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Autore: Hinata_Dincht     23/10/2009    7 recensioni
"I due bambini lavorarono per quella che poteva sembrare un’ora o semplici minuti, finché non intravidero qualcosa di bianco avorio nella terra. Spianarono la terra, abbastanza per vedere che quel qualcosa di bianco avorio era una mano scheletrica." E se gli incubi ti portassero alla Vigilia di Natale in un giardino un po' troppo sospetto? Lievissimi accenni al triangolo Neji x Hinata x Sasuke. Fan fiction classificatasi 3° al concorso "The Nightmare Before Christmas Contest", aggiudicandosi il premio "Giuria"; ha partecipato anche al concorso "Naruto No Limits", classificandosi 5° a pari merito e aggiudicandosi il premio "The Most Interesting Story"
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Neji Hyuuga, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! ^^

Che dire... Ho sempre adorato il cartone di Nightmare Before Christmas, ci sono cresciuta con Jack! Per questo ho molto a cuore questa fan fiction.

Spero sia di vostro gradimento!

Credits: Questa storia è liberamente ispirata al film di animazione di "Nightmare Before Christmas", di cui io non detengo alcun diritto; i personaggi dell'anime\manga "Naruto" non sono di mia proprietà.

***

Un grido nella notte plumbea.

La piccola Hinata si dimenò fra le lenzuola combattendo contro il sudore freddo che si era appiccicato alla sua pelle e non si era più staccato. Poi andò a sbattere contro qualcosa di solido, uscendo dallo stato di dormi-veglia.

- Hinata, ma che diamine stai facendo?!-

Qualcuno bisbigliò minacciosamente nel buio.

- Neji, ho fatto un brutto sogno- rispose la bambina cercando di avvicinarsi al cugino che dormiva nello stesso letto, ma senza successo.

- E’ per questo che mi hai mollato un calcio nel bel mezzo della notte?- domandò il bambino, evitando le attenzioni della poveretta spaventata.

Il silenzio piombò nella stanza, ma Neji poté quasi percepire il movimento d’assenso della cugina.

- Quando la smetterai di frignare e svegliarmi tutte le notti? Ormai sei grande!- borbottò irritato Neji.

Hinata fissò stranita il buio, stringendo forte al petto il braccio del cugino: ma se sono grande a sei anni, si chiedeva, a quindici diventerò già vecchia?

I suoi pensieri infantili vennero interrotti dal tono disgustato di Neji:

- Te la sei fatta di nuovo sotto, vero? Bleah!-

La bambina arrossì fortemente, imbarazzata.

Improvvisamente una luce si accese nella casa e pesanti passi risuonarono per il corridoio che fecero rimbalzare il cuore dei due fino alla gola.

La porta si aprì violentemente, ed il cipiglio arrabbiato e rigido del padre di Hinata si affacciò dallo stipite.

- Chi è stato a urlare?- domandò freddamente.

I due bambini spauriti si alzarono dal letto, facendo cadere le lenzuola a terra, il cuore che batteva a mille. Hinata non ebbe il coraggio di alzare gli occhi sulla figura del padre e li tenne bassi sul pavimento, fino ad incontrare due bottoni che la fissavano.

La bambina raccolse Itachi, il suo orsacchiotto, per farsi coraggio.

- Allora?- domandò l’uomo austero, prima fissando la figlia ed il nipote, poi facendo girare lo sguardo in giro per la camera assicurandosi che fosse tutto nella norma, fino a farlo cadere sul letto.

Un’espressione disgustata si formò sul suo volto.

- Chi è che l’ha fatta nel letto?-

Il tono della voce fece trasalire i bambini, e nella stanza accanto un pianto chiassoso scoppiò.

Hinata fissava terrorizzata la figura del cugino, cercando conforto, ma quello la evitava guardando il lume che lo zio teneva in mano.

La bambina strinse forte Itachi al petto: sapeva che cosa l’aspettava.

