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Autore: Butler    23/10/2009    11 recensioni
[Primo posto all' "One Piece Fanfic Contest] (Link alla fine della storia.)
L’uomo fissò per qualche secondo la cittadina assopita.
Uno spicchio di luna brillava nel cielo, simile ad un folle sorriso.
Marlow l’avrebbe preferita piena, o al massimo nuova. Avrebbe reso tutto molto più romantico.
Avrebbe dovuto accontentarsi.
Frugò nel suo lungo mantello nero, tirandone fuori un lungo flauto metallico, un’altra cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Era poco originale.
Sbuffò, poi appoggiò le labbra allo strumento e cominciò a suonare.
Tutti devono pagare i loro debiti, prima o poi; e per quel posto era giunto il momento.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DIsclaimer: purtroppo One Piece e tutti, ma proprio tutti, i suoi personaggi non mi appartengono. Altrimenti sarei ricca. Se scrivo fanfiction non è a scopo di lucro. Altrimenti potrei essere ricca XD

L’uomo fissò per qualche secondo la cittadina assopita.
Uno spicchio di luna brillava nel cielo, simile ad un folle sorriso.
Marlow l’avrebbe preferita piena, o al massimo nuova. Avrebbe reso tutto molto più romantico.
Avrebbe dovuto accontentarsi.
Frugò nel suo lungo mantello nero, tirandone fuori un lungo flauto metallico, un’altra cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Era poco originale.
Sbuffò, poi appoggiò le labbra allo strumento e cominciò a suonare.
Tutti devono pagare i loro debiti, prima o poi; e per quel posto era giunto il momento.
 
 
 
] DREAM SELLER [
 
 
 
Quell’isola si era rivelata una delusione sotto tutti i punti di vista.
Tanto per cominciare era piccolissima, e anche il Capitano, che di solito riusciva a vedere dell’avventura anche in un bicchiere d’acqua, era stato costretto ad ammettere che, effettivamente, quel posto non presentava molte attrattive.
Ma, purtroppo, era una tappa obbligata. Sia per la questione del log pose che doveva riposizionarsi, sia per il fatto che le loro provviste erano finite da settimane, obbligandoli a vivere di solo pesce.
Il cecchino aveva raccontato la storia di un uomo, che, essendosi cibato di pesce per tutta la vita, aveva avuto dei figli che avevano una pinna al posto del braccio destro. La storia aveva scatenato l’eccitazione di Rufy e il panico di Chopper, reazioni che erano state stroncate da una Nami molto stanca e molto irritata.
In sostanza, quindi, non avevano avuto altra scelta se non fermarsi.
L’unico centro abitato la occupava quasi interamente, trasformandola in un intricato labirinto di vicoli.
Nami e Robin erano state le prime a scendere dalla nave, intenzionate a raccogliere qualche informazione, sempre ammesso che ci fosse qualcosa di interessante da scoprire su quel posto.
Usopp invece si era offerto volontario di rimanere sulla nave, accusando un mal di pancia da “col-culo-che-abbiamo-di-solito-quest’isola-starà-sicuramente-per-esplodere” e Chopper aveva deciso di tenerlo sotto stretta osservazione medica.
Rufy invece era balzato giù dalla nave, trascinandosi letteralmente dietro Sanji, deciso più che mai ad obbligare il cuoco a comprare tutta la carne disponibile su quell’isola.
Zoro li aveva seguiti, più per noia che per reale curiosità.
Dopo un quarto d’ora di cammino, Sanji riuscì a liberarsi dalla presa ferrea del suo capitano.
- Hai almeno una vaga idea di dove stai andando? – sbottò irritato, guardandosi la manica sgualcita della giacca. Zoro intanto si era fermato a qualche passo da loro e stava fissando le finestre delle case che li circondavano.
- Sto andando dalla carne. – rispose Rufy convinto.
- Ok, - disse il cuoco, con il tono che di solito si usa con i bambini molto stupidi, o i pazzi molto pericolosi – ma sai almeno dove si trova la carne?
- Assolutamente no. – rispose l’altro per niente preoccupato.
Sanji si mise una mano sulla faccia, sconfortato, era finito in compagnia dei due campioni olimpici del: “non ho la più pallida idea di dove mi trovo”.
- Hei, voi due. Provate un attimo ad indicare il nord… – disse.
Zoro e Rufy indicarono automaticamente due direzioni opposte.
Il cuoco guardò lo spadaccino con aria allibita: ci aveva preso.
- No, aspetta – disse questo assumendo un’aria concentrata – di là. – concluse spostando il dito.
Sanji sospirò. Come non detto, il mondo non stava per finire.
- Lasciamo perdere… - commentò. – cerchiamo qualcuno a cui chiedere dove trovare un negozio da queste parti.
Zoro agitò una mano, come a voler attirare l’attenzione degli altri due.
- Cercare qualcuno? È almeno mezz’ora che siamo in giro e non abbiamo incontrato anima viva. – indicò le finestre. – sembra quasi che qui non ci abiti nessuno.
Ma Rufy non lo stava ascoltando. Stava fissando un cane che era spuntato all’improvviso da un vicolo poco distante.
L’animale li guardò, annusò per terra e se ne andò, per poi tornare dopo qualche secondo, abbaiando.
La scena si ripeté per un paio di volte.
- Seguiamo quel cane! – esclamò improvvisamente Rufy, che pur di movimentare un po’ la situazione sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa.
- Ti sei bevuto il cervello, per caso? Abbiamo di meglio da fare che non seguire un cane in questi vicoli dimenticati da dio… - rispose Zoro, ben deciso a non muoversi di un passo. Non era vero, non avevano decisamente niente di meglio da fare, ma seguire un cane randagio alla spera in dio sembrava proprio l’ultima delle cattive idee.
Ma era troppo tardi. Non appena il cane si fu incamminato un’altra volta, Rufy prese a seguirlo.
Gli altri due, loro malgrado, si ritrovarono costretti ad andargli dietro, vicolo dopo vicolo.
Svolta dopo svolta.
Zoro si grattò nervosamente la testa, aveva qualcosa di molto simile ad un cattivo presentimento.
O forse erano le pulci.
 
