di miele” in Scozia non era nemmeno da prendere in considerazione!
Cos’altro gli restava da fare?
Rupert sbuffò ironico rivolto a sé stesso. Una cosa effettivamente gli restava da fare.
Dichiararsi.
Ma si poteva immaginare un’idiozia più grande? Lui che si dichiarava?!?! Oh certo e quando?! Prima che lei partisse per le sue due settimane con l’ attuale fidanzato?!? Così oltre che a distruggere un’amicizia si sarebbe fatto distruggere la faccia dal finanziere. See, ma figurati…
Eppure, irrimediabilmente, più ci pensava più quella pareva essere l’unica soluzione possibile. Perché mai la sua dichiarazione avrebbe dovuto rovinare la loro amicizia? Lei avrebbe detto sì oppure no, non ci sarebbe stato nessun motivo per arrabbiarsi con lui. Infondo avrebbe detto soltanto la verità; lui si sarebbe sotterrato all’istante per la vergogna, ma non si andava più in là di questo. E per quanto riguardava il salvare la faccia, nel vero senso della parola, beh quello avrà avuto anche sei anni più di lui, ma lui era comunque ben messo e non sarebbe stato lì fermo a prendersele e basta.
Rupert si tirò di scatto a sedere sul letto e prese velocemente il cellulare. Dall’altro capo del telefono provenne la voce di un Daniel in pieno primo risveglio
- Pronto? -
- Ciao, ehi, sono io. - rispose subito Rupert.
La debole voce di Bonnie risuonò in sottofondo - Chi è? -
- Rupert. - rispose Daniel distratto.
Rupert si schiarì la voce - Scusa se ti disturbo. Senti ti ricordi che l’altra sera Emma ci parlava del suo viaggio in Scozia? -
- E beh. - rispose poco entusiasta il moro, che Rupert poteva figurarsi ancora a letto con gli occhi chiusi e Bonnie tra le braccia
- Ti ricordi quando ha detto che partiva? -
- Alle dieci e mezza. -
- DI CHE GIORNO?!?!?!? - esclamò Rupert con voce isterica
- Ehm, oggi? - rispose Daniel in tono quasi ovvio
- OGGI?!? Come oggi?!?! - fece Rupert sempre più isterico
- Sì. -
- E… e da dove?! Da che stazione parte?!! - Le domande di Rupert si fecero sempre più veloci e cariche d’ansia mentre Daniel era sempre più incuriosito dal comportamento del suo migliore amico
- Victoria Station. -
Rupert prese la sveglia in mano: le 8:45
- E non fa fermate intermedie?! -
Ti prego, ti prego, dimmi di s…
- No, è un diretto per Edimburgo. - Daniel ci stava capendo sempre meno in quella conversazione; peccato che Rupert non gli lasciasse nemmeno il tempo di rispondere che già gli stava facendo un’altra domanda.
Rupert si mise una mano tra i capelli. Dannazione non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo!
- Oh merda… Ma oggi oggi?!?! Sei sicuro?!?!? -
Daniel era tentato di chiedergli se avesse mai sentito di un “oggi domani” ma preferì accantonare il sarcasmo; Rupert era decisamente isterico in quel momento
- Sì, l’ha detto lei… -
- Cazzo… - disse tra sé e sé il rosso
- Rupert, ma va tutto bene? - La voce preoccupata di Daniel risuonò dall’altro capo del telefono
- E A CHE ORA HAI DETTO CHE PARTE?!?!?! - urlò Rupert così forte che per un istante il moretto dovette allontanare l’apparecchio
- Alle dieci e trenta, ma… - Stava per chiedergli che cosa fosse successo, perché si comportava a quella maniera, quando Rupert lo liquidò con un frettoloso - Ok. Grazie. Ciao. -
Rupert si catapultò immediatamente giù dal letto; si mise in fretta il primo paio di jeans che trovò, si infilò le sue Converse e una maglietta e presi cellulare e portafoglio, si fiondò fuori dalla camera.
Al fondo delle scale però, quando stava per uscire di casa, si accorse di non avere le chiavi della macchina
- Ma merda!!!!!!! -
Tornò indietro più veloce che poté, facendo i gradini a due a due
- E la testa!!!!!!!!!!!! - si rimproverò ad alta voce afferrando le chiavi rimaste sul comodino.
A quel punto Rupert si precipitò nuovamente giù per le scale e chiudendo la porta d’ingresso dietro le sue spalle urlò un ultimo - Io esco!! -

L’orologio della macchina segnava le nove e mezza e quella poteva essere considerato tutto sommato un buon segno, visto che aveva percorso più di metà strada. Ok, magari non rientrando proprio precisamente nei limiti di velocità e facendo anche qualche sorpasso azzardato, però si poteva dire che era in orario sulla tabella di marcia.