- Non mi avete sentito? Voglio sapere chi è stato!- urlò irato l’uomo.

Hinata sentiva lo sguardo del padre forte e opprimente sul suo capo, e intuiva che lui sapesse già il nome del colpevole.

- Io-

La bambina alzò lo sguardo sul cugino disorientata, e lo vide ritto e sicuro della sua risposta.

- Sono stato io- ripeté il bambino, e nemmeno una nota di umiliazione trasparì dalla sua voce.

La cugina alzò lo sguardo sul padre e lo vide vacillare per un momento.

Poi con determinazione prese il nipote per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza, richiudendo Hinata nella stanza buia, mentre le urla della bambina nella stanza di fianco si spegnevano a poco a poco.

La bambina si risistemò nel letto, abbracciando Itachi.

Aveva visto lo sguardo che le aveva lanciato il cugino prima di uscire.

“ Ci vediamo domani. Non urlare ancora, sennò svegli Hanabi”

Questo voleva dire il suo sguardo.

*

Hinata faceva girovagare la forchetta sul piatto senza tentare di prendere niente in particolare. Non che le dispiacesse il cibo che la cuoca preparava con cura e meticolosità ogni giorno, ma l’appetito le era improvvisamente passato vedendo Neji con un vistoso zigomo nero.

- Hinata, mangia. Non giocare col cibo- la rimbrottò severamente il padre, che come ogni sera, cenava silenziosamente osservando i due bambini e la tata che dava da mangiare alla figlia più piccola.

- Sì, padre- rispose sommessamente Hinata.

Neji sembrò fare una smorfia e farle il versetto.

La bambina si concentrò sui piselli e sulle carote per non scoppiare a piangere. Suo padre non amava affatto i piagnistei a tavola.

Aveva girovagato tutto il giorno per la casa, aspettando il ritorno del cugino, ma sapeva che prima di sera non sarebbe ricomparso; era così la punizione: si stava rinchiusi in una stanza piena di mostri e di ombre cattive per tutto il giorno, senza potersi lamentare. A volte però, pensava Hinata, papà se la prende troppo con Neji e gli lascia brutti segni.

Così, senza sapere cosa fare, era uscita in giardino e si era seduta insieme ad Itachi sull’altalena sconsolata che pendeva dal melo.

Era stata molto attenta a non sporcare di terra il vestitino giallo, perché sapeva che il padre si sarebbe infuriato. Era stata lì tutto il giorno parlando un po’ con le piante e un po’ con gli uccellini che di tanto in tanto le facevano visita.

Era stata una giornata noiosa: quando poi si era stancata anche del giardino era rientrata nella grande villa e aveva cercato, come faceva sempre con Neji, possibili nascondigli segreti dietro i quadri o in soffitta, senza successo.

All’ora di cena aveva rivisto Neji, ma era preso peggio del solito.

Però suo padre non era sempre stato così “cattivo”: le pareva di avergli visto in volto anche dei sorrisi, molto tempo prima, quando c’era ancora la madre.

Ora invece, non faceva altro che visitare i pazienti, che in quel periodo abbondavano più che mai, e arrivava a casa sempre più stanco, stressato ed irritato.

Mentre gustava la tenera carne, si ricordava di come la madre gliela tagliava in fini pezzettini in modo che potesse ingerirla senza problemi, di come l’incoraggiava dolcemente a mangiare con un sorriso; ma questi erano ricordi molto vecchi. Il suo sorriso poco a poco aveva iniziato a sciuparsi, fino a diventare qualcosa di simile ad una smorfia forzata.

E questa era la sua situazione poco prima che scomparisse.

Suo padre non aveva mai dato una spiegazione chiara quando Hinata scoprì che tutte le sue cose erano svanite in una notte, mentre lei e Neji dormivano beatamente.