 
 
 
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Nami appoggiò la tazza sul tavolo macchiato.
- Che posticino allegro… - commentò, gettando uno sguardo agli altri avventori del bar.
Avevano occhiaie profonde, come se non dormissero da giorni.
Robin prese un sorso di the, poi rispose:
- Probabilmente siamo arrivati in un brutto momento – abbassò ulteriormente la voce e concluse. – Deve aver qualcosa a che fare con il fatto che in questa città non ci sono bambini. A parte quello nascosto dietro il bancone.
Nami si chiese solo per un attimo come la donna facesse a sapere del bambino dietro il bancone, poi le venne in mente che Robin aveva occhi ovunque. Nel senso letterale del termine.
Improvvisamente la porta del locale si aprì con violenza, facendo sobbalzare tutti. La temperatura era scesa di parecchi gradi in pochi secondi.
- Buona sera. – disse una voce gelida.
- Cosa vuoi, Marlow? – chiese duramente l’uomo che stava dietro al bancone, mentre per istinto si spostava per coprire il bambino.
Nami notò che aveva appoggiato la mano vicino ad un grande coltello da cucina.
Una donna nel frattempo si era alzata da uno dei tavoli e si era avvicinata al nuovo venuto. Con una mano lo colpì al volto, obbligandolo ad arretrare.
- Rendimi mio figlio… - disse con voce roca.
Marlow si strinse nelle spalle e rispose in tono piatto:
- Spiacente, ma non mi è possibile. Anzi, ero venuto a finire di riscuotere.
La mano del padrone si strinse sul manico del coltello.
Nami e Robin si irrigidirono istintivamente, mentre osservavano la scena in silenzio. A nessuna delle due piaceva la piega che aveva preso la conversazione, anche se erano ben lontane dal riuscire a capire cosa stesse succedendo.
Marlow fece qualche passo verso il bancone. Sapeva che il bambino si trovava li sotto: sentiva l’odore della sua paura.
Il suo mantello sembrava tirare proprio in quella direzione, quasi fosse dotato di vita propria.
Poi, come se avesse preso una scossa elettrica, si bloccò. Con un mezzo moto di stizza, si avviò verso l’uscita. Ma, prima di andarsene, si girò ancora una volta verso l’interno del locale:
- Mi sembrava di essere stato chiaro sul fatto che il cimitero fosse zona proibita. Avete mandato qualcuno a cercarmi? A cercare i bambini? – la sua bocca si piegò in un sorriso storto, quando vide l’espressione allibita stampata sulle facce delle persone davanti a lui. – sono… - annusò l’aria per qualche secondo – tre persone... Chissà, magari sono solo dei clienti.
Detto questo scomparve in un fruscio di stoffa.
L’atmosfera si rilassò notevolmente. Nessuno di loro sarebbe stato tanto stupido da andare al cimitero.
L’importante era tenere nascosto l’ultimo bambino: senza, Marlow non sarebbe partito, e loro sarebbero riusciti a guadagnare il tempo necessario a trovare una soluzione. O almeno così speravano.
Nami guardò Robin, con aria sconsolata.
- Stai pensando quello che penso io? – le chiese.
L’altra si strinse nelle spalle, con un mezzo sorriso.
- Vuoi dirmi che ti stai preoccupando? Per quei tre? Insieme?
La rossa sembrò pensarci un attimo, poi riprese a bere il suo the.
- No. Effettivamente no. – disse alla fine.
Robin annuì, per poi alzarsi e dirigersi al bancone.
- Mi scusi, - disse rivolgendosi all’uomo dietro il bancone – potrebbe raccontarmi cosa sta succedendo? I tre di cui parlava quell’uomo prima, potrebbero essere dei nostri compagni.
Fece una lunga pausa in cui fissò i suoi occhi in quelli dell’uomo.
- Sono forse in pericolo?
Quello la guardò per qualche secondo, poi stupendosi di se stesso, cominciò a raccontare.
 
