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Autore: Reneesme Nessie    24/10/2009    0 recensioni
Amore, quando una parola pesa più di una morte. Questo il pericolo per Sean: la morte. è un licantropo, ma Elyon, il suo imprinting, è un vampiro assetato del suo sangue
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tempo scorre in modo inevitabile, niente può fermare la corsa inesorabile delle lancette.
Nel silenzio, osservavo il ragazzo che stava dormendo. Quel respiro era il suono delle mie notti, scandite da quelle espirazioni che i miei sensi mi permettevano di percepire dal piano inferiore. Quest'ultimo era così flebile che in alcuni momenti avevo il serio timore che non respirasse per niente. In momenti del genere avvicinavo il mio viso al suo, per sentire il suo alito caldo inondare le mie guancie con suo delicato odore.
In attesa che quegli occhi si aprissero, vagavo alla deriva nei miei pensieri, quelli che popolavano la mia mente tutte le notti, divertita dalla costante che riscontravo in ognuno di loro: Il mio viso bianco e statuario, caratterizzato da occhi oro, che dopo un breve lasso di tempo assumevano sfumature nere, molto simile a quelle dell’ossidiana bagnata dalla pioggia. Gli occhi di una creatura potente, ben diversi da quelli umani.
Nel sonno lo avevo baciato, facendogli mormorare qualcosa.
"Dormi mio amore" farfugliai materna al suo orecchio sensibile.
Ero stesa con lui, sulle coperte, sveglia e silenziosa.
Meditavo. Ripensavo alla mia vita prima di lui e al nostro primo incontro. Ne avevo tutto il tempo, tutta la notte a mia disposizione.
L’oscurità e la solitudine era ciò che meritavo. Il mio essere interiore era tetro e inquietante.
Davanti a me: L’eternità inutile. Non conoscevo più il significato della parola ”VITA”. Non ricordavo che sapore avesse il cibo,e neanche la delicatezza del vento che ti sfiorava la pelle. Non ero nè ragazza, nè bestia. Loro potevano mettere fine alla loro vita o comunque vederne il termine. Non avrei mai più vissuto veramente. Vivere significava completezza:Amare,sognare,crescere,e morire.
Un’altra nostra condanna:Non poter morire di mano propria. Eravamo imprigionati in quell’inferno infinito. Non aveva alcun senso vagare per sempre nel labirinto del purgatorio, in cerca di qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Era strano come gli esseri umani scansassero la morte, temendola e patendola. Piangevano al pensiero di dover morire, quando io invece in quel momento la cercavo, la desideravo. Sarei rimasta ferma in quel limbo per un'eternità, perennemente nel corpo di una quattordicenne di bellezza inaudita. La natura umana, così fragile, affetta da una caducità mai riscontrata in altre specie viventi.  La morte era l'unico avversario che pensavo di non poter battere mai, era tutto cambiato.
Leon, il mio professore da quattro mesi ormai, mi aveva donato la vita eterna,strappandomi dalla morte terrena, dalla mia vita umana. Mi aveva concesso un'altra possibilità di esistere. Aveva agito in buona fede,senza pensare che tra la scelta di morire prematuramente o vivere eternamente avrei pregato che mi lasciasse morire.
Era forse l’unico esemplare della nostra specie,alla quale era impossibile attribuire la parola mostro. Aveva fondato una classi di individui che, come la sottoscritta, risultavano quasi un intralcio allo scorrere lento della vita degli umani. Ed io lo avevo tradito, perer scappare da tutto quello che fino a pochi giorni fa avevo considerato il mio paradiso. Era un progetto che mi tenevo dentro da tempo, ma che volevo attuare solo in quella circostanza. Ogni cellula del mio corpo sembrava voler gridare "traditrice crudele".
Stavo per abbandonare quella classe per provare l’ebbrezza di una vita fatta di sensi primordiali e solitudine. Era la cosa giusta da fare, la scelta migliore da compiere per il mio bene e quello di Leon. Non ero felice e ben presto anche gli altri se ne sarebbero accorti. Mi sarei comportata,come la mia natura mi imponeva. Sarei stato un vampiro e niente altro. Neppure un nome era adeguato ad un essere come me. Perché dover distinguerci attraverso i nomi, quando dentro eravamo tutti uguali,tutti dei mostri. L’unico strano e incomprensibile sentimento che non capivo, era il dolore. Può un cuore di granito spezzarsi? Soffrivo. Sentivo un peso sul petto ,che mi perseguitava ovunque. Tutto intorno a me scorreva veloce, senza soffermarvi ad osservare nulla. Infondo non c’era niente che mi interessava davvero, nulla che valesse la pena di vedere.
Allora perché una parte piuttosto consistente di me voleva rinunciare a quell’anelito di libertà? Mille lacci invisibili mi tenevano in quel luogo, legata al nostro professore e a quella classe che stavo abbandonando. Quelli che stavo guardando erano i visi dei pochi umani che ci avevano accettati dal primissimo istante.
La paura di lasciarli scaturiva dall’abilità dei miei compagni di chiamare su di loro ogni genere di predatore assetato di sangue o dal fatto che a proteggerli da questi ultimi eravamo noi? Non mettevo in dubbio l’affetto che nutrivo per ognuno di loro.
Mi concessi un ultimo sguardo a coloro che lasciavo. Sarebbero morti, come ogni umano, ma non potei fare a meno di valutare l'ipotesi che la fine sarebbe arrivata a causa mia. Ivan, con la sua superforza, poteva fermare esseri immortali? I poteri di Matt, capace di curare ogni ferita (anche profoda) non avrebbero potuto far nulla contro un colpo mortale.
Cosa cercavo in verità? C’era qualcosa che mi spingeva oltre. Non era solo il vuoto che sentivo nel petto a farmi riflettere sulla vita. Forse cercavo un significato,una luce,una speranza?