Hiashi Hyuuga aveva detto che ufficialmente sua moglie era tornata in Europa, a Venezia, da sua madre, perché quella era malata gravemente; ma Hinata sapeva che c’era qualcosa di totalmente sbagliato.

Comunque sia, dalla presunta partenza di sua madre, il sonno della piccola Hyuuga era diventato sempre più tormentato, affollandosi di un incubo ricorrente.

- C’è qualcosa nel tuo piatto?- domandò Hiashi, contrariato dal fatto che sua figlia stesse fissando impalata il cibo davanti a lei.

- No, padre- sussurrò appena la bambina, riprendendo a mangiare di controvoglia.

- Allora, cosa c’è di sbagliato?-

- Niente, pensavo alla mamma. Potresti raccontarmi qualcosa di lei, padre?- chiese ingenuamente Hinata, alzando lo sguardo sul genitore. Una forchetta cadde a terra, ma la tata si affrettò subito a raccoglierla.

- Mi sembra che per stasera abbiate mangiato abbastanza. Fra dieci minuti passerò per darvi la buonanotte- dichiarò l’uomo, pulendosi gli angoli della bocca con un gesto elegante del tovagliolo, per poi lasciare la tavola a grandi passi.

- Sei la solita- sospirò Neji, imitando lo zio.

*

Neji, in vestaglia, camminava in su e in giù per la camera cercando di imitare il passo austero e l’espressione rigida dello zio, risultando ridicolo agli occhi di Hinata che ridacchiava sotto le coperte stringendo Itachi a sé.

- Non sei capace!- esclamò Hinata, ridendo all’ennesimo inciampare del cugino.

- Zitta, pisciasotto- la rimbeccò lui, arrossendo per la vergogna.

La bambina si ammutolì e rimase solo a guardarlo camminare goffamente, con il suo zigomo nero.

Suo padre apparve improvvisamente alla porta, con la faccia disfatta e stanca.

- Neji, fila a letto-

L’ordine perentorio dello zio, portarono le gambe veloci di Neji ad infilarsi sotto le coperte.

Non appena Hiashi si assicurò che i due si fossero messi comodi nel grande letto, con un soffio spense la candela che illuminava fiocamente la stanza.

- Buonanotte-

- Buonanotte, padre-

- Buonanotte, zio-

Hiashi chiuse la porta allontanandosi con il suo lume, così che la stanza si immerse nel buio.

I due bambini si mossero a intervalli sotto le coperte, senza riuscire a trovare la posizione giusta.

Hinata, dando le spalle a Neji, faceva finta di essersi assopita, ascoltando attentamente il respiro del cugino: non aveva voglia di dormire e avere ancora il solito incubo.

- Domani è Natale- sospirò il bambino, facendola un po’ trasalire.

- Già-

- Chissà se lo zio rimarrà a casa, almeno domani-

- Speriamo che sia così. Non penso che la gente voglia farsi vedere da un dottore proprio il giorno di Natale- soffiò Hinata, reputando un giorno come il Natale un giorno di festa, felicità ed allegria, e non un giorno per scoprire di avere il cancro (una cosa che aveva intuito essere bruttissima) o una polmonite.

- Sarebbe bellissimo festeggiare tutti insieme: io, te, lo zio, Hanabi, la tata e la cuoca.- osservò Neji.

- Già-

Un silenzio prolungato.

- Ora è meglio dormire. E tu vedi di non fare ancora incubi.- borbottò Neji prima di sistemarsi il cuscino sotto la testa.

- Speriamo che almeno alla Vigilia mi lascino in pace. Buonanotte, Neji- sospirò la bambina, chiudendo gli occhi.

*

Hinata si svegliò, affamata d’aria. Inspirava ed espirava velocemente, con il cuore che martellava nel petto.

Non aveva urlato e il suo sentore d’asciutto le diede la conferma che questa volta non se l’era fatta addosso, ma la paura che di solito provava nell’incubo non era la stessa, era più simile al puro terrore.