 
 
 
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- È un cimitero. – disse Rufy, come se la cosa non fosse affatto lampante.
- Già, un cimitero… - gli fece eco Zoro, guardandosi intorno con aria truce. Qualcosa non andava.
- Quando avete finito di ribadire l’ovvio, possiamo anche andarcene, non vi pare? – si accese l’ennesima sigaretta con un gesto di stizza.
Erano arrivati  in quel posto seguendo uno stramaledettissimo cane, che naturalmente si era dileguato pochi secondi dopo aver varcato i cancelli arrugginiti.
Ma non era questo che lo irritava maggiormente.
A farlo uscire dai gangheri era il fatto che, tra una cosa e l’altra, avevano girato tanti di quei vicoli che… dannazione, si era perso.
Quindi ora erano tre gli idioti senza senso dell’orientamento.
- Voglio la carne… - disse Rufy in modo lamentoso, mentre il suo stomaco emetteva lo stesso suono di una valanga.
- Beh, - rispose il cuoco – qui non c’è nulla che possa fare al caso tuo… - rabbrividì: un pensiero, tanto macabro quanto disgustoso, si era fatto strada nel suo cervello prima che lui riuscisse a bloccarlo.
- Forse ho io quello che cerchi…
Un uomo si stava avvicinando a loro a grandi passi.
Improvvisamente, fu come se la luce di quel tardo pomeriggio non riuscisse più a scaldare l’atmosfera.
Zoro aveva già messo mano alle spade, il suo respiro si stava condensando in una nuvola di vapore; l’uomo gli lanciò un’occhiata carica di commiserazione. Lo spadaccino dovette fare un enorme sforzo di volontà per resistere all’impulso di staccargli la testa dal collo.
Rufy, invece,  fissava il nuovo arrivato con un sorriso a trentadue denti: chiunque potesse procurargli della carne meritava come minimo un monumento.
- Hai della carne? – chiese eccitato – Quanta?
Marlow si strinse nelle spalle e rispose:
- Tutta la carne del mondo… - fissò il ragazzino che aveva davanti con occhi privi di espressione – più di quanta riusciresti a mangiarne in tutta la vita.
Fu più o meno in quel momento che Rufy cominciò a sbavare.
Sanji aprì la bocca e fece per dire qualcosa, ma Marlow lo fermò con un gesto della mano.
- Sarò subito da voi. – disse.
Lo spadaccino e il cuoco rimasero fermi a fissare il loro capitano, senza sapere cosa fare.
D’accordo, quell’uomo ispirava la stessa fiducia di un cesto pieno di serpenti a sonagli, ma non potevano certo attaccarlo senza motivo. Purtroppo.
Marlow ricominciò a parlare:
- C’è un prezzo, però.
Il sorriso di Rufy si incrinò. Aveva passato abbastanza tempo per mare da capire che nulla era gratuito. Era giusto, ma a volte il gioco non valeva la candela.
Il mantello del mercante di mosse di lato, nonostante non ci fosse una bava d’aria,  e a Rufy parve quasi di sentire odore di carne alla brace.
- Quanto alto? – chiese.
- Il tuo cappello. – rispose l’altro, mentre nei suoi occhi passava un lampo di avidità.
Il ragazzo di gomma fece istintivamente un passo indietro e mise una mano sul cappello di paglia, quasi a volerselo assicurare alla testa.
- No… - disse, tornato improvvisamente serio – non posso darti il mio cappello.
Marlow si strinse di nuovo nelle spalle, ma il suo sguardo era duro.
- Niente pagamento, niente carne. – rincarò la dose.
Rufy scosse la testa, facendo un altro passo indietro.
- Non fa niente. Questo cappello è più importante di tutta la carne del mondo.
Marlow si diresse allora verso gli altri due, che non avevano abbassato la guardia nemmeno per un secondo.
- Vediamo cosa posso fare per voi… - disse, prendendo i lembi del suo mantello e allargandoselo dietro la schiena.
Zoro strinse la presa sulla katana.
Sanji morse più forte la sigaretta.
Senza sapere perché, avevano la netta sensazione che, di lì a qualche secondo, entrambi si sarebbero fatti del gran sangue marcio.
- Siete due clienti difficili… - commentò Marlow, senza tuttavia cambiare il tono di voce – ma credo di avere ciò che fa per voi.
Fissò per qualche secondo Sanji, poi riprese a parlare.
- Per te… ho una mappa. – un angolo della sua bocca si sollevò, in un mezzo sorriso senza allegria. – La mappa di un mare da sogno. Capisci cosa intendo dire, vero?
Sanji si gelò sul posto. Non era possibile che l’uomo avesse una mappa per l’All Blue. Doveva essere un imbroglio.
Eppure gli sembrava di sentire il suono delle onde e l’odore del mare. Scosse la testa, stava cominciando ad irritarsi: quello li stava prendendo per il culo.
Cosa avrebbe offerto allo spadaccino?
Un combattimento all’ultimo sangue con Mihawk? Una spada invincibile? Ma per favore.
Il mercante nel frattempo, aveva spostato la sua attenzione su Zoro. Se lo sguardo del ragazzo avesse potuto uccidere una persona, l’uomo sarebbe stato già all’altro mondo da un pezzo.
- Purtroppo non posso darti quello che cerchi… - disse questo, mentre anche l’altro angolo della bocca si alzava e il suo sorriso diventava completo e ancora più inquietante.
- Ma posso darti qualcosa che hai perso da un sacco di tempo.
Sanji si ritrovò a pensare che tra le falde di quel mantello, forse, c’era una boccetta di senso dell’orientamento.
Stava per fare una battuta, quando lo spadaccino scattò in avanti, con uno sguardo che esprimeva odio allo stato puro.
- Te lo faccio INGOIARE quel fottuto mantello. – non aveva urlato, ma forse sarebbe stato meglio se lo avesse fatto.
Il biondo scattò dietro di lui, per trattenerlo. Che diavolo poteva aver visto? Non lo aveva mai visto così infuriato, nemmeno nei suoi momenti peggiori.
Marlow non arretrò, lasciò andare un lato del mantello, mentre con l’altra mano lo alzava e fece un mezzo giro, proprio nel momento in cui i due si trovavano a portata di mano.
Il mantello si estese, finendo per ricoprire i due pirati. In un battito di ciglia, di loro non c’era più traccia.
Marlow sbatté le mani una contro l’altra, come a voler eliminare della polvere.
- Temo che saranno due articoli estremamente difficili da piazzare… - disse. Poi spostò lo sguardo su Rufy, che lo fissava con gli occhi sbarrati.
- O forse no. – concluse il mercante.
 