La cosa che snervava Rupert era un’altra e non c’entrava niente con l’ora. Da quando i suoi genitori avevano regalato il cellulare a James, lui ci viveva praticamente in simbiosi; guai se non sapeva dov’era! Era sempre acceso e pronto sul comodino, in caso avesse dovuto rispondere ad un sms alle due di notte; quelle sì che erano priorità! Ed era proprio per questo che Rupert ce l’aveva a morte con lui. Perché l’unico dannato giorno in cui questa maledetta fissazione di James gli sarebbe tornata utile, lui cosa faceva? Aveva la bella idea di abbandonare il telefono chissà dove!!!!!!!!!!
Aveva già provato a chiamarlo 10 volte, ma quello semplicemente non rispondeva!!
Era questione di vita o di morte. Sì perché quando era uscito di casa Rupert non aveva pensato che cosa sarebbe successo alla sua auto nel caso lui avesse dovuto commettere l’atto estremo di prendere un treno al volo. Non poteva di certo lasciarla lì incustodita alla stazione, così al suo posto ce ne avrebbe trovate due. Se non tre. La sera prima suo fratello aveva menzionato il fatto che al pomeriggio sarebbe dovuto andare a Londra e a quel punto gli era venuto il lampo di genio. Aveva messo l’auricolare e aveva cominciato a far squillare il suo telefono, naturalmente, invano.
Ah ma gliela avrebbe fatta pagare car….
D’improvviso all’ennesima telefonata gli squilli cessarono prima del previsto
- …’ronto…? - biascicò una voce assonnata dall’altro capo del telefono
- Oh finalmente, eh?! - rispose Rupert esasperato. James, riconoscendolo, parve svegliarsi un po’
- Rupert! Ma che diavolo vuoi? E perché cavolo mi chiami al telefono?! Sei nella stanza a fianco! -
- No, imbecille, sono in macchina verso Londra e ho bisogno che tu mi faccia un piacere. -
Suo fratello si tirò a sedere sul letto, sbalordito
- In macchina?! Ma dove accidenti…? -
- Senti James dacci un taglio, te lo spiegherò più tardi. - lo interruppe Rupert. L’ansia cominciava a salire più la sua Mini si inoltrava nel centro di Londra - Tu adesso devi soltanto vestirti e prendere il treno per Londra, fino a Victoria Station. -
- Tu scherzi!!! Il mio treno parte fra tre ore!! - rispose scandalizzato suo fratello
- No, quello era il treno che dovevi prendere ieri. Adesso tu devi prendere quello che c’è fra meno di un’ora, perché devi venirti a prendere la mia Mini Cooper a Victoria Station e riportarla a casa stasera, chiaro?!? -
James era a dir poco confuso
- La Mini?! Io? -
- Sì, tu. -
- Ma se non me l’hai mai nemmeno fatta toccare con un dito! -
- Beh oggi mi sento magnanimo!! - La pazienza di Rupert era veramente agli sgoccioli - Prendi le chiavi di riserva di casa mia e cerca il doppione; dovrebbe essere nel cassetto del mio comodino. -
Passò qualche secondo senza che nessuno dei due aprisse bocca
- Senti, James, io sono quasi arrivato, mentre tu sei ancora nel letto. Vedi di muovere il culo, perché se mi fottono la macchina non avrai più le dita per toccare un bel niente, altro che la mia auto, sono stato chiaro?!?!? -
- Signorsì!! -rispose pronto.
Rupert rise e mise fine alla telefonata; poté quasi vedere suo fratello alzarsi di scatto dal letto e fargli il saluto militare.
Nonostante fosse vero che era quasi arrivato, per poco non gli venne un colpo quando incappò nella tipica coda che si trova quando si ha fretta. Restò incastrato a soli 500 metri per quella che gli sembrò una vita e quando finalmente riuscì a posteggiare la macchina nel primo parcheggio che gli era capitato a tiro erano le 10:22.
Rupert si fiondò versò l’ingresso della stazione; l’immenso tabellone dei treni davanti a lui, dava il diretto per Edimburgo in partenza in cinque minuti dal binario 9.
Dannazione non ce l’avrebbe mai fatta a parlare con Emma; l’unica soluzione era quella di salire sul treno. Ma doveva trovare il modo di fare un biglietto prima! In cinque minuti scarsi!!