Ascoltare i loro pensieri non aiutava per niente. Non potevo evitare di sentire, ognuno di loro, caratterizzato da uno sguardo languido, sembrava gridare una condanna silenziosa contro la nostra scelta, una richiesta ben precisa: non partire.
Ormai avevo capito che l'amore era solo una trovata pubblicitaria per vendere fiori e regali il 14 febbraio. Una fonte di arricchimento per i commercianti di peluche con i cuori in mano. Inutile negare che l'odore dell'aria che si respirava a San Valentino era identico a quello che si poteva assaporare il giorno dopo. Lo consideravo era un sentimento da illusi. Cosa c'era di dolce nell'aspettare come un'imbecille un messaggio o una telefonata? Cosa c'era di soave nel piangere dopo una delusione? Cosa nel suicidarsi per un sentimento del genere?
Quando le storie finiscono cosa rimaneva di quelle due paroline ormai commerciali, che dovevano evocare in te sensazioni ed emozioni così belle? Dimenticate.
Un sentimento in cui credevo ancora era l'amicizia. Il sentimento che stavo per tradire e pugnalare alle spalle.  Ecco i pensieri più adatti per sentirsi in colpa, ricordo di aver pensato. Nel formularli ero un fenomeno. Mi ero fermata tante volte, trattenuta da essi.
Il mio mentore volerva fermarmi. Non per mancanza di fiducia (non avrei rivetato a nessuno la nostra natura), ma per uno slancio di affetto profondo verso l'unica ragazza che avesse mai morso.
"Leon...non trattenermi. Voglio e devo percorrere la mia strada. E la mia strada non passa di qui e non posso farla con te" dissi con un filo di voce. Lo stavo uccidendo, stavo facendo morire un creatura immortale. Era il mio e unico amico. La persona di cui mi fidavo di più.
Il dado era tratto... Comprensivo, prese posizione in mezzo a tutti come uno spirito guida: avrebbe badato a loro e m’incoraggiò a partire. Era a lui che dovevo la mia trasformazione, mi fidavo ciecamente di lui e riponevo in lui tutte le mie speranze… ne avevo tutte le ragioni.
Capivo e accettavo le sue scelte, ma non le condividevo. La strada che percorreva era giusta,ma inutile. La nostra nascita era legata ad un unico terrificante obbiettivo:Uccidere. Eravamo degli assassini immondi. Allora perché sforzarsi tanto per essere qualcos’altro? Era inutile cercare di aggrapparsi alla speranza di conservare la nostra umanità,privandoci degli istinti primordiali della nostra specie .Non avrebbe fatto nessuna differenza se il sangue che ingurgitavamo,fosse stato umano o animale. Questo, non impediva alla nostra pelle di risplendere,e ai nostri occhi di annerire. Eravamo senza volerlo delle belve fameliche. Anche esse, appartenevano al cerchio naturale della vita:Nascere, crescere e morire. Invece noi,non eravamo niente. Né cuore e Né anima.
Gli unici istinti primordiali che avevo,mi avevano reso schiava di essi. Accettai e abbracciai il mostro che albergava in me, Se era il sangue umano che cercava ,io glielo avrei donato. Nessun rimorso, nessuna indecisione. Non potevo scendere più in basso dell’inferno in cui già vivevo. Infondo perché dare un peso alla propria coscienza,quando non ne possedevo una.
La lotta interiore che stava avvenendo tra il mio cuore e la ragione era ben celata.
Una riunione di condominio tra inquilini chiassosi e irriverenti al confronto poteva passare per la pace prima della tempesta. Due comari bisbetiche si stavano dando battaglia nel mio petto, due possibilità: riprendere il mio posto tra quegli umani che avevano impedito alla nostra natura di essere d’intralcio alla nostra amicizia, o partire. Quale dovevo seguire?
Non sentivo il mio cuore battere da mesi, era rimasto solo un fantasma di un battito scarico nel mio petto. Quel battito sordo sarebbe rimasto lì per l'eternità. Mi sarebbe toccato ricordare lui...sarebbe stato triste o patetico, bello o molto serio. Avrei ricordato lui, quello che avevo e la felicità interiore che non c'era.
Rinunciare a Leon significava perdere tutto quello che faceva di me una creatura senziente: la mia identità, i miei sogni, il mio amore, la fiducia incondizionata verso qualcuno… A quei tempi passavo tutto il tempo da sola.
Di colpo, anche se a malincuore, capii di cosa potevo fare a me, quali erano le mie priorità. Quando li salutai sperai ardentemente che non cogliessero il mio tormento guardandomi negli occhi.
Con dolore immenso, voltai le spalle a quella marea di disperazione che stava per travolgere i suoi pensieri.
Dov'ero diretta? Non lo sapevo, capivo solo che la mia direzione era "lontano da qui".
Noi possiamo chiudere con il nostro passato, ma lui non può chiudere con noi. Sapevo che prima o poi sarebbe tornato a farmi visita: un gesto, una parola avrebbero riacceso in me l'antica fiamma dei ricordi, che per sarebbe potuta rimanere celata nel mio cuore solo per poche settimane. Non era un castello di carte la nostra amicizia, ma una casa di mattoni.
Avrai dovuto imparare a lottare, se la mia vita ormai era del tutto simile a un ring? A battersi contro di me c'era un avversario sleale, che mi aveva spossato e fatto perdere la forza e il desiderio di combattere...Nella vota o vinci o perdi, il mio motto era sempre stato quello. Credere ancora nel pareggio era da illusi. Io avevo perso. Quella scelta ne era la prova.

Solo buio davanti a me. L'aria settembrina era piuttosto fredda per la stagione ed il cielo si era fatto terribilmente scuro, un temporale era alla porte, un temporale furioso, capace di rendere ancor più nero il mio umore. Nessuno sembrava fare caso a una ragazzina di quattordici anni incapace di crescere, che non sarebbe mai cambiata.