 
 
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- Un mercante? – chiese Robin interessata.
- Si – rispose il padrone del bar – ma non del tipo normale. Lui vende desideri.
- Si spieghi meglio, per favore.
- Qualche mese fa, una tremenda grandinata ha rovinato il raccolto. – l’uomo fece un ampio gesto con le braccia – Improvvisamente ci siamo ritrovati senza nulla da mangiare. Quest’isola è un po’ fuori mano… non abbiamo molti rapporti commerciali… e nemmeno i soldi con cui comprare provviste per tutta l’isola. Eravamo proprio con l’acqua alla gola…
L’uomo fece una pausa e cominciò a storcersi le mani a disagio.
- E in quel momento si è presentato il mercante? – lo spronò la mora.
- Si. Ci ha offerto di riparare completamente al danno fatto dalla grandine. Noi… noi gli abbiamo detto che non avevamo abbastanza soldi. Quello ha sorriso. – diede un pugno al bancone – Dannazione! Gli abbiamo detto proprio quello che voleva sentire.
- E voi avete accettato di dargli i bambini in cambio del raccolto? – chiese Nami esterrefatta. Improvvisamente quell’uomo non le faceva più così pena.
- No! Non lo avremmo mai fatto! – si difese lui. – Non ci ha detto cosa avremmo dovuto dargli in cambio… solo che un giorno sarebbe tornato a riscuotere. Non avremmo mai immaginato che avrebbe rapito i nostri figli… non avremmo mai accettato se lo avessimo saputo… - abbassò gli occhi.
- La vita per la vita. – commentò Robin assorta.
- Dove si trova quest’uomo? – chiese Nami, dalla sua espressione sembrava che le fosse venuta un’idea.
- Al cimitero. – rispose una donna che aveva assistito in silenzio alla conversazione.
- Allora è là che dobbiamo andare. – disse la rossa in tono risoluto.
L’uomo si fece quasi prendere dal panico.
- Non possiamo! Ha detto che li avrebbe uccisi, se ci fossimo avvicinati al cimitero!
- Mentiva. Se davvero i bambini sono la merce di scambio, lui non torcerà loro nemmeno un capello. I mercanti, di qualsiasi tipo e genere, non rovinano mai la propria merce. Mi creda.
L’altro sembrò ragionarci su per qualche secondo. Poi prese il coltello che era rimasto appoggiato sul bancone e lo soppesò nelle mani.
- Mia figlia è stata portata via da quel bastardo. – disse – Lei… lei ha sempre avuto paura del buio.
Lo sguardo dell’uomo si fece duro, la sua mano si strinse sul manico del coltello.
- Datemi il tempo di andare a chiamare gli altri. – disse.
Robin gli sorrise incoraggiante, poi si rivolse a Nami.
- Quindi li aiutiamo? – chiese.
L’altra annuì, mentre cominciava a montare la sua arma.
- Quel mercante deve essere ricco da far schifo. – disse.
- Ora i conti tornano. E i bambini?
Nami la fissò per qualche secondo e non ci fu bisogno di dire più niente.
L’infanzia non aveva rappresentato una bella esperienza per nessuna delle due.
Però ora avevano una famiglia. Qualcuno che si prendesse cura di loro.
Erano la dimostrazione vivente del fatto che tutti meritano una seconda possibilità.
- Naturalmente, i bambini. Fino all’ultimo centesimo. – disse convinta.
La mora ridacchiò.
 
