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Autore: Rein94    22/10/2009    2 recensioni
"Non si aspettava un simile colpo di fortuna. Voleva ridere, ma aveva la bocca impastata di sangue e saliva, e la sua gola era secca. Fremeva. Ad ogni passo, ad ogni richiamo, fremeva di impazienza. Avvicinò lentamente la lametta al proprio polso, proprio sopra alle vene. Ecco, era quasi ora"
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Never more

Sentì la porta chiudersi, e si alzò lentamente e tremante. Aveva ancora l’iPod in mano e la canzone di poco prima nella testa, che scandiva con precisione ogni battito affrettato e incerto del suo cuore. Appena si fu assicurata che in casa non c’era nessuno a parte lei, cominciò a camminare in punta di piedi verso il bagno. A dire il vero, si sentiva un po’ stupida. In casa non c’era nessuno, e lei si comportava come una criminale, come se non avesse dovuto essere lì. Entrò e si assicurò di lasciare la porta bene aperta. Se davvero aveva intenzione di andare fino in fondo, voleva fare le cose per bene. Si fermò, con lo sguardo vitreo ma deciso, davanti al grande specchio del suo bagno e infilò una mano nella propria tasca per prendere qualcosa. Con un movimento rapido e deciso mosse il polso e con la piccola lama che aveva in mano fece un taglio appena sopra il sopracciglio. Una goccia di sangue cadde lentamente sopra al lavandino. Lo odiava. Odiava quel viso così simile a quello di sua sorella. Erano gemelle,no? Dovevano essere uguali,no? E allora perché al suo confronto si sentiva tanto insignificante? Perché era sua sorella quella che otteneva sempre tutto? Eppure erano così…uguali. “No” si disse mentalmente la ragazza “Non siamo uguali, non lo siamo mai state”.
Perché quando alle elementari e i genitori le andavano a riprendere a scuola era sua sorella quella che salutavano sempre per prima? Perché in classe tutti i compagni preferivano la sorella a lei? Perchè era sempre sua sorella a ricevere i regali più belli? Per quale motivo nessuno la considerava come una persona, ma solo come “la sorella di quella ragazza così perfetta”?
Una folata di vento entrò dalla finestra semiaperta, e fece sbattere le porta chiudendola. Lei si distolse per un attimo dai propri pensieri e accorse a riaprirla. Tutto doveva essere perfetto. Sorrise di soddisfazione immaginando sua sorella che tornava a casa e la ritrovava lì, immersa in un lago di sangue. Peccato solo che non avrebbe potuto vedere la sua faccia perfetta intrisa di dolore e disperazione, ma non poteva certo ottenere tutto dalla vita. Guardò di nuovo il suo riflesso, e una rabbia incontrollabile prese ancora possesso di lei. “Distruggerla. Voglio distruggere questa faccia. Voglio vederla soffrire.” Era stata proprio brava, aveva calcolato tutto. Aveva addirittura pensato di mettersi davanti allo specchio, per godersi la scena di quel viso così dannatamente identico a quello della sorella andare lentamente in pezzi, con gli occhi che lentamente diventavano vuoti e si chiudevano. Con la lametta sporca del suo stesso sangue, si colpì la guancia, le labbra, la fronte. Si sentiva bene, dannatamente bene. Si guardò allo specchio, e cominciò a ridere. Era una risata secca e disperata, alla quale ben presto si unirono lacrime copiose. Aveva la vista appannata dal sangue appiccicoso che scendeva sul proprio viso e sui propri vestiti, fino a macchiare il pavimento bianco. Le lacrime che si univano al sangue e che cadevano per terra facevano male, più male di tutte le sue ferite. Facevano male perché venivano dal suo cuore sanguinante. “Perché…?” era un sussurro debole e colmo di risentimento, che crebbe fino a diventare un urlo “PERCHè?” Come facevano due gemelle ad essere così diverse? Perché sua sorella aveva avuto tutto e lei niente? Perché non era spiritosa, socievole, simpatica, intelligente…perché non era come tutti gli altri? Perché non era normale? E soprattutto…perché nessuno poteva accettarla da diversa, così com’era? “Basta” il suo cuore, da sempre, non aveva fatto altro che scandire quelle parole ad ogni battito doloroso “Basta” non ce la faceva davvero più, si sentiva impazzire. Le faceva rabbia immaginarsi sua madre e suo padre abbracciare la sorella per confortarla perché, ovviamente, era lei quella che stava male no? Non si sarebbero minimamente preoccupati per lei, dato che ormai era morta. Non che le cose prima fossero state diverse, comunque. Se la immaginava, quella falsa perfettina, davanti alla sua tomba, mentre piangeva e chiedeva al vento perché non si era