La notte incombeva su di me,rendendomi sempre meno visibile alle persone. Era il momento di lasciar perdere la piccolissima parte di me riflessiva,e abbandonarmi all’unico scopo essenziale della mia permanenza: La sete. Chi sarebbe stata la mia prossima vittima?Mi strinse un po’ lo stomaco a quel pensiero,ma subito dopo il mostro che era in me,ringhio furioso. Sentivo intorno a me,le loro menti inutili. Che persone insignificanti!Forse mi stavo facendo veramente troppi problemi. Ero finalmente libera. Il dolore era lontano, non percepivo più nulla...era una strana, ma piacevole sensazione.
Il mio corpo di eterna quattordicenne freddo e bianchissimo era attanagliato da uno strano tempore. Mi concentrai sulla vita a cui avevo detto addio non molto tempo prima. Non era stata facile, ma avevo vissuto, avevo provato emozioni forti. Avevo dimenticato.
Avevo perduto tutti i ricordi, tutte le sensazioni e le emozioni, ma sapevo che avrei riacquistato una minuscola parte di memoria, avrei ricordato (poco e in modo incorente) spezzoni di vita precedente.
Ero fuori dal tempo, dallo spazio, in una dimensione tutta mia che ero in grado di controllare e smuovere a mio piacimento. Ero quasi onnisciente, ero in grado di capire il passato e di scorgere il futuro: ero diventata un vampiro poco tempo prima, avrei ucciso tra non molto.x
Appoggiata ad un lampione, consegnai i miei pensieri al vento, unico confidante che non avrebbe potuto giudicare le mie azioni. Troppe cose stavano accadendo...cose che stavano  seriamente compromettendo la mia salute mentale.
Non sarei più stata in vena di carità, non ero disposta a comportarmi da brava vampira. A che pro farlo, se il mondo mi ripagava con una moneta ben diversa, costituita da odio, riluttanza e indifferenza?
Quella notte avevo sete, troppa sete per i miei standard. In giro non c’era anima viva, tutti erano già rintanati al caldo nelle loro tiepide e accoglienti dimore, mi mancava la lucidità.
Discutevo da sola, come se in me esistessero due entità. Non ero Dio,e neanche una ragazza. Allora chi mi dava il potere per decidere sulla vita degli altri? Un complesso di superiorità, decidere chi meritasse la sentenza di morte. Sono un demone della notte. Le leggende sul nostro conto,erano tutte vere,e giustificate. Era vero,freddi in tutto. Non avevamo ne emozioni e ne sentimenti. Allora perché stavo a perder tempo sulle cose giuste,e quelle sbagliate?
Forse non era come nei libri di favole…per me e la mia specie non ci sarebbe stato un lieto fine, perché una fine non sarebbe mai arrivata. Quanta calma nei sogni, quanta falsità nella fiabe. Io ne conosco una vera: Una principessa torna a casa con le lacrime agli occhi, dice che va tutto bene ma piange. Il ballo non è stato come sospettava, il suo cavaliere ama un'altra. Ama la strega cattiva che lo ha già colpito con un sortilegio. La principessa non vuole vedere, non vuole sapere...Si uccide e viene salvata dal suo angelo custode, bello e dannato per tutta l'eternità.
Basta storie patetiche è il momento di cacciare, di dare sfogo alla parte meno nobile di te mi ricordò una vocina.
La gola,era in fiamme,gli occhi neri. Avevo sete, ma qualcosa mi tratteneva. Era buio, deserto.
Eppure qualcuno c’era. Vidi una figura a pochi metri da me,seduto con sui gradini di quell’uscio, nell’ombra.
Il suo profumo nella nebbia mi colpì come una palla di cannone, come un ariete. Non c’è immagine violenta abbastanza da incapsulare la forza di ciò che mi accadde in quel momento.
In tutto il mondo non avrei mai trovato un sangue prelibato come il suo, di quel ragazzo.
Un sangue che mi avrebbe fatto perdere i sensi. Ero predatore. E lei, la mia preda. Non c’era altra verità al mondo.
Non avevo mai creduto che un simile profumo potesse esistere. Se lo avessi saputo, sarei andato a cercarlo anni prima. Avrei rastrellato il pianeta, per lei.
Sentivo la bocca secca, carbonizzata, lo stomaco si contorceva per la fame, eco della sete. I muscoli, contratti, si prepararono a scattare. Articolavo a malapena i miei pensieri, che risultavano furiosi, incontrollabili, incoerenti.
Non avevo mai ucciso, eppure in quel momento progettavo di massacrare un innocente, di infliggerli una morte non cruenta, quasi dolce oserei dire. Dolce come il sapore del sangue che correva libero nelle sue vene.
Rimasi a distanza, nauseata dalla voglia che avevo di morderlo.
Perché esisteva? Perché era venuto a rovinare quel poco di pace che avevo conquistato nella mia non-esistenza? Perché questo irritante essere umano era nato? Mi avrebbe condotta alla rovina, al rinnegare i valori  che avevo imparato.
Non eri venuta qui per uccidere? chise una vocina nella mia testa Non ti sta facendo rinnegare niente...lo sai bene.Vuoi comportarti da vampira? Ne hai la possibilità
Cercando di far tacere quella voce, mi voltai per non vederlo, invasa da una sensazione di odio, orgoglioso e irragionevole.
I suoi occhi continuavano a fissarmi. Era profondi e chiarissimi. Non era spaventato, anzi, mi guardava con profonda ammirazione. Quegli zaffiri azzurri come il cielo limpido dell'Africa erano magnetici e profondi. Non era il colore dei suoi occhi a renderli speciali, ma il fatto che erano puri, pieni di qualcosa che non è di questo mondo, di incontaminato. Aveva gli occhi di un cervo innamorato. Perché?