Non ci sarebbe mai riuscito. Non sarebbe riuscito a fare il biglietto, avrebbe mancato la partenza e anche se fosse riuscito a fare tutto questo un bel volo dal finestrino di un treno in corsa Jay sicuramente non glielo avrebbe risparmiato. Pensava tutto questo mentre correva verso le casse e proprio in quel momento ne scorse una che stava chiudendo. Vi si precipitò davanti e tentò di fermare il bigliettaio; quando arrivò là davanti si accorse che era una donna
- Ohi! OHI!! -
- Ragazzo non lo hai visto il cartello? La macchina è guasta. Vai a un’altra cassa. -
Rupert si guardò intorno; le altre casse avevano almeno una fila di 5 persone e non era concepibile aspettarle tutte
- La prego, è una questione di vita o di morte! Ho bisogno di un biglietto per Edimburgo. -
- Per il treno che parte adesso? Non credo proprio riusciresti a prenderlo. Se vuoi ce ne è un altro far un paio d’ore. -
Sì certo!! In un paio d’ore quei due se li sarebbe persi
- Senta, io ho bisogno di prendere quel treno. La prego mi faccia un biglietto!! -
- E come? Ti ho detto che la macchinetta non funziona. -
Rupert non sapeva più che pesci prendere
- Beh, usi quella di uno dei suoi colleghi. -
La signora sembrò quasi indignata
- Spero che tu stia scherzando, figliolo! Buona fortuna per il tuo treno. Credo che te ne servirà -
e fece per abbassare la tendina, ma Rupert riuscì a fermarla nuovamente
- No, no, no!!! Signora, la prego!! Io ho bisogno di quel biglietto!! - La donna fece per parlare e probabilmente mandarlo al diavolo una volta per tutte, ma le parole che uscirono inaspettatamente dalla bocca del rosso la fermarono
- Senta, la ragazza che amo è su quel treno che sta partendo per Edimburgo e se non riuscirò a prenderlo e confessarle quello che provo, la perderò per sempre. Quindi la scongiuro, mi faccia un biglietto... -
Rupert non si accorse nemmeno di aver fatto quello che aveva fatto, ma la cosa che lo stupì di più fu vedere la signora allontanarsi verso una delle altre casse e tornare 20 secondi dopo con il suo biglietto per Edimburgo
- Spiacciati, ragazzo, il treno è in partenza. -
Rupert fece un sorriso a trentadue denti; non ci poteva credere, la signora si era commossa!! Le lasciò una banconota da 20 sterline e corse via.
Adesso che aveva il biglietto non poteva perdere il treno, non poteva. Si diresse verso il binario nove più veloce che poté; il cuore che batteva all’impazzata sembrava quasi volergli uscire dal petto.
La voce metallica dell’annunciatore comunicò che il treno era in partenza; era l’ultimo richiamo per i passeggeri ed era anche la sua ultima speranza.
Avanti, avanti! , pensava Rupert mentre faceva la gincana tra i passeggeri arrivati a destinazione.
Ce la posso fare, ce la devo fare.
E finalmente vide il treno.
L’ultima carrozza con la porta ancora aperta. Non ci pensò neanche per un secondo, si fiondò verso di essa e salì appena un istante prima che la porta si chiudesse con un tonfo alle sue spalle.
Ok, il meno era fatto, era riuscito a salire sul treno dove c’erano loro due. Adesso veniva il peggio.
Rupert contemplò Londra dal vetro della porta, mentre appoggiato a una parete aspettava di smaltire, almeno per un istante, il fiatone. Ma chi gliel’aveva fatto fare… Il sole illuminava la città e faceva pensare che sarebbe stata una delle rare belle giornate inglesi. Si rimise in piedi e mentre sperava fosse una buona giornata anche per lui, cominciò a percorrere il treno carrozza per carrozza, scompartimento per scompartimento, cercando in ognuno di essi il volto familiare di Emma.

Nel frattempo, nello scompartimento vuoto di uno dei vagoni in testa al treno, una ragazza, sola, guardava pensierosa, senza realmente vedere nulla, fuori dal finestrino.
Un rumore affrettato di passi nel corridoio attirò leggermente la sua attenzione. Emma si voltò verso la porta, ma non vedendo nulla, si rigirò, ma quando tornò ad osservare il paesaggio, le sembrò di scorgere nel vetro del finestrino il riflesso di… Possibile?
- Rupert? -si voltò perplessa, quasi convinta di aver chiamato un fantasma. Ma non era così.
