06.37
Lisa, una normale persona
insoddisfatta di sé, del proprio lavoro e della propria vita, maniacalmente
precisa nell’astratto, ma puntualmente disordinata e ritardataria nel concreto,
apre gli occhi al rumore della sveglia; li richiude qualche secondo
dopo.
Intorno a lei un ordinato caos di
oggetti si riversa su mobili e pavimento; dalle finestre, puntigliosamente
sprangate grazie a tapparelle capaci di isolare completamente il dentro della
casa, dal fuori della vita caotica e comune, non entra nemmeno uno spiraglio di
sole.
Due minuti dopo, il rumore
ronzante e monocorde della sveglia riprende ad invadere l’aria ed obbliga Lisa
ad alzarsi dal letto, pestare qualcosa di indefinito sul tappeto e dirigersi in
bagno per rimanervi tre minuti esatti. Poi alzarsi dalla tazza, bere un
bicchiere di latte freddo senza biscotti, così che il mal di stomaco
l’accompagni tutto il giorno, lavarsi i denti, la faccia, pettinarsi, perdere
minuti preziosi a rovistare nell’armadio per trovare qualcosa di decente da
indossare e poi, finalmente, uscire. Vestita con quella gonna e quella maglietta
che, cribbio, devo aver lavato alla temperatura sbagliata, perché prima mi
stavano da dio ed ora, beh, quel dio è caduto molto in
basso.
Ovviamente.
Come tutte le mattine da cinque
anni a quella parte.
Ventiquattrenne e già stanca del
servilismo impostole dalla società.
Mentre Lisa sta uscendo, alle
07.14, Fabrizio è svegliato dal caldo ronfare del suo gatto sul petto. Niente
sveglia, solo puntuale affetto felino mosso dagli inesorabili morsi della
fame.
La camera di Fabrizio è mediocre,
non troppo piena, non troppo vuota, non troppo colorata, ma nemmeno
completamente grigia; la sua casa non è né troppo grande né troppo piccola; la
sua carriera stenta a sollevarsi, ma non è poi messa tanto male e i rapporti con
i colleghi sono accettabili, normali.
Il mediocre quadro della mediocre
vita di una mediocre persona, soddisfatta della propria mediocrità. Una persona
da nulla, assolutamente ignorabile.
Eppure c’è quel gatto rosso,
quell’enorme gatto rosso che qualche mese fa ha trovato nel cassonetto
dell’immondizia; ecco, c’è lui, Maestà, che ora ha bisogno che Fabrizio si alzi
e gli dia da mangiare. E Fabrizio, quindi, si alza. Magari anche col sorriso a
fior di labbra. Forse ha sognato Valentina, quella notte, mentre guardavano
l’ennesimo film al cinema, baciandosi nelle scene sempre uguali, facendosi le
solite battute. Valentina, fidanzata dall’età di quattordici anni e, forse, fra
qualche anno, moglie. Eppure sì, va bene così.
Per cui, arrivato in cucina,
Fabrizio mangia assieme al gatto, legge il giornale dell’anno prima (perché gli
piace ricordare ciò che in quella precisa data succedeva al mondo l’anno prima)
e poi va in bagno, non si fa la barba, perché poi, tanto, se la dovrebbe rifare
due giorni dopo, si veste con gli stessi abiti del giorno prima ed
esce.
Sono le 07.42 Lisa è sulla
metropolitana e sta leggendo un libro.
E intanto ripensa agli anni del
liceo, quando non c’era ancora la metropolitana e a scuola si andava insieme,
con gli amici, che riuscivano a strapparti un sorriso anche se, magari, pensavi
che non ce ne fosse la minima possibilità.
Ripensa agli amici e vorrebbe
commentare con qualcuno il libro che tiene tra le mani.
E allora inserisce il segnalibro,
che lei stessa ha fatto quando andava alle elementari, ed alza lo sguardo,
spostandolo lungo il corridoio affollato, in mezzo ai cappotti della gente,
oltre i loro strani cappelli, tra le borse della spesa di quelle anziane signore
che potrebbero proprio evitarsi la levataccia. E lo sguardo indugia un po’,
invidioso e affamato di sonno, sul loro viso sorridente, sulle loro labbra che
si muovono veloci per pronunciare parole rivolte alle coetanee mattiniere o alle
ragazzine che non sono proprio più come quelle di una
volta.
Ma non incrocia lo sguardo di
nessuno, nessuno che possa avervi scritto dentro “Sì, anche io sto leggendo quel
libro!”, e allora riabbassa il proprio, toglie il segnalibro, lo stringe tra le
mani, un po’ per consolarsi e un po’ per forza di abitudine, e riprende a
leggere, amareggiata.
Alle 07.45, Fabrizio scende le
scale della metropolitana e ripensa al sogno, con quella Valentina che c’era
sempre stata, quella Valentina con cui non ha né segreti né misteri, né ha
voglia di averne. Valentina, che può essere considerata un mobile antico e di
poco conto nella casa della sua vita, arredata poco e male, con scelte troppo
prudenti e nessuna voglia soddisfatta. La solita, vecchia vita, il cui solito
vecchio punto fermo è una ragazza un po’ bruttina di cui lui si interessa molto
poco. Si rende conto di essere un po’ stanco di lei. Se ne rende conto, ma fa
finta che non sia così e tira fuori dalla tracolla verde militare un libro.