 
 
 
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Sanji si guardò intorno. Alberi?
Era buio e lui era in una foresta. Fino a qui, niente di eccessivamente strano. Il mondo è pieno di foreste.
La domanda principale era: come ci era arrivato in una dannata foresta?
Si guardò le mani e per poco non cadde a terra dallo stupore: riusciva a vederci attraverso.
Si accorse in quel momento di non provare assolutamente nulla. Caldo, freddo, fatica. Niente.
Che diavolo era successo?
L’ultima cosa che ricordava era lo stupido Marimo che scattava contro il mercante.
Guardò il sentiero che si snodava davanti a lui e cominciò a camminare, sperando vivamente di riuscire ad arrivare da qualche parte.
Man mano che avanzava, il paesaggio si faceva più strano: gli alberi si sostituivano a montagne di oggetti impolverati. Di molti, il cuoco non riusciva nemmeno a immaginare l’utilizzo.
Improvvisamente il sentiero si interruppe, sfociando in un largo piazzale. Qualcosa nel suo centro attirò la sua attenzione.
Era qualcosa di sfocato. Nero, con una punta di giallo e, forse, c’era anche del bianco. Verde?
Si avvicinò, ma la massa non divenne meno sfocata. Assomigliava dannatamente ad un corpo.
Incontrò gli occhi sbarrati di quella massa indistinta, accorgendosi con orrore che erano uguali ai suoi.
Fu risucchiato.
 
 
- Ridammeli. – intimò Rufy, scrocchiandosi le dita. – Ridammeli, o giuro che ti ammazzo.
Marlow lo guardò con occhi privi di interesse.
- Uccidermi? – finse una risata – Tu non puoi uccidermi. Nessuno può.
- Possiamo scommettere se vuoi. – Rufy era furioso. Era una di quelle rare situazioni in cui il suo cervello lavorava a pieno ritmo.
- Non faccio mai scommesse che so di vincere. Io non posso morire. Non dissanguato, non avvelenato né di stenti… io sono immortale. È il patto che ho fatto con il mantello. Lui mi tiene in vita, io gli procuro i clienti.
Rufy decise che aveva ascoltato anche troppo, scagliò un pugno verso Marlow, che però lo evitò con facilità.
Il secondo pugno invece raggiunse l’obiettivo, ma il mantello riparò il suo padrone.
Il ragazzino ebbe l’impressione di aver appena colpito un muro di acciaio.
- Però, - disse Marlow, mentre nei suoi occhi passava di nuovo un lampo di avidità – posso rivenderteli.
 
 
 