Nessuno avrebbe mai trovato risposta a quel quisito, che di sicuro incuriosiva tanto la sottoscritta.
Mi specchiai in quelle pietre chiare, intravidi in esse la figura di un mostro di bell'aspetto che si prendeva gioco di me, caratterizzato da occhi color cremisi, degni di un diavolo.
Troppo raro da trovare, ma troppo tenero da uccidere.
Odiare quel ragazzo mi sembrava la cosa più ragionevole. Odiare con tutto il fervore con cui mi tenevo stretta all’amore Leon che avevo lasciato, ai sogni di non essere un mostro per l'eternità. Odiare la reazione che mi provocava, il fatto che esercitasse quel potere inconscio su di me, che potesse trasformarmi in qualcosa per cui provavo disgusto e ribrezzo. Qualcosa che sapevo di non poter controllare.
Mi attaccai a qualsiasi emozione potesse impedirmi di fantasticare quanto fosse buono il suo sangue così invitante. Sapevo che era odio maldisposto, ma mia aiutava a pensare in modo coerente. La vera vittima del mio odio ero io stessa.
Dopo la sua morte (se non fossi riuscita a trattenermi) mi sarei odiata ancor di più. Sapevo che Leon mi avrebbe perdonato un gesto così terribile, perché mi voleva bene, mi giudicava migliore persino di se stessa.  E mi avrebbe voluto bene anche se avessi dimostrato che aveva torto. Ma io? Io sarei riuscita a dimenticare, a partire da zero...a perdonarmi?
Ero un mostro guidato dalla sete, troppo incontrollabile per pedere contro la mia razionalità. Eppure ero la stessa ragazza che un vampiro di novecento anni aveva salvato poco più di un paio di mesi prima.
Fragile e insicura. Non mi sarei perdonata, avrei portato quel peso per l'eternità che mi aspettava. Avevo una sete terribile, capace di ardermi la gola, ma restavo una creatura pensante, razionale, e potevo fare una scelta. C’era sempre una scelta.
Scappa allora...vai via se non vuoi ucciderlo! mi consigliò la mia vocina.
Perché non riuscivo a sentire i pensieri di quel ragazzo dagli occhi blu?Non sentivo i suoi pensieri. Se ci fossi riuscita avrei potuto cogliere in lui sentimenti che quel paio di occhi meravigliosi mi celavano.
Cosa mi accadeva?Era tutto nuovo e strano. Tutto ciò che sapevo allora era che lui era l’essere più bello che avessi mai visto.
Non riuscivo a leggere la sua mente,e questo mi uccideva.
Non mi ero mai sforzata così tanto di capire qualcuno in vita mia. Vita  forse non era una parola giusta. Sinceramente non avevo una vita, non l'avevo neanche prima dell'immortalità.
Era strano, come di fronte a lui, mi sentissi impacciata. Non riuscivo a prevedere le sue mosse anticipatamente, ed ero curiosa ed allo stesso tempo intimorita da quella situazione. Ero un cacciatore, il predatore più impassibile…ed eccomi lì, davanti a quegli occhi.
Non riuscivo a muovere un muscolo, forse perchè la voglia di restare era maggiore. Se fossi andata via sarebbe stato più facile per quell'odore confondersi con l'aria fredda della sera. Io volevo che si disperdesse?
Lottai contro i miei pensieri,cercando di dare un senso a tutto questo. Sentivo il suo odore sempre più forte,ma non riuscivo a muovermi. Realizzai solo grazie a un'altra zaffata che non era un ragazzo qualunque.Non era umano!
Un vampiro? No, non ne coglievo i segni e sentivo il profumo di un sangue prelibato.
Ecco perchè non lo senti. Non è umano come lo sei stata tu, non è un vampiro.
Il giovane si avvicinò, mostrando una massa di muscoli non da disprezzare. I suoi bicipiti erano scolpiti e i suoi addominali sembravano un’opera intagliata nel marmo.
“Mi chiamo Sean” disse, con voce adorante. Che stava capitando a quel ragazzo? Quel…non umano!
Chi e cos'era quella creatura non lo sapevo...sentivo solo un impulso strano, che non riuscivo a comprendere. Volevo…PROTEGGERLO?
Risi a quella parola tanto inadeguata, per me. Il demone della notte in cerca di vittime da sacrificare,voleva proteggere un ragazzo .No! Non una ragazzo, ma -quella- ragazzo.
Forse era un istinto di protezione nascosto da tempo, il forte in favore del debole.
Innaturale ,impossibile ,impensabile …….. eppure era vero. Non potevo mentire più a me stessa.
Quando avrebbe chiesto il perchè delle cose di quel mondo tanto cinico e meschino che l'aveva accolta con tanta indifferenza le avrei dato una parte di me stessa, della mia vita, precedentemente ai confini dell' inutilità.
Il problema era il profumo, il profumo del suo sangue, così disgustosamente appetitoso. Se solo avessi trovato un modo per resistere… Se solo un altro regolo d’aria fresca mi avesse ripulito la mente.
Una vampira da quattro mesi, troppo pochi per trattenersi davanti a una scia di tale entità.
Cosa mi stava accadendo? Ero felice di sapere il suo nome, nonostante la gola mi bruciasse.
Ero ipnotizzata ormai da quel ragazzo dai capelli biondi,  che in alcuni punti raggiungevano tenuti colorazioni rossicce e cioccolato al latte, visibile alla luce del sole o con l'ausilio di una lampadina capace d'irradiare una luce abbastanza intensa da metterli in risalto.  
Istintivamente paragonai quello sconosciuto, a un leoncino del Kalahari, dallo sguardo curioso e pacato, tipico di ogni cucciolo.
“Elyon” risposi
Il mio nome?Io stessa avevo scomunicato qualsiasi cosa appartenesse all’essere umano già superato;compreso il mio nome di battesimo. Invece adesso ero fiera di ripeterlo ad alta voce.