lasciata aiutare, perché non si era confidata, perché non l’aveva detto a nessuno. Un sorriso ironico nacque spontaneo sul proprio viso. Aveva quasi voglia di risponderle “Stupida, stupida, stupida. E tu saresti la mia gemella? Quella che mi capisce sempre, quella con cui condivido lo stesso cuore?” scosse la testa, e quel sorrisino inquietante scomparve dal proprio viso, lasciando posto a una smorfia si rabbia “Non puoi aiutarmi. Nessuno può. Tu  saresti rimasta immobile fino alla fine del mio discorso, annuendo quasi automaticamente, ma senza ascoltarmi davvero. Lo so, io ti conosco. Io ci tengo a te, sai?” sbatté i pugni contro lo specchio, che si mosse leggermente. Un’altra goccia di sangue cadde dal suo viso fin sul lavandino, producendo un ticchettio metallico e triste. “Mamma e papà invece avrebbero pensato che sono pazza. Mi avrebbero mandato da qualche strizzacervelli, che mi avrebbe fatto stendere su un lettino o roba simile e avrebbe cominciato a scrivere su uno stupido quaderno quanto gli sembro fumata da 1 a 10. No grazie, non sono così masochista” scosse lentamente la testa, e colpì di nuovo il proprio viso. Cercava di capire se le facesse male o no, ma l’euforia pazza di quel momento cancellava qualsiasi altra cosa. “Chissà” pensò “Magari funziona come con le bamboline vudù…se colpisco tante volte una bambola identica alla persona che voglio colpire le arriverà il dolore. Magari funziona pure con le persone. Dopotutto…” e si colpì di nuovo, con maggior rabbia, “…questo è anche il tuo viso” Era soddisfatta, sul serio. Per una volta l’attenzione sarebbe passata su di lei, invece che su sua sorella. Ormai mancava poco, davvero poco… “Ti ricordi, sorellina cara, che una volta hai detto che ti sarebbe tanto piaciuto capirmi?” continuava a parlare con il proprio riflesso, il riflesso di un volto triste e devastato “Ora esaudirò il tuo desiderio. Mi chiedo se sarai in grado di sopportarlo. Tu non sei come me, tu sei debole. Tu non sai cos’è l’angoscia” alzò le spalle, come a volersi giustificare “D’altronde non è colpa tua se hai avuto la vita che volevo io,no? Ma ora tu, tu così gentile, tu così perfetta…ora anche tu proverai la mia stessa angoscia”
Un altro taglio, e un altro ancora. Ormai il suo viso era una maschera di sangue “Dillo che l’hai pensato anche tu! Dillo che hai sempre pensato che io fossi pazza! Hai mai pensato a come stavo? Hai mai capito veramente cosa provavo?” Strinse i pugni, e la mano che teneva la lametta cominciò a sanguinare ancor più copiosamente “Nessuno l’ha mai capito! Io non sono pazza! Io lo so perfettamente cosa sto per fare, lo so cosa significa!” sbatté ancora i pugni contro lo specchio che cadde e andò in frantumi. I frammenti che le cadevano addosso le ferivano il viso e le braccia, mentre lei si accasciava sulle ginocchia. Sangue. Intorno a lei c’era sempre stato solo buio e sangue.
Sentì la maniglia della porta di casa abbassarsi, e qualcuno entrare. “Sorellina? Ci sei?” lei sorrise. Non si aspettava un simile colpo di fortuna. Voleva ridere, ma aveva la bocca impastata di sangue e saliva, e la sua gola era secca. Fremeva. Ad ogni passo, ad ogni richiamo, fremeva di impazienza. Avvicinò lentamente la lametta al proprio polso, proprio sopra alle vene. Ecco, era quasi ora. Fra poco sua sorella sarebbe stata abbastanza vicina da poterla vedere. I passi si fermarono. “So - sorellina?” la sua voce era incerta, spaventata “Cosa ci fai in ginocchio nel bagno?” Notò i frammenti dello specchio sporchi di sangue “Si è rotto lo specchio? Ti sei fatta male?” Felice. Oh, come si sentiva felice in quell’istante. Voleva assaporarlo al meglio, ma sapeva che doveva muoversi; fra poco l’odore del sangue sarebbe stato troppo penetrante e lei sarebbe svenuta. Cominciò a premere la lametta contro la sua pelle, prima piano, poi sempre più forte. Si voltò lentamente, sotto lo sguardo della gemella che si svuotava sempre di più mentre diventava consapevole della realtà. Premette la lametta più forte che poté, e vide il sangue uscire dal polso e schizzare dappertutto nella stanza, mentre lei si stava accasciando a terra. Mentre la sua testa sbatteva contro il pavimento freddo e i capelli si sporcavano di sangue, lo sentì. Un grido, forte, terribile. Un grido di terrore. Alla fine, era andata meglio di quanto credesse. Cavoli però, quanto faceva male…sarebbe passato presto, ma faceva male…terribilmente…E mentre una nuova lacrima sorgeva dal suo viso, i suoi occhi si chiusero per sempre.

FINE
  
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