La prima cosa che sentì, fu il pavimento duro sotto la faccia.
La seconda, un peso insostenibile che lo schiacciava.
Sanji fece forza sulle braccia per cercare di alzarsi e qualsiasi cosa fosse a schiacciarlo, rotolò di lato.
Si alzò, muovendo lentamente gambe e braccia, come se dovesse abituarsi di nuovo ad usarle, poi si girò.
La cosa in questione era Zoro.
Il cuoco si avvicinò al compagno, storcendo la bocca: lo spadaccino era sdraiato sulla schiena, con gli occhi sbarrati.
Faceva un po’ senso.
Sanji provò a muovere la mano davanti a alla faccia dell’altro, senza alcun risultato. Vivo era vivo… respirava.
Per un attimo fu tentato di dargli un paio di calci, giusto per togliersi lo sfizio, ma proprio in quel momento gli occhi di Zoro ripresero la messa a fuoco.
Lo spadaccino si portò una mano alla faccia, emettendo un verso gutturale.
- Ben tornato. – rispose Sanji, mentre si toglieva la polvere dai vestiti.
- Dove siamo? – chiese Zoro, alzandosi in piedi. Sembrava furioso.
- Nel mantello, suppongo. Ma non chiedermi come questo sia possibile… perché NON ho una risposta.
Ma l’altro non lo stava già più ascoltando. Stava fissando qualcosa con espressione indecifrabile.
Sanji seguì il suo sguardo; ciò che vide gli mozzò il respiro e gli fece contorcere lo stomaco.
- Ma che diavolo… - disse lo spadaccino, non riuscendo però a finire la frase.
La piazza in cui si trovavano, era circondata da una specie di tribuna, come quella di un anfiteatro.
Su ogni seggio era seduto un bambino, che fissava il piazzale con occhi vuoti; l’effetto complessivo era davvero inquietante.
- Tu avevi la stessa espressione, fino ad un secondo fa. – disse il biondo, accendendosi una sigaretta per stemperare un po’ la tensione. Poi concluse: - La merce non può andare in giro a fare i propri comodi.
- Noi possiamo. – gli fece notare l’altro, mentre controllava che le katane fossero ben assicurate alla pancera, in caso ci fosse stato bisogno di usarle.
Sanji si strinse nelle spalle, cercando di sembrare tranquillo, mentre in realtà l’ansia gli faceva torcere lo stomaco. Quei bambini, con gli occhi fissi puntati su di loro, sembravano quasi delle bambole.
Zoro dal canto suo, non sapeva come comportarsi. C’era qualcosa di decisamente storto, qualcosa di sbagliato. Qualcosa di marcio.
Dannazione… erano solo dei bambini. Che diavolo ci facevano in quel mondo dal cielo nero e dalle tinte di un cimitero?
Ripensò a quello che gli aveva offerto il mercante e un’ondata bollente di rabbia lo fece quasi tremare.
Qualcosa nelle tribune si mosse.
- Quella bambina… si è mossa. Ci sta guardando… - disse Sanji.
La aveva vista. Dannazione se la aveva vista.
Zoro non la degnò nemmeno di uno sguardo, limitandosi a fissare un punto imprecisato davanti a lui.
Lei si alzò e avvicinandosi velocemente, li salutò, alzando una mano.
- Ciao Zoro! Ciao tizio con le sopracciglia strane!
Sanji aprì e chiuse la bocca un paio di volte, senza però dire niente, per poi spostare lo sguardo sul suo compagno, che continuava a fissare dritto davanti a se. Al cuoco parve, per un attimo, di vederlo vacillare.
- Chi è? – chiese – perché ti conosce?
Nessuna risposta.
La ragazzina intanto li aveva raggiunti e aveva cominciato a girare intorno allo spadaccino, squadrandolo con aria critica.
- Accidenti come sei cresciuto! – commentò, sinceramente stupita.
- Una vecchia amica… - disse Zoro in un soffio, senza muoversi di un millimetro.
Il cuoco guardò il suo compagno, poi la ragazzina, poi di nuovo lui.
- Hem… - cominciò.
- È morta da almeno dieci anni. – lo interruppe l’altro. Non era più furioso. Era qualcosa di più.
Sanji poteva capirlo. Il mercante si stava prendendo gioco di loro. Aveva organizzato quello spettacolo semplicemente per vendetta. Per il fastidio provocatogli non da uno, bensì da TRE affari andati male.
Guardò la ragazzina, che sorrideva entusiasta.
I morti non tornano. Questo lui lo sapeva bene, così come lo sapeva Zoro.
- Io sono – disse lei, come in risposta al commento che lo spadaccino aveva fatto su di lei – la persona a cui Zoro ha promesso che sarebbe diventato lo spadaccino più forte del mondo. – sembrava andarne molto fiera.
Lo prese per mano e Zoro si irrigidì, stringendo l’altra sull’elsa della spada bianca.
Sapeva cosa stava per succedere, sapeva qual’era lo scambio. Kuina, in cambio della sua spada.
Solo che Kuina non era reale… non poteva esserlo. Cercò di tenere fuori dalla sua mente un pensiero che si stava facendo sempre più insistente.
- Devi sapere – continuò lei – che non è mai riuscito a battermi. L’ho battuto ben duemila volte.
Sanji vide le spalle dello spadaccino rilassarsi di botto. Il ragazzo sfilò la katana bianca dalla panciera, fece qualche passo indietro e la sfoderò, puntandola contro la ragazzina.
- Duemila e uno. – disse con voce fredda.
Lei si strinse nelle spalle:
- Ne ho dimenticata una, che sarà mai…
- Hai dimenticato quella sbagliata. - Zoro fece segno al cuoco di allontanarsi di qualche passo.
La ragazzina sembrò capire che il gioco era finito; era stata sconfitta.
Il suo sguardo si indurì, mentre la sua immagine si faceva sfocata e si estendeva.
- Ho paura che sia il mio turno… - commentò Sanji, emettendo una nuvoletta di fumo.
Improvvisamente, davanti a loro apparve un enorme ragno nero.
- Avrei davvero TANTO preferito una bella donna nuda… - disse, la sua voce incrinata da un leggero velo di panico.
Un fottuto ragno gigante.
- Fai finta che lo sia. – gli rispose Zoro in tono tetro, mentre si legava la bandana intorno alla fronte. – Un’enorme donna nuda. Pelosa e con otto gambe.
Sanji lo guardò con espressione mortalmente schifata.
- Credo che vomiterò. – disse.
Fece un profondo respiro mentre lo spadaccino partiva all’attacco, ben contento di avere qualcosa contro cui sfogare la rabbia accumulata nell’ultimo quarto d’ora.
 