Davvero volevo conoscere quel ragazzo?
Improvvisamente ero entrata in un tunnel di sensazioni particolari,e non volevo uscirne. Curiosità,timore,rabbia,dubbio,e dispiacere ,invasero il mio corpo. Internamente, il mio demone urlava e strepitava in attesa del suo sangue invitante,mentre la mia mente chiedeva di più. Dovevo solo decidere chi dei due assecondare.
In quella ragazzo non trovavo altro che silenzio. Non sentivo niente. Perché? Il vuoto che trovavo al posto dei suoi pensieri era irritante, snervante.
Sotto la mia pelle marmorea sentivo scorrere paure ed emozioni a cui non sapevo dare un nome.
Cercavo un suo sguardo,un suo gesto inaspettato,una sua parola improvvisa,come se ne avessi bisogno. Cominciai a sentirmi diversa,affettuosa e premurosa verso quell’ essere. Non volevo fargli del male, e neppure volevo che gliene facessero altri. Pensai al dolore che avrebbe potuto provare in quel momento,e subito,mi irrigidì .Assurdo!
Un sentimento nuovo ,cresceva in me adesso,diverso da tutti gli altri,più forte,più maturo e molto più pericoloso.
Eravamo incompatibili,come il fuoco e l’acqua. Il diavolo e l’acqua santa.
Insieme non potevano esistere,ci saremmo distrutti a vicenda. Dovevo ritornare alla concreta realtà,e fare i conti con la mia natura. Tutto quell’inaspettato sentimento,non avrebbe portato a nulla di buono.
Dovevo decidere se ucciderlo adesso,o fuggire via il più lontano possibile. Dovevo lasciarlo libero di vivere tranquillamente, come se quell’incontro non fosse mai avvenuto? Infondo,non doveva avvenire. Io non facevo parte del suo mondo,e della sua vita,quindi non appartenevo alle sue giornate,e mai avrei potuto farne parte .Dovevo sparire .Ma il pensiero di non rivederlo, mi tenne incollata sulla strada,lasciandomi paralizzata. Mi venne incontro deciso e senza paura,e mi sfiorò la mano. In quel momento l’odiai. Odiai il suo modo di essere cosi insopportabilmente dolce e affettuoso. I suoi modi mi spiazzavano irrepetibilmente, rendendo tutto più difficile e confuso.
L'odore del suo sangue riempiva ogni moltecola d'aria, eppure mi accorsi di voler bene a quel ragazzo. Fui colta di sorpresa da quel sentimento tanto inaspettato e improvviso. Un colpo di fulmine?
 Non so per quale motivo volli essere sincera con lui:
”Credo che sia più salutare per te,che la conversazione si concluda qui” dissi con tono agonizzante dal dolore. La gola era un continuo tormento,e le labbra erano contratte e rigide.
 Non osai guardarlo negli occhi, per non spaventarlo. Non potevo guardarmi in faccia,ma in quel momento ero sicuramente terrificante. Seguì il silenzio,e lui non rispose. Neppure si mosse. Non potevo leggere nella sua mente,perciò se volevo capire quale reazione aveva avuto alle mie parole,dovevo girarmi per guardarla. Volevo vedere il suo volto,e cercare di capire attraverso i suoi occhi,i pensieri che nascondeva .Mi girai sempre adagio. Il dolore che sentì in gola,fu niente paragonato a quello che seguì dopo.
Mi attraversò il senso di colpa,e l’incomprensione.
“Forse avrei potuto dirti la stessa cosa” rispose calmo "Ma non posso farlo"
Nella mia recente esistenza da vampiro,avevo incontrato diversi ragazzi, immortali e umani, innamorati del mio aspetto perfetto e irreale;ma nessuno di loro aveva suscitato in me il minimo interesse.
Lottai contro l’irrefrenabile voglia di toccarlo, di accarezzare quelle pelle. Avrei voluto consolarlo e stringerlo forte a me. Non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a quella creatura.
Ogni suo movimento era coordinato e veloce, ma allo stesso tempo sensuale e irresistibile.
Qualsiasi spostamento d’aria che provocava,trasportava su di me la dolcezza del suo profumo, e della sua pelle.
“Cosa sei?” chiesi, conscia del fatto che non era umano. Era l’insieme di tutto ciò che rende bello il mondo.
Ecco perché non vedevo quella bellezza…La potevo notare solo con il mio pezzo gemello, l’altro frammento di vetro.
“Un ragazzo innamorato” rispose, come se fosse l’affermazione più naturale del mondo. Mi aveva lasciata basita.
Se realmente avesse saputo qual era stata la vera ragione del nostro incontro…sarebbe fuggito via. Stava donando amore al predatore meno meritevole del mondo.
Il cielo sopra di noi era chiaro, brillante di stelle, luccicante di blu. Le stelle creavano maestosità, turbinando contro l'universo scuro, una vista meravigliosa.
Era come se ci fosse un ostacolo tra i miei occhi e la loro bellezza. L'ostacolo era un viso, un semplice inosservabile volto non-umano, che non riuscivo a far uscire dal mio campo visivo. Le prospettive non valevano più in quel frangente. Il volto di quel Sean mi vorticava davanti anche se mi sforzavo di guardare altrove.
Se il buio completo o una tempersta di neve mi avesse sotterrato, non ne sarei stata infastidita. Sapevo che avrei visto ancora lo stesso viso.
Non riuscivo a pensare ad un singolo posto sull'intero pianeta che avesse qualche interesse per me. Non c'era niente che volevo vedere o fare, poichè non importava dove sarei andata o cosa avrei fatto...quel viso mi avrebbe tormentato per tutta l'eternità.