- Neji, Neji, svegliati!- mormorò con la voce spezzata.

Dato che il cugino non dava segni di volerle ubbidire, lo scrollò finché quello non aprì gli occhi contrariato e borbottò: - Che c’è?-

- Ho fatto l’incubo- mormorò Hinata, fissando atterrita la finestra senza tende, che lasciava entrare un po’ di luce lunare.

- Sai che novità!- sbottò lui, voltandosi dalla parte opposta ed immergendosi nelle coperte.

La bambina esitò un attimo.

- Neji, dammi un pizzicotto-

- Perché dovrei?!- chiese lui scorbuticamente, girandosi a fissare la cugina.

Solo allora Neji si accorse del suo sguardo terrorizzato, e seguendolo scoprì che non fissava la finestra, ma qualcosa oltre la finestra, qualcosa che lui non vedeva.

- Perché... questa volta l’incubo non è scomparso- mormorò spaventata Hinata.

Neji sentì il cuore scoppiargli nel petto.

- E cosa vedi?- domandò, ostentando malamente sicurezza.

- Vedo Jack- singhiozzò la bambina.

- Chi?- domandò scettico Neji.

- Jack lo scheletro-

- Quello dell’incubo?-

Hinata poté soltanto annuire, senza staccare gli occhi dalla figura che, al di fuori della finestra, le sorrideva macabramente.

- E... come è?-

La bambina prese aria e parlò:

- Ha una grande faccia tonda, bianca, con un grande sorriso, una grande bocca cucita e due grandi occhi neri e vuoti, e poi... indossa un frac-

Neji si lasciò scappare una risata ironica.

- Sì, certo, il frac-

La bambina annuì.

- Hinata, lasciatelo dire: sei pazza come una mucca- decretò, e si rimise a dormire.

- Neji-

La bambina lo scrollò nuovamente.

- Che c’è?!- sbottò ancora lui.

- Mi fa segno di uscire in giardino-

- E allora? Non guardarlo-

- Ma una frase continua a frullare nella mia testa-

Neji stette zitto aspettando che si spiegasse.

- Lui continua a dirmi: “Qualcosa vi sfugge”-

Il cugino ci pensò su, ma decise di ascoltare la vocina che gli consigliava di dormire e l’indomani avvertire suo zio del fatto che sua figlia fosse completamente fuori di testa.

- Qualcosa ci sfugge... ma cos’è?- domandò Hinata più a se stessa che a suo cugino.

- Ti sfugge il fatto che saranno le due di notte, e di solito la gente dorme a quest’ora. Quindi dormiamo- borbottò lui, chiudendo gli occhi per l’ennesima volta.

Sorrise contento quando sua cugina si zittì.

Sospirò felicemente e affondò il viso nel cuscino, quando...

- Neji?-

Il bambino spalancò gli occhi, alzandoli al cielo.

- Che c’è?!- sbottò, esausto.

- Io scendo in giardino, voglio vedere dove mi vuole portare Jack. Tu vieni?- domandò Hinata speranzosa.

- Per essere scoperto, rinchiuso, fustigato un'altra volta? No grazie, non sono arrivato a questo livello di masochismo- sbottò lui.

- Maso..che?- chiese confusa la piccola Hinata.

- Niente. Il succo è: no-

- Hai ragione, devo andarci io-

Hinata prese tutto il coraggio di cui disponeva, raccolse Itachi e scese in punta di piedi dal letto.

Aprì titubante la porta, che diede uno dei suoi migliori stridii, e uscì dalla stanza sempre senza appoggiare i talloni a terra. I suoi passi, seppur leggeri, facevano scricchiolare le assi di legno in modo sinistro. Per non parlare delle scale: ogni volta che posava un piede su uno scalino, sembrava che quello cedesse sotto il suo peso.