 
 
- E quale sarebbe il prezzo da pagare? – Rufy aveva provato a colpirlo ancora un paio di volte, prima di rinunciare. Giusto per essere sicuro.
Marlow lo fissò con un ghigno, Rufy lo fissava impassibile. Sapeva già la risposta.
- Il tuo cappello. – disse il mercante.
- Sei proprio fissato eh?
- Diciamo che è diventata quasi una questione di principio. – un lampo di follia gli attraversò lo sguardo – perché perdere… perché morire, quando puoi semplicemente contrattare?
Rufy si tolse il cappello e glielo porse.
- Tieni. Ora rendimi i miei compagni.
Il sorriso di Marlow si spense.
- Davvero? Sei davvero disposto a darmi il tuo cappello? Il tuo tesoro? – sembrava quasi che non riuscisse a comprendere. Non gli sembrava uno scambio vantaggioso.
Quel cappello, con tutte le ambizioni che aveva impigliate tra i fili della paglia, tutte le promesse e le avventure, gli sembrava infinitamente più prezioso che non due persone in carne ed ossa.
- Si. – rispose il ragazzo di gomma, nel suo sguardo non c’era la minima traccia di incertezza.
Lo sguardo del mercante di fece sospettoso, forse c’era una fregatura.
- Perché? – chiese.
Rufy fece un passo avanti, sempre tendendogli il cappello.
- Perché loro sono più importanti. Più di tutta la carne del mondo. Più di tutti i miei sogni.
Di nuovo Marlow fece un passo indietro.
Nella sua lunga carriera, non gli era mai capitato di incontrare qualcuno come lui. Qualcuno in grado di resistere ad una sua offerta, o di metterlo alle strette.
Dove stava sbagliando?
- Perché? – ripeté.
- Litigano.
- Litigano? – il mercante ci capiva sempre di meno.
- Oh si. Un sacco. – rispose Rufy convinto, facendo un gesto ampio con le braccia per sottolineare le sue parole. – E sono tanto divertenti! Si insultano di continuo… ma alla fine, ognuno dei due darebbe la vita per quella dell’altro. O per la mia… o per quella di qualsiasi altro membro della ciurma. – la sua bocca si aprì in un sorriso. - È così che funziona nelle famiglie.
Marlow si raddrizzò, deciso a mettere a tacere quel ragazzino.
- Posso donarti l’immortalità… al posto di quei due.
Rufy lo guardò come se gli mancasse qualche rotella.
- No, grazie. Che senso ha vivere per sempre, da solo?
Da solo?
Lui gli aveva appena offerto il sogno di ogni uomo… e quella era la risposta?
- Un giorno morirai. – disse.
Rufy si strinse nelle spalle:
- Lo fanno tutti prima o poi… ma una vita senza avventure e senza i miei amici, sarebbe molto peggio della morte. – fece una pausa – Non hai idea di quante volte io mi trovi a ripetere queste cose. La gente come te proprio non la capisco…
- Ci credi davvero?
- Assolutamente si.
Fu in quel momento che Marlow cedette. Lui aveva rinunciato a tutto pur di sfuggire alla morte: alla sua casa, al suo passato. Alla sua libertà.
Quel ragazzino invece era pronto a rinunciare a tutto, pur di salvare i suoi compagni.
Non era assolutamente logico. Era un affare destinato a non dare assolutamente alcun frutto.
- Basta. – disse, mentre afferrava il suo mantello.
 