Guardai le stelle ancora per un altro momento. Tra me e le brillanti stelle nel cielo, un paio di sorprendenti occhi color ghiaccio mi fissavano di rimando, sembravano chiedermi cosa avrebbe significato per loro la
decisione di restare. Non era colpa sua se aveva un odore così buono.
Sentivo di provare un bene profondo per lui, che non sapevo spiegare.
Sei un vampiro...non puoi permetterti di stargli accanto mi rimproverò la voce guastafeste. Come se non bastassero le voci delle creture attorno a me, c'era lei a tenermi perennemente compagnia.
Fui costretta a rendermi conto che la voce che si affacciava nella mia mente aveva ragione.
”In me non c’è nulla di buono,nulla per cui valga la pena soffermarsi. Non sono quello che credi” dissi lottando con il desiderio di rimanere, di avvicinarmi alla sua gola. Non per morderlo, non per ucciderlo...per giovare di quel profumo così delizioso che, nonostante fosse fin troppo invitante rappresentava per me pericolo e meraviglia.
La sua mano era calda,soffice, e viva. Il fuoco che lasciò sulla mia pelle fredda,era molto più intenso dell’ardore che ancora si propagava nella mia gola. Era come un impulso elettrico, che lo fece quasi sobbalzare.
”Non è vero. Non sei umana, ma non sei cattiva…io vedo in te quello che tu pensi di aver perso”
La sua fiducia mi colpì in pieno petto. Aveva capito la mia natura? Se davvero era riuscito in quell'intento...com'era arrivato alla verità?
Quel ragazzo aveva cosi poco senso del pericolo. Era contento di sfidare la morte. Voleva accarezzarla per costatare quante volte poteva sfiorare quest’arcana signora senza essere falciato da essa?
Avrei potuto ucciderlo senza problemi. Lui era troppo ingenuo e fiducioso.
Non riuscì a fare niente di tutto quello che pensai. Non gli urlaii la verità,e neppure l’aggredì.
L’unico movimento folle e incomprensibile che riuscì a fare,fu quello di accarezzare lentamente la sua delicatissima mano,posta sul mio viso. Ci guardammo intensamente negli occhi,senza dir nulla.
Due mondi totalmente diversi,che si attiravano l’un l’altro. O forse semplicemente un uomo e un donna di fronte alla possibilità di conoscerci.
Non so cosa eravamo entrambi in quel momento, ma ero felice.
Per la prima volta nella mia insignificante esistenza,capì di voler qualcosa. Ero certo di non aver un cuore che pulsava in petto,ma in quel preciso istante ,avrei giurato che in me,qualcosa esplose .Sentivo chiaramente le ondate di calore.
Mi sbagliavo. Improvvisamente trovai uno scopo in quella mia vita parallela. Si! Era lui.
Leon aveva ragione, l’aveva sempre avuta. Esiste qualcosa di più della semplice sete, che ormai non riuscivo più a tenere a bada.
Volevo vederlo ogni giorno, sentire il calore del suo corpo, l’odore della sua pelle. Volevo stare accanto a quel ragazzo come mai mi era successo. Stupita dall'ampia gamma di distruzione e scompiglio che stava portando nella mia vita, sorrisi. Sean captò quell'espressione e la fraintese, prendendo la mia riflessione per felicità.
Mi comportavo da pazza masochista, ma era ciò che veramente sognavo.
Un sogno,un miraggio,una luce in tutte queste tenebre. Non so se avrei mai trovato in me,la forza di stare lontano da lui.
Ormai sul mio cammino era caduta una stella,cosi luminosa da farmi perdere ogni oscuro pensiero. Non sarei mai stato più lo stessa di prima. Dentro di me qualcosa di molto più raro e potente,metteva già radici. Pian piano vedevo offuscare il demone che mi apparteneva. Egoisticamente lo volevo,lo desideravo più di ogni altra cosa al mondo.
La gioia eterna era a un passo, la felicità che poteva eclissare quel buio era proprio Sean.
“Ti amo” affermò, mentre un raggio di luna illuminava la sua pelle. Lo disse come se fosse un dato di fatto, una coordinata geografica.
Presi coscienza del sentimento che nutrivo,accettandolo,e ammettendolo.
Sul cuore non si può buttare l’acqua ossigenata, né si può soffiare sulle bolle che camminano sulla ferita facendola bruciare. Non ci sono operazioni o medicine miracolose. Puoi solo tenerti i cocci, i ricordi…Lo devi tenere così il tuo cuore frantumato. Io un cuore non lo avevo più…eppure qualcosa la sentivo.
Non ero fredda, provavo qualcosa, nel profondo del mio essere. Una creatura brutale può provare…sentimenti? Mi chiesi osservando Sean, ripensando a Leon. Mi aveva trovata nel bagno di casa, al buio e quasi esanime. Il tubo della doccia mi stingeva il collo, il cuore sembrava non battere più.
Al mio risveglio qualcosa di freddo, duro e marmoreo mi sorreggeva…Non un muro come pensavo, bensì un uomo di circa vent'anni dalla pelle color porcellana.Non avevo altri aggettivi per la meraviglia che mi stava facendo da cuscino.
Anche il luogo era diverso. Io ero diversa. Quante cose erano cambiate dall'autunno precedente.
La mia vita, in tutta la sua gloria immortale non è l’unica cosa che è cambiata. Anche il mio aspetto era diventato diverso.
Quando mi guardavo allo specchio potevo vedere una ragazza insicura, semplice, pallida con occhi verdi che mi fissava. L'immagine che adesso quel vetro speciale mi inviava era una ragazzina bellissima, forte, pallida come porcellana e dai singolari occhi rossi…a cui non avrei dovuto abituarmi.
Stavano già lentamente cambiando. Erano già di un colore verde dorato, con striature di rosso.
"Di tanto in tanto, le emozioni umane riaffiorano", mi aveva detto una notte, seduto con me sul tetto di quella che ormai era la mia scuola.