La sua, più che una fuga discreta, sembrava un’orchestra sinfonica di rumoracci.

All’improvviso oltre ai suoi passi, ne sentì altri.

Trattenne il respiro, cercando una via di scampo: doveva fingersi sonnambula, o scaraventarsi giù dalle scale e poi rifilare una stratosferica bugia a suo padre?

Arrossì al pensiero di poter mentire. Ma infine cos’era una bugia? Soltanto una fantasiosa invenzione.

Si girò atterrita per conoscere la sorte del suo futuro e quando vide un’ombra dietro di sé, all’inizio della scala, non poté fare altro che sussultare e serrare gli occhi sperando che sparisse o non la vedesse.

Di lì a poco, si sentì sfiorare alla spalla e soffocò un urlo.

Aprì gli occhi.

- Che diamine fai?- domandò scettico Neji.

- Ah, sei tu. Pensavo fossi mio padre... ma che ci fai qui?- chiese la bambina con il cuore ancora in gola.

- Possiamo rimandare a dopo le chiacchiere?- domandò spiccio Neji.

Hinata sorrise, confortata dalla presenza del cugino che, lo sapeva, l’avrebbe difesa da ogni male.

Scesero gli ultimi scalini e percorsero il lungo corridoio fino a sbucare nella lavanderia, dove Neji aprì la porta che dava sul retro.

Uscirono nell’ampio giardino, e subito furono travolti da un’ondata di freddo.

- Forse è meglio tornare dentro- consigliò Neji, scosso dai brividi.

Hinata parve pensarci su, ma stringendo forte a sé Itachi, disse convinta: - Io vado, ormai sono qui-

Neji sbuffò un “ Queste donne”, frase che aveva sentito spesso sulle labbra del macellaio del paese, e si apprestò a seguire la cugina cocciuta.

Non aveva mai visto Hinata così risoluta, semplicemente non era nel suo carattere, piuttosto remissivo e introverso.

- Ora cosa succede?- domandò Neji, osservando la cugina impalata in mezzo al giardino, con il naso all’insù, in balia delle sferzate di vento gelido.

Hinata non rispose, semplicemente si diresse verso il melo, dalle cui fronde scendevano come ragnatele le corde dell’altalena. Spostò con un po’ di difficoltà i rami, e scomparve alla vista di Neji.

Il bambino si affrettò a seguirla, sfregandosi forte le braccia che parevano congelarsi da un momento all’altro.

Dopo aver combattuto contro i rami del melo, si ritrovò davanti ad un pezzo di giardino racchiuso nell’angolo che formava la siepe; a terra, Itachi giaceva abbandonato, e Hinata, accucciata, stava scavando con le unghie nella terra morbida.

- Che cosa stai facendo?- chiese scettico Neji, che della situazione iniziava a non capire più niente.

- Jack mi ha detto di scavare esattamente in questo punto- si giustificò Hinata, senza smettere di graffiare a terra.

- Devo essere completamente pazzo- borbottò lo Hyuuga, prima di iniziare a scavare insieme alla cugina.

I due bambini lavorarono per quella che poteva sembrare un’ora o semplici minuti, finché non intravidero qualcosa di bianco avorio nella terra.

Spianarono la terra, abbastanza per vedere che quel qualcosa di bianco avorio era una mano scheletrica. Hinata sussultò e distolse lo sguardo, impaurita; Neji deglutì forzatamente, sentendosi la gola improvvisamente secca.

- A-andiamo via Neji, ho paura- mormorò atterrita la bambina.

Il cugino la guardò con aria di superiorità.

- Ormai siamo qui, l’hai detto anche tu-

Chinandosi sulla fossa che avevano fatto, che doveva essere fonda all’incirca 30 centimetri, notò qualcosa scintillare nel buio: fissandola meglio, capì che si trattava di un anello.

- C’è qualcosa lì- affermò Neji.