Tre secondi dopo, infatti, Rupert spuntò sulla soglia dello scompartimento, richiamato indietro dalla sua voce. Era talmente stravolto da quella situazione che paradossalmente non si era accorto di lei, che adesso era lì, davanti a lui, vestita con un paio di jeans, una camicia bianca e un gilet rosso, che lo guardava senza capire
- Emma… -
- Rupert, ma… che ci fai qui? - gli chiese sorpresa.
A quel punto Rupert capì che non poteva più scappare. Entrò nello scompartimento e si piegò sulle sue ginocchia, davanti a lei; fu più forte di lui prendere le sue mani tra le proprie
- Senti, lo so che è tardi, non dovrei nemmeno essere qui. Tu stai partendo con Jay e io non sono nessuno per fermarti ma… -
Emma cercò di bloccarlo, scuotendo la testa e aprendo bocca per parlare, ma lui glielo impedì
- No, ti prego, fammi finire. Io ho bisogno di dirtelo. È egoista, lo so, ma… Tu non puoi partire con lui. Tu… meriti di meglio. Insomma, hai appena diciotto anni e lui… lui venticinque. Potrebbe essere tuo padre!! - buttò lì.
Emma lo guardò stranita, quasi in tono di rimprovero, come voler dire “Non stai esagerando un po’?!”
Rupert si arrese a quello sguardo
- Ok, magari no. Però è troppo grande per te! Quello che voglio dire è che… - Rupert prese un bel respiro - Io non sarò la persona più adatta e di sicuro non sono perfetto. Ma posso darti di più. Posso darti di più di due settimane in Scozia o di quel damerino o di chiunque altro. Commetto i miei errori, d’accordo. Ne ho appena fatto uno enorme e sto per farne un altro, ma se non lo facessi me ne pentirei per il resto della vita, probabilmente. Emma, io… io tengo molto a te e ti prego, ti prego non dirmi anche tu, perché se devo sentire ancora una volta la storia che sono come un fratello maggiore per te, giuro che mi butto dal finestrino! -
Emma rise divertita da quella battuta, ma inaspettatamente il volto di Rupert rimase serio
- Io ce le ho tre sorelle minori e mi bastano. E per te non provo le stesse cose che provo per loro. Non le provo per nessun altra e, vogliamo esagerare?, non credo le potrei provare per qualcun altro. Tu sei bellissima. - Emma arrossì
- Ecco, è questo che dico. Arrossisci per un idiota che ti fa un complimento, quando è da dieci anni che tutti ti fanno complimenti migliori di questo. Io ti amo, Emma. Io… io ti amo. È per questo che me ne sono andato due sere fa, è per questo che sta mattina ho preso la macchina e mi sono fiondato da casa dei miei alla stazione. È per questo che non devi partire con quel tizio. Adesso probabilmente lui è in piedi dietro di me e mi spaccherà la faccia per tutto ciò che ho detto. Ma è anche per questo che sono venuto. - concluse Rupert sorridendo, non molto convinto di quell’ultima frase.
Emma non aveva smesso un attimo di sorridere da quando lui aveva cominciato e non avrebbe di certo smesso adesso, soltanto per mettersi a piangere. Continuò a guardarlo, sorridendo come una bambina, poi sciolse il contatto con le sue mani, prese tra le sue il viso di Rupert e dolcemente, lo baciò. Così, in silenzio, come se il solo respirare fosse la loro unica colonna sonora, l’unica in grado di esprimere tutto quanto. Non c’era niente di più da aggiungere a quel bacio.
Quando si separarono, Rupert rimase per un istante a guardarla negli occhi, quegli occhi così limpidi. Quanto aveva pensato in quegli ultimi giorni a che cosa avrebbe perso per sempre se non fosse arrivato fino lì e adesso finalmente era riuscito a realizzarlo: tutto, avrebbe perso tutto.
Ma quello che aveva provato non era suo e fu in quel momento che si rese conto che qualcosa mancava in quel posto, qualcuno. La nuca iniziò come a prudergli e istintivamente si voltò verso la porta.
Fu allora che lo vide
- No, non c’è. Nessuno ti spaccherà la faccia, non oggi almeno. - gli disse Emma
Rupert si voltò nuovamente a guardarla
- Ma… io credevo fosse un diretto… - Emma annuì
- Lui semplicemente ha scelto di non venire. -
Rupert non riusciva proprio a capire
- Cos..? Perché? - le domandò.