Ed ora eccomi in quel vicolo, buio come la mia vita. Eccomi tormentata da un altro tipo di amore, un altro sentimento, ben diverso da quello che nutrivo per Mattia, il ragazzo a cui dovevo quell’impiccagione.
Quel ragazzo aveva provocato una crepa in me…Una crepa di cui lui sarebbe stato lo stucco.
La felicità è una fiaba, la vita un romanzo lungo un'esitenza che si scrive da solo.
La forza oscura che riempiva le mie giornate stava lentamente sparendo, ma non potevo farmi condizionare dall'egoismo. Sapevo che lasciarlo mi avrebbe provocato un dolore che credevo di non poter provare. Non immaginavo quanto potesse essere profondo il baratro in cui volevo tuffarmi per salvarlo da me.
Ad attendermi un'eternità, sarei riuscita a dimenticare. Ovviamente non riuscii a credere a nessuna sfaccettatura dei miei pensieri.
Scostai la sua mano dalla mia in malo mado, assuefatta dalla sete sempre peggiore. Dovevo salvarlo dal pericolo che rappresentavo per lui.
"Meglio...che tu vada via. NON cercarmi"" dissi, cercando di mostrare il lato più oscuro di me "DIMENTICAMI"
Parlai in modo calmo, cercando di trasmettere terrore e trasudare verità. Non doveva capire le mie bugie o ne avrebbe sofferto ancor di più.
Non ebbi il tempo di allontanarmi da lui, ma la stretta che la sua mano esercitò sul mio braccio mi bloccò.
“Perché non mi lasci stare?” dissi, scacciando quella mano in malomodo.
La sua mascella divenne rigida e venne bloccata da un groppo in gola, forse simile al mio. Anche io sapevo bene che non sarebbe riuscito a dimenticarlo. Com'era possibile non conoscersi...ed essere così coinvolti l'uno dall'altro?
La sorpresa che quella frase aveva generato lasciò presto il posto alla rabbia. Non potei fare altro che distogliere lo sguardo da quel ragazzo che davanti ai miei occhi era diventato poco più che un passerotto arrabbiato.
Dovevo scappare a quell'odio, a quel dolore. Non capisco come sia possibile che tenere a qualcuno implichi smepre il dolorlo ferire crudelmente.
Cominciai a camminare velocemente, allontanandomi dal centro esatto della Terra, fuggendo via dal mio centro gravitazionale. Nonostante le mie idee fossero chiare, mi voltai.
Quando lo vidi lì, dall'altra parte della strada, perso nei suoi pensieri e nelle sue angoscie, capii di non poter dimenticare tanto facilmente quel ragazzo.
Soffrivamo entrambi, in silenzio. Io divisa tra il bene e il male che mi riempiva completamente,  staziata dalla consapevolezza di essere causa di quei tormenti.
Questa pena gli salverà la vita mi mormorò la vocina. Per la prima volta fui serimanente d'accordo con essa.
Dalla culla alla tomba siamo tutti in lotta con noi stessi…ci sono creatura che come la sottoscritta non vedono mai la fine del conflitto. Come una falena che vola troppo vicina alla fiamma rischiavo di bruciarmi con la cenere della sua tristezza, non dovevo voltarmi indietro.
Lo feci ancora.
Mi voltai, odiando di nuovo me stessa vedendo che quegli occhi tanto belli contrarsi per via del velo di...lacrime amare. Un passerotto moribondo.
Mi sconvolse ancora una volta: iniziò a gemere sommessamente, finchè il dolore che gli avevo provocato non prese il sopravvento. Non osavo guardarlo ancora, non volevo trasmettergli altro dolore, nè avere l'occasione di notare quanto gliene stavo creando io.
Feci quello che una normale ragazza avrebbe fatto, dimenticando la sete, il freddo della mia pelle, le scariche elettriche che avevo sentito sfiorandolo: tornai da lui. Si abbandonò completamente alle mie braccia, che incuranti della mia natura lo strinsero, come un bimbo nelle braccia della madre dopo aver fatto un brutto sogno. Smise di piangere, stava cercando di riacquistare quella forza che lo caratterizzava, quel temperamento da guerriero, pronto a tutto.
Sciolse quell'abbraccio, come se volesse scacciarmi, negare quella ragazza che lo stava facendo soffrire. Mi fissò, i suoi occhi languidi e lucidi incollati ai miei, cremisi e indiavolati. Era sempre più struggente sostenere il suo sguardo. Quella rivelazione lo stava lentamente distruggendo, stava sbriciolando la sua autostima.
Prese coraggio, glielo lessi negli occhi ancora bagnati dalle lacrime che avevano smesso di scendere, e con delicatezza inaudita, quasi fossi una pastorella di porcellana (un'analogia piuttosto ironica data la mia carnagione bianchissima e la consistenza della mia pelle per niente fragile), piegò la testa. Quelle labbra si posaro come petali sulle mie, come se fossero nata apposta per assumere quella posizione.
Il mio primo bacio, il mio primo vero bacio. Di colpo il pensiero di lasciarlo si fece ovattato, si dissolse con il mio imbarazzo. Attimi di sconforto,paura,timore,suggestione...Attimi intrisi di una sensazione mai provata... Dovrei impedirgli di compiere quel gesto? Dovrei ribellarmi? Se lo avessi fatto lo avrei salvato....ero del tutto priva della voglia e della forza necessaria a cacciarlo via.
Quel bacio era come me: dolce, tenero e impacciato. Deciso e insicuro allo stesso tempo. Non uno scippo, il suo era un regalo. Niente scosse, niente temperature incapaci di incontrarsi.
Mi pentii delle parole appena pronunciate, sentendomi colpevole per aver permesso che quel viso così dolce si rattristasse e che gli angoli di quelle labbra (che ora stavano facendo pressione ancora indecise sulle mie, totalmente d'accordo) si piegassero all'ingiù, in una smorfia tra l'ira e la sofferenza.