 
 
- Non sei per niente d’aiuto, sappilo! – urlò lo spadaccino, mentre cercava di evitare di rimanere schiacciato da una delle enormi gambe pelose del ragno.
Con la coda dell’occhio vide Sanji prendere un profondo respiro e fare un passo avanti, per poi alzare gli occhi sul mostro e diventare bianco come un cencio.
Zoro non poté fare a meno di ghignare. Avrebbe potuto rinfacciarglielo fino al giorno della sua morte.
Improvvisamente il pavimento in pietra si mise a tremare violentemente.
Il ragno perse l’equilibrio sulle zampe e Zoro ne approfittò per staccargliele, poi ricadde a terra malamente, cercando di riuscire a tenersi in piedi per più di cinque secondi.
- Vuoi dargli tu il colpo di grazia? – urlò al cuoco, che invece non sembrava avere problemi di equilibrio.
- No, grazie! – rispose quello. – Fa troppo schifo.
Zoro riuscì finalmente a mettersi eretto.
- Sei davvero coraggioso…
- Crepa. – rispose quello, tenendosi comunque a distanza di sicurezza dal ragno.
- Dopo di te. – ribatté lo spadaccino, scattando per dare il colpo di grazia al mostro.
In pochi secondi, lo scontro era finito, ma la terra continuava a tremare anche se il terremoto si era ridotto ad una continua e irritante vibrazione del terreno.
Di colpo i due si sentirono davvero molto osservati.
Si girarono all’unisono verso le tribune, solo per vedere ciò che già si aspettavano.
- Di loro ti occupi tu. – disse lo spadaccino – io mi sono liberato del ragno gigante.
- Stai scherzando spero.
Su un sedile da qualche parte, un bambino cominciò a piangere, subito seguito da molti altri.
 
 
 
Marlow si sfilò il mantello, poi, guardandolo con il solito sguardo impassibile, lo lanciò in aria.
Il pezzo di stoffa sembrò volteggiare per qualche secondo, per poi assumere una forma simile a quella di un enorme corvo.
La bestia guardò il mercante, come se stesse aspettando che quello le dicesse cosa fare.
- Vai.
Il mantello non esitò nemmeno un attimo, ma scattò verso l’alto e si dissolse, come se qualcuno avesse tirato un filo e avesse disfatto la trama.
- Che hai fatto? – chiese Rufy, fissando il punto in cui, fino ad un secondo prima, si trovava il mantello.
- Diciamo che… - Marlow piegò la testa di lato – mi sono licenziato.
- E tutti i debiti di cui parlavi?
- Non te ne devi preoccupare. – disse. Poi anche lui si dissolse, rivolgendo un ultimo sguardo a Rufy.
Non era più freddo, né folle, né avido. Era sereno e, forse, un po’ timoroso.
- Tienitelo stretto il tuo cappello. E tieniti stretti anche i tuoi amici, se per te sono così importanti. – disse, prima di scomparire del tutto.
Il sole passò oltre la linea dell’orizzonte.
Rufy si ritrovò senza un avversario, nella semioscurità del cimitero che, improvvisamente, si era fatto decisamente affollato.
Da una parte, Nami e Robin stavano avanzando verso di lui, seguite dai cittadini che non potevano credere ai loro occhi.
Dall’altra, si trovavano Zoro e Sanji, circondati da un esercito di bambini e ragazzine esterrefatti. Lo spadaccino aveva tra le mani un bimbo e lo teneva distante, come se fosse stato una bomba in procinto di esplodere.
Robin si avvicinò a loro e sussurrò con fare cospiratore:
- Sono tutti vostri?
I due la guardarono scandalizzati, poi si guardarono. Riuscirono a stento a reprimere il conato di vomito.
 
 
 
 
] DREAM SELLER [
 
 
 
 
Dopo che tutti i bambini furono restituiti alle loro famiglie, Rufy si avvicinò ai due compagni ritrovati, che ancora facevano fatica a guardarsi in faccia senza avere la nausea.
I due lo fissarono, in attesa.
- Ragazzi… - disse Rufy, serio come non mai, facendo una lunga pausa per aumentare la suspance. – ho fame.
Il calo di tensione fu quasi devastante.
- Ma – riprese il capitano – voi valete almeno quattrocento cosciotti. Sappiatelo.
Zoro e Sanji si guardarono, poi guardarono il ragazzo.
- Certo… - disse il cuoco – andiamo a cercare qualcosa da infilargli nello stomaco, prima che ci scambi davvero per dei cosciotti.
Rufy assunse un’aria vagamente imbronciata.
- Io dicevo sul serio.
Zoro annuì, alzandosi e incamminandosi.
Quattrocento cosciotti… si sentivano lusingati.
Lo stomaco di Rufy brontolò.
Zoro aveva sbagliato strada.
Sanji si accese l’ennesima sigaretta.
Certe cose non cambiano mai… ed è proprio questo il bello.
I sogni non vanno comprati, vanno rincorsi e vissuti. Questo loro lo sapevano bene.

 

 

 

 

] DREAM SELLER [
THE END


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Questo è il link che riporta ai risultati del contest: http://www.blueisland.it/onepiece/contest.htm 
L'ho pubblicata qui con ESTREMO ritardo... perchè il mio pc mi ha tradita ç_ç
Spero che vi sia piaciuta... e che vorrete fare lo sforzo di lasciarmi una recensione ç_ç pleaaase
See you! (A tra moooolto mooolto tempo, se le cose vanno avanti così °_°)
Butler
  
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