Emma si alzò, portando così anche Rupert a farlo
- È successo l’altra sera, dopo il bar. Mi ha detto che forse non eravamo pronti e non lo saremmo mai stati. - sorrise - Ha fatto il tuo stesso ragionamento. E aveva ragione. Ma sai qual è la cosa che mi ha convinto di più? Lui ha detto che c’era già chi era alla mia altezza, chi si sarebbe occupato di me. Bastava solo guardare un po’ più attentamente. Parlava di te. Ti ha visto per nemmeno un’ora e già aveva capito tutto di te… di noi. -
Rupert ascoltava attentamente ogni parola e più Emma andava avanti meno poteva crederci. Il damerino, come lo chiamava lui, aveva capito tutto e prima di lui!
- Quella scusa improvvisa, il tuo modo di andare via, aveva capito che doveva esserci qualcosa che non andava. Non saresti mai andato via se lui non ci fosse stato, vero? -
Rupert scosse la testa
- Sono un pessimo attore. -
Emma gli si avvicinò - No. Io sono una pessima osservatrice. Jay mi ha chiesto se davvero non me ne fossi mai accorta. Il modo in cui ti comportavi, come mi guardavi… Ha detto che persino un ceco lo avrebbe notato. -
- Ok, ho capito, sono un disastro come attore! - concluse Rupert, prendendosi in giro. Ma dicendo anche un po’ la verità in fondo. Era uscito da quel bar convinto di non aver lasciato nessuna traccia del dolore che si portava dietro. A quanto pareva si era sbagliato. E meno male.
Emma gli si avvicinò e lo abbracciò
- Sì, sei un disastro a nascondere i tuoi sentimenti e te ne sono grata. -
- E perché? - le domandò lui stringendola a sua volta
- Perché è per questo che sei venuto fino qui oggi. Ed è per questo che ti amo. -
Avesse potuto in quel momento Rupert si sarebbe sciolto sotto i raggi del tiepido sole che entrava dal finestrino. Era incredibile come due piccolissime parole potessero farlo sentire.
Si chinò su di lei e la baciò. Non c’era davvero niente di più bello al mondo che stare tra le sue braccia e adesso ne era certo.
Si sedettero uno di fronte all’altro, tenendosi ancora per mano
- Beh allora sono stato fortunato a trovarti. Avresti anche potuto cancellare il viaggio. - sdrammatizzò Rupert
Emma non poté fare a mano di ridere; ci aveva pensato anche lei
- Mi piaceva l’idea della Scozia, non volevo rinunciarci. I mie genitori sono in Francia dai miei nonni e poi ho un’amica ad Edimburgo, l’avrei chiamata una volta arrivata in albergo. Ma credo che non lo farò. Sempre che tu voglia passare due settimane in Scozia con me. -
Rupert alzò le spalle
- Beh, ho il biglietto per Edimburgo e la migliore compagnia che potessi desiderare. Mi mancano vestiti, biancheria e contanti, ma sopravviverò. Più che altro dovrò telefonare a mia madre e dirle che non riuscirò ad essere a casa per cena. -


The End…?




Ed eccoci finalmente alla fine!! Anche se non si può parlare proprio di fine fine; ancora un paio di cosine da chiarire ci sono. Il prossimo sarà veramente l’ultimo!!
Allora come l’avete trovato? Lo so che la coppia di sottofondo Daniel/Bonnie è decisamente ovvia, ma avevo bisogno di un motivo per cui Rupert non avrebbe scomodato Daniel per la sua macchina. La telefonata con suo fratello mi piaceva molto!! Povero Rupert, quanto l’ho fatto correre!! Ma non è stato tenerissimo? Beh comunque sono i vostri pareri di cui ho bisogno e sono quelli che contano di più per me!!!

Noel_93: allora ti è piaciuto questo capitolo?!?! Spero tanto che ti abbia soddisfatto!! Mi fai quasi arrossire se mi dici così!! Adesso ci metterò veramente meno di una settimana per pubblicare l’ultimo capitolo, almeno spero Ah e se lo volessi sapere i miei fiori preferiti sono i garofani XD Ti voglio bene

Cedric M. Bubblehead:grazie tanto amore. Tu che sapevi che periodo era per me, grazie tantissime!! E poi qui bisogna festeggiare: ti ho fatto cedere!!! Adesso vedi qualcosa di positivo anche in Rupert (almeno nel “mio” ^_^). E la scena della sorellina mi è piaciuta così tanto immaginarla… sono contenta sia riuscita bene. Un bacione enorme

Beh, che dire. Cercherò di fare il più presto possibile per l’ultimo capitolo di questa fan fiction!!
Un bacio a tutti!!
Rowena Ollivander

  
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