Si appoggia alla parete fredda e
liscia della metropolitana e prende a leggere, isolandosi dal mondo, come sempre
aveva fatto, sin dall’infanzia, che aveva trascorso da solo, scaraventato tra
una madre troppo impegnata dal lavoro ed un padre indifferente alla sua
presenza. Isolandosi dal mondo, ma, al contempo, desiderando che qualcuno rompa
quell’isolamento e gli chieda sorpreso “Anche tu leggi questo
libro?!”.
Però nessuno lo fa. D’altronde,
nessuno aveva mai aperto la porta di camera sua, nemmeno quando lo aveva sentito
piangere per la solitudine, o parlare con se stesso, senza nemmeno un amico
immaginario a cui affidare i propri pesi.
E rimane così, avvolto nella
propria sconsolazione, finché non arriva il metrò.
07.47
Il treno si ferma alla stazione a
cui deve scendere Lisa, ma la vettura è così affollata che prima di riuscire ad
intravedere la porta, la ragazza è già passata in mezzo ad una ventina di
persone e deve ancora farsi breccia nel gruppo di ragazzini che la separa da
essa.
Per cui, in uno slancio dettato
dall’angoscia per gli spazi chiusi, li supera e raggiunge, finalmente, la porta.
Forse lo slancio era troppo forte, però, perché Lisa finisce per sbattere contro
un ragazzo che avrà più o meno la sua età e che regge un libro in
mano.
Si sofferma ad osservare il volto
del ragazzo che l’ha salvata da una caduta sullo sporco marciapiede della
stazione sotterranea, ne osserva lo sguardo, la bocca, poi si concentra sulle
mani, forti e grandi, calde, al contrario delle sue (senza guanti nonostante sia
inverno inoltrato), strette sui suoi fianchi per sorreggerla.
Poi abbassa ancora gli occhi e
intravede la copertina di un libro e, per lo stupore, lascia cadere la propria
borsa, da cui esce il libro che aveva appena
chiuso.
07.47
Un treno, stracolmo di persone, si
ferma alla stazione.
La porta è proprio davanti a
Fabrizio, così che lui non debba spostarsi nemmeno di un passo, se non in
avanti, per entrare. Ma ecco che una ragazza, anche piuttosto carina, forse
dall’aria un po’ troppo ansiogena, ma comunque particolare, interessante, gli
finisce addosso. Un mare di capelli rossi e ricci investe il viso del ragazzo.
Profumano di novità, di boccata d’ossigeno, di sangue che freme: sente di
potervi respirare l’anima, sua e di quella sconosciuta.
E poi le braccia, così esili,
delicate, fragili, strette alle sue per assicurarsi di non cadere.
Credi proprio che ti farei cadere,
ragazza-misteriosa-dalla-splendida-essenza?
Si accorge che anche lei lo sta
fissando, studiando e che, non appena pone i suoi occhi sul suo libro, lascia
cadere una borsa da cui ne esce un altro, probabilmente molto vecchio, data
l’usura.
Ma,
ehi…
Anche
tu?!
Solo che, sai com’è, sono già le
otto meno dieci e io devo essere a lavoro per le otto in punto.
Forse ti rivedo domani, magari
anche dopodomani, che fretta c’è?
E allora si alza, raccoglie la
borsa e prosegue lungo la sua strada, stringendo al petto il libro ed annusando
il profumo di quello sconosciuto, impresso nelle pieghe del suo maglione,
incastrato ancora nel suo naso.
Già sta andando via, nemmeno mi ha
parlato, forse non ha notato che stiamo leggendo lo stesso libro… Ma sì, in
fondo non è poi così importante, la rivedrò in giro, poi chissà quante altre ce
ne sono. E poi Valentina… Sì, in fondo non importa… Però, sai… Chissà, magari
questo libro sta piacendo tanto a lei quanto a me, magari anche lei non è poi
così normale come vuole fingere di essere, magari lei è diversa, originale,
magari riuscirebbe a vedere in me ciò che nessun altro ha mai notato, in fondo
era qualcosa di nuovo, di speciale, gliel’ho letto negli occhi,
no?
Però, vedi… Magari lei non si sta
nemmeno soffermando sul pensiero di me, magari ha già dimenticato il mio viso,
il mio profumo, per cui che senso ha?
E allora sale sul metrò e timbra il biglietto.
Note dell'autrice:
Assolutamente senza pretese.
Nata da uno slancio d'ispirazione notturna (chissà come mai mi deve sempre tenere sveglia fino a tardi per farsi sentire).
Mi è parsa abbastanza buona ed in fondo ne sono soddisfatta, dato il periodo di siccità inventiva.
Lisa e Fabrizio non esistono, o forse esistono ma non si conoscono, o forse esistono, si conoscono e si amano, ma non sono Fabrizio e Lisa, per cui non chiedetemi (come hanno fatto tutti quelli che hanno letto la storia prima che fosse pubblicata) se si incontreranno o meno. Io lo so, so come li immagino io nel mio futuro per loro, ma non vorrei influenzare il futuro che voi immaginerete per loro.
La fine è volutamente lasciata in sospeso.
Contenta di essere ritornata in carreggiata, ovviamente tra virgolette, spero abbiate voglia di lasciarmi un parere.
A presto o a tardi, comunque a...