- Dai, Neji, andiamocene, magari è solo lo scheletro di un cane- implorò Hinata, strattonandolo per la camicia da notte, ormai sull’orlo delle lacrime.

- Sì, un cane con il pollice opponibile- rispose sarcasticamente.

Deglutendo, sporse la mano fino a toccare le ossa, al cui contatto si ritrasse subito disgustato; tentò un’altra volta, e riuscì a sfilare l’anello dall’anulare.

Lo esaminò attentamente, pulendolo accuratamente dalla terra, ed aguzzando la vista poté intravedere una scritta sull’anello.

Trasalì quando riuscì a decifrarla.

- Neji, che c’è?- chiese spaesata Hinata.

- Niente. Rientriamo- rispose freddamente.

- Neji, cos’è quell’anello?- domandò spaventata la bambina.

- E’ una fede nuziale, Hinata- rispose gravemente lo Hyuuga, rabbrividendo non tanto per il freddo, ma per la scritta.

La bambina sgranò gli occhi.

- Posso vederla?- esitò.

Neji non voleva che Hinata capisse, ma porse ugualmente la fede alla cugina.

La bambina se lo rigirò fra le dita, fino a trovare la scritta.

Assottigliò gli occhi, sforzandosi di leggere, arte che aveva da poco appreso.

- All’unico...- scandì, ma poi si fermò non riuscendo a proseguire.

- Amore- l’aiutò il cugino.

- All’unico amore... della mia vita... Hiashi-

Hinata si lasciò sfuggire l’anello, trattenendo il fiato.

Neji lo raccolse e se lo mise al pollice, mentre ricopriva in fretta e in furia la buca.

La bambina cominciò a singhiozzare di fianco a lui.

- Hinata, stai calma- mormorò lui, senza prestarci troppa attenzione, nervoso com’era.

- La mia mamma...- continuava a mormorare lei, scioccata.

Neji diede due colpi al cumulo di terra, per dare un’idea di compattezza.

- Fermo!- urlò Hinata – Quella è la mia mamma-

- Zitta! Ci sentiranno!- esclamò Neji, tappandole maldestramente le labbra.

La bambina scoppiò in un pianto fragoroso.

Neji sentì qualcosa nello stomaco, qualcosa che lo scrollava e gli diceva di mantenere la calma; così, quando sentì gli occhi inumidirsi, trattenne con forza le lacrime.

- Hinata! Ascoltami- mormorò con un leggero nervosismo nella voce, ma la bambina non lo ascoltava, semplicemente serrava gli occhi in una smorfia di dolore.

Lo Hyuuga la prese saldamente per le spalle e la scrollò.

- Hinata, se rimaniamo fuori, congeleremo. Dobbiamo tornare dentro-

La bambina non diede segno di assenso, semplicemente iniziò a piangere in silenzio.

Neji se la caricò sulle spalle, benedicendo il fatto che sua cugina fosse leggera come una piuma e che lui stesso fosse più forte di quanto un bambino normale di otto anni potesse essere.

Ripercorse a ritroso la lavanderia ed il corridoio buio senza finestre, poi su per le scale, e finalmente con molta calma poggiò la cugina sul letto e chiuse la porta.

Poi, esausto, si coricò di fianco a Hinata, rimboccando le coperte con fare protettivo.

Sospirò, sentendosi più vecchio di cinque anni.

Per quanto fosse stanco, stette ad ascoltare i singhiozzi di Hinata per una quantità di tempo indefinibile; quando non la sentì più tremare, mormorò: - Non è vero che sei una pisciasotto- e si lasciò andare nel sonno che ormai gli aveva intorpidito le dita delle mani e dei piedi.

***
Fine del primo capitolo!

All'inizio, la storia non era stata pensata suddivisa in capitoli, ma mi rendo conto che leggerla tutto d'un fiato possa essere pesante.


Beh, se ne avete voglia, lasciatemi un commentino! ^^

  
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