Sapete già che significa sentire il cuore schizzare fuori? Io l'ho scoperto quella notte...la notte in cui nessuno si è accorto che due ragazzi molto diversi eppure tanto simili erano fuori da soli...L'uno nell' attesa inconscia dell'altra. La notte in cui ho creduto davvero di possederlo ancora un cuore. Ad un tratto passa il terrore che quel momento idilliaco finisca, perchè sapete che anche una misera ora con lui vale più di un'eternità. Pensate di non conoscere la felicità? Vi assicuro che è qualcosa di simile.
è come morire e rinascere. Solo che non rinasci da solo, ma con lui. Te lo ritrovi accanto. Forse non lo sai e non lo sa neppure lui, ma siete nati insieme, entrambi quella notte.
C’è un errore comune,un gioco perverso di qualcuno che si è divertito a mettere insieme due entità incompatibili e sta ancora ridendo nel guardare compiaciuto l’inesorabile fallimento di un esperimento impossibile. L'associazione di fuoco e ghiaccio, sole e luna...Destinati a non incontrarsi per evitare di distruggersi, ma costretti a coesistere.Un esperimento portato a termine il nostro, un fallimento in meno. Io e Leon. Da quel giorno avrei dovuto racchiuderci in un "NOI"?
Quando anche quel bacio finì, le sue mani lasciarono le mie e presero il mio viso, gingendolo con dolcezza. Non smise un attimo di guardarmi, di contemplare i miei occhi predatori, privi di riluttanza e di imbarazzo.
"Almeno questo me lo concedi...mia vampira?" disse sofferente "Ti garantisco che ci saranno tempi duri, che a un certo punto uno di noi o tutte e due vorrà farla finita...Ma ti posso garantire anche che se non ti chiedo di permettermi di starti vicino, puramente per motivi egoistici, me ne pentirò per tutta la vita...Non scacciarmi"
In principio non risposi, titubante.
C’è un errore comune,un gioco perverso di qualcuno che si è divertito a mettere insieme due entità incompatibili e sta ancora ridendo nel guardare compiaciuto l’inesorabile fallimento di un esperimento impossibile. L'associazione di fuoco e ghiaccio, sole e luna...Destinati a non incontrarsi per evitare di distruggersi, ma costretti a coesistere. Un esperimento portato a termine il nostro, un fallimento in meno.
Il profumo del suo sangue dolce,non smise di trottolarmi in gola, ormai il pensiero di morderlo, ferirlo….era lontano. Esisteva qualcosa di molto superiore.
Qualcosa che non avrei mai pensato di provare. Nella mia mente,ripetevo in continuazione quella parola che da vigliacca ,avevo annullato dalla mia trasformazione. Ne sono degna? Me lo meritavo nonostante tutto?
Scandì chiaramente ogni sua singola lettera, per cercare di renderla più mia quella parola. Infine giunsi alla conclusione,che il mio sentimento aveva un solo significato,un solo nome:L’AMORE!
Un sentimento potente come il pulsare del cuore stesso. Un azione involontaria che non puoi comandare, che non puoi impedire o alimentare.
“Ti amo senza riserve” mi disse piano. Puntando i suoi occhi su di me.  Quelle perle di una sfumatura intermedia tra lo zaffiro e il fiordaliso erano già diventate il carburante che avrebbe alimentato le mie giornate altrimenti grigie.
Un passo di "Sogno di una notte di mezza estate" spiegava che Cupido è disegnato cieco perchè guarda con gli occhi dell'anima. L’amore è la droga più potente che esista.
 Il suo amore per me sembrava incondizionato, ancora non capivo da dove provenisse. Eppure era lì, lo rendeva fragile.
Quel sentimento stava riempiendo il vuoto lasciato dal mio cuore incapace di battere. L’amore migliore è forse questo: quello senza forme, senza nomi per catalogarlo. Un colpo di fulmine, di quelli capaci di portare di nuovo gioia in un cielo altrimenti nuvoloso. Un big bang, una cometa.
Anche se il mio cuore non batteva più, in qualche modo lo sentivo stringersi e quasi frantumarsi se pensavo alla vita senza di lui. Ero immortale, avrei dovuto affrontare il mondo, per l’eternità, senza la di quel ragazzo, che conoscevo da poco ma che sentivo già parte di me stessa.
Mi venne in mente Heathcliff, celeberrimo personaggio di un romanzo che avevo letto pochi giorni prima, Cime Tempestose.
“Non posso vivere senza la mia vita! Non possono morire senza la mia anima”
"Non posso andar via. Non c'è posto in cui potrei non amarti...E se ci fosse lo eviterei, non ci andrei per nessuna ragione al mondo, perchè non potrei dimenticarti e non vorrei mai. Ti amo troppo per farti del male"risposi con voce sommessa, come se fosse un segreto
Non sapevo se osare quelle parole, che mi rendevano vulnerabile. Era la prima volta che mi succedeva, da quando il mio cuore si era fermato definitivamente.
Il broncio malinconico che fino a poco prima aveva dominato il suo viso, aveva lasciato spazio a un sorriso smagliante, il primo della giornata. Mi lasciò senza fiato (non che avessi bisogno di respirare).
Non era la felicità di chi scopre di amare e di essere ricambiato, ma il compiacimento, intimo e profondo, di chi è disposto ad abbandonare l’ IO-TU per un più dolce ”NOI”. Quel sapore dolce di vittoria, di chi capisce di aver avuto la meglio su quel sentimento beffardo e incomprensibile che tutti chiamano amore.
Se un giorno vi diranno che le favole non esistono, che le streghe vincono sempre, che i castelli non esistono e che l'amore si consuma presto e nei motel....Non credertegli.
  
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