Non voglio
perderti
Capitolo 3
Evie si
avvicinò con coraggio, con il sorriso sulle labbra. Si sentiva molto forte in
quel momento. Lei.. ce la stava facendo!
Le parole
di una canzone che sentiva ormai da diversi giorni la mattina alla radio le rimbombavano nella testa.
Quante volte ho pensato di dirtelo
Quante volte ho pensato di farcela
In quei
mesi l’aveva pensato tante volte, ma si dava già perdente. Tante volte si era
proposta di dichiararsi, ma ci aveva sempre ripensato.
Ora invece
stava per dichiararsi. Ce l’avrebbe fatta! Chissà com’era tenere per mano Matteo. Si fermò un attimo,
socchiuse gli occhi e iniziò a sognare.
Era per strada e pioveva. Pioveva
forte. Aveva dimenticato a casa l’ombrello e i capelli
ormai bagnati le cadevano sulle spalle. Odiava la pioggia. Così triste, così.. insopportabile!
E d’improvviso lo vide.. Lontano, venire verso di lei piano, con il suo solito
passo spensierato, con quel sorriso che le faceva venire il capogiro.
Lo vedeva sempre più vicino, sempre
più vicino…
- Evie!
Ciao! Hai bisogno di un passaggio? – chiese lui indicandole l’ombrello.
- Oh..
ciao Matti! ecco.. sì grazie! –
Per tutta la strada continuarono a guardarsi sorridendo. Non dissero niente. Ma è proprio vero che a volte uno sguardo vale più di cento
parole.
Arrivarono sotto casa di Evie. Era passato così veloce
quel momento in cui erano stati insieme.
- Beh, allora ciao! – Lui le si avvicinò lentamente. Lentamente, piano piano, fino a toccare le sue labbra. Dapprima con
delicatezza, quasi per paura di essere respinto. E poi
sempre più dolcemente, lasciandosi trasportare da quel bacio improvvisato. Evie si sentiva sulle stelle.. Era
il suo primo vero bacio.
- Evie?? Evie?? Stai dormendo? –
Matteo la scrollò violentemente.
- Oh.. no.. vedi… ecco.. io.. – Inizio a balbettare, mentre le
guance le si coloravano leggermente di rosso. Non era un tipo che arrossiva
facilmente. Se lo faceva, lo faceva in condizioni
veramente estreme. E quella la era.
- Tutto
bene, Evie? –
- No, ecco.. vedi, Matteo.. questa è per te! – gli diede la lettera e
scappò via. Lontano, più lontano che poteva. Arrivò in
bagno e solo lì si fermò a pensare.
Che
figura che aveva fatto! Matteo avrebbe pensato che lei era
una bambina. Scappare così..
E poi quando si era messa a sognare. Le sue labbra le erano sembrate
così vere e autentiche. Così calde, così fantastiche.
Quante
volte avrebbe continuato a sognare quel momento? Quante volte avrebbe
continuato a sognare di poter sentire il calore delle sue labbra sulle sue?
Troppe
volte, troppe. Sarebbe stato per lungo tempo il suo sogno più frequente. Un
sogno. Sempre e solo un sogno.
La
campanella risuonò ancora e fu costretta a ritornare in classe. Lo vide, lui stava leggendo la lettera con i suoi amici.
No, non
poteva essere così! Non poteva averla letta con i suoi amichetti! Avrebbero
iniziata a prenderla in giro.. No! Lei non voleva che.. tutti sapessero che lei, Evie Carì, la “secchiona della classe”, andava dietro a Matteo.
Non, non potevano saperlo!
Lo sapeva, aveva sbagliato. Era stato uno stupido errore.. Perché non aveva dato retta al suo cuore, piuttosto che a
quello che dicevano gli altri?
Lo vide
sorridere. No, non stavo sorridendo, stava RIDENDO, il che è
completamente diverso. Stava ridendo di lei?? Dei suoi sentimenti, di quello
che provava? Lo sapeva, lo sapeva.
Non
avrebbe mai dovuta dargliela quella lettera. Quella
maledetta lettera.
Si sedette
al suo banco e lo guardò per un’ultima volta. “Matteo..
perché sei entrato così nel mio cuore?” si domandò, prima di tirare fuori il
materiale per l’ora successiva.
Vi siete
mai sentiti molto diversi? Sì, diversi dagli altri.
Tutte le
vostre compagne stravedono per i ragazzi perfetti, i classici alti, biondi,
occhi azzurri. Quelli carini, i classici “boss”, quelli
abituati a vedere tutti ai loro piedi.
E voi
invece.. Quando li vedete non vi fanno né caldo né
freddo. Sì che sono carini lo ammettete, ma vi lasciando completamente
indifferenti.
Mentre
quando passa quel ragazzetto, alto poco più della vostra spalla, con occhi e
capelli marroni come mille, che non ha niente di speciale, vi
inizia a girare la testa.
Non vi
sentite diversi? Diversi dagli altri?
E
allora iniziano i quesiti, le domande, i dubbi. Perché
anche io, come loro, non posso innamorarmi del “figo”
del gruppo? Perché?
Cosa ho
io di diverso?
E
perché poi, mentre le altre prendono il primo bigliettino e scrivono “Ti vuoi
mettere cn me? Risp”, io
devo perdere il mio tempo a scrivere lettere, lunghe facciate e facciate?
Perché
se lui non mi saluta devo andate in tilt, iniziare a sentirmi trascurata, a
pensare che non mi sopporta, che non mi vuole bene? E perché invece loro se si accorgono che uno non le
vuole, dopo una, massimo due settimane, se ne trovano
un altro?
“Cosa ho io di diverso?” Era questo che si domandava Evie tornando a casa quel
lunedì pomeriggio di autunno.
Matteo non
le aveva detto niente. Neanche una parola. Neanche un
“grazie”, un “ci penserò”. Niente, di niente.
Non si
aspettava di ricevere una risposta immediata, ma almeno una parolina, una
frase, un qualcosa che le facesse capire che non era
rimasto indifferente davanti alla sua lettera.
Si era
limitato a ridere con i suoi amici. Basta. Era questo che intendevano
le sue amiche? Lei, davanti a una scena così, non si
doveva pentire di aver dato quella maledetta lettera?
Quanto fa male l’indifferenza. Ma tanto. Ti fa sentire inutile,
inesistente. È peggio di cento pugnalate al cuore.
“Mi dirà
qualcosa domani.. Magari è solo timido” disse cercando
di consolarsi.
No, la
speranza ce l’aveva ancora. Per fortuna.
Arrivò a
casa distrutta, mangiò un piatto di pasta e si precipitò a dormire. Era stanca,
esausta di quella giornata ricca di emozioni.
“Tutto può
cambiare.. Domani è un altro giorno, un giorno nuovo. E sono sicura che finalmente Matteo si accorgerà di me. Ne
sono sicura…” Pensò Evie prima di lasciar che la
stanchezza prendesse il sopravvento su di lei, lasciando lo spazio ai sogni. I
sogni…